FULBÈ

Enciclopedia Italiana (1932)

FULBÈ (Peuls, Pular, Fellata; sing. Fula o Pulo)

Augustin BERNARD
Carlo TAGLIAVINI

Popolazione diffusa nell'Africa dall'Atlantico fino al bacino del Congo e al Dar Fur (v. africa: Tav. etnografica). Quattro sono i gruppi principali: uno nel Futa-Toro (sulla sinistra del Senegal), uno nel Futa Gialon e Fuladugu (bacino superiore del Senegal), un altro nel Macina e Yatenga (medio Niger e alto Volta) e un quarto nei paesi Haussa (Sokoto e Adamaua). Non sono insediati densamente in nessuna regione, ma vivono sparsi fra le popolazioni negre dominandole. I Fulbè infatti non sono Negri: hanno pelle rossastra, bruna chiara o color cuoio, capelli fini e lisci, labbra sottili, naso aquilino: alti e magri hanno aspetto quasi europeo. Il tipo s'incontra però raramente allo stato puro: la lunga coabitazione con i Sudanesi, la loro diffusione su immensi territorî popolati da Negri ne hanno alterato i caratteri originarî; infine la lingua.

Sembra che essi siano Etiopi o Camiti. Le loro tradizioni li collegano alle popolazioni settentrionali del continente, non meno dei loro caratteri fisici, presentando essi indubbie somiglianze da un lato con le genti dell'Africa orientale, quali i Galla e i Somali, dall'altro con i Berberi. Dal sec. IV all'VIII i Fulbè si estesero fino all'orlo settentrionale del Sudan occidentale dal Macina al Tagant, giungendo nel sec. IX sul basso Senegal, nel Ferlo. Di là una nuova migrazione li portò nel Falémé, nel Galam (sec. XI), quindi al Futa-Gialon e alla foce del Niger. Alla fine del sec. XVIII fondarono gli stati del Futa Senegalese. Convertiti all'islamismo, ne divennero i propagatori. Il loro predominio data dal sec. XIX: verso il1804 un marabù futa, Othman-dan-Fodio, fondò l'impero di Sokoto; dominarono i paesi haussa, l'Adamaua, il Baghirmi, l'Uadai, stabilendovi una specie di sistema feudale secondo il quale i grandi capi o lamidos erano vassalli del sultano di Sokoto. Quest'impero si divise poi in due regni: uno comprendente l'Haussa e l'altro estendentesi sull'alto Niger con capitale a Gando; ma Sokoto rimase la città santa dei Fulbè. Poco dopo un altro profeta Mohammed-Lebbo, fondò il regno di Macina con capitale a Djenné. I diversi sultanati ed emirati fulbè sono poi spariti alla fine del sec. XIX di fronte alla dominazione dei Bianchi. Insomma i Fulbè provengono da una migrazione che, giunta dall'occidente nel Futa Senegalese, vi prese la lingua dei Toucouleurs autoctoni trasportandola in seguito, durante la contro-emigrazione dal basso Senegal al bacino dell'alto Nilo.

I Fulbè sono essenzialmente pastori e guerrieri. Talvolta hanno accettato la legge del paese che li accoglieva, talaltra dominandolo vi hanno formato stati governati da capi religiosi. Essi si sono stabiliti di preferenza nei territorî scoperti che meglio convengono al loro bestiame bovino e ad essi stessi: ottimi allevatori, non praticano affatto l'agricoltura; si davano volentieri al commercio degli schiavi. La lingua, ricca e armoniosa, è chiamata l'italiano d'Africa. Portano in generale un'ampia veste; come musulmani si radono la testa e si lasciano una piccola barba a punta: vanno a capo scoperto o con berretto a tronco di cono di cotonata bianca; le donne portano una fascia intorno ai fianchi. Abitano in generale in capanne di forma emisferica, in molte regioni hanno però adottato l'abitazione delle popolazioni fra le quali vivono. Dai Toucouleurs hanno preso anche la divisione in caste: i Fulbè puri costituiscono la classe dominante; le caste miste sono considerate inferiori.

Lingua. - I Fulbè parlano una lingua conosciuta coi varî nomi di pular, fulfulde, fula, fulani, fellata, fellāniya, ma specialmente di ful (presso gli autori italiani e tedeschi) o di peul (presso gli autori francesi). Il nome fulbe proviene da pūl, pūl "bruno chiaro, rosso" in contrapposto a olof "nero" (da cui il nome dei vicini Wolof); il singolare è: pūl-o "egli Pul" plur. pūl-be, pūl-be "essi Pul".

Il ful possiede una letteratura propria, scritta con caratteri arabi, ed è una delle lingue africane meglio conosciute.

Nella morfologia si nota una ricca serie di classi nominali con valore grammaticale e logico; esse sono formate da suffissi, ma corrispondono assai bene alle classi formate da prefissi del bantu (v.). Il genere grammaticale vero e proprio non esiste, ma la distinzione fra "persone" e "cose" è abbastanza ben osservata. Il plurale può esser formato o con mutamento di suffisso o col mutamento della consonante iniziale o con ambedue i processi (p. es. gork-o "uomo", wor-be "uomini"), ecc.

Assai dibattuta è la questione della posizione linguistica del ful. H. Barth (v. bibl.) vi vedeva rapporti con il haussa, ma già intravedeva qualche somiglianza con il bantu. Un regresso rappresenta la classificazione di F. Müller, il quale stacca il ful dal wolof per riunirlo al nuba, barea, kunama, ecc. Il Leipsius, nella sua genialissima sintesi delle lingue africane, afferma che ful e wolof formavano altra volta una delle estremità nord-occidentali del bantu. A. Trombetti (Pronomi, pp. 44-45; Numerali, pp. 74-75; El. di glottologia, p. 26) e il p. W. Schmidt (Mitt. Sem. Or. Sprachen Berlin, VIII, I Abt., p. 252) ammettono la parentela del wolof, pul, serer e poi anche biafada; anzi il p. Schmidt, seguito poi dal Trombetti, vide nel tem del Togo l'anello di congiunzione col bantu. Ma nel 1911 C. Meinhof spostava la posizione del ful; secondo lui il ful era da considerare come lingua camitica assai arcaica e quindi più vicina delle altre al proto-camitico che era anche prossimo al proto-bantu. Questa teoria del Meinhof è stata seguita da C. Conti Rossini (cfr. camitiche, lingue, VIII, p. 549), che considera il ful come facente parte del sottogruppo nigeriano delle lingue camitiche. Secondo una recente teoria, non ancora criticamente provata, di L. Homburger, il ful sarebbe sì da riconnettersi al camitico, ma non al proto-camitico, bensì al medio-egiziano; secondo questa autrice i progenitori dei Fulbè sarebbero stati Ebrei immigrati dall'Egitto e parlanti l'egiziano.

Bibl.: H. Barth, Reisen und Entdeckungen, Gotha 1857-59; id., Sammlung und Bearbeitung Central-afrikanischer Vokabularien, Gotha 1862, p. cxi segg.; F. Leipsius, Nubische Grammatik, Berlino 1880, p. xxxix, segg.; F. Müller, Grundriss d. Sprachwissenschaft, III, Vienna 1884, p. 1 segg.; S. Passarge, Adamaua, Berlino 1895; C. Meinhof, Das Ful in seiner Bed. für die Sprachen der Ham., Sem. u. Bantu, in Zeitschr. Deutschen Morg. Ges., 1911, pp. 177-220; id., Die Sprachen der Hamiten, Amburgo 1912, p. 31 segg.; M. Delafosse, Haut-Sénegal-Niger, Parigi 1912; L. Homburger, Les représentants de quelques hiéroglyphes égyptiens en peul, in Mem. Soc. ling., Parigi 1930, XXIII, p. 277 segg.; id., Les préfixes nominaux dans les parlers peuls, haoussa et bantous, Parigi 1929; A. Klingenheben, Die Laute des Ful, Amburgo 1927; id., Die Präfixklasse des Ful, in Zeitschr. f. eingeb. Sprachen, XIV (1924), pp. 190-222, 290-315; id., Die Pronomina o und i des Ful, in Folia ethno-glossica, III (1927), pp. 47-52. Fra le molte grammatiche descrittive ricordiamo solo H. Gaden, Le poular, dialecte peul du Fouta Sénégalais, Parigi 1913-1914, voll. 2; S. Leigh-Ross, Fulani grammar, Londra 1922; D. Westermann, Handbuch der Ful-Sprache, Berlino 1909.

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