ARFÈ, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani (2015)

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ARFÈ, Gaetano

Andrea Becherucci

Nacque il 12 novembre 1925 a Somma Vesuviana (Napoli), figlio unico di Raffaele, maestro elementare e docente di francese nella locale scuola di avviamento professionale, e di Maddalena Maffezzoli, anch’ella insegnante elementare.

La formazione politico-culturale e l'impegno nella Resistenza

Raffaele, già segretario della sezione socialista di Somma Vesuviana in età giolittiana e vigilato politico, trasmise per primo al figlio i valori dell’etica socialista e della fratellanza fra i cittadini e fra i popoli.

Gaetano compì gli studi superiori frequentando il regio ginnasio Armando Diaz di Ottaviano e il liceo Antonio Genovesi di Napoli. Nel 1942 conseguì la maturità classica. Nello stesso anno si avvicinò a un gruppo clandestino vicino al Partito d’azione capeggiato da un libraio ex comunista, Ettore Ceccoli, in rapporti d’amicizia con Benedetto Croce. Proprio per suo tramite Arfè fece la conoscenza del filosofo qualche tempo dopo. Nell’incontro che si svolse a palazzo Filomarino, Croce invitò il giovane Arfè a leggere e meditare «la storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis, la storia del Risorgimento di Omodeo e quella del liberalismo europeo di De Ruggiero, e, infine, particolarmente raccomandate le lettere di Silvio Spaventa dal carcere di Santo Stefano» (Imbucci, 2004, p. 13).

S’iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Napoli ma, venutosi a trovare sotto la vigilanza della polizia, fu allontanato dalla città per volere della famiglia e inviato a Sondrio presso uno zio paterno. Qui, nell’inverno del 1944, fu incarcerato per aver costituito con altri, dopo l’8 settembre 1943, un piccolo gruppo che agiva coordinandosi con azionisti e socialisti. In prigione conobbe Giuseppe Chiarelli, un ciabattino che aveva studiato da autodidatta, era emigrato in Francia, aveva aderito al comunismo, era stato arrestato in Italia, era tornato in Francia e aveva combattuto in Spagna prima di essere internato nel campo del Vernet e riconsegnato alle autorità italiane. La frequentazione di Chiarelli, benché di breve durata (Arfè fu liberato dopo qualche settimana), costituì per lui l’occasione di ampliare i propri orizzonti. Durante la detenzione, grazie a Chiarelli, sentì parlare della Repubblica di Weimar e della pace di Versailles mentre, dal padre di un giovanissimo compagno partigiano, che aveva partecipato a Torino all’occupazione delle fabbriche, sentì nominare per la prima volta Antonio Gramsci.

Liberato dal carcere e ricevuta l’ammonizione, riprese l’attività clandestina in Valtellina, prima con un lavoro di collegamento tra Milano, Sondrio e la Val Grosina, poi in montagna, in una formazione di Giustizia e Libertà. Nei giorni della Liberazione si iscrisse al ricostituito Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP).

La militanza politica e i primi lavori storiografici

A guerra conclusa, fece ritorno a Napoli dove riprese gli studi e, giovandosi delle agevolazioni riservate ai reduci, conseguì due lauree in tre anni: la prima in storia con Nino Cortese su Silvio Spaventa, la seconda in filosofia su Bertrando Spaventa. In realtà, l’intenzione di Arfè era quella di laurearsi in storia con Adolfo Omodeo – il grande storico crociano, dirigente del Partito d’azione e, all’epoca, rettore dell’Università di Napoli – il quale però scomparve prematuramente alla fine di aprile del 1946, pochi mesi dopo il loro primo incontro.

Nel fermento culturale e politico della Napoli del dopoguerra, Arfè strinse nuove amicizie: tra queste, quella con Maria Adelaide ‘Lilli’ Salvaco, con il futuro storico dell’antichità Filippo Càssola, con Vittorio De Caprariis, Renato Giordano e Giorgio Napolitano. Tutti costoro erano stati segnati dall’insegnamento di Croce, anche se poi, delusi dalla scelta monarchica del filosofo, ciascuno aveva seguito le proprie inclinazioni. Tra questi giovani era presente, in generale, una corrente di simpatia verso l’azionismo, la sinistra liberale e il Palmiro Togliatti della svolta di Salerno. Insieme a loro Arfè frequentò i locali di un deposito in via Mezzocannone, dove gli Alleati, dopo averlo requisito, avevano trasferito i libri della biblioteca della facoltà di economia e commercio. In quel deposito si svolgevano impegnate discussioni di storia e politica a partire dalle letture di ciascuno – soprattutto Croce, Antonio e Arturo Labriola, Gramsci – anche se, avrebbe ricordato Arfè, «a me mancavano le loro letture, la loro conoscenza del dibattito politico e istituzionale, della vita dei partiti e della loro presenza nell’Università, ma ero anche il solo che di tanto in tanto battesse avventurosamente le piazze per comiziare senza microfono, e il solo ad avvertire che la conquista della repubblica e il nuovo meridionalismo avrebbero dovuto fare i conti, nelle nostre terre, con una realtà sociale e politica assai difficile da maneggiare» (ibid., pp. 15 s.).

Attraverso De Caprariis, Arfè pose la sua candidatura all’esame di ammissione dell’Istituto italiano per gli studi storici fondato da Croce e diretto da Federico Chabod. Lo esaminò una commissione composta dagli stessi Croce e Chabod, nonché da Alessandro Casati e Raffaele Mattioli. Ammesso alla frequenza nell’anno 1948-49, Arfè fu titolare di una borsa l’anno seguente. Tra i compagni con cui legò maggiormente figuravano De Caprariis, Giordano, Francesco Compagna, Rosario Romeo, Giuseppe Giarrizzo e Giuliano Procacci.

Durante la sua permanenza all’Istituto Croce, Arfè approfondì i temi relativi alla questione meridionale a partire dalle tesi di Gaetano Salvemini e Gramsci, e partecipò attivamente alla discussione, recensendo positivamente l’opera di Romeo edita da Laterza Il Risorgimento in Sicilia (Bari 1950) sulle pagine del quotidiano ufficiale socialista (Il Risorgimento in Sicilia e altrove, in Avanti!,29 ottobre 1952). Secondo una testimonianza di molti anni successiva, sarebbe stata intenzione di Arfè di dedicarsi a «un ambizioso progetto di studio sulla classe dirigente meridionale, quale si presentava al momento dell’unità, e sulla parte che aveva avuta all’atto del proprio inserimento nella vita dello Stato unitario» (E. Romeo, 1992, p. 140). Questo programma informò alcuni dei primi lavori di Arfè, come Note sul giornalismo politico napoletano nella crisi del 1860 – apparso negli Annali della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Napoli [I (1951), pp. 157-190] – e L’hegelismo napoletano e Bertrando Spaventa, pubblicato su Società [VIII (1952), 1, pp. 45-62]. Nello stesso tempo collaborò alle iniziative del Gruppo di studio Antonio Gramsci, un circolo diretto da Guido Piegari e Gerardo Marotta, al cui interno si tenevano relazioni che erano discusse pubblicamente e poi stampate. Arfè vi svolse due interventi, l’8 febbraio 1952 su Linee di sviluppo dell’economia industriale e, il 22 febbraio 1952, su Borghesia e masse contadine nel 1848.

Nel frattempo, l’impegno culturale cominciò a intrecciarsi con quello politico. Dopo la vittoria della Repubblica nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946, durante la campagna per le elezioni politiche dell'aprile 1948 fu arrestato e poi rilasciato in seguito all’uccisione di un manifestante monarchico per mano di un militante comunista; nell’occasione Arfè si era limitato a mettere in salvo il padre Raffaele. In quel periodo militò nella Federazione giovanile socialista (FGS) ricostituita dopo la guerra. Al suo interno si riconobbe, insieme a Giorgio Ruffolo, Rino Formica e Livio Maitan, nella corrente di ‘Iniziativa socialista’, ispirata da Eugenio Colorni e improntata all’autonomismo e all’europeismo, con a capo Mario Zagari e Leo Solari. Nella FGS era nettamente predominante la posizione autonomista, favorevole a rompere l’alleanza con il PCI. Per questa ragione, al momento della scissione di palazzo Barberini la maggioranza della FGS abbandonò il PSIUP e si schierò con il Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI) di Giuseppe Saragat. Fra questi vi furono anche Arfè e la fidanzata Anna Pagliuca. Per un breve periodo Arfè, insieme ad altri compagni come Maitan, Ruffolo e Formica fu vicino alle posizioni della IV Internazionale trotzkista. Dopo essere stato eletto segretario della federazione giovanile di Napoli del PSLI, deluso dall’esperienza, rientrò, dopo circa un anno, in quello che nel frattempo era tornato a chiamarsi Partito socialista italiano (PSI).

Nel 1950 Arfè risultò vincitore di un concorso nei ruoli degli archivi di Stato e fu destinato a Genova, dove ebbe modo di fare la conoscenza di Fernand Braudel. Da qui fece nuovamente ritorno a Somma Vesuviana perché il modesto stipendio non gli consentiva di vivere lontano da casa. Trasferito all’Archivio di Stato di Napoli, lavorò alla ricostruzione dei registri della Cancelleria angioina distrutti dai nazisti. Contemporaneamente riprese l’attività politica come membro del comitato direttivo cittadino del PSI e responsabile della commissione cultura sotto la segreteria di Francesco De Martino. Nel maggio 1952 fu candidato, senza successo, alle elezioni provinciali a Somma Vesuviana.

Pochi mesi più tardi avvenne l’episodio che segnò una svolta nella sua vita. Mentre prendeva parte come oratore, insieme al segretario della Federazione giovanile comunista italiana (FGCI) Enrico Berlinguer, al Convegno patriottico della gioventù meridionale organizzato dal Movimento per la rinascita del Mezzogiorno guidato da Giorgio Amendola, la sua presenza fu segnalata dalle autorità di pubblica sicurezza al competente ministero (all’epoca gli archivi di Stato ricadevano sotto il controllo del dicastero dell’Interno e ad Arfè, in quanto funzionario pubblico, non era consentito svolgere attività politica). Il ministro dell’Interno Mario Scelba adottò un provvedimento punitivo nei suoi confronti ordinandone il trasferimento a Firenze. Di quella circostanza Arfè avrebbe parlato molte volte ricordando anche un colloquio con Scelba di molti anni successivo, in cui questi gli fece notare che avrebbe dovuto essergli grato per non averlo mandato in Sardegna, ma in una città che si sarebbe rivelata determinante per il suo futuro.

Il trasferimento a Firenze

Arfè arrivò nel capoluogo toscano nel dicembre 1952 entrando subito in contatto con gli ambienti più vivi di quella che era stata l’esperienza azionista toscana. Fu presentato – grazie a contatti stabiliti da De Martino e Amendola – a esponenti socialisti e comunisti come Foscolo Lombardi, Romano Bilenchi, Cesare Luporini, Mario Fabiani e Delio Cantimori, mentre Carlo Francovich lo introdusse al cospetto di Piero Calamandrei, Enzo Enriques Agnoletti, Giorgio Spini, Nello Traquandi, Tristano Codignola e del senese Mario Delle Piane. Inoltre, grazie a Franco Venturi conobbe Salvemini e, attraverso Traquandi, Ernesto Rossi. Più avanti ebbe anche modo di stringere amicizia con don Lorenzo Milani.

Arfè si divise ben presto anche a Firenze fra il lavoro all’Archivio di Stato e la militanza politica. Un rapporto che segnò in profondità il giovane studioso fu quello con Salvemini, rientrato da pochi anni dall’esilio negli Stati Uniti. Nonostante l’età avanzata, Salvemini era ancora molto attivo e fra i suoi progetti ce n’era uno che gli stava particolarmente a cuore: raccogliere in volume tutti i suoi scritti sulla questione meridionale. Per fare questo aveva però bisogno dell’aiuto di un giovane che lo assistesse nella ricerca. Dopo alcuni incontri in cui Arfè raccontò all’anziano maestro le sue esperienze (dalla lotta partigiana ai suoi studi fino alla ripresa delle lotte contadine nel Mezzogiorno), Salvemini si convinse di aver trovato la persona adatta ad aiutarlo, benché non mancasse talvolta di punzecchiarlo benevolmente per il suo crocianesimo. Dalla collaborazione tra Salvemini e Arfè scaturì la pubblicazione dell’antologia salveminiana Scritti sulla questione meridionale (1896-1955), uscita per Einaudi nel 1955, la cui cura fu di Arfè anche se il suo nome non comparve perché – come avrebbe raccontato più avanti – Salvemini temeva che «giovane com’ero, mi sarei tirata precocemente addosso l’avversione di tre quarti del mondo accademico, della setta crociana e dell’intero partito comunista (G. Arfé, Nota, in G. Salvemini, Il ministro della mala vita, a cura di S. Bucchi, Torino 2000, p. 196). Restano a testimonianza del rapporto di vicinanza e di amicizia con Salvemini diverse decine di lettere e biglietti presenti nelle carte di Salvemini fino alla data della scomparsa di quest’ultimo, nel settembre 1957 (Becherucci, 2007).

Altri rapporti significativi furono stabiliti con l’Istituto storico della Resistenza in Toscana per cui Arfè curò il riordino delle carte di Giustizia e Libertà e con la Rassegna storica toscana, organo della Società toscana per la storia del Risorgimento. Nel 1953 fece la conoscenza di don Milani. L’occasione gli era stata offerta da una lettera del sacerdote che lo invitava a tenere una lezione di storia nella sua scuola di S. Donato a Calenzano. Con don Milani s’instaurò nel tempo un rapporto di stima reciproca e collaborazione che portò Arfè a scrivere una lusinghiera recensione sul Ponte, nell’ottobre 1958 (XIV, 10, pp. 1324-1327), del libro Esperienze pastorali (Firenze 1958).

Nel 1953 si sposò a Napoli con Anna Pagliuca, compagna di studi e di militanza politica, con la quale ebbe, nel 1954, la figlia Caterina. Fra il 1953 e il 1957 si rese attivo protagonista della politica socialista fiorentina: apprezzato militante prima della sezione Centro, passò poi alla Gavinana per finire alla storica sezione Console - Le Cure. Alcuni suoi articoli comparvero sull’organo della federazione socialista fiorentina La Difesa.

In quegli anni Arfé collaborò altresì alla rivista Movimento operaio, promossa e diretta da Gianni Bosio. La rivista, nata nel 1949, ambiva a rappresentare in modo nuovo la storia del movimento operaio. Fino a quel momento il PSI – ne furono testimonianza le celebrazioni del 1952 per il sessantesimo anniversario del partito, scarse e declinate in senso per lo più agiografico – non era stato capace, contrariamente ai comunisti, di valorizzare adeguatamente le proprie origini, in parte per scelta, in parte perché schiacciato dalle dimensioni e dall’organizzazione capillare del PCI. L’iniziativa di Bosio richiamava la volontà di fare storia di classe in tutte le sue articolazioni. Si trattava di riprendere, anzitutto, il filo di una storia che il fascismo aveva spezzato, distruggendo carte e archivi e uccidendo protagonisti e testimoni. Su questo binario partì la rivista, cercando di recuperare e inventariare le fonti per la storia del movimento operaio. A partire da quei principi, per Arfè, «era possibile, fuori di ogni ambiguità, intrecciare una rete di collaborazioni, sulla base della scrupolosa osservanza del rigore filologico e del pieno rispetto dell’autonomia della ricerca: accanto a giovani storici socialisti e comunisti figurarono infatti studiosi di estrazione ‘azionista’ quali Alessandro Galante Garrone, Leo Valiani, Franco Venturi, un anarchico come Pier Carlo Masini» (G. Arfé, I socialisti del mio secolo, a cura di D. Cherubini, Manduria-Bari-Roma 2002, p. 482). Nel 1953 Bosio, la cui rivista era pubblicata da Feltrinelli, si trovò a dover fronteggiare un attacco del PCI che si concluse col suo allontanamento dalla direzione. Arfè fu, oltre che protagonista, anche custode della memoria di quella intricata vicenda, ricordando più volte le circostanze che portarono all’uscita di Bosio da Movimento operaio, giudicata un «episodio di stalinismo» (G. Arfé, Frontismo, unificazione, alternativa, in Trent’anni di politica socialista, 1946-1976, Roma 1977, p. 13).

La realtà dei fatti fu però più articolata come testimoniato dalla recente pubblicazione del carteggio tra Delio Cantimori e Gastone Manacorda in cui viene alla luce un interesse bipartisan a sacrificare Bosio in favore della politica unitaria social-comunista (Cantimori - Manacorda, 2013, pp. 182-187).

Tra il 1950 e il 1955, Arfè si trovò coinvolto in numerose iniziative culturali ed editoriali: il suo nome comparve tra quelli degli studiosi contattati per collaborare con la neonata Fondazione Gramsci, ad esempio per le celebrazioni del cinquantenario della morte di Antonio Labriola. Nel 1955 ricevette l'offerta dalla casa editrice Einaudi di collaborare alle sue collane, prima con un progetto di una storia del movimento operaio, poi come coordinatore del piano delle opere di Giacomo Matteotti, infine con un volume su Il fascismo e i fascismi destinato a una collana diretta da Rosario Romeo che non vide mai la luce.

All’inizio del 1956 morì il padre Raffaele. Nel frattempo il PSI procedeva sulla strada dell’autonomia. Dopo la morte di Stalin, la distensione internazionale aveva fornito a Pietro Nenni l’occasione per affrancare il partito socialista dal PCI e portarlo su posizioni via via più autonome. In questo nuovo scenario, Arfè riprese l’attività politica, come confermò in una lettera a Salvemini del 31 dicembre 1956 (Firenze, Istituto storico della Resistenza in Toscana, Archivio Gaetano Salvemini, Corrispondenza, scatola 92).

Quello stesso anno uscì per le edizioni Avanti! il primo dei due volumi della Storia dell’Avanti! (I, 1892-1926, Roma-Milano 1956). II secondo sarebbe uscito due anni dopo (II, 1926-1940, Roma-Milano 1958). La sorte del libro fu strettamente connessa al mutamento di clima politico: alla svolta autonomista si doveva accompagnare per Nenni una necessaria rivalutazione dell’operato della componente riformista del partito riscattandola dalla damnatio memoriae in cui era caduta dopo l’avvento del fascismo. Nenni incaricò Raniero Panzieri di trovare un compagno disposto a curare una storia dell’Avanti! e la scelta cadde su Arfè. Il testo avrebbe dovuto essere un lavoro sorretto da un solido impianto storiografico ma leggibile da tutti i militanti; inoltre avrebbe dovuto essere pronto in pochi mesi per essere diffuso nelle feste di partito che si sarebbero tenute a settembre. Quando fu pubblicato, il lavoro riscosse un notevole successo di pubblico e anche le recensioni furono in larga parte positive.

Durante il dibattito precongressuale che portò al XXXII congresso del PSI svoltosi a Venezia nel febbraio 1957, i compagni fiorentini indicarono in Arfè uno dei candidati per il comitato centrale, in cui fu effettivamente eletto.

La direzione di mondo operaio e dell’avanti! e i mandati parlamentari

All’inizio del 1960, Arfè lasciò Firenze per Roma, dove aveva ottenuto un comando presso l’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea per occuparsi, con Sergio Camerani, del proseguimento della pubblicazione dei Carteggi di Bettino Ricasoli (XV-XVI Roma 1962-63; XXXII-XXIV, Roma 1967-1970). Nel 1960, curò per Feltrinelli Le memorie di un fuoruscito di Salvemini, del quale, tre anni più tardi, sempre presso Feltrinelli curò anche il volume Movimento socialista e questione meridionale nell’edizione delle opere diretta da Ernesto Rossi. Dal 1959 assunse, insieme ad Antonio Giolitti, la condirezione del periodico mensile Mondo Operaio, che mantenne fino al 1971.

Conseguita la libera docenza in storia contemporanea nel 1964, iniziò l’attività d’insegnamento universitario prima a Bari e poi a Salerno. Nel 1973 si trasferì alla facoltà di scienze politiche Cesare Alfieri di Firenze, chiamatovi da Giovanni Spadolini a ricoprire come titolare l’insegnamento di storia del Risorgimento.

Nel periodo 1966-69, voluto da Riccardo Lombardi, diresse con Flavio Orlandi l’Avanti! di cui mantenne la direzione, da solo, dopo il fallimento della riunificazione con i socialdemocratici, fino al 1976.

Nel maggio 1972 fu eletto nel collegio di Parma al Senato, dove fece parte della commissione Istruzione pubblica, di cui fu vicepresidente, e poi della commissione Affari esteri. Fu inoltre nominato relatore del decreto legge 1° ottobre 1973, n. 580, sulle ‘misure urgenti per l'Università’, presentato dal ministro della Pubblica Istruzione Franco Maria Malfatti e convertito, con modifiche, con legge 30 novembre 1973, n. 766.

La direzione dell’Avanti! da parte di Arfè si contraddistinse nella prima metà degli anni Settanta per una dura contrapposizione alle violenze neofasciste. La notte del 2 aprile 1975 un ordigno esplosivo distrusse la sua abitazione romana. L’attentato era stato preceduto da una serie di avvertimenti di cui erano stati fatti oggetto il direttore e i giornalisti del quotidiano socialista, in particolare Marco Sassano, che indagavano sulle ‘piste nere’. Nelle elezioni politiche del giugno 1976 Arfè fu eletto deputato nella circoscrizione Parma-Modena-Reggio-Piacenza ed entrò a far parte della commissione Affari costituzionali e in seguito della commissione Istruzione pubblica. Nell’autunno del 1976, tornata d’attualità l’ipotesi di una riforma del Concordato, Arfè fu incaricato dal neoeletto segretario del PSI Bettino Craxi di preparare una bozza di documento da sottoporre alla direzione del partito. Il 1° dicembre 1976 toccò a lui esporre alla Camera dei deputati le ragioni del PSI a favore della revisione dei Patti Lateranensi.

Nel giugno 1979, in occasione delle prime votazioni dirette a suffragio universale, fu eletto al Parlamento europeo per il collegio Nord-Est. A Strasburgo sedette nella commissione per la Gioventù, la Cultura, l'Istruzione, l'Informazione e lo Sport, dove si fece promotore della tutela delle lingue minoritarie con un impegno che portò, il 16 ottobre 1981, all’approvazione della Carta dei diritti delle minoranze etniche e linguistiche, di cui fu relatore. Nella stessa legislatura, il 16 marzo 1984, presentò a nome della commissione una relazione sulla politica adeguata alle nuove tendenze della televisione europea, secondo tema privilegiato della sua attività parlamentare.

All’interno del PSI si distaccò progressivamente dalle posizioni del segretario Craxi fino a rendere pubblico nel 1987 il suo dissenso con il saggio Riqualificare la sinistra contenuto nel libro La questione socialista. Per una possibile reinvenzione della sinistra (a cura di A. Giolitti - V. Foa, Torino 1987, pp. 3-23). In occasione delle elezioni politiche del giugno di quello stesso anno, si presentò candidato con Vittorio Foa e Antonio Giolitti come indipendente di Sinistra nelle liste del PCI al Senato, risultando eletto nel collegio di Rimini.

All’inizio degli anni Novanta, passò alla cattedra di storia dei partiti e dei movimenti politici presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Napoli.

Dopo la crisi della ‘repubblica dei partiti’ seguita all'inchiesta giudiziaria denominata ‘Tangentopoli’, si ritirò dalla vita pubblica non riconoscendosi più in un sistema politico che giudicava avere perduto i suoi punti di riferimento anzitutto morali, travolto dal clientelismo e dalla corruzione. I suoi ultimi interventi si orientarono a contrastare la delegittimazione della Resistenza e il revisionismo storiografico.

Morì a Napoli il 13 settembre 2007.

Opere

Oltre ai testi citati si segnalano: Storia del socialismo italiano (1892-1926), Torino 1965; Il socialismo riformistico e la socialdemocrazia, inStoria delle idee politiche, economiche e sociali, diretta da L. Firpo, V, L’età della rivoluzione industriale, Torino 1972, pp. 730-794; Pietro Nenni libertario e giacobino, in P. Nenni, Vento del Nord. Giugno 1944- giugno 1945, a cura di D. Zucàro, Torino 1978, pp. VII-XXIX; Autonomia socialista e autonomia comunista, Venezia 1993; Storia dell'Avanti!, nuova ed. a cura di F. Assante, Napoli 2002; Giacomo Matteotti uomo e politico, introduzione e cura di F. Vander, Roma 2014, ristampa in volume del saggio apparso per la prima volta sulla Rivista storica italiana, LXXVIII (1966), 1, 61-102. Si segnalano inoltre le seguenti raccolte di saggi e articoli: I socialisti del mio secolo, a cura di D. Cherubini, Manduria-Bari-Roma 2002; Scritti di storia e di politica, a cura di G. Aragno, Napoli 2005; Il Ponte di Gaetano Arfè, a cura di M. Rossi, Firenze 2009 (con saggi di E. Collotti, D. Cherubini, A. Ricciardi, A. Becherucci, M. Rossi): il volume raccoglie tutti gli articoli pubblicati da Arfè sulla rivista fondata da Calamandrei.

Fonti e Bibliografia

I libri e le carte di Gaetano Arfè sono conservati presso la Fondazione di studi storici Filippo Turati di Firenze (http://www.pertini.it/turati/a_arfe.html, 4 luglio 2015). Lettere, biglietti, scritti di Arfè si trovano altresì nell'Archivio Gaetano Salvemini presso l'Istituto storico della Resistenza in Toscana di Firenze, per la cui consultazione si rinvia ai seguenti volumi: Archivio Gaetano Salvemini. I Manoscritti e materiali di lavoro, inventario a cura di S. Vitali, Roma 1998; Archivio Gaetano Salvemini. Inventario della corrispondenza, a cura di A. Becherucci, con la collaborazione di G. Bonini, Bologna 2007. Necr., A. Colombo, Addio a Gaetano Arfè, il socialismo come regola di vita, in Corriere della Sera, 14 settembre 2007; M. Ferri, Arfè, l’orgoglio di essere socialista, in L’Unità, 14 settembre 2007; G. Galli, Il riformismo anticraxiano di Gaetano Arfè, in Liberazione, 14 settembre 2007; G. Santomassimo, Gaetano Arfè: un occhio morale sull’epopea del socialismo italiano, in il manifesto, 14 settembre 2007; G. Vassalli, Severità di critica e passione ideale, ibid., 14 settembre 2007; G. Tamburrano, Quando il Psi era frontista e ideologico riscoprì il valore del socialismo riformista, in Il Riformista, 14 settembre 2007; L. Villari, Arfè, l’ultimo socialista, in La Repubblica, 14 settembre 2007; L. Musella, Addio ad Arfè, l’etica della storia, in Il Mattino, 14 settembre 2007. Inoltre: Novant'anni di pensiero e azione socialista. Attraverso i congressi del PSI, a cura di F. Pedone, I-VI, Venezia 1983-89, ad indices; D. Giachetti, Alle origini dei gruppi comunisti rivoluzionari 1947-1950, Foligno 1988; La scuola di Croce, a cura di E. Romeo, Bologna 1992, ad indi.; M. Degl’Innocenti, Storia del PSI, III, Dal dopoguerra a oggi, Roma-Bari 1993, ad ind.; P. Lezzi, Pagine socialiste, Napoli 2002, pp. 15, 58 s., 112, 153, 166, 168, 176 s.; C. Raia,Gaetano Arfè. Un socialista del mio paese, Manduria-Bari-Roma 2003; A. Ricciardi - G. Arfè, Dialogo sul socialismo: tra militanza politica e ricerca storica, in Il Ponte, LX (2004), 9, pp. 92-116; Storie di storici, a cura di G. Imbucci, Potenza 2004, pp. 11-29; M. Stolfo, Lingue minoritarie e unità europea. La ‘Carta di Strasburgo’ del 1981, Milano 2005; A. Colombo, In margine ai suoi ottant'anni. L’impegno di Gaetano Arfè per una storia etico-politica, in Nuova Antologia, 2006, vol. 596, pp. 129-133; Per Gaetano Arfè. Testimoniaze, a cura di C. Raia, Napoli 2008; E. Bartocci, Gaetano Arfè: un’idea di socialismo, in Economia & Lavoro, IV (2008), 1, pp. 7-10; F. Vander, Cultura e politica in Gaetano Arfè, in Il Ponte, LXV (2009), 4, pp. 32-34;G. Scirocco, Un dialogo non interrotto: Arfé e Salvemini tra storia e politica, in Passato e Presente, 2009, vol. 77, pp. 57-77; G. Zazzara, La storia a sinistra. Ricerca e impegno politico dopo il fascismo, Roma-Bari 2011, ad indicem; M. Scotti, Da sinistra. Intellettuali, Partito socialista italiano e organizzazione della cultura (1953-1960), Roma 2011, ad ind.; A. Becherucci, «Giustizia e libertà restano gli imperativi etici». Per una bibliografia degli scritti di Gaetano Arfé, Milano 2012; D. Cantimori - G. Manacorda, Amici per la storia. Lettere 1942-1966, a cura di A. Vittoria, Roma 2013, pp. 22, 28, 30, 33, 173 s., 183, 404 s., 406, 408 s.; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/gaetano-arfe-19251112/dibattiti#nav (4 luglio 2015); Senato della Repubblica, Sito storico, VI Legislatura 1972-1976, Scheda di attività, Gaetano Arfè, http://www.senato.it/leg/06/BGT/Schede/Attsen/00000099.htm (4 luglio 2015); X Legislatura 1987-1992, Scheda di attività, Gaetano Arfè, http://www.senato.it/leg/10/BGT/Schede/Attsen/00000099.htm (4 luglio 2015); Senato della Repubblica - Cinecittà Luce, Senatori nell'Archivio Luce, http://senato.archivioluce.it/senato-luce/scheda/senatore/antroponimi/0009848/16/Arfé-Gaetano.html (4 luglio 2015).

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