Gamba

Enciclopedia Dantesca (1970)

gamba

Bruno Basile

Il sostantivo, sempre al plurale per designare gli " arti inferiori ", compare quindici volte nella Commedia, con netta esclusione del Paradiso, certo imputabile alla restrizione che D. impose nell'ultima cantica al linguaggio ‛ comico '.

Le nove attestazioni dell'Inferno ci presentano un'icastica tipologia degli atteggiamenti di questi arti: il movimento vi domina assoluto, così all'interno di una battuta sarcastica (sì non furo accorte / le gambe tue a le giostre dal Toppo, XIII 121), come in una descrizione: a fuggirsi / ali sembiar le gambe loro (XVI 87): cfr. Aen. VII 224 " pedibus timor addidit alas ". Situazione analoga in XIX 23 a ciascun [foro] soperchiava / d'un peccator li piedi e de le gambe / infino al grosso (bene il Buti: " sì che si vedeano li piedi e le gambe infino al polpaccio "), che fa pensare al movimento, come Giuda che 'l capo ha dentro [la bocca di Lucifero] e fuor le gambe mena (XXXIV 63). A parte il caso di XXXIV 90, ove vidili le gambe in sù tenere si riferisce alla torsione compiuta da Virgilio per discendere lungo Lucifero, le altre attestazioni sembrano riferirsi più agli arti che alla dinamica della loro funzione. Questo è evidente in XXII 74 (Draghignazzo... volle dar di piglio / giuso a le gambe) e nella desolata visione di XXVIII 25 Tra le gambe pendevan le minugia. Per stilistica incisività restano impresse le cosce con le gambe e 'l ventre e 'l casso (XXV 74) destinate (v. 106) a divenire coda di un rettile ributtante.

Diversa la situazione del Purgatorio, in cui ogni realismo è attenuato in contesti comparativi o dal sottile rapporto g.-viaggio-salvazione. Divengono pertanto sfumati passi come Lo duca mio... / reverenti mi fé le gambe e 'l ciglio (I 51), con riferimento ad atteggiamento di umiltà; trovammo la roccia sì erta, / che 'ndarno vi sarien le gambe pronte (III 48); mi sentiva / la possa de le gambe posta in triegue (XVII 75); Drizza le gambe, lèvati sù, fratel (XIX 133); e la smagata considerazione: Che hai che... / se' venuto più che mezza lega / velando li occhi e con le gambe avvolte...? (XV 122), a cui darà risposta il poeta (v. 126): passi che ci riportano tutti al concetto dantesco e cristiano di un homo viator sulla via della salvezza, che pare conoscere soste e cedimenti di corpo e di spirito.