COOPER, Gary

Enciclopedia del Cinema (2003)

Cooper, Gary (propr. Frank James)

Gaia Marotta

Attore cinematografico statunitense, di padre inglese, nato il 7 maggio 1901 a Helena (Montana) e morto il 13 maggio 1961 a Brentwood (California). Interprete di pacata intensità ed eleganza, caratteri che rivelano la sua origine britannica, nei trent'anni della sua lunga carriera cinematografica C. rappresentò il divo hollywoodiano per eccellenza. Non fu mai un attore particolarmente espressivo né si distinse per la sua versatilità, ma la naturalezza della recitazione riservata e immediata a un tempo fecero di lui un'icona del cinema americano. Alto, con un fisico asciutto e un portamento rigido e leggermente sbilanciato a causa di un incidente giovanile, affascinante sullo schermo ma senza mai aver voluto rappresentare un sex symbol, C. fu il depositario ideale di quei valori tradizionali e di quei saldi principi morali nei quali l'America dell'epoca si riconosceva ampiamente. Ebbe numerose nominations, vinse tre Oscar, l'ultimo dei quali alla carriera nel 1961, consegnatogli pochi mesi prima della morte.

Visse nel Montana sino al 1912, quando la sua famiglia decise di trasferirsi in Inghilterra, ove ebbe modo di frequentare la Dunstable School fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, a seguito della quale fece ritorno con i suoi negli Stati Uniti e continuò gli studi presso lo Iowa College. Trasferitosi nel 1924 in California, tentò senza fortuna l'esperienza di illustratore di fumetti. Per puro caso cominciò a lavorare nel cinema come comparsa e stuntman sfruttando soprattutto la sua abilità nel cavalcare. Notato da uno dei più famosi talent scout dell'epoca, Nan Collins, che gli suggerì peraltro di adottare il nome Gary, nel 1926 entrò nel cast di The winning of Barbara Worth (1926; La rivincita di Barbara Worth o Sabbie ardenti) di Henry King, in cui riuscì a suscitare grande emozione nel pubblico pur comparendo in una sola scena.Dopo il suo esordio, C. venne scritturato dalla Famous Players-Lasky Corporation, poi Paramount Pictures, che decise di lanciare l'attore nei film western tratti dai libri di Z. Grey. Furono gli anni di Arizona bound (1926; Il demone dell'Arizona) e di Nevada (1927; Nevada il tiratore), entrambi diretti da John Waters; di Children of divorce (1927; I figli del divorzio) di Frank Lloyd; di Wings (1927; Ali), dramma bellico di William A. Wellman, in cui C. ricoprì una breve ma indimenticabile parte. La presenza della morte nei suoi film avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella graduale costruzione della sua identità cinematografica. Fu proprio sulla reazione dell'uomo davanti al pericolo e sul suo coraggio di rischiare che C. basò l'eroismo di molti dei suoi più celebri personaggi. La naturalezza della recitazione deriva in primo luogo dal fatto di essere riuscito a conformarsi perfettamente all'ideale eroico maschile, sul quale la Paramount puntava in quegli anni, restando sempre fedele a sé stesso. C. fu così ufficiale della Legione straniera in Beau sabreur (1928; Lo sciabolatore del Bengala) di Waters; aviatore suicida in Legion of the condemned (1928; La squadriglia degli eroi) di W.A. Wellman; di nuovo coraggioso aviatore che combatte per la patria a rischio della propria vita nel film Lilac time (1928; Le sette aquile) di George Fitzmaurice.C. rappresentava la figura di uomo onesto, rispettabile, orgoglioso, ma anche di irresistibile fascino e di grande simpatia, del quale ogni eroina si innamorava perdutamente al punto da 'redimersi' pur di riuscire a conquistarlo. In Doomsday (1928; Nido d'amore) di Rowland V. Lee, Mary (Florence Vidor), per farsi perdonare dopo averlo tradito, lavora per lui come governante; in Lilac time Collen Moore è una trovatella francese legata da rapporto di amore-odio a C. di cui finisce per innamorarsi; in The shopworn angel (1928; L'idolo del sogno) C. trasforma una navigata ballerina (Nancy Caroll) in una brava e onorata donna di casa.Nei film successivi l'immagine cinematografica di C. si mosse sempre sulla stessa linea, finché non si verificò l'incontro con Josef von Sternberg in Morocco (1930; Marocco). Il regista ruppe la monotonia degli schemi per trasformare C. in un affascinante sex symbol al fianco di una splendida Marlene Dietrich. Il film riscosse un enorme successo di critica e di pubblico, ma l'attore sentì di essersi spinto troppo oltre, come se in qualche modo avesse tradito quell'immagine che si era costruito in tanti anni e alla quale il pubblico era legato. Fu così che decise di tornare al genere che più amava, il western, con Fighting caravans (1931; L'ultima carovana o Il fuciliere del deserto) di Cecil B. DeMille. Dal 1932 al 1934 seguì una serie di film meno importanti tra cui vanno comunque ricordati A farewell to arms (1932; Addio alle armi) di Frank Borzage, tratto dall'omonimo romanzo di E. Hemingway, e il brioso Design for living (1933; Partita a quattro) di Ernst Lubitsch. Successivamente, in un processo di graduale scoperta di sé stesso e confrontandosi con alcuni dei più noti registi del tempo, C. definì i tratti essenziali del suo personaggio. L'incontro con il regista King Vidor per The wedding night (1935; Notte di nozze) fece emergere infatti un'altra componente essenziale del cinema americano di quegli anni: l'individualismo. Il tema dell'uomo solo, incompreso, che lotta per ciò in cui crede, già sviluppato nel suo primo film sonoro The Virginian (1929) di Victor Fleming, costituì un altro tassello importante nella creazione della personalità dell'attore. Sempre con Vidor, C. sarebbe tornato a lavorare diversi anni più tardi in The fountainhead (1949; La fonte meravigliosa), da un romanzo di A. Rand. Nella parte dell'architetto Howard Roark, egli riuscì a imprimere al personaggio la durezza e il rigore di un uomo incompreso, i cui progetti vengono respinti dalla società perché considerati troppo audaci. Seppe così disegnare una splendida figura di individualista in piena sintonia con il regista che, pur fedele allo spirito del romanzo, volle conferire un'impronta personale alle caratteristiche del protagonista.Ancora nel 1935 in The lives of a Bengal lancer (I lancieri del Bengala) come anche, successivamente, in The real glory (1939; La gloriosa avventura), entrambi di Henry Hathaway, C. disegnò la figura del ribelle nei confronti dell'autorità in un mondo virile dove l'amicizia e la lealtà assumono un ruolo fondamentale nei rapporti tra i compagni. Nel 1936 Frank Capra lo scelse per la commedia brillante Mr. Deeds goes to town (È arrivata la felicità). Protagonista di un mondo fiabesco e populista, C., che ebbe una nomination all'Oscar per questa parte, si trasformò in un moderno Don Chisciotte in lotta contro opportunisti e disonesti. Capra gli conferì un alone di santità popolare, dai toni più tenui e dimessi, che lo allontanò per la prima volta dallo stereotipo dell'eroe epico americano. Ma nell'immaginario collettivo C. restava legato al suo personaggio più tipico e fu così che nel 1937 l'attore venne chiamato a interpretare Wild Bill Hickok nel film The plainsman (La conquista del West) di DeMille. Priva di ambiguità e di incertezze, la figura di Hickok rispondeva perfettamente ai canoni della leggendaria epopea americana. Erano trascorsi cinque anni e ben undici film da Mr. Deeds goes to town e nessun altro lavoro era riuscito a eguagliarne il successo quando Capra gli propose il ruolo di un giocatore di baseball alla deriva in Meet John Doe (1941; Arriva John Doe o I dominatori della metropoli). C. riuscì a interpretare magistralmente il suo personaggio passando dalla commedia iniziale sino al dramma del rimorso e, infine, alla disperazione quando la folla caotica lo deride. Tra il 1941 e il 1943 va ricordata una serie di personaggi emblematici che ne segnarono profondamente la carriera. Nel 1941, con Sergeant York (1941; Il sergente York) di Howard Hawks, ottenne il suo primo Oscar. Tributo allo sforzo bellico americano, il film si basa sulla storia vera di Alvin C. York. L'interpretazione di C. fu straordinaria nel graduare i differenti stadi di fanatismo del suo personaggio: quello di un uomo che passa dall'ateismo alla fede, dal pacifismo alla violenza senza mai sentire il bisogno di interrogarsi sulla giustizia delle sue azioni. Seguirono le interpretazioni di Lou Gehring, il venerato giocatore di baseball morto a trentotto anni per distrofia muscolare in The pride of the Yankees (1942; L'idolo delle folle) di Sam Wood, e nel 1943 di Robert Jordan, l'eroe idealista di E. Hemingway che combatte nella guerra civile spagnola, in For whom the bell tolls (Per chi suona la campana) diretto ancora da Wood e con un'intensa Ingrid Bergman nella parte di Maria. I dieci anni successivi rappresentarono nella vita personale dell'attore e nella sua carriera un periodo difficile. C. riversò l'amarezza e le tensioni accumulate in quello che può essere considerato il suo capolavoro personale oltre che un film catartico: High noon (1952; Mezzogiorno di fuoco) di Fred Zinnemann. Nell'interpretazione di Will Kane, per la quale ottenne il secondo Oscar, ogni traccia di affabilità sembra scomparsa dal volto di C., ormai segnato dalle rughe, quella sicurezza ostentata in alcuni dei più celebri ruoli svanita per lasciare il posto alla sofferenza e a una solitudine dolorosa. Rispetto al passato, infatti, la situazione appariva mutata: quello dello sceriffo di Hadleyville non era più l'individualismo orgoglioso di chi sceglie di lottare per i propri ideali. Era la maschera di un uomo stanco, addolorato, che ha paura e che decide di affrontare il nemico non per reale convinzione, ma per rispetto del dovere. I lavori successivi non riuscirono a eguagliare il senso di fragilità e la complessità dell'interpretazione che C. aveva saputo offrire in quest'ultimo film. Nel 1954 l'attore recitò al fianco di Burt Lancaster, in Vera Cruz di Robert Aldrich, e tre anni più tardi in Love in afternoon (1957; Arianna) di Billy Wilder, in cui interpretò la parte di un playboy che si misura con una giovanissima Audrey Hepburn in un complesso gioco di seduzione. L'attore però era cambiato profondamen-te: nella sua recitazione s'intuiva una vena di stanchezza, il distacco disincantato di un uomo maturo che sente di non poter più affascinare come in passato. Fu anche per questo motivo che il contrasto tra l'attore e la Hepburn, con la sua freschezza e la sua candida innocenza, risultò ancora più forte e più malinconico.

I lavori che seguirono testimoniano il lento ma inesorabile decadimento di C., sempre più stanco e malato. Fu proprio They came to Cordura (1959; Cordura) di Robert Rossen a rappresentare in qualche maniera la summa di tutta la sua lunga carriera. Mai come in questo film, infatti, realtà e finzione si fusero insieme: la caparbia determinazione che spinge il maggiore Thomas Thorn a lottare per compiere la sua missione è la stessa che permise a C. di affrontare con dignità il suo declino senza arrendersi. L'ultimo film da lui interpretato, The naked edge (Il dubbio), venne girato a Londra da Michael Anderson e fu distribuito solo nel 1961, dopo la morte dell'attore. Sino alla fine egli tentò di aggiungere qualcosa di nuovo e di diverso alla sua immagine cinematografica, sperimentando per la prima volta il genere thriller. Ma l'ipotesi intorno a cui ruotava tutta la vicenda e che vedeva C. come possibile assassino non resse perché minava proprio quell'immagine di lealtà e di eroismo che l'attore aveva incarnato per trent'anni e che ne aveva fatto una leggenda del cinema.

Bibliografia

N. Corich, Il ritratto di Gary Cooper (ovvero Frank James Cooper), in "Cineforum", 1961, 5, pp. 247-74.

G. Carpozzi Jr, The Gary Cooper story, New York 1970.

H. Dickens, The films of Gary Cooper, New York 1970.

J. Ortega, Gary Cooper, Paris 1984.

J. Meyers, Gary Cooper: American hero, New York 1998.

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