ZAMBON, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZAMBON, Gaetano

Mauro Capocci

Nacque a Malo, in provincia di Vicenza, il 31 dicembre 1878. Il padre Giovanni aveva una fiorente ditta di granaglie, mentre la madre Maddalena Sella era figlia di un importante farmacista di Schio. Nel 1889 la donna morì a causa di complicazioni dopo il parto dell’ottava figlia, non sopravvissuta.

Gaetano era il secondogenito della coppia, e insieme alle sei sorelle (Maria, Maddalena, Carmela, Antonia e le gemelle Cecilia e Caterina) venne accudito soprattutto dalla nonna materna. Il nome di Gaetano Zambon è legato indissolubilmente all’azienda farmaceutica da lui fondata, e tuttora di proprietà della famiglia. L’interesse per la farmaceutica e il commercio dei medicinali nacque proprio nell’ambiente della famiglia materna. L’educazione ivi ricevuta fece sì che Gaetano non seguisse la strada sognata per lui dal padre, che lo aveva immaginato erede della sua azienda. I nonni materni lo inviarono infatti a studiare al seminario di Vicenza. Si iscrisse poi all’Università di Padova, dove si laureò in farmacia nel 1902. Iniziò a praticare il mestiere di farmacista nel negozio (con laboratorio galenico) del nonno, a Schio, per poi spostarsi nel 1904 a Vicenza, nella secolare farmacia del Redentor nella centralissima piazza delle Erbe.

A Padova aveva avuto come compagno di corso Teodorico Viero, che dopo la laurea aveva iniziato a lavorare in una importante farmacia cittadina. Fu Viero a presentargli Silvio Farina, che aveva dovuto abbandonare gli studi ma era impiegato come commesso presso il grossista farmaceutico proprietario della farmacia dove esercitava Viero. Farina divenne il primo socio di Gaetano, e insieme rilevarono nel 1906 un preesistente magazzino di medicinali sito in corso Fogazzaro a Vicenza. Nacque così il primo nucleo dell’azienda farmaceutica. L’attività crebbe rapidamente: nel 1908 fu costituita la società Gaetano Zambon & C., che includeva un terzo socio: Teodorico Viero. La famiglia Zambon e l’azienda si intrecciarono ancora più profondamente l’anno seguente, quando le sorelle Carmela e Antonia Zambon sposarono Viero e Farina.

Nel 1911 la crescita aziendale rese necessario il trasferimento nella nuova sede in piazza Giusti, più ampia – una parte dell’edificio era usato come abitazione dalla famiglia Farina. Già prima della Grande Guerra l’azienda aveva impiantato – oltre l’attività di vendita all’ingrosso – una piccola parte produttiva nel settore della drogheria, e il nuovo stabilimento rese possibile l’espansione della produzione. Nel 1915 l’Italia entrò in guerra, e Gaetano fu richiamato dall’esercito, dove raggiunse il grado di sottotenente farmacista. Ancora durante la guerra (nel 1917) sposò Elena Zanetti, figlia di un funzionario comunale di un paese vicino, Arzignano. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Adriana (nata nel 1918), Maddalena (1921), Alberto (1924) e Giovanna (1926). L’ultima sorella di Gaetano ancora nubile, Cecilia, nello stesso anno divenne moglie di Giuseppe Ferrari, già collega di Farina a Padova e chiamato ad occuparsi della parte commerciale dell’azienda. Negli anni Venti, Gaetano Zambon entrò a far parte del consiglio d’amministrazione della Banca popolare di Vicenza, di cui fu anche vicepresidente.

L’attività si espanse costantemente, non solo geograficamente (diventando nazionale): a partire dal 1928 fu creato il marchio ZEF (Zambon e Farina) con cui commercializzare i farmaci galenici prodotti nei laboratori aziendali (per esempio, la ferrochina e l’elisir di china). L’anno successivo la ditta accolse anche Arrigo Giacomelli, il marito di Maddalena come responsabile della contabilità. Questa squadra familiare costituì il nucleo della direzione, anche se il potere decisionale era comunque nelle mani di Gaetano Zambon. Fino al 1933 la Zambon commercializzava con profitto i prodotti galenici, nel solco della tradizione di farmacia italiana. Nel 1930 fu acquisito dalla Montecatini un vecchio edificio industriale, riconvertito a laboratorio chimico-farmaceutico, così che l’azienda riuscì a gestire e a controllare direttamente tutta la filiera produttiva, dalle materie prime fino al farmaco pronto da inviare a ospedali e farmacie. Dal 1933 prese quindi il via una notevole espansione: si iniziarono a realizzare anche nuove combinazioni di sintesi, avvicinandosi quindi alla farmaceutica più moderna e già diffusa in altri paesi europei. Tutto ciò fu facilitato dalle politiche di autarchia fascista, orientate a ridurre la dipendenza dall’estero nella chimica, un settore in cui mancava un grande produttore nazionale (la Farmitalia, nata da una joint venture tra la Montecatini e la francese Rhone-Poulenc fu creata nel 1935). Se quindi come altre aziende farmaceutiche la Zambon prosperò grazie a condizioni nazionali favorevoli, d’altro canto il suo sviluppo è esemplare di un percorso diverso rispetto ad altre imprese farmaceutiche italiane. Molte di queste nacquero infatti da piccoli laboratori legati a farmacie e a specifici prodotti (la Carlo Erba o la Zambeletti, per esempio); altre provenivano dall’industria chimica (la già citata Farmitalia e la Ledoga-Lepetit); altre ancora ebbero origine dalle intuizioni di medici e accademici (l’Istituto sieroterapico e vaccinogeno toscano di Achille Sclavo e l’Istituto sieroterapico milanese di Serafino Belfanti). La Zambon fu piuttosto il frutto una visione imprenditoriale, che portò all’evoluzione verso l’industria chimico-farmaceutica. Nel 1937, a riconoscimento del successo commerciale, fu conferito a Zambon e Farina il titolo di cavaliere dell’ordine della Corona d’Italia. L’anno successivo l’azienda si ristrutturò: dopo l’uscita dalla società di Viero (nel 1935, anno della morte della moglie Carmela Zambon) nel 1938 venne creata la G. Zambon & C., società anonima per azioni divisa equamente tra Zambon, Farina, Ferrari e Giacomelli. La produzione negli ultimi anni del fascismo si diversificò includendo anche sostanze di notevole importanza come la vitamina C (per la cui sintesi era stato attribuito il premio Nobel nel 1937), la canfoedeina (cardiocinetico di grande successo commerciale) e i sulfamidici (scoperti nel 1935 e venduti a partire dall’anno successivo). In totale, l’azienda contava ormai centinaia di dipendenti, oltre alle collaborazioni con l’Università di Padova e con altre aziende, che integravano gli studi effettuati nell’impianto di Vicenza. Nel 1944, la fabbrica fu gravemente danneggiata da un bombardamento, ma rapidamente ricostruita: nel 1946 venne inaugurato il nuovo stabilimento alla periferia della città, che produceva anche farmaci veterinari, e affidava vasti spazi ai nuovi laboratori di ricerca. Grazie a questo investimento sull’innovazione, Zambon riuscì a inserire l’azienda nella produzione dei nuovi ‘farmaci miracolosi’ che si stavano diffondendo dopo la seconda guerra mondiale: gli antibiotici. Iniziò infatti nel 1949 la produzione di cloramfenicolo (cloromicetina, scoperta nel 1947 nel microorganismo Streptomyces venezuelae), il primo antibiotico ottenuto non più da un microorganismo ma per sintesi. Era un ambito in cui l’industria italiana eccelleva: la farmaceutica milanese Ledoga-Lepetit aveva infatti ottenuto nello stesso anno un innovativo processo chimico che permise al settore farmaceutico nazionale di entrare su un mercato globale e soprattutto molto redditizio.

Il dopoguerra fu anche un periodo di cambiamento nella gestione dell’azienda. Nel 1950 Gaetano lasciò la carica di amministratore delegato al figlio Alberto (laureato in chimica e in farmacia all’Università di Padova), mentre il ruolo di presidente venne assunto dal chimico Giordano Emilio Ghirardi, fondatore a Milano della casa farmaceutica Simes (Società Italiana Medicinali e Sintetici), con cui Zambon collaborava. Nel 1951 Silvio Farina lasciò ogni ruolo nell’impresa; nel 1957 fu la volta di Ferrari, il quale fondò un’altra azienda chimico-farmaceutica (la FIS - Fabbrica Italiana Sintetici).

Alberto Zambon avrebbe guidato l’azienda fino agli anni Novanta del Novecento, con un’espansione che andò oltre i confini nazionali: nel 1956 fu creato il primo nucleo produttivo in Brasile. Come altre aziende italiane, la Zambon approfittò in questo periodo dell’allargamento del mercato farmaceutico, dovuto alle nuove possibilità terapeutiche (oltre agli antibiotici, già nel 1956 iniziò a produrre clorpromazina, il primo e rivoluzionario farmaco antipsicotico), e dell’assenza in Italia della protezione brevettuale dei farmaci. Questo aveva consentito a numerose imprese di produrre specialità farmaceutiche a prezzi inferiori rispetto ai concorrenti internazionali, sfruttando il basso costo del lavoro italiano e i minori investimenti necessari nell’innovazione.

Gaetano Zambon, affetto da lunga malattia, ma lucido fino alla fine, morì a Vicenza il 6 settembre 1959.

L’azienda – dal 1961 spostata nella nuova sede di Bresso (alla periferia di Milano), con il nuovo nome da cui sparisce la G. del fondatore – continuò ad espandersi nel mondo, rimanendo sempre in mano alla famiglia.

Fonti e Bibliografia

Necrologio in Il Giornale di Vicenza, 8 settembre 1959; Zambon Gaetano, in Dizionario storico-biografico dei farmacisti italiani, a cura di G. Maggioni, C. Masino, A. Russo, Torino 1984, p.131; V. A. Sironi, Le officine della salute. Storia del farmaco e della sua industria in Italia dall’Unità al Mercato unico europeo (1861-1992), Roma-Bari 1992, p. 72; Zambon, in Valori d’impresa in azione, a cura di a cura di V. Coda - M. Minoja - A. Tessitore - M. Vitale, Milano 2012, pp. 483-507 (in particolare 484-487); Zambon, Values story 100+∞, Milano 2015, https://www.zambon.com/sites/corporate/files/modules/download/files/Values%20Story%20Zambon_1.pdf (3 sett. 2020).

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