TONTOLI, Gabriele Nicola

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TONTOLI, Gabriele Nicola

Silvana D'Alessio

– Ultimo dei dodici figli di Annibale e di Eufrasia Locatella di Melfi, nacque a Manfredonia il 2 luglio 1613.

La famiglia è indicata tra quelle nobili di Manfredonia già nel repertorio di Enrico Bacco (Il regno di Napoli diviso in dodici Provincie..., Napoli 1609, p. 98). Non era però una famiglia della grande nobiltà, ma piuttosto assimilabile alla «classe intermedia cittadina e provinciale» (Ciuffreda, 2000, p. 174). I Tontoli erano «massari e fornitori di grano» (p. 173), condizione che consentì loro l’acquisizione di una posizione economica e politica di tutto rispetto.

Sia per l’abbondante produzione cerealicola sia per la presenza della dogana delle pecore, la Capitanata era un’area di vitale importanza per il Viceregno. Inevitabili erano le tensioni con il governo spagnolo, che attingeva al prezioso serbatoio per rifornire la capitale e altri centri urbani. Il padre di Gabriele fu sindaco della città tra il 1606 e il 1608; come proprietario di una masseria, si ribellò all’ordine di vendere un quantitativo di grano all’università di San Giovanni Rotondo a un prezzo politico (Ciuffreda, 1991, p. 181). Accusato poi dalla stessa università di impedirle di lamentarsi dell’episodio presso il visitatore, venne sostenuto dagli eletti della sua città ma, nonostante ciò, finì in carcere a Foggia, da cui uscì poi versando una somma di denaro all’autorità regia (p. 182).

Grazie soprattutto al comparatico e ai matrimoni, la famiglia intrecciò rapporti con alte autorità ecclesiastiche ed esponenti delle principali famiglie non solo locali ma del Viceregno e della penisola (pp. 171-176). Gabriele e uno dei suoi fratelli, Francesco, si inserirono dapprima nel mondo aristocratico romano e poi in quello napoletano. Nel 1610, Francesco era convittore presso il collegio Clementino dei padri somaschi, fondato nel 1595 per volere di Clemente VIII, con l’intento di formare la nobiltà non solo di Roma ma d’Europa. Di Francesco si legge che divenne «Theologus primae notae» ma anche «universali Inquisitione Qualificator, e in Indicis Congregatione censor» (Paltrinieri, 1795, p. LIII; Tutte le opere di Tommaso Campanella, a cura di L. Firpo, I, Milano 1954, p. 93); Gabriele frequentava il medesimo liceo nel 1622, specializzandosi nelle belle lettere, ma studiò anche legge, addottorandosi in utroque iure, sempre a Roma, nel 1658.

Alla morte del padre (1630), Gabriele era già sacerdote. Nel 1637, Francesco fu nominato vescovo di Ischia, succedendo a Iñigo d’Avalos (1635); poco dopo anche Gabriele, come si inferisce dalla sua opera più celebre, Il Mas’Aniello, overo Discorsi narrativi la sollevatione di Napoli (Napoli 1648), si inserì pienamente nel contesto napoletano, godendo del prestigio della carica del fratello e intrecciando rapporti con illustri uomini di cultura e influenti cavalieri.

Nella dedica (a Giovanni d’Austria), Tontoli sottolinea come il suo Il Mas’Aniello volesse essere alternativo rispetto alla Partenope liberata di Giuseppe Donzelli (con dedica al duca di Guisa ed edita nel 1648). Parla infatti di «Donzelle» che con «i loro mostruosi aborti, ad Altezza se ben caduca, e Liberator prigioniero», offrirono i loro «inchiostri». Il primo dei nove sonetti del paratesto è indirizzato al marchese di Galatola, principe degli Infuriati, accademia napoletana istituita da Francesco Carafa nel 1646, «che si esercitava nella poesia, nelle lettere, nella filologia, nella storia, e nelle scienze morali e politiche» (Minieri Riccio, 1879, p. 59). Altri sonetti sono dedicati a Giovanni d’Austria, al viceré Íñigo Vélez de Guevara conte d’Oñate, di cui sono celebrate le «pacifiche vittorie». Gli ultimi due sono invece indirizzati alla città di Napoli ed esprimono approvazione per la riappacificazione con gli spagnoli. Tontoli mostra inoltre di essere molto vicino ad alcune figure di spicco, tra cui Andrea d’Avalos, principe di Montesarchio, Carlo Capecelatro, duca di Siano, Tiberio Carafa, principe di Bisignano, Giuseppe de’ Rossi, confessore del viceré, il cardinale Ascanio Filomarino, cui non risparmia lodi in tutta la narrazione e dedica anagrammi e brevi componimenti poetici (Il Mas’Aniello..., cit., pp. 16, 61, 97). Il Mas’Aniello – che è, per dichiarazione dello stesso Tontoli, più veritiero nelle lodi che nel racconto – era già terminato nell’agosto del 1647 e fu consegnato allo stampatore regio Egidio Longo, presso cui sarebbe stato custodito verosimilmente fino a quando questi non fu carcerato e condannato a morte dai «consultori» di Gennaro Annese (Fuidoro, 1994).

Nel suo racconto, Tontoli sminuisce in generale la portata rivoluzionaria della rivolta (di cui narra solo la prima fase, fino quasi alla metà di agosto), parlando di una «sollevazione fedele» e distinguendo tra popolo e plebe, alla quale sono addebitati gli ‘eccessi’ fino ad allora commessi. Un vero capolavoro è il suo giudizio su Giulio Genoino: lo accusa di essere stato «gran fabbro di macchine», ma gli riconosce anche il tentativo di conciliare interessi del re e del popolo, per poi aggiungere che era diventato presidente della Camera della Sommaria per volere del viceré, secondo una ben intellegibile strategia (Il Mas’Aniello..., cit., p. 80). Che Tontoli sia stato testimone autoptico si evince da vari passi dell’opera; riferendosi ai primi giorni della rivolta, racconta che per le urla della plebe intenta a incendiare le «robbe» degli arrendatori, non riusciva a dormire (p. 28); in un altro passo, all’altezza dell’11 luglio, spiega che, sentendosi poco sicuro, lasciò Napoli per rifugiarsi a Ischia, dove risiedeva suo fratello Francesco, vescovo dell’isola: «Nella medesima Isola, in questi giorni, e nel Fraterno hospitio di quel zelante Prelato poté anco ritrarsi lo scrittore di questi Discorsi» (p. 110).

Il Mas’Aniello rivela non solo una grande dimestichezza dell’autore con gli stili del barocco, ma anche una vasta erudizione; numerose sono infatti le citazioni da testi letterari e storici, classici e moderni (dalle opere di Tacito alla Storia d’Italia di Francesco Guicciardini alla Politica di Giusto Lipsio al Pastor fido di Battista Guarini). Non esita a citare anche testi messi all’Indice come il De Republica di Jean Bodin. Per quel che riguarda Masaniello, Tontoli sposa la tesi dell’arcivescovo Filomarino, che si riverbera anche in Le rivolutioni di Napoli di Alessandro Giraffi, secondo cui divenne ambizioso e tiranno, procurandosi la sua fine da solo, come Icaro (D’Alessio, 1998, p. 274, e 2008, pp. 367-370).

Ulteriori elementi biografici si ricavano dalla Relatione à Sua Altezza serenissima, Sua Eccellenza et à Regij Tribunali, e Ministri. Per la Fidelissima Città di Manfredonia, presentata da Gabriele Tontoli Sindico di essa Fidelissima Città assistente in Napoli (Napoli, senza nome del tipografo e datata 20 giugno 1648), recentemente riedita (Ognissanti, 2001; Russo, 2017), con cui Tontoli – in veste di sindaco di Manfredonia – cercò di provare la fedeltà della città alla Corona durante i tumulti del 1647-48 presso il conte d’Oñate, trascrivendo varie relazioni con cui alcuni nobili e l’arcivescovo di Manfredonia avevano già ben illustrato tale posizione; la relazione era inoltre volta a sostenere la richiesta, già avanzata dall’arcivescovo, di esenzione dal pagamento delle gabelle per quindici anni, così da dare la possibilità alla città di riprendersi e ripopolarsi, dopo i recenti terremoti, le esazioni e i danni patiti durante la guerra. Tontoli tiene inoltre a ricordare la sua lealtà verso gli spagnoli, precisando che durante la rivolta aveva dimorato perlopiù in Castelnuovo, era stato condotto in carcere al Vomero, da dove era poi fuggito; aveva quindi continuato a incitare la sua patria a mantenersi fedele: «Et inanimando con vive lettere (sempre che potei drizzarle) alla costante fedeltà la medesima mia Patria...».

Come attestano varie tracce documentarie, i due fratelli Tontoli mantennero rapporti con Roma; Francesco fu corrispondente di Francesco Barberini negli anni 1643-48 (Celani, 1912, p. 384). Dopo la rivolta di Masaniello, forse per essere più al sicuro, Gabriele si recò a Roma dove godeva della stima di Fabio Chigi, il futuro pontefice Alessandro VII di cui tradusse in italiano i Carmina scritti per il nunzio Giacomo Altoviti (1649).

A Roma Tontoli perorò poi la causa della chiesa di Manfredonia da tempo in contrasto con la chiesa di Monte Sant’Angelo; la posta in gioco era la carica di vicario nei tempi di vacanza dell’autorità arcivescovile; la chiesa garganica pretendeva infatti di averne uno per sé. Dietro questo conflitto, vi era anche la tensione che derivava dal fatto che, a differenza di Manfredonia, Monte Sant’Angelo era terra baronale. Pompeo Sarnelli (1680) racconta come, dopo la morte dell’arcivescovo Paolo Teutonico (1648), mentre il capitolo sipontino aveva eletto vicario generale il dottor Andrea Tontoli (nipote di Gabriele), «all’incontro i Garganici elessero il loro Antivicario. Il Sipontino procedette con gli ordini penali, e censure contra i Garganici» (p. 399), ma senza effetto. Per questo conflitto i sipontini inviarono Gabriele a Roma. In Memoriae diversae metropolitanae ecclesiae Sypontinae et collegiatae ecclesiae Terrae montis S. Angeli Sypontinae diocesis (1654), tracciò la storia della diocesi di Manfredonia dimostrando che la pretesa di Monte Sant’Angelo (di avere una propria sede arcivescovile indipendente) fosse del tutto arbitraria. L’intervento ebbe successo: la sacra Congregazione dei vescovi e regolari di Roma ribadì la supremazia del clero di Manfredonia nel febbraio del 1661.

Alcune notizie sulla formazione e la personalità di Tontoli si rintracciano nel processo concistoriale che si concluse con la nomina a vescovo di Ruvo (custodito presso l’Archivio segreto Vaticano). Un testimone afferma sul suo conto: «di vita innocente, bonissimi costumi conversatione, e fama per tale temuto e reputato da ogn’uno che l’ha hauto in pratica»; un altro dichiara: «io so che d[ett]o Sig[no]re Gabriele è Dottore dell’una e dell’altra legge addottorato qui in Roma dall’anno mille seicento cinquant’otto in qua, et in essa sempre s’è esercitato con gran valore e tengo per certo ch’habbia tanta doctrina quanta si riceva in un Vescovo ad effetto che sia atto ad insegnare ad altri». Fino ad allora non aveva avuto la reggenza di un’altra chiesa, ma era stato «semplice sacerdote». Un altro precisa che lo aveva conosciuto a Roma cinque anni prima (considerato che sul frontespizio del processo si legge «1663», siamo nel 1658): «Io conosco il Signor Gabriel Tontoli da cinque anni fa in circa qui in Roma con occasione ch’habbiamo insieme praticato in diversi tribunali...».

Alessandro VII – che lo stimava da lungo tempo – lo nominò quindi vescovo di Ruvo nel 1663, ma la morte lo raggiunse solo due anni dopo, nel novembre del 1665, in un luogo non precisato.

Opere. Manfredonia, Archivio storico, arm. 1, palchetto 1, b. I, c. 20: Supplica indirizzata a don Giovanni d’Austria dal sindaco di Manfredonia, Gabriele Tontoli, per l’esenzione dal pagamento di gabelle e pesi fiscali in premio della fedeltà mostrata dall’Università di Manfredonia durante i moti del Regno di Napoli dal luglio 1647 ad aprile 1648; Memoriae diversae Metropolitanae Ecclesiae Sypontinae et collegiatae Ecclesiae terrae montis S. Angeli Sypontinae Diocesis..., Romae 1654; Collectio iurium Ecclesiae Garganicae contra Sypontinam in qua comprehenduntur non solum omnia (ne verbo quidem praetermisso) quae Garganici deduxerunt coram Eminentiss. Domino Card. Franciotto, causae Commissario, Anno 1654, in Summario nimis diminuto; sed reliquae etiam clausulae..., Romae 1655.

Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Archivio Concistoriale, Processus Consistoriales, 60, cc. 663-680, con Forma Iuramenti professionis fidei... e copia del documento di battesimo (di G. Battista Pastore); Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 11733, cc. 177r-180r: Fabii Chigi nunc Alexandro VII Carmina italice metro exposita ab Gabriele Tontoli. Presbytero Sypontino Romam 1649 (sec. XVII).

P. Sarnelli, Cronologia de’ vescovi et arcivescovi sipontini colle notitie historiche di molte notabili cose, ne’ loro tempi, avvenute tanto nella vecchia e nuova Siponto, quanto in altri luoghi della Puglia, Manfredonia 1680, pp. 254, 399, 413; F. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, II, Napoli 1782, p. 590; O.M. Paltrinieri, Elogio del nobile e pontificio collegio clementino di Roma, Roma 1795, p. LIII; C. Minieri Riccio, Cenno storico delle accademie fiorite nella città di Napoli, in Archivio storico per le provincie napoletane, III (1879), 4, p. 59; E. Celani, Il carteggio dei Barberini, in La Bibliofilia, 1912, vol. 13, n. 10-11, pp. 376-384; F.E. De Tejada - G. Percopo, Nápoles hispánico, V, Las españas rotas, 1621-1665, Sevilla 1964, pp. 301-305; A. Musi, La rivolta di Masaniello nella scena politica barocca, Napoli 1989, pp. 28, 146, 279; A. Ciuffreda, ‘... A tre giorni di cammino da Napoli’. L’ascesa di una famiglia patrizia di Capitanata. I Tontoli di Manfredonia tra XVI e XVIII secolo, in Mélanges de l’École française de Rome: Italie et Méditerranée, 1991, vol. 103, n. 1, pp. 165-216; I. Fuidoro, Successi historici raccolti dalla sollevatione di Napoli dell’anno 1647, a cura di A.M. Giraldi - M. Raffaeli, premessa di R. Villari, Milano 1994, p. 234; S. D’Alessio, Ordo naturalis e infrazione. Per una metaforologia della rivolta masanelliana, in Filosofia politica, II (1998), pp. 249-280; A. Ciuffreda, Massari e mercanti di piazza. Storie di famiglie e percorsi individuali nelle medie città pugliesi tra Sei e Settecento, in Mélanges de l’École française de Rome: Italie et Méditerranée, 2000, vol. 112, n. 1, pp. 173-191; P. Ognissanti, L’università sipontina nel 1609, Manfredonia 2001, pp. 79-90; S. D’Alessio, Alle radici del mito. Masaniello nella storiografia sulla sua rivolta, in Rivolte e rivoluzione nel Mezzogiorno d’Italia 1547-1799, a cura di A. Lerra - A. Musi, Bari-Roma-Manduria 2008, pp. 346-376; S. Russo, Storia di Manfredonia, II, Bari 2009, p. 131; G. Mrozek Eliszezynski, Ascanio Filomarino. Nobiltà, Chiesa e potere nell’Italia del Seicento, Roma 2017, pp. 131-141, 167; S. Russo, Manfredonia ‘fedelissima’ durante il viceregno spagnolo, in Siponto e Manfredonia nella Daunia. Atti del Convegno della Società di storia patria... 2016, a cura di L. Pellegrino, Manfredonia 2017, pp. 145-149.

TAG

Biblioteca apostolica vaticana

Íñigo vélez de guevara

Don giovanni d’austria

San giovanni rotondo

Francesco barberini