MALASPINA, Gabriele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MALASPINA, Gabriele

Patrizia Meli

Terzogenito di Antonio Alberico, marchese di Fosdinovo e Massa, e di Giovanna Malaspina di Verrucola, nacque fra il 1435 e il 1438. Alla morte del padre (aprile 1445) il governo dello Stato passò al fratello Giacomo e il M. trascorse gran parte del tempo a Verona, dove la famiglia possedeva diversi beni. In quel periodo presenziò all'ambasciata veronese inviata a Venezia per congratularsi col nuovo doge, Cristoforo Moro (7 luglio 1462).

All'inizio del 1467 nacquero forti contrasti fra il M., che voleva partecipare più attivamente al governo del feudo lunigianese, e il fratello Giacomo. Ciò ebbe ripercussioni sulle scelte politiche dei due: mentre Giacomo si avvicinò sempre più agli Sforza, il M. si alleò con la Repubblica fiorentina per ordine della quale appoggiò Ludovico Fregoso, allora in lotta col duca di Milano Galeazzo Maria Sforza. Il M. ottenne così Ortonovo, che cedette poi alla stessa Firenze, ma soprattutto riuscì a convincere Fregoso, ridotto allo stremo, a vendere Sarzana e il resto della sua signoria lunigianese a Firenze (27 febbr. 1468), provocando così il risentimento del duca contro il M., che poteva ormai contare sul convinto appoggio di Firenze.

Nel frattempo si era giunti anche a una suddivisione dell'eredità di Antonio Alberico: grazie al lodo pronunciato da alcuni fosdinovesi il 17 nov. 1467 e a due atti compiuti coi fratelli Giacomo e Spinetta il giorno dopo, il M. si trovò a governare il Marchesato di Fosdinovo, la parte di quello di Olivola ereditata anni prima dal padre e la terra di Bibola; egli ottenne anche la tenuta che la famiglia aveva a Cigoli, nei pressi di San Miniato, e la casa di Pisa. Poco più di un anno dopo stipulò con il nipote Leonardo l'accomandigia decennale con la Repubblica fiorentina (13 genn. 1469), che fu rinnovata solo il 19 sett. 1488.

Dopo il 1467 il M. fu un fedele seguace della politica fiorentina e in Lunigiana rappresentò una sorta di intermediario della Repubblica: nell'autunno del 1471 intervenne per favorire l'annessione del marchesato di Bagnone al dominio di Firenze, dopo che i locali marchesi, che alla Repubblica fiorentina avevano già venduto le loro terre mantenendone però l'usufrutto, avevano ucciso Galeotto Fregoso tentando di impossessarsi del suo piccolo dominio. Il M. fu a più riprese utilizzato per risolvere i molti contrasti che sorgevano fra le diverse località lunigianesi e per mantenere i contatti fra la Repubblica fiorentina e gli altri Malaspina accomandati. La gratitudine fiorentina per la sua opera svolta in zona portò alla concessione delle insegne della cavalleria fiorentina: il rito fu celebrato nel duomo cittadino il 15 ag. 1470. Subito dopo l'accordo con Firenze, il M. fu condotto dalla Repubblica: in questa veste partecipò alla guerra di Volterra, iniziata nel maggio 1472. Per tutto maggio, stazionò a Pisa con la sua compagnia di 300 fanti, portandosi solo all'inizio di giugno all'assedio di Volterra, dove egli giocò un ruolo fondamentale. In base a un accordo raggiunto dal capo militare della spedizione, Federico da Montefeltro, con una parte dei Volterrani, nella notte fra il 16 e il 17 giugno un manipolo di soldati sarebbe dovuto entrare nella fortezza cittadina: al comando di questo gruppo fu il M., che però non riuscì a impedire il saccheggio della città, iniziato dopo la reazione di parte dei soldati ribelli che erano all'oscuro di tutto. Il M. rimase a guardia della locale fortezza fino a metà agosto. Due anni dopo fu di nuovo brevemente inviato a Volterra, sempre per custodirne la fortezza, poiché a Firenze era giunta voce di una congiura per consegnare Volterra a Bartolomeo Colleoni.

Volterra fu l'unico caso in cui il M. fu impiegato come condottiero fuori della Lunigiana. Dal 1478, infatti, in questa regione vi fu per quasi un decennio uno stato di guerra pressoché permanente. L'anno si era aperto con la morte del marchese Spinetta di Verrucola (8 febbraio): il M. aveva aiutato il commissario fiorentino che si trovava nel Marchesato a prenderne possesso, in quanto Spinetta aveva deciso da tempo che Firenze sarebbe stata la sua erede. Subito dopo egli si spostò nella città toscana: insieme col fratello Giacomo e col nipote Leonardo era infatti il parente più prossimo di Spinetta in linea maschile e quindi il legittimo erede. Egli sperava perciò di riuscire a ottenere parte del Marchesato, approfittando dei buonissimi rapporti che aveva con la Repubblica fiorentina. In realtà dovette aspettare oltre quattro anni prima che gli fossero cedute alcune località, respingendo nel frattempo le iniziative dei conti Torelli, generi di Spinetta: il 6 sett. 1482 gli furono finalmente concesse, col titolo di commissario perpetuo, Soliera, Agnino, Ceserano, Magliano e Ponzanello.

Il ritardo di quest'accordo fu dovuto allo scoppio della guerra che contrappose Firenze, Milano e Venezia, da un lato, Napoli e il Papato, dall'altro. Il M. si trovava a Firenze quando, il 26 apr. 1478, Giuliano de' Medici fu assassinato durante la congiura dei Pazzi: molto probabilmente assistette in prima persona al crimine. Il giorno dopo fu fatto precipitosamente rientrare in Lunigiana per far fronte a possibili conseguenze indesiderate; a giugno si spostò a Pisa, dove si stava radunando l'esercito fiorentino, ma il 3 luglio ricevette l'ordine di recarsi a Sarzana e per tutto il tempo della successiva guerra ebbe l'incarico di provvedere alla difesa di quella città e delle altre località fiorentine circostanti. I momenti di maggior pericolo furono quelli del passaggio dell'esercito dei ribelli milanesi Roberto Sanseverino, Sforza Maria e Ludovico Sforza (gennaio-maggio 1479).

Alla fine del novembre 1479 il M. si recò a Firenze, approfittando della tregua firmata tra i vari contendenti: mentre si trovava in città, Agostino e Ludovico Fregoso si impadronirono di Sarzana col tradimento (6 dicembre). Ancora una volta fu fatto precipitosamente rientrare, insieme con 300 fanti; pochi giorni dopo fu raggiunto a Fosdinovo dagli inviati dei duchi di Urbino e di Calabria, comandanti degli eserciti avversi a Firenze, che inutilmente cercarono di ottenere la restituzione di Sarzana. Da questo momento la politica fiorentina in Lunigiana fu incentrata sul tentativo di riconquistare Sarzana, sia tramite trattative, sia con veri e propri atti di guerra. Il M., sembra su incarico di Lorenzo de' Medici, cercò a più riprese di convincere i Fregoso a restituire la località contesa: molto significativa fu la trattativa dei primi mesi del 1484, che però non ebbe seguito per l'esorbitante cifra chiesta dai Fregoso in cambio della cessione della città lunigianese. L'importanza del marchese di Fosdinovo è evidenziata dal fatto che sia i Fregoso sia il Banco di S. Giorgio (a cui nel maggio 1484 era stata ceduta Sarzana) tentarono di allontanarlo dalla fedeltà fiorentina con allettanti promesse riguardanti in genere l'intero Marchesato di Fivizzano. Il M. rimase costante nella sua alleanza con Firenze e il 22 giugno 1487 fu tra i primi a entrare nella riconquistata Sarzana. La Repubblica decise di ricompensarlo nominandolo capitano generale della fanteria.

Dopo la divisione ereditaria le relazioni del M. col fratello Giacomo erano ancora pessime e peggiorarono con Alberico, figlio maggiore di Giacomo, principalmente a causa dell'appoggio dato dal M. all'altro nipote, Francesco, che nel 1484 era ormai in lotta aperta col fratello per il governo del feudo massese. All'inizio di quell'anno Francesco si era infatti rifugiato ad Avenza ed erano seguite varie razzie fra i seguaci dei due Malaspina. All'inizio di giugno sembrò che Francesco fosse intenzionato a cedere Avenza al Banco di S. Giorgio: il M. intervenne inviandovi il figlio Galeotto con diversi soldati e più in generale aiutando questo nipote nella sua lite col fratello. Nella notte fra il 23 e il 24 agosto Francesco però morì e il M., con Ludovico Sforza, Ludovico Fogliani e Pallavicino Pallavicino, divenne tutore degli eredi: in tale veste governò Avenza fino al 20 dicembre, quando il marchese Alberico riuscì a riconquistarla. In seguito continuò a esercitare la tutela in accordo con lo Sforza: nel settembre 1491 accettò a nome di Ludovico, unico erede maschio di Francesco, l'offerta del marchese di Massa, in base alla quale tutti i beni lombardi della famiglia furono ceduti allo stesso Ludovico.

Il M. approfittò del suo ruolo di tutore di Ludovico anche per mantenere il controllo del castello di Malgrate. Il 15 luglio 1490 se n'era infatti impossessato, cacciandone il legittimo proprietario, il marchese Malgrato. Mentre parte degli abitanti era favorevole al cambio di governo, altri erano rimasti fedeli al precedente signore e altri ancora avrebbero preferito sottomettersi alla Repubblica fiorentina. Proprio per ottenere l'appoggio di quest'ultima, un mese dopo il M. si trovava con il figlio maggiore a Firenze: in Lunigiana giunse la notizia che egli era stato fatto prigioniero dai Fiorentini, che avrebbero voluto da lui la cessione di Fosdinovo. Il duca di Milano, che fino a quel momento aveva protestato per l'agire del M. in quanto il marchese di Malgrate era un suo aderente, si affrettò a proporre il suo aiuto alla moglie e al secondogenito del M. per controbilanciare l'iniziativa fiorentina. In realtà alla fine del mese il M. era di nuovo a casa e da Milano giunse nuovamente la richiesta della restituzione di Malgrate al precedente proprietario. Il M. iniziò allora una lunga trattativa con Ludovico Sforza durante la quale propose che il castello fosse ceduto al marchese Ludovico di Massa, di cui erano entrambi tutori. Alla metà di dicembre 1490 il M. aveva consegnato Malgrate ai Milanesi, ma il 14 apr. 1492 esso veniva concesso al giovane marchese, anche se fu il M. a esercitare l'effettivo governo fino al giugno 1495, quando fu costretto a cederlo al re di Francia Carlo VIII.

Nei primi anni Novanta il M. si allontanò progressivamente dall'alleanza con Firenze a causa di dissapori non sopiti riguardo a Fivizzano e acuiti dalla morte di Lorenzo de' Medici, con cui il M. aveva stretto un rapporto privilegiato. Nonostante ciò, nei primi mesi del 1494 il M. cercò di rappacificare il genero Cosimo Rucellai con Piero de' Medici, ma alla fine di quell'anno fu lui ad abbandonare la tradizionale politica filofiorentina. Approfittando dell'arrivo in Lunigiana delle truppe francesi di Carlo VIII in transito verso Napoli, il M. si impadronì col loro favore e con quello di Ludovico Sforza, divenuto duca di Milano, dell'ex Marchesato di Verrucola: il 25 ottobre condusse infatti un gruppo di soldati francesi a Fivizzano conquistandola, ma riuscì ad averne il pieno possesso solo il 21 dicembre, dopo aver sborsato 3500 ducati. Contemporaneamente e sempre dai Francesi il M. aveva acquistato Castelnuovo, Ortonovo e Nicola (novembre 1494), ma alla fine del mese successivo cedette le tre località al Banco di S. Giorgio per 1800 ducati. Il possesso dell'antico Marchesato di Verrucola fu però di breve durata: approfittando di una malattia del M., alla fine di luglio 1495 la Repubblica fiorentina riuscì a riconquistarlo, insieme con Soliera, Magliano e Agnino, terre appartenenti al M. da oltre un decennio. Firenze era stata aiutata dal marchese di Massa, che si era allontanato dalla fedeltà milanese dopo che il M. si era alleato con lo Sforza.

I tre anni successivi furono caratterizzati da un lungo conflitto fra il M., che voleva riprendere l'ex Marchesato di Verrucola, e la Repubblica fiorentina: dopo un momentaneo recupero da parte del M. nel luglio 1496, Fivizzano e le altre località contese finirono definitivamente nelle mani di Firenze che entrò anche in possesso di alcune terre appartenenti al Marchesato di Fosdinovo (oltre alle tre località già citate, andarono definitivamente perse Ceserano, Collecchia, Rometta, Colla, Bardine e San Terenzo). In questa sua lotta per la sopravvivenza il M. ebbe l'appoggio del duca di Milano, della Repubblica di Venezia e del Banco di S. Giorgio: si era infatti acquistato la benemerenza di quest'ultimo all'inizio del 1496, quando ne aveva favorito l'acquisizione di Sarzana.

Nell'estate 1498 si incrinarono i suoi rapporti col duca di Milano: la svolta politica di quest'ultimo richiedeva infatti che tra Firenze e il M. si giungesse alla pace, ma il M. non acconsentì. Quando lo Sforza perse definitivamente il Ducato, il M. era ormai legato a Genova, in particolare al Banco di S. Giorgio, con cui firmò l'aderenza l'8 nov. 1501. Questa sua felice svolta politica fece in modo che la nuova spedizione francese di Luigi XII passasse senza danni per lui; anzi, il M. riuscì a sfruttarla entrando momentaneamente in possesso di tre castelli appartenenti al nipote Alberico di Massa (Avenza, Moneta e Carrara). Le tre località furono confiscate nel giugno 1500 in quanto ritenute spettanti a Ludovico Malaspina, dichiarato ribelle: nel giro di pochi mesi il M. riuscì a farsele consegnare, ma all'inizio del maggio successivo fu costretto a restituirle al nipote Alberico. In questo frangente egli aveva nuovamente cercato di ottenere il territorio facente capo a Fivizzano, senza alcun successo. In un analogo fallimento si era conclusa anche la richiesta avanzata nella primavera 1495 al re Carlo VIII riguardo al Ducato di Gravina, un tempo ricevuto in feudo dall'avo paterno Spinetta.

In seguito il M. non ebbe più occasione di tentare altri ingrandimenti territoriali. La nomina del genero Piero Soderini a gonfaloniere perpetuo della Repubblica fiorentina (22 sett. 1502) allontanò definitivamente il pericolo di una nuova guerra contro il Marchesato di Fosdinovo e garantì l'indipendenza di quest'ultimo. Sempre nel 1502 il M. giunse alla definitiva decisione riguardo alla spartizione del suo dominio. Negli anni precedenti c'erano infatti state incomprensioni coi figli più grandi e le repentine morti di uno di essi e del genero Federico Pallavicino lo spinsero a emancipare il figlio più giovane, Lorenzo, concedendogli Fosdinovo con tutta la sua vicaria e Ponzanello (14 dicembre).

Negli ultimi anni di vita il M. fece la spola tra Fosdinovo, di cui aveva conservato l'usufrutto e da dove governava le rimanenti terre lunigianesi, Verona e soprattutto Zibello, dove aiutò la figlia Clarice, reggente di questa signoria.

Il M. morì il 3 febbr. 1508.

Il suo testamento provocò una guerra fratricida: confermò infatti a Lorenzo quanto gli era stato già concesso; Lazzaro, figlio del defunto secondogenito del M., ottenne il Marchesato di Olivola, mentre il primogenito Galeotto fu privato di qualsiasi feudo lunigianese.

Intorno al 1451 il M. aveva sposato Bianca Malaspina, figlia dell'ex marchese di Castel dell'Aquila ed erede di consistenti beni nel Veronese. Dal matrimonio nacquero almeno otto figli: Lazzaro, avviato alla carriera ecclesiastica, ma morto all'inizio degli anni Ottanta; Galeotto, condottiero al servizio quasi esclusivo della Repubblica fiorentina; Giovan Battista, morto nel febbraio 1502 e da cui ebbe origine il ramo di Olivola; Marco, morto all'età di cinque anni nel 1471; Lorenzo, che ereditò la parte più consistente dello Stato del M.; Argentina, sposata con Piero Soderini; Giovanna, moglie di Cosimo Rucellai, nipote di Lorenzo de' Medici; Clarice, sposata a Federico Pallavicino, marchese di Zibello.

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