Santayana, George

Dizionario di filosofia (2009)

Santayana, George


Pensatore, saggista e poeta spagnolo, ma di lingua inglese (Madrid 1863 - Roma 1952). Dal 1872 visse negli Stati Uniti, pur conservando la cittadinanza spagnola; nel 1889 si laureò alla Harvard University, dove successivamente (1898-1911) insegnò; soggiornò quindi in Inghilterra e in Francia e passò gli ultimi anni di vita a Roma. Nella sua prima importante opera filosofica, The sense of beauty (1896; trad. it. Il senso della bellezza), si occupò di teoria estetica, sottolineando la dipendenza dell’esperienza estetica da una natura umana vista nelle sue componenti psicologiche e biologiche, trattando quindi i valori estetici come espressioni sostanzialmente irrazionali di interessi vitali e giungendo a definire la bellezza «piacere oggettivato». Successivamente sviluppò, nel ponderoso The life of reason (5 voll., 1905-06), una storia «naturale» dell’evoluzione dell’umana ragione, nei suoi aspetti scientifici, morali, estetici e religiosi (di partic. interesse il 1° vol., Introduction and reason in common sense), il cui modello può considerarsi l’hegeliana Fenomenologia dello spirito (➔). S. non può tuttavia essere ritenuto un pensatore idealista, poiché in tutti i suoi scritti è presente una profonda insoddisfazione per le posizioni gnoseologiche dell’idealismo, insoddisfazione che lo condusse ad aderire alla corrente del «realismo critico» e a radicalizzare, soprattutto in Scepticism and animal faith (1923; trad. it. Scetticismo e fede animale), il dubbio «idealistico» sull’esistenza del mondo esterno. Se va riconosciuto che la nostra conoscenza della realtà non può essere altro che simbolica e rappresentativa e che la credenza in un mondo reale riposa su una fede animale, in quanto tale mai razionalmente legittimabile, non resterà all’analisi filosofica che volgersi a indagare le varie articolazioni di quell’essere che costituisce il residuo dell’interrogarsi scettico della coscienza. La tendenza all’introspezione psicologica delle prime opere cede a un tentativo di ricostruzione ontologica nell’ultimo lavoro di S., Realms of being (4 voll., 1927-40). Secondo S. nell’essere vanno distinte due modalità fondamentali, essenza e materia, e due modalità derivate, vita e spirito. Va peraltro notato che è l’analisi delle essenze ‒ infinite di numero, individue, logicamente discrete, non congiunte da nessi causali, universali, dotate di un’esistenza particolare, non localizzabile nello spazio e nel tempo ‒ a essere privilegiata; la materia è in ultima istanza inconoscibile se non attraverso le essenze. Combinazione complessa di naturalismo realistico e di platonismo, la filosofia di S. si risolve in definitiva, nonostante il persistente dualismo di esistenza ed essenza, in una teoria della soggettività trascendentale, che esalta la pura contemplazione al di sopra di ogni altra esigenza umana, pratica o conoscitiva. S. fu acuto critico estetico e filosofico, con una forte tendenza moralista, non di rado paradossale e contraddittorio per la molteplicità delle sue componenti culturali, scrittore esuberante e barocco, violentemente passionale al di là dell’apparente distacco; alcuni dei suoi contributi saggistici rappresentano il meglio della sua produzione. Tra di essi particolarmente notevoli Winds of doctrine (1913) e Character and opinion in the United States (1920). Politicamente e culturalmente fu sempre su posizioni aristocratiche, fedele alla sua ispirazione cattolica originaria, tenacemente avverso sia all’individualismo romantico sia all’egualitarismo democratico, al liberalismo e al pragmatismo, espressioni tipiche del clima ideologico statunitense della sua epoca, nonostante una qualche ambivalenza, particolarmente manifesta nel suo unico romanzo, The last puritan (1936; trad. it. L’ultimo puritano: una memoria biografica in forma di romanzo). Tra le altre sue opere si segnalano: Interpretation of poetry and religion (1900); Three philosophical poets (1910); Egotism in German philosophy (1915; trad. it. L’Io nella filosofia germanica); Dialogues in limbo (1925); Platonism and the spiritual life (1927); The genteel tradition at bay (1931); Some turns of thought in modern philosophy (1933); Dominations and powers (1951); nonché l’autobiografia Persons and places (3 voll., 1944-53). Postume sono apparse le lettere (The letters of George Santayana, a cura di D. Cory, 1955). Opere poetiche: Sonnets and other verses (1894; trad. it. Sonetti); Lucifer, a theological tragedy (1898); The hermit of Carmel and other poems (1911); Poems (1923). S. fu infine fortemente interessato anche al problema religioso, in special modo alla figura di Cristo (The idea of Christ in the Gospel, 1946; trad. it. L’ idea di Cristo nei Vangeli o Dio nell’uomo).

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