SCARUFFI, Gasparo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SCARUFFI, Gasparo

Paolo Malanima

SCARUFFI, Gasparo. – Nacque a Reggio nell’Emilia (nel Ducato di Modena e Reggio) il 17 maggio 1519, ultimo di sette figli di Antonio (morto nel 1525) e di Giulia Dalli.

La sua famiglia (anche denominata dei Baldicelli) era proprietaria di terreni e case nel Ducato. A Reggio gli Scaruffi svolgevano attività mercantili, tramite un banco che aveva rapporti con piazze italiane quali Parma, Firenze, Genova, Venezia, Roma, e piazze straniere nelle Fiandre e in Inghilterra. Il banco coordinava anche attività industriali, specialmente nel settore della seta, affermatosi a Reggio durante il Quattrocento e tutta la prima metà del Cinquecento.

All’attività mercantile Scaruffi partecipò sin da giovane. Sappiamo della sua presenza a Piacenza, nel 1544, nel banco di Agostino da Lodi; del commercio, che svolse insieme ai fratelli maggiori, di cereali acquistati in Lombardia e Romagna e venduti nella città di Reggio; dell’attività nel settore della seta tramite l’acquisto della materia prima e la trasformazione industriale in drappi venduti all’interno del Ducato e fuori.

Grazie all’esperienza nei commerci e nella finanza, fu chiamato a ricoprire incarichi pubblici di natura economica a partire dal 1547, quando fu nominato saggiatore nella Zecca di Reggio (che conservò il privilegio di battere moneta fino al 1573). Nel 1550 fu inviato come ambasciatore nel Ducato di Mantova e poi a Parma per valutare il cambio fra le monete locali e quella di Reggio. Svolse in seguito, nel 1552, l’incarico di conduttore della Zecca di Reggio. Dal 1560 cominciò a ricoprire cariche politiche. In quell’anno venne, infatti, nominato ‘spenditore’, cioè tesoriere, del Comune di Reggio e fu eletto nel Consiglio cittadino dei quaranta.

Questi incarichi pubblici si affiancarono all’attività di mercante. Sappiamo che era direttore del banco della famiglia, quando, nel 1566, questo incorse in una crisi di liquidità, con sospensione dei pagamenti. Ritenuto colpevole della bancarotta, fu arrestato a Ferrara (dove rimase in prigione per tre mesi) e i fondi del suo banco vennero sequestrati. Si trattò, tuttavia, di una crisi di breve durata. Fu possibile, infatti, dare soddisfazione ai depositanti del banco dopo pochi mesi e riaprire l’attività. Al 1568 risale un progetto di riforma del sistema monetario presentato da Scaruffi al duca di Parma e Piacenza, Ottavio Farnese. La stessa proposta fu avanzata poco tempo dopo, senza successo, al conte di Novellara, Francesco Gonzaga, e perfino al re di Spagna, sperando forse che il progetto fosse adottato nel Ducato di Milano. Grazie alle sue competenze nelle questioni monetarie, svolse ambascerie (per questioni concernenti il cambio delle monete) a Ferrara nel 1573, 1574, 1575 e nuovamente nel 1580. Nel 1575 tornò a far parte del Consiglio cittadino. Nel 1577, 1578 e 1579 ricoprì, infine, la carica di giudice delle vettovaglie ed ebbe il compito di far calmiere per le carni. In questi anni fu pure coinvolto, non sappiamo in quale forma, nelle bonifiche del territorio reggiano, e nel 1582 fu di nuovo incaricato dal Comune per questioni riguardanti le monete.

Ebbe tre mogli: Antonia Taconi, sposata nel 1550; Lucrezia Malaguzzi, sposata nel 1572, dopo la morte della prima moglie; e Laura Erasmi Dal Borgo, sposata nel 1576, alla morte della precedente. Dalla seconda moglie ebbe un figlio, Jeroteo, e dalla terza due figli Arsenio e Gasparo, nato poco dopo la sua morte. Visse a Reggio nel palazzo (oggi in via Crispi 3, sede di rappresentanza della Camera di commercio) costruito unendo e ristrutturando edifici ereditati dalla prima moglie. Per ornamento del palazzo acquistò nel 1573 due statue di Prospero Sogari, detto Il Clemente, raffiguranti Ercole e Marco Emilio Lepido.

Morì a Reggio il 20 settembre 1584 e fu sepolto nella cappella di famiglia della chiesa di S. Francesco.

L’opera per cui è noto come uno dei primi rappresentanti del pensiero economico italiano è l’Alitinonfo (termine derivato dal greco, che significa la ‘vera luce’). Il volume fu composto fra la fine del 1575 e il maggio 1579 e pubblicato nella tipografia di Hercoliano Bartoli nel 1582 con la dedica al conte Alfonso Estense Tassoni, governatore di Reggio. Alla fine dell’Alitinonfo venne pubblicata una Breve instruttione sopra il discorso fatto dal mag. m. Gasparo Scaruffì, per regolare le cose delli danari, firmata da Il Prospero. È probabile che, per la stesura finale della sua opera, Scaruffi si sia avvalso dell’aiuto del giureconsulto Pier Giovanni Ancarani. Nell’Alitinonfo condensa la sua lunga esperienza di mercante-banchiere e di esperto di questioni monetarie. Scaruffi aveva dovuto, in più occasioni, sperimentare le difficoltà derivanti dalle alterazioni delle monete all’epoca della rivoluzione dei prezzi, sia in qualità di mercante, sia in qualità di incaricato del Comune di Reggio. Al tema della moneta, prima di comporre la sua opera, dedicò due brevi memorie (pubblicate da Andrea Balletti come App. XLVIII e XLIX nella sua biografia di Scaruffi), il cui tema fondamentale era proprio quello delle difficoltà derivanti ai commerci e a tutte le attività economiche dalle alterazioni monetarie così frequenti nella sua epoca.

Scaruffi considera i metalli preziosi come mercanzie, al pari delle altre. Una volta trasformati in moneta, le loro funzioni diventano quelle di misurare i valori delle merci e di fungere da intermediari degli scambi. Queste funzioni sono compromesse allorché le monete vengono adulterate. Al fine di evitare le contraffazioni, Scaruffi avanza la proposta di un sistema monetario bimetallico, basato su oro e argento. La caratteristica di questo sistema avrebbe dovuto essere costituita dall’esistenza, come unità di valore, della lira imperiale, unica moneta universale. Tutte le monete reali dei diversi Stati avrebbero dovuto rispettare la proporzione esistente in natura fra le quantità d’oro e d’argento, cioè di 1 a 12 (benché Scaruffi fosse consapevole – cap. V – che tale rapporto non sia mai «stato in uso a detti preciosi Metalli con ordine fermo, né in particolare, né in universale»). La moneta coniata del peso di un’oncia d’oro avrebbe dovuto avere lo stesso valore di 12 once di monete d’argento e di 1440 once di monete di rame (monete piccole, usate nelle contrattazioni quotidiane). Da questo rapporto le monete reali non avrebbero dovuto «per ragione alcuna, esser mosse ed alterate» (cap. XXIX). A questo sistema monetario i diversi Stati avrebbero dovuto uniformarsi nelle coniazioni stampando il peso in metallo prezioso su ogni moneta. La conseguenza sarebbe stata un ordine monetario al posto del disordine dominante. Adottando questo sistema, il mondo sarebbe divenuto come «una sola Città o Monarchia» (cap. XLV) con una moneta stabile e uniforme.

La prima edizione dell’opera di Scaruffi ha per titolo: L’Alitinonfo per fare ragione, et concordanza d’oro, e d’argento; che servirà in universale; tanto per provedere à gli infiniti abusi del tosare, et guastare monete; quanto per regolare ogni sorte di pagamenti, et ridurre anco tutto il mondo ad una sola moneta, Reggio, Bartoli, 1582. L’opera è stata ripubblicata in seguito: in F. Argelati, De monetis Italiae variorum illustrium virorum dissertationes, IV, Mediolani 1752, pp. 175-235; in Scrittori classici italiani di economia politica, Parte Antica, a cura di P. Custodi, II, Milano 1804, pp. 70-254, con il titolo Discorso sopra le monete e della vera proporzione tra l’oro e l’argento; in Economisti del Cinque e Seicento, a cura di A. Graziani, Bari 1913, pp. 6-64.

Fonti e Bibl.: Le carte della famiglia Scaruffi sono conservate presso l’Archivio di Stato di Reggio Emilia, nel fondo Conservatorio della Concezione. A queste carte è dedicato lo studio di G. Badini, La famiglia Scaruffi nelle carte d’archivio, in G. S. la vita e l’opera. Atti del Convegno di studi... 1984, a cura del Rotary Club, Reggio Emilia 1986.

G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese, o notizie della vita e delle opere degli scrittori natii degli Stati del serenissimo signor Duca di Modena, I-VI, Modena 1781-1786, V, p. 68, VI, p. 190; G. Pecchio, Storia della economia pubblica in Italia, ossia epilogo critico degli economisti italiani, Lugano 1832, pp. 69-80; A. Balletti, G. S. e la questione monetaria nel secolo XVI, Modena 1882 (è questa l’opera fondamentale sulla biografia di Scaruffi, basata su documenti originali, raccolti nell’Appendice; a quest’opera, tutte le biografie successive aggiungono informazioni marginali); A. Graziani, Le idee economiche degli scrittori emiliani e romagnoli sino al 1848, in Atti della R. Deputazione di storia patria per l’Emilia, Modena 1882, pp. 41-45; G. Missiroli, Un economista del secolo XVI, G. S., Lugo 1940; G.H. Bousquet, Esquisse d’une histoire de la science économique en Italie des origines à Francesco Ferrara, Paris 1960, pp. 14 s., 24; O. Nuccio, Appendice II all’ed. anast. (Roma 1965) di Scrittori classici italiani, cit., pp. LV-XCIX; M.A. Romani, Una alchimia monetaria alla metà del Cinquecento, in Economia e storia, XXIII (1976), 1, pp. 5-26; O. Nuccio, G. S.: un progetto di unificazione monetaria internazionale, in Il pensiero economico italiano, II, 2, Le fonti (1450-1750). Dall’umanesimo economico all’economia galileiana, Sassari 1992, pp. 939-990; J.A. Schumpeter, History of economic analysis, Oxford 1997, p. 292; A. Santini, L’unione monetaria nel Rinascimento. L’‘Alitinonfo’ di G. S. per il duca d’Este, Ferrara 1999; G. Giannantonj, Il ‘Vero lume’ di G. S. e la ricerca della moneta universale (secoli XVI-XVIII), Bologna 2000 (che a p. 73 utilizza anche fonti su Scaruffi tratte dall’Archivio di Stato di Modena); M. Bianchini, G. S. Una famiglia, una città, un visionario progetto, in Palazzo Scaruffi. Storia, arte, restauri, a cura di A. Mazza - E. Monducci - M. Zamboni, Parma 2010, pp. 9-35; Id., G. S., in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Economia, Roma 2012, pp. 142-146; M. Mosca, G. S., in ASE (Archivio Storico degli Economisti), http://www.sie-ase.org/index.php?id= 27&objId=149&sourceType=bio# bibliografia (19 marzo 2018).

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