Fullereni

Enciclopedia del Novecento III Supplemento (2004)

Fullereni

GGianfranco Scorrano

di Gianfranco Scorrano

Fullereni

Sommario: 1. Introduzione.  2. Il fullerene. 3. Derivati dei fullereni: a) addotti covalenti esoedrici; b) fullereni endoedrici; c) eterofullereni. 4. Possibili applicazioni. ▭ Bibliografia.

1. Introduzione

Il 4 settembre 1985 nei laboratori della Rice University (Texas) Robert F. Curl jr., Harold W. Kroto, Richard E. Smalley e i loro collaboratori stavano cercando di riprodurre in laboratorio molecole del tipo poliino

H−C≡C−C≡C−C≡C−C≡C−C≡C−C≡N,

identificate nello spettro di sostanze presenti nello spazio intergalattico e in particolare nella nube che circonda la stella che emette carbonio CW Leonis (v. Curl, 1997; v. Kroto, 1997; v. Smalley, 1997). La produzione di tali molecole doveva avvenire mediante l'attrezzatura inventata da Smalley, che prevedeva la vaporizzazione di grafite per mezzo di un raggio laser. Con grande sorpresa degli scienziati, lo spettro di massa dei prodotti formati (v. fig. 1) rivelò un picco predominante a m/e = 720: era stato scoperto un nuovo aggregato, composto da 60 atomi di carbonio (C60, con peso molecolare 720). Poiché fu rilevata una somiglianza tra la struttura di queste molecole e quella del padiglione statunitense all'esposizione mondiale di Montreal del 1967, costruito da Richard Buckminster Fuller (v. fig. 2), gli scienziati decisero di chiamare la nuova molecola buckminsterfullerene (v. Kroto e altri, 1985).

In realtà, la struttura della molecola non era poi così nuova: la sua geometria ricordava infatti un icosaedro troncato (tagliato con un piano a ogni vertice). L'icosaedro - un poliedro con 20 facce - era uno dei cinque solidi regolari che secondo Platone rappresentavano gli elementi e il cosmo - il fuoco (tetraedro), la terra (cubo), l'aria (ottaedro), l'universo (dodecaedro) e l'acqua (icosaedro) - descritti da Euclide nei suoi Elementi. Questa figura era poi stata disegnata da Leonardo da Vinci e inclusa nel trattato De divina proportione di Luca Pacioli (v. fig. 3). Nel 1770 Eulero dimostrò un teorema secondo il quale in un poligono regolare la somma del numero delle facce e dei vertici meno il numero degli spigoli dà sempre come risultato 2; da questo teorema discende che l'icosaedro troncato deve contenere 12 facce pentagonali e 20 facce esagonali, e ogni altra struttura di questo tipo 12 facce pentagonali e un numero, necessariamente pari, di facce esagonali (v. Haymet, 1986).

A ogni modo, la struttura del C60 è facilmente osservabile (corrisponde a quella di un normale pallone da calcio) e non rappresenta una novità neppure dal punto di vista architettonico; infatti, il padiglione di Montreal ha un precursore nel Planetario Zeiss realizzato a Jena nel 1923. Ma il nome 'fullerene' assegnato a questa molecola dai suoi scopritori è rimasto, e anche le strutture con un maggior numero di atomi di carbonio da essa derivate vengono chiamate 'fullereni'.

2. Il fullerene

Nel 1990 è stato ideato il metodo del riscaldamento resistivo della grafite (v. Krätschmer e altri, 1990) che permette di preparare quantità macroscopiche di fullerene. Il metodo utilizza un apparato consistente in un recipiente, connesso a una pompa da vuoto e a un tubo di ingresso per gas, in cui due barrette di grafite sono tenute in contatto mediante una molla: una delle due barrette è appuntita, mentre l'altra è piatta. La barrette di grafite sono connesse mediante elettrodi di rame. L'apparecchiatura è ripetutamente posta sotto vuoto, purgata con elio e finalmente riempita con circa 140 mbar di elio. Applicando un voltaggio, la corrente elettrica che passa attraverso le barrette dissipa gran parte della potenza ohmica riscaldando il punto di contatto fino a una temperatura di circa 2.500 ÷ 3.000 °C; ciò fa sviluppare un fumo che è trasportato per convezione verso le pareti fredde, dove condensa sotto forma di cenere, dalla quale si può estrarre - per esempio con toluene - un 10 ÷ 15° di fullerene C60. Successivi miglioramenti nella procedura hanno consentito di commercializzare il fullerene a prezzi che sono attualmente dell'ordine di 20 ÷ 25 dollari il grammo. Dalle ceneri prodotte con tale sistema è stato possibile isolare non solo il fullerene C60, ma anche fullereni con dimensioni maggiori (C70, C86, ecc.): si è così scoperta l'esistenza di nuove forme stabili del carbonio.

Fino alla scoperta dei fullereni, del carbonio erano note due strutture, la grafite e il diamante; queste configurazioni dalle caratteristiche così diverse sono costituite, rispettivamente, da atomi di carbonio posti in esagoni planari e da atomi di carbonio posti in anelli non planari, del tipo cicloesano (v. fig. 4, B e C). I fullereni presentano invece un terzo tipo di struttura, in cui gli atomi di carbonio sono disposti in modo da formare una sfera di varie dimensioni con almeno dodici pentagoni e un numero, pari, di esagoni (v. fig. 4A). Anche il fullerene, come la grafite e il diamante, è stato trovato in natura (v. Heymann e altri, 1994). È senza dubbio stupefacente constatare quali straordinari cambiamenti nelle proprietà di molecole costituite solo di carbonio possano essere prodotti da piccoli cambiamenti nella disposizione geometrica degli atomi che le compongono. Ciascun fullerene contiene 2 (10 + n) atomi di carbonio, con n intero diverso da 1, pertanto il fullerene più piccolo che può essere immaginato è il C20, costituito unicamente da pentagoni; ogni assembramento di un numero pari superiore a 20 atomi di carbonio, eccetto C22, può formare un fullerene. La struttura di questi aggregati deve contenere, per ragioni di stabilità, pentagoni distribuiti in modo uniforme e possibilmente non adiacenti: il C60 è il fullerene più piccolo che soddisfa tale requisito. All'aumentare del numero degli atomi di carbonio le strutture fullereniche sono formate sempre da 12 pentagoni e n esagoni.

Lo spettro di risonanza magnetica nucleare (RMN) del carbonio sul fullerene più comune, il C60, ha mostrato, come atteso, un unico segnale a 143,2 ppm (v. Hirsch, 1994). Tuttavia, gli anelli del C60 non sono aromatici: contengono invece legami doppi e singoli alternati. I legami tra due anelli esagonali (legami 6,6) sono più corti (1,386 Å) dei legami tra un anello esagonale e uno pentagonale (1,434 Å). La struttura globale può essere vista come la fusione di 1,3,5-cicloesatrieni e di [5]-radialeni. La geometria sferica causa una piramidalizzazione degli atomi di carbonio che, essendo del tipo sp2, dovrebbero essere planari; ciò provoca una forte energia di distorsione che rende conto di circa l'80° del valore del calore di formazione del fullerene C60, ΔHf = 10,16 kcal/mol per atomo di carbonio, rispetto ai valori di 0,0 e 0,4 per la grafite e il diamante, rispettivamente. Il fullerene è praticamente insolubile in solventi organici polari (acetone, tetraidrofurano, metanolo), pochissimo solubile in idrocarburi, leggermente solubile in idrocarburi aromatici (7,0 mg/ml in clorobenzene) e in solfuro di carbonio (7,9 mg/ml). Lo spettro elettronico di assorbimento mostra parecchi assorbimenti intensi tra 190 e 410 nm, così come alcune transizioni proibite tra 410 e 620 nm. È già stato citato il segnale RMN del13C a 143,2 ppm per il C60. La riduzione elettrochimica del fullerene procede facilmente e mostra 6 picchi reversibili tra -0,98 e -3,20 volt (vs. Fc/Fc+ ).

Le energie degli orbitali molecolari π di Huckel sono state calcolate con i metodi della chimica quantistica (v. Haddon e altri, 1986; v. chimica computazionale, vol. XII). Come mostrato nella fig. 5, gli orbitali non occupati a energia più bassa (LUMO, Lowest Unoccupied Molecular Orbitals) sono triplamente degeneri (simmetria t1u) e hanno valori dell'energia relativamente bassi, suggerendo così che il C60 possa essere facilmente ridotto accettando elettroni da parte di agenti esterni. Infatti, il trattamento del C60 con tre equivalenti di metalli alcalini produce Me3C60, che possiede i tre livelli elettronici t1u pieni a metà, mentre il trattamento con sei equivalenti genera Me6C60, con i livelli elettronici t1u completamente riempiti. La riduzione può essere effettuata sia trattando quantità stechiometriche di metallo e fullerene a 250 °C in tubo saldato, con eventuale trattamento anche a temperature più alte, sia facendo reagire quantità stechiometriche di metallo e C60 in ammoniaca liquida e quindi, dopo aver fatto evaporare l'ammoniaca, trattando il residuo a 225 ÷ 300 °C in tubi di silice evacuati e saldati. In questo modo sono stati preparati sali del tipo K3C60 o RbCs2C60, che presentano transizioni a stati superconduttori a Tc = 19,3 e 33 K, rispettivamente. La fase Me6C60 è invece un isolante, essendo tutti gli orbitali t1u occupati (v. Hirsch, 1994).

Poiché tutti gli atomi di carbonio del fullerene sono quaternari, e quindi non hanno atomi di idrogeno legati, le reazioni di sostituzione caratteristiche dei composti aromatici non sono possibili in queste molecole. Tuttavia, dato che la presenza di doppi legami rende l'anello del fullerene simile a una poliolefina, non è sorprendente che queste molecole mostrino una reattività tipica di poliolefine coniugate come le addizioni per formare addotti covalenti esoedrici; peraltro sono noti anche fullereni endoedrici, con atomi inclusi dentro la sfera degli atomi di carbonio, eterofullereni, con un eteroatomo al posto di un carbonio dell'anello, e complessi host-guest, in cui il fullerene è inglobato da un'altra molecola (v. fig. 6).

3. Derivati dei fullereni

a) Addotti covalenti esoedrici

Gli atomi di carbonio sp2 nell'anello fullerenico del C60 impartiscono una forte energia tensionale alla molecola, che tende a rilasciarla attraverso reazioni di addizione. Essendo il fullerene una molecola poliolefinica localizzata ed elettron-deficiente, le addizioni avvengono sia con reagenti nucleofili (v. fig. 7), sia con composti capaci di dare cicloaddizioni (v. fig. 8). Da notare, in particolare, l'addizione dei reattivi di Grignard e in generale degli organolitio. Tali reazioni conducono in un primo stadio alla formazione del sale RC60-, che è successivamente protonato con acido cloridrico 0,01 N. Tutte le addizioni procedono a stadi: la prima addizione è più veloce della seconda, che è a sua volta più veloce della terza, e così via. È pertanto possibile isolare mono-, di- e poli-addotti. La prima addizione avviene comunque al livello del legame 6,6. Importante è anche la reazione di Bingel (v., 1993), in cui si genera un nucleofilo per deprotonazione di un alfa-alogeno estere o un alfa-alogeno chetone e lo si fa reagire con C60 in toluene: l'anione formato dalla prima reazione è stabilizzato dalla sostituzione nucleofila intramolecolare dell'alogeno con formazione di un anello ciclopropanico legato al fullerene.

Tra le reazioni di cicloaddizione (v. fig. 8; v. Hirsch, 1994), quelle di ilidi azometiniche sul fullerene (v. fig. 9; v. Maggini e altri, 1993; v. Prato e Maggini, 1998) sono di particolare interesse per la varietà dei prodotti formati. La reazione di cicloaddizione prevede la formazione in situ del composto 1,3-dipolare, che poi si somma al fullerene. Tale intermedio si può facilmente ottenere sia per reazione di un alfa-amminoacido con un composto carbonilico, sia per decomposizione di una aziridina. Nella fig. 9 si può notare la versatilità della reazione, che permette di produrre una varietà di fulleropirrolidine sostituite sia nelle due posizioni alfa dell'anello pirrolidinico che sull'atomo di azoto. A oggi sono stati prodotti moltissimi derivati, alcuni dei quali sono illustrati nella fig. 10.

Di tutti questi prodotti sono state studiate le proprietà chimiche. Qui ci soffermeremo solo sull'ultimo composto riportato nella fig. 10. In questa molecola il gruppo alchilico legato all'azoto, assieme al gruppo estereo, ha la proprietà di far aumentare la solubilità del derivato che è, infatti, solubile in tetraidrofurano per 43 mg/ml (valore da paragonare con il fullerene non sostituito, praticamente insolubile nello stesso solvente). Il gruppo trietossisilano serve per legare il composto a matrici silicee e così produrre gel di silice con incorporato il composto fullerenico (per esempio nel rapporto 72 mg/g di silice). Questo tipo di gel di silice modificato può essere usato per preparare colonne cromatografiche atte a separare vari composti. Come esempio, nella fig. 11 è riportata la separazione delle ciclodestrine alfa, beta e gamma (v. Bianco e altri, 1997). Lo stesso composto è stato inglobato mediante la tecnica del sol-gel in matrici vetrose per produrre lenti capaci di bloccare raggi laser con buona efficienza (v. Maggini e altri, 1999).

Qual è l'effetto che la presenza di un anello fullerenico ha sulla nuova molecola? Per ragioni di facilità di sintesi e per le migliori proprietà di solubilità, gli addotti più comuni sono quelli derivati da cicloaddizioni: in questo caso (v. figg. 8-10), l'anello fullerenico è separato dal centro reattivo da almeno due atomi di carbonio tetraedrici che isolano da ogni effetto di risonanza. Resta un debole effetto induttivo, che è stato quantificato con una costante sigma pari a 0,06. Molto interessante è l'effetto che l'anello fullerenico ha sulle fulleropirrolidine, in quanto l'azoto risulta meno basico di circa 6 unità di pK (pari a sei milioni di volte) e 1.000 volte meno reattivo di quanto lo sia in molecole contenenti solo l'anello pirrolidinico. Tale effetto sembra dovuto alla delocalizzazione del doppietto elettronico dell'azoto all'interno del gruppo fullerenico (v. Bagno e altri, 2002).

È da notare come la creazione di un anello pirrolidinico sul fullerene non provochi sostanziali modifiche alle proprietà di base dell'anello (v. fig. 12). È stata anche studiata la bis-addizione sul C60, che produce svariati isomeri: i più abbondanti sono equat, trans-3 e trans-2 (v. fig. 13).

b) Fullereni endoedrici

Sono stati preparati derivati fullerenici contenenti, all'interno della sfera, metalli come i lantanidi, gas nobili o anche azoto atomico. La dimensione della cavità presente nel C60 (circa 3,5 Å di diametro) consente l'inserimento di qualunque elemento della tavola periodica. I complessi endoedrici sono identificati dalla formula Mm@C2n. La loro sintesi è solitamente raggiunta, sia pure con rese basse (fino all'1° della polvere), mediante l'evaporazione di tubi cavi di carbonio riempiti di ossidi metallici, seguita da una lenta opera di purificazione realizzata mediante cromatografia liquida ad alta pressione, spesso in condizioni di assenza di ossigeno atmosferico. Riscaldando il fullerene cristallino a 650 °C e a una pressione di 3.000 atmosfere si produce circa lo 0,1° di complesso che incorpora elio, neon, argon, kripton o xenon (v. fig. 14; v. Saunders e altri, 1996).

L'incorporazione dello xenon ha permesso, tra le altre cose, di scoprire che questo elemento è disposto simmetricamente nel C60 ed eccentricamente nel C70. Di particolare interesse è la reazione di sublimazione del C60 all'interno di un tubo contenente plasma all'azoto: in queste condizioni i cationi di azoto ad alta energia reagiscono con il fullerene e riescono a far penetrare all'interno della gabbia di atomi di carbonio un atomo di azoto (v. Pietzak e altri, 1997). L'N@C60 fatto reagire con bromoetilmalonato produce l'addotto endoedrico N@C61 (COOEt)2; la reattività dell'N@C60 verso i nucleofili è la stessa del C60 vuoto e lo spettro di risonanza paramagnetica elettronica (EPR, Electronic Paramagnetic Resonance) in soluzione è molto simile a quello dell'N@C60; ciò indica anche che la posizione dell'atomo di azoto è al centro della sfera fullerenica (v. fig. 15).

c) Eterofullereni

Gli eterofullereni sono fullereni in cui uno o più degli atomi di carbonio che costituiscono la struttura a gabbia sono stati sostituiti da atomi diversi dal carbonio, ossia da eteroatomi. Sono stati preparati e caratterizzati aza-fullereni (v. Hummelen e altri, 1995) e bora-fullereni (v. Muhr e altri, 1996), mentre per alcuni altri eterofullereni sono stati effettuati soltanto calcoli teorici. In fig. 16 sono riportate le strutture di un aza-fullerene radicale e del suo dimero.

4. Possibili applicazioni

Subito dopo la scoperta del fullerene si pensò che questa molecola potesse avere numerose applicazioni pratiche; a circa 15 anni di distanza, molte di queste speranze sono ancora vive. Nel sito dell'United States Patent and Trademark Office appaiono attualmente oltre 500 brevetti elencati sotto il nome fullerene. Tuttavia, molte aspettative per ora non si sono concretizzate. Si citano alcuni sviluppi che sembrano avere buone prospettive.

Superconduttori. - Nel cap. 2 si è accennato ai sali del fullerene che hanno proprietà superconduttive (ad esempio il Rb2CsC60, con Tc di 28 K). Le ricerche attuali mirano ad aumentare ulteriormente la temperatura alla quale questi materiali si comportano da superconduttori.

Inibitori di HIV proteasi. - Il C60 e i suoi derivati potrebbero essere utilizzati come agenti diagnostici o terapeutici in medicina. Per esempio, derivati del C60 sono studiati come potenziali inibitori dell'enzima proteasi specifico per il virus 1 della immunodeficienza umana (HIVP, Human Immunodeficiency Virus Protease; v. Friedman e altri, 1993). Il sito attivo di questo enzima può essere descritto come un cilindro contornato quasi esclusivamente da amminoacidi idrofobici, con l'eccezione di due residui di acido aspartico che catalizzano l'attacco dell'acqua sul legame peptidico del substrato. Poiché il C60 ha approssimativamente lo stesso raggio del cilindro che descrive il sito attivo dell'HIVP, e poiché il fullerene e i suoi derivati sono idrofobici, esiste la possibilità di una forte interazione di van der Waals tra la superficie fullerenica e la superficie non polare del sito attivo, che verrebbe in tal modo bloccata.

Limitatori ottici. - I fullereni sono dotati di proprietà di limitazione ottica. In altre parole, sono molecole in grado di svolgere un'azione protettiva nei confronti degli effetti nocivi della radiazione luminosa ad alta intensità (v. Tutt e Kost, 1992). Recentemente sono stati preparati e sperimentati dei prototipi di limitatore ottico a base di derivati fullerenici dispersi in matrice vetrosa, che si sono dimostrati molto promettenti per la protezione, tanto di sensori ottici artificiali, quanto dell'occhio umano, dagli effetti devastanti della luce laser ad alta intensità (v. Brusatin e Signorini, 2002).

Dispositivi fotovoltaici. - Derivati solubili del C60, in miscela con polimeri coniugati semiconduttori - ad esempio poli(fenilene)vinilene, politiofene -, sono stati utilizzati con successo per preparare dispositivi a base organica che hanno raggiunto efficienze di conversione fotovoltaica pari al 3,3° (v. Brabec e altri, 2002). Secondo i ricercatori del settore, nei prossimi 5 anni saranno raggiunte efficienze maggiori del 5°, che permetterebbero un impiego su larga scala di tali dispositivi.

Nanotubi. - Dopo la scoperta nel 1991, da parte di Sumio Lijima, della formazione di nanotubi (v. nanotecnologie e nanotubi, vol. XIII) di carbonio in condizioni simili a quelle usate per la preparazione del fullerene, sono stati messi a punto diversi metodi (scarica ad arco, pirolisi di idrocarburi con catalizzatori, vaporizzazione laser di grafite, elettrolisi di sali metallici usando elettrodi di grafite) che consentono di preparare nanotubi di carbonio con rese accettabili. I nanotubi sono nanoparticelle in cui un tubo costituito da esagoni di carbonio è chiuso all'estremità da due calotte emifullereniche. Si ritiene che i nanotubi possano comportarsi da nanofili isolanti, semiconduttori o metallici. Essi sono meccanicamente molto più resistenti delle tradizionali fibre di carbonio ed eccezionalmente flessibili quando assoggettati a distorsioni. È possibile introdurre metalli dentro i nanotubi. Eventuali applicazioni sono: assorbimento di gas quali idrogeno o argon; sorgenti per emissioni di campo; capacitori elettrochimici ad alta potenza; rivelatori per microscopi a scansione a effetto tunnel (v. Terrones e altri, 1999).

Bibliografia

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