GEOFISICA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

GEOFISICA

Enzo Boschi-Michele Dragoni

(App. I, p. 647; III, I, p. 722; IV, II, p. 27)

La g. è tradizionalmente suddivisa in tre settori fondamentali, corrispondenti ai tre stati di aggregazione (solido, liquido, gassoso) della materia che costituisce la Terra: fisica della Terra solida, fisica degli oceani, fisica dell'atmosfera. A sua volta, ciascuno dei tre settori si compone di un mosaico di discipline che concorrono allo studio dei molteplici aspetti che caratterizzano il nostro pianeta.

Così la fisica della Terra solida comprende la sismologia, la fisica del vulcanismo, la fisica del mantello e del nucleo, la geodesia, la tettonofisica. La fisica dell'atmosfera comprende la meteorologia e la climatologia, e così via. La principale acquisizione della g. dell'ultimo decennio, sia sul piano teorico che su quello dell'osservazione, è probabilmente la consapevolezza sempre più estesa che, al di là di questa ripartizione convenzionale in discipline apparentemente separate, l'oggetto di studio, la Terra, deve essere visto come unico e indivisibile.

Gli esempi che si possono citare a testimonianza di questo dato di fatto sono innumerevoli. Fenomeni come i grandi terremoti, i movimenti periodici delle masse d'aria atmosferiche e lo scioglimento delle calotte glaciali, producendo uno spostamento di massa, hanno effetto sull'asse di rotazione della Terra e sulla lunghezza del giorno. Le grandi eruzioni vulcaniche, immettendo ingenti quantità di aerosol nella stratosfera, producono una diminuzione della temperatura media alla superficie terrestre, con effetti sensibili sul clima globale. Una corrente d'acqua calda denominata El Niño, che si forma annualmente nell'Oceano Pacifico, se accompagnata da particolari condizioni meteorologiche, può provocare una vasta perturbazione climatica, che ha conseguenze rilevanti sulla distribuzione della fauna ittica e sul regime delle precipitazioni e dunque su importanti attività umane quali la pesca e l'agricoltura.

Lo studio degli altri pianeti del Sistema solare, reso possibile negli ultimi due decenni dall'invio di sonde spaziali automatiche, ha mostrato in modo evidente la notevole diversità della Terra anche rispetto ai pianeti a essa più simili per dimensioni e distanza dal Sole. Dal punto di vista dell'uomo, la differenza più marcata è il fatto che sulla Terra sono esistite creature viventi per più di tre miliardi di anni e che tali creature si sono evolute, nel corso di questo lunghissimo periodo, dai più semplici organismi unicellulari all'attuale, mirabile diversità delle forme complesse di vita. Al contrario, appare ormai certo che la vita non è presente su nessuno degli altri pianeti del Sistema solare e che probabilmente non fu mai presente nel nostro sistema planetario.

Poiché l'acqua è essenziale per il metabolismo e la riproduzione degli esseri viventi, la sopravvivenza e l'evoluzione della vita sulla Terra rappresentano una prova convincente del fatto che il nostro pianeta ha sempre goduto di una temperatura alla quale l'acqua presente sulla sua superficie poté rimanere in gran parte allo stato liquido.

Parimenti fondamentale è l'esistenza di grandi quantità d'acqua sulla superficie della Terra. Se non vi fossero gli oceani, molte delle caratteristiche che hanno reso la Terra unica nel suo genere, consentendo la nascita della vita e la sua evoluzione, non potrebbero esistere. Per es., il fatto che nell'atmosfera terrestre sia presente una quantità relativamente modesta di anidride carbonica deriva dalla circostanza che quasi tutta l'anidride carbonica che si è sprigionata dall'interno della Terra da che esiste il pianeta è stata inglobata nei sedimenti oceanici sotto forma di calcare o come carbonio di origine organica prodotto per fotosintesi a partire dall'anidride carbonica atmosferica. Ciò ha consentito alla Terra di evitare un effetto serra cumulativo che l'avrebbe resa molto simile a Venere.

La presenza di ossigeno libero sarebbe impossibile se il carbonio organico prodotto per fotosintesi non fosse stato bloccato nei sedimenti oceanici, lasciando l'ossigeno nell'atmosfera. A sua volta, l'ossigeno è essenziale per l'esistenza dello strato di ozono nella stratosfera, mancando il quale verrebbe meno lo schermo alla radiazione ultravioletta e, con esso, la possibilità di vita sulla Terra. Infine, la maggior parte degli animali terrestri o marini non esisterebbe se non fosse per il metabolismo consentito dalla presenza dell'ossigeno nell'atmosfera. Inoltre, acqua allo stato liquido e anidride carbonica, agendo insieme, trasformano per degradazione le rocce in argille e in altre sostanze solubili che contengono gli elementi nutritivi essenziali per le piante.

Lo studio dei processi sin qui descritti porta a concludere che la vita non potrebbe sussistere se il loro svolgimento non fosse in qualche modo controllato da altri processi fisici, talvolta meno evidenti. Per es., l'ossigeno in quantità moderate è una necessità per la vita animale, ma in concentrazioni elevate risulta tossico. Se l'ossigeno continuasse ad accumularsi nell'atmosfera, gli incendi e altre forme di rapida ossidazione distruggerebbero tutti gli esseri viventi. Se la materia organica continuasse ad accumularsi nei sedimenti marini profondi, tutti i materiali nutritivi prodotti dalla degradazione del suolo tornerebbero alla fine in forma insolubile e le piante morirebbero. Analogamente, se negli oceani i sedimenti calcarei continuassero ad accumularsi senza un afflusso compensatore di anidride carbonica proveniente dalle dorsali oceaniche e da altri vulcani, la concentrazione dell'anidride carbonica atmosferica potrebbe diventare così bassa da rendere impossibile la fotosintesi.

Entra qui in gioco uno dei processi più notevoli che si verificano sulla Terra: quello della cosiddetta tettonica a placche, cioè il processo di continuo rimescolamento, all'interno della Terra, dei materiali che costituiscono la superficie del pianeta e la loro riapparizione lungo le dorsali oceaniche e nei vulcani. Questo processo di rinnovamento geologico, che apparentemente esiste solo sulla Terra, è probabilmente essenziale per la persistenza dell'ambiente favorevole alla nascita ed evoluzione della vita per oltre tre miliardi di anni. I movimenti che hanno luogo nelle profondità della Terra danno origine al moto delle placche superficiali e inoltre generano il campo magnetico che in parte scherma il nostro pianeta dall'ambiente ostile dello spazio.

Il contesto di questo ambiente favorevole alla vita è la posizione astronomica della Terra. Se il nostro pianeta fosse più piccolo, non avrebbe potuto trattenere un'atmosfera. Se fosse più vicino al Sole, gli oceani entrerebbero in ebollizione; mentre, se fosse più lontano, si congelerebbero. Se la sua orbita e l'inclinazione del suo asse di rotazione non fossero soggette alle lente fluttuazioni che conosciamo, quelle cicliche variazioni climatiche che hanno innescato importanti mutamenti evolutivi non potrebbero verificarsi. Se il Sole fosse più grande, non sarebbe esistito abbastanza a lungo da permettere alla vita di evolversi fino a forme avanzate. Se invece il Sole fosse una stella binaria, sarebbe stato impossibile per la Terra possedere un'orbita stabile con condizioni pressoché uniformi. Tuttavia, al di là della situazione astronomica, è l'attività interna della Terra che ha determinato la sua storia e la nostra. Uno degli obiettivi della g. oggi è proprio quello di comprendere i processi che avvengono all'interno della Terra, cioè una sfera di seimila chilometri di raggio che rimane tuttora una delle parti meno conosciute dell'universo.

Numerose sono le domande che si pongono agli studiosi a questo riguardo: perché la tettonica a placche esiste sulla Terra, ma non su Venere, che ha dimensioni e composizioni simili; quali sono le caratteristiche della Terra che rendono possibile il moto di convezione delle rocce che costituiscono il mantello; qual è la natura di questi moti convettivi e come varia nel tempo la loro velocità. E ancora: quali sono gli effetti alla superficie terrestre delle variazioni della velocità di convezione, in particolare per quanto riguarda la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera e dunque il clima e la vita stessa; e qual è l'effetto delle variazioni del campo magnetico.

La relazione più stimolante che oggi si rivela è proprio quella tra la tettonica a placche e la vita, evidenziata dalla scoperta di complessi ecosistemi di pesci, invertebrati e batteri esistenti in prossimità delle bocche eruttive sottomarine situate lungo le dorsali oceaniche. Un altro problema attualmente allo studio è la risposta della Terra alle periodiche collisioni con asteroidi e comete, anche se avvengono a intervalli di tempo molto lunghi rispetto alla vita umana. È possibile che tali collisioni abbiano influito sull'evoluzione delle forme viventi, provocando estinzioni in massa e stimolando la rapida evoluzione di nuove specie. Le conoscenze acquisite dalla g. sono dunque essenziali non solo per comprendere l'evoluzione della vita sulla Terra, ma anche per la sua conservazione e difesa.

Proprio perché la Terra è un oggetto unico e le sue parti sono in continua interazione, appare oggi chiara la necessità che i problemi geofisici siano affrontati con uno studio globale che comprenda tutte le geosfere, dall'atmosfera più esterna alle profondità del nucleo interno. Un tale studio globale è oggi possibile grazie ai recenti progressi nel campo dei sistemi strumentali di osservazione e di calcolo.

La crosta terrestre può essere considerata come superficie di separazione tra le rapide variazioni che caratterizzano gli strati esterni fluidi (idrosfera e atmosfera) e i movimenti interni, normalmente lenti, ma talvolta catastrofici. Si è già detto che il mantello si trova in uno stato di convezione. Il nucleo esterno, allo stato liquido, è accoppiato al mantello ed è sede anch'esso di un moto di convezione, evidenziato dalle variazioni secolari del campo magnetico terrestre. Uno dei settori fondamentali della g. è attualmente lo studio della composizione, della struttura e della dinamica della crosta e dell'interno della Terra, nel tentativo di ricostruire e comprendere i processi che hanno determinato l'evoluzione del nostro pianeta.

Un altro settore riguarda la comprensione della struttura, della dinamica e della chimica dell'atmosfera e dell'idrosfera e la loro interazione con la Terra solida. Si sono ottenuti progressi nello studio del bilancio energetico del pianeta, anche se non ancora sufficienti a prevedere le variazioni climatiche in maniera attendibile. La strada che si intende seguire è quella di istituire una rete di osservazione sistematica della superficie terrestre, con lo scopo di individuare le linee di tendenza in fenomeni quali la tettonica, l'erosione del suolo, la geomorfologia, lo sviluppo della vegetazione, i processi idrologici. Occorre, allo stesso tempo, una rete di rilevamento globale delle proprietà atmosferiche e oceanologiche, che consenta di porre su basi quantitative certe le interazioni tra atmosfera e oceani.

La biosfera costituisce una parte assai importante della Terra, poiché controlla il contenuto di ossigeno nell'atmosfera e numerosi altri fattori. I complessi equilibri che regolano gli ecosistemi e la loro evoluzione devono essere studiati in relazione all'ambiente fisico. Fattori come il clima, il moto delle placche tettoniche o l'impatto di asteroidi hanno infatti una grande influenza sull'evoluzione biologica. Anche in questo caso, si tratta di caratterizzare l'interazione degli organismi viventi con l'ambiente fisico, in particolare i loro effetti sulla composizione, la dinamica e l'evoluzione della crosta, degli oceani e dell'atmosfera.

Della biosfera fa parte l'uomo. Gli effetti sull'ambiente naturale dell'aumento della popolazione, dello sviluppo agricolo e industriale e del crescente consumo di energia costituiscono l'oggetto di un grande interesse scientifico, oltre che essere di immenso interesse pratico. L'attività umana modifica la composizione dell'atmosfera, sia per quanto riguarda gas come l'anidride carbonica e il metano, sia per quanto riguarda la polvere e gli aerosol in genere. L'aumento di popolazione nei paesi in via di sviluppo è spesso accompagnato dal doppio fenomeno dell'urbanesimo da un lato e della desertificazione di ampi territori dall'altro. La progressiva scomparsa delle foreste tropicali influisce sulle mutazioni climatiche e genetiche.

Allo scopo di comprendere la molteplicità delle interazioni che avvengono sopra e dentro il nostro pianeta, si sta progettando una strategia di osservazione, gestione e analisi dei dati che è in parte diversa da quella seguita fino ad oggi. Il nuovo modo in cui viene affrontato il problema discende dalla necessità di comprendere il funzionamento del pianeta Terra come un tutto unico. Le osservabili che un tale programma di ricerca si prefigge di studiare spaziano dai fenomeni quasi statici (come la petrologia, i regimi di vegetazione, il campo magnetico) ai fenomeni dinamici (come la formazione delle nubi, le precipitazioni, la salinità degli oceani, le calotte glaciali, le eruzioni vulcaniche e i terremoti). Per osservare un sistema interattivo di tale complessità, è necessaria una rete di satelliti in grado di fornire rapide immagini sinottiche della superficie terrestre: la rete dovrà comprendere, oltre a satelliti geostazionari, satelliti in orbita polare e altri a diverse inclinazioni e altezze.

Per essere efficaci, la maggior parte delle misure geofisiche richiedono completezza e simultaneità a livello planetario: solo così, per es., si possono studiare la deformazione di un edificio vulcanico, la sua successiva eruzione, la diffusione delle ceneri vulcaniche nell'atmosfera e le conseguenze di tale fenomeno sul clima globale e di questo sul suolo. Il sistema di osservazione deve inoltre essere caratterizzato dalla continuità e dalla omogeneità delle misurazioni su periodi di tempo lunghi. L'enorme quantità di dati che un sistema del genere è in grado di fornire richiede una grande capacità dei sistemi di raccolta e di elaborazione dei dati stessi. Si richiede inoltre un elevato livello di integrazione tra la fase della raccolta dei dati di osservazione e la fase della formulazione dei modelli teorici: una tale integrazione è possibile solo tramite un intenso scambio di informazioni a scala mondiale tra tutti i ricercatori coinvolti nello studio della Terra. In questo modo, il pianeta diventa come un unico laboratorio che consente di seguire i fenomeni geofisici in tutta la loro evoluzione, con l'obiettivo di riprodurli tramite modelli matematici e comprenderne in tal modo il meccanismo.

Un capitolo importante degli attuali studi geofisici riguarda gli eventi naturali violenti: terremoti, eruzioni vulcaniche, uragani, tornado, inondazioni, frane, valanghe, ecc. L'eventualità che uno di questi eventi si produca in una certa area della superficie terrestre comporta l'esistenza di un rischio al quale sono sottoposte le popolazioni che vi risiedono. Due sono i fattori che concorrono a esprimere il concetto di rischio relativamente a un dato evento: la probabilità che l'evento si produca e l'entità delle conseguenze. L'osservazione dei fenomeni mostra che, in generale, gli eventi con conseguenze gravi sono rari, mentre assai più frequenti sono gli eventi con conseguenze limitate. Per es., le conseguenze dell'impatto sulla Terra di un asteroide del diametro di qualche decina di chilometri sarebbero disastrose, ma la probabilità che un simile evento abbia luogo è talmente piccola che il rischio per un individuo è trascurabile. Il rischio connesso al prodursi di un determinato evento è dunque il prodotto della probabilità dell'evento per l'entità delle conseguenze.

Per questo genere di eventi, potenzialmente distruttivi e di grande impatto sociale, si impone più che per altri la necessità di giungere a prevederne l'occorrenza e le modalità di svolgimento. In linea di principio, la possibilità di prevedere un fenomeno è un corollario di una teoria quantitativa che descriva con sufficiente dettaglio il sistema fisico in cui tale fenomeno può aver luogo.

Duemilacinquecento anni fa, gli astronomi babilonesi possedevano già le conoscenze necessarie per prevedere le eclissi. Sapevano che le eclissi di Sole e di Luna si producono in particolari condizioni, quando questi astri sono bassi sull'orizzonte in prossimità del plenilunio o del novilunio, ed erano in grado di calcolare con buona precisione i momenti in cui ciò avveniva. Ciò è dovuto al fatto che pianeti e satelliti si comportano nel loro moto con relativa semplicità: un modello che descriva un moto su orbite circolari con velocit'a costante porta già a risultati discreti per quanto riguarda la previsione delle eclissi. Non avviene lo stesso per i fenomeni geofisici, caratterizzati − come si è detto − da una grande complessità. Tra l'altro, la sorgente di molti di questi fenomeni è inaccessibile, essendo all'interno della Terra, né possiamo vedere dentro di essa così come facciamo con lo spazio esterno. La previsione è il risultato dell'inserimento di dati di osservazione in una teoria. Questi dati rappresentano i valori numerici delle grandezze fisiche che compaiono nella teoria, comprese le ''condizioni iniziali'' del sistema studiato. Può così accadere che l'applicazione della teoria a circostanze specifiche non sia in grado di fornire previsioni accurate a causa della carenza di conoscenza empirica. Per es., una piccola imprecisione nelle condizioni iniziali può alterare completamente, dopo breve tempo, l'evoluzione del sistema. È questo il caso della meccanica dei fluidi applicata alla previsione meteorologica e della meccanica delle fratture applicata allo studio dei terremoti. Perciò un'imprecisione troppo elevata nelle condizioni iniziali o negli altri dati del problema oppure l'inadeguatezza del modello possono portare a una situazione in cui l'evento previsto non avviene.

Una soluzione soddisfacente al problema della previsione degli eventi geofisici e, in generale, della loro comprensione potrà venire solo da osservazioni sistematiche e a lungo termine dei fenomeni che avvengono sopra e dentro la Terra. Ciò è vero non solo per i fenomeni più rapidi e apparentemente improvvisi, quali i terremoti e le eruzioni vulcaniche, ma anche per quelli che si realizzano su scale di tempo lunghe, come i mutamenti climatici, che possono avere conseguenze assai più vaste e profonde sulla biosfera e quindi sull'uomo.

Bibl.: G. C. Brown, A. E. Mussett, La Terra inaccessibile, trad. it., Bologna 1985; Aree sismogenetiche e rischio sismico in Italia, i-ii, a cura di E. Boschi e M. Dragoni, Roma 1987 e 1991; D.L. Anderson, Theory of the Earth, Londra 1989; D.J. Baker, Planet Earth, the view from space, Cambridge (Mass.) 1990.

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