Chiabrèra, Gabriello

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Poeta (Savona 1552 - ivi 1638). Visse in Liguria, a Roma e a Firenze aiutato da varî mecenati (Carlo Emanuele I, Ferdinando I, i Gonzaga, i Medici) ed ebbe come maestri Paolo Manuzio e Sperone Speroni. Scrisse d'aver voluto scoprire nuovi mondi o perire, ma le sue novità furono soprattutto metriche e, in sostanza, anch'esse imitazioni: così quella delle odi pindariche e l'altra delle cosiddette anacreontiche; in verità una leggera, gradevole, musicale imitazione del Ronsard (famose: Belle rose porporine, La violetta, e qualche altra). L'importanza storica del Ch. consiste essenzialmente nel fatto che a lui risale l'Arcadia, nel suo sforzo di rifarsi alla tradizione, dopo i "delirî" secenteschi. Interessanti i bonarî sermoni in sciolti (composti fra il 1624 e il 1632), che precorrono quelli del Gozzi. Scrisse molte altre opere: poemetti epico-lirici sacri e profani (La disfida di Golia, Il leone di David, La conversione di Santa Maria Maddalena, Alcina prigioniera, Erminia, Le perle), narrativi, didascalici (Delle stelle, Il presagio dei giorni, Le meteore), poemi eroici (Delle guerre de' Goti, 1582; Amedeide, 1620), tragedie, azioni drammatiche e boscherecce (Il rapimento di Cefalo, musica di G. Caccini, rappresentato a Firenze nel 1600 per le nozze di Maria de' Medici con Enrico IV), una autobiografia, dialoghi.

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