GUADAGNI, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)

GUADAGNI, Gaetano

Andrea Pini

Nato a Lodi o a Vicenza l'11 dic. 1729, non si hanno notizie sulla sua prima formazione musicale; fu fratello di Lavinia e Angiola, anch'esse note cantanti. Sappiamo comunque che, dopo aver subito l'evirazione, fu a Cremona e a Mantova e nel 1746 esordì come contralto nella basilica di S. Antonio a Padova, ove fu allievo di F.M. Vallotti. Fu tuttavia licenziato per inadempienze contrattuali e, dedicatosi al teatro, apparve nell'autunno di quell'anno in parti secondarie al S. Moisè di Venezia nella Zenobia di G. Michieli e nel Cesare in Egitto di ignoto.

Nel 1748 si recò a Londra come "primo uomo serio" in una compagnia comica. Ch. Burney, che ebbe occasione di ascoltarlo, riferisce che "come attore egli non ebbe eguali su nessun palcoscenico d'Europa; la sua figura era straordinariamente elegante e nobile; l'espressione del volto, piena di bellezza, intelligenza e dignità; le pose e i gesti, così colmi di grazia e proprietà che sarebbero stati oggetti di studio per uno scultore" (Heartz, 1986, p. 70). A Londra il G. attirò immediatamente l'attenzione di G.F. Händel, che nel 1750 modificò per lui le parti del Messiah e del Samson, inizialmente scritte per Susanna Arne Cibber; sempre per il G., Händel compose inoltre la parte di Didymus in Theodora.

Riferisce ancora Burney che, durante questi primi anni trascorsi in Inghilterra, il G. si segnalò più per le esecuzioni in inglese che per quelle in italiano: "Return, oh God of hosts", l'aria di Micah nel Samson, divenne presto un "pezzo forte" delle sue esibizioni londinesi. Il G. restò a Londra fino al 1753, giovandosi di un maestro quale David Garrick per sviluppare le sue doti di attore al fine di raggiungere una sempre maggiore identificazione con il personaggio. Non mancò tuttavia, in questo periodo, di esibirsi in altre città, come per es. Dublino, dove cantò nel 1751-52, riportando un notevole successo. Nel 1753 fu a Lisbona, dove sarebbe stato per qualche tempo allievo del celebre evirato Gioacchino Conti, detto Gizziello, quindi nel 1754 cantò al Concert spirituel di Parigi e successivamente a Versailles, ove si esibì davanti alla corte. Nel 1755, dopo essere stato a Bruxelles, ove apparve nel dramma giocoso Don Calascione, tornò nuovamente a Londra, scritturato al Drury Lane da Garrick come Lysander in The fairies di J.Ch. Smith.

Rientrato in Italia, già piuttosto celebre, cantò per la stagione di Carnevale 1757 al S. Benedetto di Venezia nel Catone in Utica di V. Ciampi e nell'Adriano in Siria di F. Brusa; quindi a Reggio Emilia ne La Nitteti di T. Traetta, e in autunno a Lucca nell'Artaserse di B. Galuppi. Nel Carnevale seguente lo troviamo protagonista a Parma in Ricimero re dei Goti di A. Ferradini e in Alessandro Severo di vari autori, e per la fiera dell'Ascensione al S. Salvatore a Venezia, per l'Artaserse di G. Scolari. Dopo essere apparso nei teatri di Verona (1758), Lucca (1759), Torino (1759), Napoli (1760), fu nuovamente interprete di opere di Traetta nelle rappresentazioni parmensi de Le feste d'Imeneo, in occasione delle nozze di Giuseppe d'Asburgo Lorena con Isabella di Borbone (settembre 1760), e in Enea e Lavinia (primavera 1761). Nel Carnevale 1761 cantò al teatro Regio di Torino nel Tigrane di N. Piccinni e nell'Artaserse di J.Ch. Bach; fu poi a Ludwigsburg e a Stoccarda, ormai apprezzato e richiesto in tutta Europa non soltanto per le eccellenti qualità vocali, ma anche per lo stile contenuto e per il modo di recitare, sempre aderente al carattere dei vari personaggi interpretati.

Si recò quindi a Vienna, dove nel 1762 esordì come Orazio ne Il trionfo di Clelia di J.A. Hasse. Il 5 ottobre dello stesso anno, al Burgtheater, fu il primo interprete di Orfeo nell'Orfeo ed Euridice di Ch. W. Gluck, momento decisivo all'interno del percorso riformatore del compositore e tappa di fondamentale importanza per la carriera del G., autentico perno dell'opera.

Nel 1763, sempre nella capitale asburgica, il G. interpretò Oreste nell'Ifigenia in Tauride di Traetta; nel 1764 fu Mercurio nell'Egeria di Hasse, festa teatrale data a corte per l'incoronazione di Giuseppe II a re dei Romani; nel 1765 fu Megacle ne L'Olimpiade e Apollo ne Il trionfo d'amore (azione teatrale rappresentata a corte per le nozze di Giuseppe II e Maria Josepha di Baviera), entrambe su musica di F.L. Gassmann, e protagonista nel Telemaco di Gluck. Si recò poi a Innsbruck ove fu Romolo in Romolo ed Ersilia di Hasse, in occasione delle nozze di Leopoldo d'Asburgo Lorena e Maria Ludovica di Borbone.

Fama e ricchezza continuavano a crescere l'una proporzionalmente all'altra; tornato a Venezia, nel '67 risulta scritturato al S. Benedetto di Venezia per L'Olimpiade di autori vari e l'Ezio di F. Bertoni. L'anno 1768 registrò la definitiva assunzione del cantante presso la basilica del Santo a Padova, assunzione favorita dal Vallotti e probabilmente dal marchese don Giuseppe Ximenes d'Aragona; il legame con l'ambiente musicale padovano si rivelerà fondamentale per il G. nella fase finale della sua carriera. Nel Carnevale 1768 si esibì all'Argentina di Roma nell'Artaserse di A. Sacchini e nell'Olimpiade di Piccinni; al S. Benedetto di Venezia cantò in autunno nell'Alessandro in Armenia di G.B. Borghi, e nel Carnevale seguente nell'Arianna e Teseo di Galuppi e nel Demofoonte di J. Mysliveček. Il 10 giugno 1769 si esibì a Padova nel Trionfo di Clelia di Bertoni a fianco di Cecilia Grassi, con la quale cantò anche a Venezia per l'Ascensione al teatro di S. Salvatore nel Ruggiero di P. Guglielmi, e nell'estate ancora al S. Benedetto per il Il re pastore di Galuppi.

Durante la stagione 1769-70 fu nuovamente protagonista sulle scene londinesi, dove tra l'altro nel 1770 interpretò ancora il ruolo di Orfeo al Haymarket theatre in un Orfeo ed Euridice con musiche di Gluck, J.Ch. Bach e P.A. Guglielmi, contenente un brano rielaborato dallo stesso G., l'aria "Men tiranne, ah, voi sareste", poi pubblicata in The favourite songs in the opera Orfeo (London 1770). Dopo essere stato a Verona e a Venezia, ove nel 1772 venne insignito del titolo di cavaliere di S. Marco, partecipò alle manifestazioni musicali che la città di Padova organizzò nel giugno di quell'anno in onore di Maria Antonia Walpurgis di Baviera, vedova dell'elettore di Sassonia Federico Cristiano (Il trionfo della fedeltà, testo e musica dell'elettrice); qualche mese dopo la stessa principessa lo condusse a Monaco, dove il G. si esibì per diversi anni interpretando ancora il ruolo di Orfeo, sia nel citato pasticcio (Carnevale 1773) sia nell'opera di A. Tozzi (1775), e recitando inoltre nella Talestri di G.B. Ferrandini. Questo ingaggio nella città tedesca costituì inoltre per il cantante l'occasione di dar vita a un vero e proprio pendolarismo con funzioni di mediatore tra l'ambiente accademico antoniano e quello artistico della corte bavarese.

Negli ultimi anni di carriera il G. avrebbe interpretato ruoli di soprano, come dimostrerebbe la tessitura acuta dell'aria "Pensa a serbarmi, o cara" da lui interpretata nell'Ezio di Bertoni (ms. in Bologna, Civico Museo bibliografico musicale). Nel Carnevale 1776 tornò a esibirsi al S. Benedetto di Venezia cantando nell'Artaserse di Borghi e nell'Orfeo ed Euridice di Bertoni; quello stesso anno cantò inoltre a Potsdam di fronte a Federico II. Rientrò quindi a Padova per stabilirvisi in maniera definitiva. Si apre a questo punto l'ultima pagina della sua brillante carriera artistica: lavorando in proficua sintonia con il nobile mecenate Ximenes e con il compositore e maestro di canto Giovanni Ferrandini, partecipò da protagonista a un numero impressionante di manifestazioni canore (sacre, encomiastiche, festive ecc.).

Nel Carnevale 1778 organizzò lui stesso una mascherata, durante la quale rivolse al pubblico una canzone in lode della città; nel giugno dello stesso anno si esibì con Gasparo Pacchiarotti nella chiesa dei Serviti, in occasione della festa di S. Cecilia. Nel 1782, in concomitanza con l'arrivo a Padova dei granduchi di Russia (i "conti del Nord"), cantò appositamente alcune arie in un'accademia allestita nel convento benedettino di S. Giustina. Nello stesso anno, durante la visita di papa Pio VI alla città, intonò di fronte alla basilica del Santo l'antifona "O lingua benedicta". Nel 1783, in occasione della scadenza del reggimento del capitanio e podestà Alvise Mocenigo, si esibì con altri artisti di prestigio nella cantata Le virtù rivali, di Felice Alessandri, suo cognato (aveva sposato Lavinia). Tra le numerose riprese dell'Orfeo, opera per la quale continuò a rielaborare l'arioso "Che puro ciel", va infine segnalata almeno quella del 7 maggio 1784, svoltasi in onore del re di Svezia.

Nel 1785 il G. venne colto da apoplessia e perse quasi completamente l'uso della parola. Morì a Padova l'11 ott. 1792.

Prestante nel fisico, quasi "statuario", era apprezzato dai contemporanei tanto per le doti sceniche quanto per quelle vocali. Fu interprete dallo stile pacato ed espressivo, semplice e sillabico, scevro da particolari virtuosismi (che tuttavia poteva eseguire senza difficoltà) o barocchismi vocali (secondo Burney lavorava su poche note e frequenti pause). Amava indugiare unicamente sull'effetto di "messa di voce", consistente in una nota attaccata piano, gradualmente rinforzata e infine lentamente smorzata. La tendenza a evitare particolari fioriture, combinata con l'imponenza e la nobiltà della recitazione, lo posero in sintonia con la severità neoclassica della concezione artistica di Gluck, nonché con le generali istanze riformatrici che a partire dalla metà del sec. XVIII avevano cominciato a segnare il panorama musicale europeo.

Lavorando su questa cosciente riduzione dei manierismi vocali e giovandosi degli insegnamenti di Garrick, il G. riuscì a raggiungere livelli altissimi di identificazione con i propri ruoli (sembra che, per non tradire in alcun modo l'illusione scenica, si rifiutasse di concedere bis o di inchinarsi al termine delle arie), contribuendo in tal modo alla creazione di una tipologia di cantante-attore che sarebbe stata sviluppata nel secolo successivo. Particolarmente lodata dai contemporanei era anche la sua abilità nell'eseguire il recitativo. Nel corso dell'ultimo periodo della sua carriera portò la propria esperienza europea e l'eredità gluckiana all'interno dello sperimentalismo accademico della città di Padova, e si dedicò inoltre a un'opera assidua di rielaborazione stilistica dei ruoli affrontati in precedenza.

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