VISCONTI, Gaspare

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VISCONTI, Gaspare

Andrea Terreni

– Nacque presumibilmente a Milano nel 1538 da Giovanni Battista di Galeazzo, appartenente alla linea dei signori di Fontaneto, e da Violante di Princivalle Visconti.

Ava paterna di Gaspare fu Barbara Trivulzio, figlia naturale di Gian Giacomo il Magno, maresciallo di Francia. Nel corso del quarto decennio del XVI secolo suo padre Giovanni Battista, di parte imperiale e al servizio di Carlo V, riuscì ad ampliare notevolmente le possessioni fondiarie familiari nel Novarese, procedendo all’acquisto delle terre di Castelletto di Momo, Cavaglio e Vaprio, ottenendo infine nel 1551 il titolo comitale. Tra i fratelli di Gaspare si ricordano Eriprando, deceduto presumibilmente in giovane età durante un fatto d’armi al servizio dell’imperatore, e Galeazzo. Quest’ultimo, in particolare, ascritto a Milano nel 1566 al Collegio dei nobili giureconsulti, fu creato avvocato fiscale il 18 settembre 1570. Si sposò con Maddalena di Giovanni Arcimboldi, e dal matrimonio nacquero sette figli: Giovanni, Diego, Ippolita, Cassandra, Francesca, Giovanni Battista (poi detto Prospero) e Filippo. Il 24 aprile 1581 Galeazzo divenne senatore, venendo anche nominato nel medesimo anno podestà di Pavia. Nel 1590 fu in nome del Senato inviato a Roma presso Gregorio XIV per congratularsi della sua elezione al pontificato. Morì a Milano il 18 agosto del 1606. Gaspare ebbe anche due sorelle: Eleonora, sposa in prime nozze di Ercole Visconti e successivamente di Giovanni Antonio Menclozzi, e Giulia, domenicana osservante nel convento milanese dei Ss. Domenico e Lazzaro.

Nel complesso sono assai scarse le notizie riguardanti i suoi anni giovanili; compì studi giuridici presso l’Università di Pavia, divenendo in seguito lettore di diritto canonico nello Studio pavese, a partire dal 1562. Un biennio più tardi, nel 1564, fu ascritto al Collegio milanese dei nobili giureconsulti.

Il 6 gennaio 1578 venne nominato da papa Gregorio XIII uditore milanese della Sacra Rota, succedendo a Pomponio Cotta, precedente uditore per Milano (dal 1560), che nel luglio del 1577 era stato eletto vescovo di Novara. Superata la procedura di esame, dopo aver sostenuto – secondo la prassi prevista – alcune dispute di diritto canonico e civile, il 16 giugno 1578 Visconti venne ammesso nel ruolo di uditore di Rota. Durante gli anni trascorsi a Roma risiedette nelle case di Carlo Borromeo presso la basilica di S. Prassede. Assieme all’uditorato di Rota svolse anche le funzioni di uditore delle cause del Sacro Palazzo.

Nell’ambito dei percorsi intrapresi nelle carriere di Curia, l’uditorato di Rota rappresentava indubbiamente uno snodo cruciale, costituendo in non pochi casi un valido preludio all’ammissione nel Sacro Collegio. In particolare, durante il pontificato di Pio IV venne assegnato al Collegio milanese dei giureconsulti il privilegio di presentare una terna di nominativi fra i quali il papa avrebbe scelto il rappresentante della ‘nazione milanese’ nell’alta magistratura collegiale pontificia.

Nel 1581 Gregorio XIII inviò Visconti a Malta come legato pontificio, con dettagliate istruzioni e ampi poteri, nel tentativo di ricomporre il grave dissidio che in quella estate si era originato sull’isola tra i gerosolimitani e che aveva portato alla deposizione del gran maestro Jean de la Cassière, ritenuto incapace di esercitare efficacemente il governo dell’Ordine, e perciò confinato dai ribelli nel forte Sant’Angelo. La guida dei cavalieri venne allora assunta da Mathurin d’Aux de Lescout (Mathurin Romegas), esponente di spicco della fazione gerosolimitana insorta.

Giunto a Malta a settembre, Visconti, nuncius et vicarius, esercitò su indicazione del pontefice la duplice funzione di pacificatore e di amministratore pro tempore dell’Ordine. Immediatamente dispose l’invio a Roma di Jean de la Cassière e di Romegas – i quali, peraltro, morirono entrambi pochi mesi dopo, nello scorcio di quel medesimo anno –, affinché si discolpassero e chiarissero di persona in Curia romana la loro posizione. Visconti si trattenne sull’isola sicuramente fino al principio della primavera del 1582, assistendo all’elezione del nuovo gran maestro, Hugues Loubenx de Verdalle, avvenuta il 12 gennaio, e seguendo da vicino per un paio di mesi l’avvio del nuovo governo, allo scopo di favorire la pacificazione interna tra le due fazioni contrapposte dell’Ordine.

Il 5 novembre 1584 venne eletto vescovo di Novara, come successore di Francesco Bossi, deceduto il 18 settembre. Tuttavia, trascorsi solo pochi giorni da quella nomina, giunse a Roma la notizia della morte di Borromeo e il 28 novembre il pontefice stabilì di destinare Visconti alla vacante cattedra ambrosiana, eleggendo in sua vece Cesare Speciano alla guida della diocesi novarese. Visconti ricevette l’ordinazione episcopale il 13 dicembre 1584 e fece il suo solenne ingresso in arcidiocesi a Milano il 22 luglio 1585.

Il suo episcopato si aprì all’insegna della continuità rispetto alla vasta opera riformatrice avviata dal predecessore: Visconti portò infatti avanti e condusse a compimento molte delle iniziative che erano state a suo tempo concepite e impostate da Borromeo, mantenendo inoltre tra i suoi più stretti collaboratori nei ruoli apicali degli uffici di curia, per lo meno nel corso dei primi anni di governo diocesano, gran parte del personale che in precedenza era stato scelto da Borromeo (tra gli altri, in particolare: Carlo Bascapè, Giovanni Fontana, Ludovico Moneta, Antonio Seneca).

Dedicò particolare attenzione alle istituzioni educative, caritative e assistenziali, sostenendo e incoraggiando le molteplici iniziative che con vivacità venivano in quegli anni avviate. In particolare, promosse l’opera dei chierici regolari di Somasca e nel 1586 diede loro una sede milanese – la Casa di S. Maria Segreta –, assegnando anche ai padri somaschi l’amministrazione dell’annessa parrocchia. Nel 1588 introdusse in Milano l’Ordine ospedaliero di S. Giovanni di Dio, con la specifica finalità di dedicare assistenza ai convalescenti dimessi dall’ospedale Maggiore. Nel medesimo anno favorì la nascita del capitolo collegiale nella canonica di S. Babila, formatosi sulla scorta delle disposizioni testamentarie di Gerolama Mazenta, ottenendo il riconoscimento pontificio da Sisto V.

L’arcivescovo promosse anche l’edilizia religiosa con nuove fondazioni di chiese e attraverso interventi di recupero e di ampliamento di preesistenti edifici di culto (S. Maria Maddalena al Cerchio, S. Maria del Paradiso, Concezione di Maria Vergine Immacolata), insediando nella realtà urbana nuove comunità religiose e favorendo la sistemazione di cenobi regolari, già attivi e presenti da tempo, in spazi rinnovati e più ampi (come, per esempio, destinando i cappuccini nel nuovo convento in Porta Orientale, nelle vicinanze del Lazzaretto). Diede avvio all’edificazione del monastero delle agostiniane di S. Maria Maddalena in Rugabella e introdusse a Milano, sul finire del 1590, i monaci camaldolesi, assegnando loro le case precedentemente occupate dal seminario, presso S. Vito al Carrobbio.

Chiamato dall’arcivescovo, nel luglio del 1594 giunse a Milano Camillo de Lellis, che un decennio prima aveva fondato l’Ordine dei chierici regolari ministri degli infermi, favorendo l’insediamento della sua congregazione in città, impegnata nelle attività assistenziali ospedaliere.

Dando seguito a una particolare devozione promossa alcuni anni prima da Borromeo, Visconti proseguì i lavori per l’edificazione del santuario della Beata Vergine Addolorata a Rho, su progetto dell’architetto Pellegrino Pellegrini, e nel 1589 insediò presso il santuario di Rho la congregazione dei padri oblati.

Durante il suo episcopato decennale effettuò numerose visite pastorali nel territorio diocesano, anche sotto questo aspetto senza soluzione di continuità rispetto all’opera del predecessore. Celebrò sei sinodi diocesani, negli anni 1586 (XII), 1587 (XIII), 1589 (XIV), 1590 (XV), 1591 (XVI), 1593 (XVII). Mostrò pure una particolare attenzione alla formazione e all’istruzione del clero diocesano, soprattutto dei sacerdoti destinati alle zone confinanti con i territori riformati.

Nel 1594 l’arcivescovo diede alle stampe il Messale ambrosiano (Missale Ambrosianum. Gasparis S. Mediolanensis Ecclesiae archiepiscopi iussu recognitum et editum, Mediolani, apud Pacificum Pontium), la cui elaborazione aveva preso avvio in precedenza, durante l’episcopato borromaico. Nel medesimo tempo curò anche la pubblicazione del nuovo Breviario e del nuovo Sacramentale ambrosiano.

Certamente degne di nota sono alcune interessanti notizie in ordine a contenziosi e conflitti di precedenza manifestatisi tra Milano e altre diocesi (Cremona, Vercelli e, soprattutto, Pavia), in particolare durante l’episcopato di Visconti, da cui emergerebbe una condizione di debolezza della cattedra ambrosiana in quegli anni, evidentemente priva del sostegno e del supporto da parte di efficaci circuiti di patronage in Curia romana. Analogamente, si rintracciano anche riferimenti a episodi di tensione tra arcivescovo e governatore, anche se in tono complessivamente minore e più sommessi e circostanziati rispetto ai vivaci contrasti verificatisi nel corso di alcune fasi dell’episcopato borromaico.

Si rileva, inoltre, che nel corso degli anni alla guida dell’arcidiocesi ambrosiana, Visconti cercò reiteratamente di ottenere dal pontefice il titolo cardinalizio, attivando più volte, a tale scopo, una serie di contatti, anche mediante l’intervento di suoi parenti. Alcune attestazioni documentarie parrebbero mostrare che a un certo momento egli avesse maturato in tal senso buone opportunità, per lo meno nell’imminenza dell’ultimo Concistoro di Sisto V, anche se, evidentemente, nonostante le illustri perorazioni, la sua possibile candidatura per l’ammissione al Sacro Collegio all’ultimo momento sfumò.

Morì a Milano il 12 gennaio 1595. Alle sue esequie – presiedute da Marsilio Landriani, vescovo di Vigevano – intervenne personalmente anche il governatore Juan Fernández de Velasco y Tovar, connestabile di Castiglia e duca di Frías, alla presenza dei rappresentanti delle magistrature dello Stato e della città. Venne sepolto in duomo, ai piedi dell’altare di S. Agnese. Nelle disposizioni testamentarie elesse suo erede l’ospedale Maggiore.

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