GARAGUSO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

GARAGUSO

M. G. Canosa

Centro in provincia di Matera posto su un'altura a m 487 s.l.m. Ubicato fra alte colline sul versante destro del medio corso del fiume Basento, da cui dista pochi chilometri, è in posizione dominante sull'alto corso del torrente Salandrella-Cavone.

Il moderno centro abitato sorge direttamente sull'insediamento antico le cui fasi cronologiche più remote si datano al Neolitico, epoca cui risalgono alcuni reperti raccolti sotto il livello della necropoli arcaica nella Villa Comunale. A poca distanza, in località Ulivi del Duca, vi sono fondi di capanna riferibili all'Eneolitico. Alla media Età del Bronzo sono databili le ceramiche appenniniche rinvenute con i resti di un insediamento in località Ponte del Diavolo.

Le testimonianze archeologiche si intensificano per l'Età del Bronzo Recente e Finale e proseguono numerose, senza soluzione di continuità, fino agli inizi del III sec. a.C., presso la confluenza del Riciglio nella Salandrella, nelle contrade Tempa S. Nicola e Filera. A Tempa S. Nicola un importante deposito archeologico rinvenuto in una enorme buca scavata nella roccia presenta nei livelli inferiori abbondante ceramica protogeometrica iapigia e protovillanoviana, nei livelli medi ceramica del tipo «Borgo Nuovo» e «tenda elegante», in una successione caratterizzata dal continuo alternarsi di strati lenticolari di focolare e di resti faunistici.

L'abitato arcaico è stato individuato in contrada Filera e la relativa necropoli è stata rinvenuta sotto l'attuale Villa Comunale. Le tombe a fossa, foderate di ciottoli, contengono inumazioni supine e rannicchiate. Nei corredi funerari, uniformi nello schema compositivo, le importazioni sono nella quasi totalità rappresentate da coppe di tipo ionico B2 di produzione coloniale, certamente metapontina. La ceramica indigena è rappresentata da varie tipologie di coppe, piattelli e soprattutto vasetti anforoidi di dimensioni variabili che mostrano una incredibile varietà di motivi decorativi realizzati in vivace bicromia.

Il repertorio decorativo e le tipologie vascolari inseriscono la ceramica indigena di G. in una vasta area della Lucania occidentale, estesa da Sala Consilina a Oppido Lucano e a Roccanova, nella quale la circolazione di modelli e schemi ornamentali deve essere stata tanto intensa da determinare impressionanti analogie nei manufatti ceramici.

Nel IV sec. a.C. l'abitato venne racchiuso in una cinta muraria realizzata in perfetta tecnica isodoma, con i blocchi recanti segni di cava a lettere greche. G. si inserisce così nel circuito delle città fortificate lucane (Croccia Cognato, Serra del Cedro, Serra di Vaglio) che in questo distretto territoriale della Lucania interna vivono nel IV sec. a.C. una fase di espansione per poi decadere e scomparire nei primi decenni del III sec. a.C.

Un posto di particolare rilievo occupa G. nel mondo religioso della Lucania antica, certo per la sua posizione geografica: ubicata sulle alture che separano le vicine vallate dei fiumi Basento e Salandrella-Cavone, è alla confluenza di importanti strade antiche che, partendo dalla costa ionica, penetravano nella Lucania interna.

Il rinvenimento fortuito della «Dea di G.» e gli scavi dei depositi votivi Autera e Altieri hanno rivelato un importante centro cultuale intensamente frequentato dalla metà del VI fino alla fine del IV sec. a.C. da genti di cultura greca che, in una zona abitata da popolazioni indigene, hanno venerato una divinità femminile in un suggestivo ambiente naturale caratterizzato da grotte e sorgenti.

La probabile attribuzione a officine metapontine della Dea e del tempietto, la cui datazione si pone intorno al 480-470 a.C., il rinvenimento nei depositi votivi di monete delle principali città magnogreche fino a Sibari, Caulonia e Poseidonia, la presenza di ceramiche greche e di produzione coloniale (metapontina) e, soprattutto, di numerosissime terrecotte votive di tipo prettamente greco e diffuse nei più importanti santuari della Magna Grecia, permettono di individuare l'ampiezza della sfera d'influenza di questo santuario la cui presenza in un'area montuosa della Lucania interna, fra popolazioni anelleniche, assume un'importanza fondamentale per la comprensione, non ancora del tutto chiara, dei rapporti fra greci e indigeni.

Bibl.: In generale: J. Heurgon, I culti non greci della Magna Grecia, in Le genti non greche della Magna Grecia. Atti dell'XI Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 1971, Napoli 1972, pp. 55-75; D. Adamesteanu, La Basilicata antica, Cava dei Tirreni 1974, pp. 132-133; R. J. Buck, The Ancient Roads of Southeastern Lucania, in BSR, XLIII, 1975, pp. 98-116; H. Dilthey, Sorgenti, acque e luoghi sacri in Basilicata, in Attività archeologica in Basilicata 1964-197J - Scritti in onore di D. Adamesteanu, Matera 1980, p. 552; P. G. Guzzo, Le città scomparse della Magna Grecia, Roma 1982, pp. 351-352; A. Pontrandolfo Greco, I Lucani, Milano 1982, pp. 77-78; A. Bottini, I popoli indigeni fino al V sec., in Popoli e civiltà dell'Italia antica, VIII, Roma 1986, pp. 209-210. - Per il tempietto e la «Dea di G.»: M. Sestieri Bertarelli, Il tempietto e la stipe votiva di Garaguso, in AttiMGrecia, II, 1958, pp. 67-78; E. Langlotz, M. Hirmer, L'arte della Magna Grecia, Roma 1968, p. 264; W. Fuchs, Die Skulptur der Griechen, Magonza 1979, p. 254 ss., figg. 280-281 (trad, it., Scultura greca, Milano 1982); P. Orlandini, Le arti figurative, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Megale Hellas, Milano 1983, p. 331 ss. - Per la ceramica: J. de La Genière, Recherches sur l'Age du Fer en Italie Meridionale, Napoli 1968; D. Yntema, The Matt-Painted Pottery of Southern Italy (diss.), Utrecht 1985. - Per gli scavi: M. Hano, R. Hanoune, J. P. Morel, in NSc, 1971, pp. 424-438; J. P. Morel, Garaguso: traditions indigènes et influences grecques, in CRAI, 1974, pp. 370-395; E. Lattanzi, Rassegna archeologica, in Atti del XXI Convegno dì studi sulla Magna Grecia, Taranto 1981, Taranto 1982, pp. 259-283; A. Bottini, Rassegna archeologica, in Atti del XXIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1985, Taranto 1984, pp. 449-460.