FRUTTO

Enciclopedia Italiana (1932)

FRUTTO (lat. fructus; fr. fruit; sp. fruto; ted. Frucht; ingl. fruit)

Carlo Avetta

Nel linguaggio comune si chiama frutto in senso lato il complesso delle parti del fiore che persistono dopo avvenuta la fecondazione e che contribuiscono a propagare la pianta per mezzo dei semi che contengono; con significato più ristretto e preciso s'intende per frutto il solo ovario più o meno trasformato in seguito alla fecondazione, di cui risente a sua volta gli effetti secondarî, mentre quelli principali hanno agito sugli ovuli trasformandoli in semi.

Le fragole, comunemente ritenute frutti, sono falsi frutti, perché la parte più vistosa di esse è data dal ricettacolo del fiore accresciutosi in seguito alla fecondazione e diventato polposo; i veri frutti sono i granellini duri, bruni, inseriti su esso. I fichi a loro volta non sono veri frutti, bensì infruttescenze provenienti da molti fiori riuniti in un'infiorescenza il cui asse, diventato concavo per invaginazione in conseguenza del suo modo di accrescimento, porta i fiori stessi sulla superficie interna della cavità: dopo la fecondazione, che trasforma i piccoli pistilli in singoli frutti duri e granulosi, anche l'asse concavo che li contiene diventa carnoso.

Secondo il significato più restrittivo posseggono vero frutto soltanto le Spermatofite Angiosperme che hanno un ovario contenente gli ovuli, mentre nelle Gimnosperme (che presentano i carpelli aperti portanti gli ovuli e più tardi i semi allo scoperto e direttamente visibili) non si può parlare di vero frutto, neppure in quei pochi casi in cui a fecondazione avvenuta i carpelli stessi si saldano assieme in un corpo unico che diventa carnoso o legnoso (coccola di ginepro, galbulo di cipresso). La trasformazione della parete dell'ovario in parete del frutto per influenza indiretta della fecondazione non dipende precisamente da formazione di nuove parti di essa, ma solo da cambiamento delle sue dimensioni, della sua consistenza, del suo colore, ecc., mentre negli ovuli fecondati e trasformantisi in semi compaiono formazioni nuove, che sono l'embrione e l'albume.

Caratteri generali dei frutti. - I frutti provengono dai fiori, che sono organi aerei, quindi anch'essi sono quasi tutti epigei, cioè sopraterranei, ma ve ne sono taluni (Arachis hypogea, Linaria, Trifolium subterraneum) che, pur avendo iniziato il loro sviluppo nell'ambiente aereo, lo ultimano dentro il terreno in cui s'insinuano diventando in un secondo tempo frutti ipogei. In casi speciali si può avere un normale sviluppo di frutti senza che si sia verificata la fecondazione nei fiori da cui provengono, e allora si parla di frutti partenocarpici, che naturalmente non contengono semi e sono detti apirenî (fichi, cetrioli, alcune varietà di mele e pere). Ma vi sono anche frutti apirenî per un altro motivo, ossia perché gli ovuli, pur essendo stati regolarmente fecondati, presto o tardi s'arrestano nel loro sviluppo senza pregiudicare quello del frutto (banane, molti mandarini, l'uva sultanina).

Certe piante non portano frutti che una sola volta nella loro vita e si dicono monocarpiche; altre invece fruttificano ripetutamente e sono dette policarpiche. Sono forzatamente monocarpiche le piante annue e le biennali, che alla fine del primo e del secondo periodo vegetativo muoiono dopo aver fruttificato una sola volta. Ma anche fra le piante perenni si hanno di quelle che, dopo alcuni o anche molti anni di esclusiva vegetazione, fruttificano una volta tanto e poi muoiono, come ad es. l'agave americana. Invece le piante perenni, nella loro enorme maggioranza, sono policarpiche.

La parete del frutto prende il nome di pericarpo o pericarpio; è molto varia per dimensioni, per aspetto esterno, per l'interna struttura nonché per il suo comportamento quando è giunta a maturità. Da frutti grossi appena 1 mm. si arriva a quelli di certe zucche che misurano fino a un metro di diametro; dal colorito verde si passa al bianco, al rosso e al nero; la forma può essere allungata, corta, schiacciata, rigonfia, angolare, rotondeggiante, con la superficie liscia o pelosa o aculeata, e anche rilevata per costole o ali sporgenti. Quanto all'interna struttura, il pericarpo può essere fatto di materiale duro o molle, asciutto, molle oppure carnoso, succoso sia uniformemente in tutto il suo spessore, sia variamente nelle sue diverse zone, e quando nei pericarpi di notevole spessore la consistenza non è uniforme, si presta alla distinzione in strati diversi andando dall'esterno verso l'interno. Se si possono distinguere in esso due strati, quello esterno si dice epicarpo e l'interno endocarpo, se tra i due se ne trova un terzo diverso da essi, questo si chiama mesocarpo. L'epicarpo suol essere sottile ma resistente, membranoso e persino cartilagineo dovendo proteggere il frutto; l'endocarpo a sua volta è membranoso, molle, ovvero duro, resistente fino a diventare legnoso (nocciolo di pesca), il mesocarpo è per solito molle, e quando è assai sviluppato è carnoso e lo si chiama sarcocarpo (pesca).

La varietà dei frutti, già grande per sé stessa, è ancora aumentata dal fatto che talora all'ovario si aggiungono parti accessorie del fiore stesso o estrafiorali, come sarebbero lo stilo e lo stigma, il calice, il ricettacolo fiorale e perfino le brattee. Così lo stilo e lo stigma, che abitualmente dopo la fecondazione avvizziscono, seccano e cadono, in alcuni casi persistono e prendono anzi un maggiore sviluppo formando delle code di vario aspetto che sormontano i frutti e facilitano la loro diffusione (Geum, Anemone, Clematis). Nelle fragole, già ricordate, è il ricettacolo che gonfia e porta incastrati nella sua polpa i frutticelli duri derivati da altrettanti pistilli liberi del suo gineceo apocarpo. Dei verticilli fiorali che circondano il gineceo quello che persiste di solito è il calice, o integralmente o solo con la sua base (Datura), allo stato fresco (Fragaria) o più frequentemente disseccato, sia senza cambiare di volume, sia aumentandolo di molto sino a coprire parzialmente o totalmente il frutto (calice accrescente di Hyoscyamus, Physalis). Il calice si trova alla base del frutto quando questo proviene da un ovario supero oppure all'apice di esso se si tratta di ovario infero. L'ovario infero è concresciuto con la coppa ricettacolare che lo circonda, quindi il frutto a cui dà origine ha la sua parete formata esternamente dal tessuto della coppa e internamente da quello della parete dell'ovario in cima al quale si scorge una piccola corona o nicchia, detta volgarmente "occhio del frutto", che rappresenta l'apertura della coppa ricettacolare sul cui orlo si osserva tuttora il calice inaridito (pera, mela, nespola).

Frutti somigliantissimi possono invece avere origine e natura molto diverse. Tale è il caso di quelli del rovo e del gelso, noti sia gli uni sia gli altri sotto il nome di more: ma, mentre la mora di rovo proviene da un unico fiore, i cui numerosi pistilli liberi diventano poi frutticelli succulenti, e sotto il complesso di essi si scorge il calice del fiore, rimasto completamente estraneo alla loro formazione, la mora di gelso proviene invece da un'intera infiorescenza pistillifera in cui il calice del fiore diventa succolento e si stringe intorno ai relativi frutticelli anche essi polposi. Prescindendo dal frutto del fico di cui è stato detto dianzi, è infine da ricordare l'ananas, in cui la parte mangereccia, che va sotto il nome di frutto, è il complesso di numerosi frutti carnosi provenienti da altrettanti fiori, nonché delle brattee interposte a essi diventate a loro volta succose.

È fenomeno comunemente noto, specialmente per frutti carnosi e mangerecci, quello della loro "maturazione", che va generalmente di pari passo con quella dei semi in essi contenuti che si dicono maturi quando hanno acquistato la capacità di svilupparsi producendo nuove piante. La maturazione del pericarpo più che a modificazioni volumetriche e strutturali è dovuta a mutamenti fisici inerenti alla sua consistenza e colore e più ancora a trasformazioni chimiche con formazione di nuove sostanze da quelle preesistenti, soprattutto per comparsa di zucchero a spese di acidi, di amido e di tannino che correlativamente scompaiono.

Al periodo della maturazione dei frutti carnosi ne tien dietro un altro in cui avviene la decomposizione o infracidimento; questi processi derivano da cause chimiche o chimico-biologiche, e hanno per effetto finale di distruggere completamente il pericarpo e di mettere in libertà i semi. Ma nei frutti a pericarpo secco non marcescibile i semi vengono messi in libertà per l'aprirsi del pericarpo stesso in svariate maniere, che verranno ricordate nei singoli casi: tale processo si chiama la loro deiscenza. Dato lo scopo della deiscenza, deiscono preferibilmente o esclusivamente i frutti pluriseminati, mentre gli uniseminati ne possono fare a meno e restare indeiscenti.

Varie categorie di frutti. - In base ai suesposti caratteri i frutti (compresi i falsi frutti) si possono classificare nelle diverse categorie seguenti:

Achenio. - È un frutto secco, unicarpellare, indeiscente e uniseminato con pericarpo sottile coriaceo, strettamente addossato al seme ma facilmente staccabile da esso (canapa, Rosacee, Composte).

Cariosside. - È in tutto simile all'achenio, tranne che ha il suo sottile pericarpo aderente al seme e inseparabile da esso. È il frutto caratteristico delle Graminacee (eccettuato il solo gen. Sporobolus), più o meno tondeggiante o allungato, munito alla parte superiore di peli rigidi, caratteristici ma diversi nelle diverse specie, con voluminoso albume farinoso, lateralmente e inferiormente al quale sta il piccolo embrione.

Samara. - È un achenio in cui il pericarpo si espande in forma di ala membranosa - semplice o multipla - destinata a favorirne la diffusione con l'aiuto del vento (Ulmus, Fraxinus, Bignonia).

Noce. - Questo tipo di frutto non ha nulla a che fare con quello della noce (Juglans); lo si trova in molte Palme e nel nocciuolo; presenta un pericarpo legnoso fibroso che nelle nocciuole è avvolto alla base da un involucro bratteolare noto sotto il nome di cupula.

Follicolo. - È il più semplice dei frutti secchi unicarpellari deiscenti; poita parecchi semi sulla sutura ventrale, rivolta verso il centro del nore, cioè sulla linea di saldatura dei margini del carpello, lungo la quale a maturità si apre. Sono follicoli i frutti della peonia, oleandro, elleboro, aconito, anice stellato, ecc.

Legume o baccello. - È formato da un solo carpello portante gli ovuli e poi i semi sulla sutura ventrale, ma differisce dal follicolo perché nel deiscere si fende anche lungo la sutura dorsale che è la linea mediana del dorso corrispondente alla nervatura principale della foglia earpellare, e quindi si apre in due valve ben distinte, mentre il follicolo ha l'aspetto di un cartoccio socchiuso. Il legume, caratteristico delle Leguminose che da esso traggono il nome, tipicamente ha una sola cavità, ma in alcuni casi subisce delle modificazioni che ne alterano l'aspetto e lo rendono persino indeiscente. Negli Astragalus compare un sepimento verticale che divide il frutto longitudinalmente in due logge. Nelle Cassia invece la deiscenza è impedita da diaframmi trasversali fra un seme e l'altro e ognuna delle concamerazioni uniseminate si riempie per giunta di una polpa dolciastra. In altri casi (Coronilla, Hedysarum, Hippocrepis) in corrispondenza di ogni setto trasversale c'è una strozzatura che divide visibilmente il legume (detto allora legume lomentaceo o lomento) in tanti articoli uniseminati che a maturità si disarticolano e si comportano come altrettanti achenî. Un caso curioso di cosiddetto mimetismo è quello presentato da certe Medicago (il cui legume, elicato a spire basse o strettamente appressate, assomiglia alla conchiglia di una chiocciola) e dallo Scorpiurus vermicularis che ricorda il corpo di un verme.

Drupa. - È l'unico rappresentante dei frutti semplici carnosi. E tipicamente uniseminata, indeiscente, con esocarpo sottile membranaceo, mesocarpo più o meno carnoso ed endocarpo osseo che forma il cosiddetto nocciolo nei noti frutti di ciliegio, pesco, mandorlo, olivo, ecc. Per eccezione il noce (. uglans) presenta una drupa speciale che si apre per deiscenza valvare del suo esomesocarpo carnoso e ricco di tannino conosciuto sotto il nome di mallo, mettendo in libertà il nocciolo costituito dall'endocarpo legnoso (guscio delle noci) e dal seme (gheriglio).

Disamara, diachenio, poliachenio. - Tali frutti sincarpici, secchi, indeiscenti non sono, come dice il loro nome, che una doppia samara (Acer), un doppio achenio (Ombrellifere) o un achenio multiplo (Malvacee, Ranunculus) in cui i componenti si staccano poi per disseminarsi.

Siliqua. - Frutto sincarpico, secco, deiscente, caratteristico della famiglia delle Crocifere cui imprime uno dei suoi principali caratteri distintivi. È formata da due carpelli limitanti dapprima una cavità unica che più tardi diventa duplice per comparsa di un setto longitudinale detto replo, che forma come un telaio sui cui margini sono attaccati i semi. La deiscenza avviene per lo staccarsi del setto, a partire dal basso delle due valve: il setto rimane in posto con i semi. Nella siliqua tipica il diametro longitudinale supera di molto quello trasversale (Brassica, Cheiranthus); se invece i due diametri sono presso a poco uguali si parla di siliquetta o silicula (Thlaspi, Capsella) e in hase a tale carattere le Crocifere si dividono appunto in due gruppi Siliquose e Siliculose.

Pisside o pissidio. - Rientra nella categoria dei frutti capsulari e si distingue per la sua deiscenza trasversale a mezzo di una fenditura circolare che divide il frutto in una parte superiore destinata a cadere (detta coperchio od operculo) e una inferiore a forma di urna che contiene i semi (Anagallis, Hyoscyamus).

Capsula o cassula. - È il frutto più frequente, che si osserva in gran numero di piante. Uni- o pluriloculare e pluriseminata, se ne distinguono parecchi tipi a seconda del modo di deiscenza: setticida, se per distacco dei carpelli lungo le liriee di sutura (Colchicum); loculicida, se per fenditura longitudinale dei singoli loculi in corrispondenza della nervatura dorsale dei carpelli (Ornithogalum); settifraga, se per rottura dei setti le pareti esterne si staccano in tante valve quante sono le logge del frutto (Datura, Nicotiana). Nella capsula poricida la deiscenza ha luogo per uno o più pori che si aprono in determinati punti del pericarpo per distruzione locale del tessuto di esso (Anthirrinum, Campanula). Nelle capsule (teste) di papavero, per ciascuna loggia si apre un foro immediatamente sotto la corona stigmale, ma l'apertura ha luogo per il sollevarsi di uno sportello o valva, onde tale capsula è poricida e valvicida a un tempo: tale frutto si chiama anche treto.

Bacca. - È tra i frutti sincarpici, carnosi, indeiscenti, il più frequente. Ha esocarpo membranaceo, mesocarpo carnoso o sugoso ed endocarpo pure membranaceo, che delimita e circonda una o più cavità contenenti ciascuna un seme sempre a buccia dura. Bacca tipica è quella dell'uva, del ribes, del pomodoro, ma si conoscono diverse varietà di esse che vanno sotto nomi speciali.

Esperidio. - È la bacca speciale degli agrumi (aranci, limoni, ecc.) e presenta l'epicarpo membranaceo colorato generalmente in giallo o arancio e pieno di ghiandole sacciformi contenenti il caratteristico olio essenziale, il mesocarpo bianco, sottile e un po' carnoso, e l'endocarpo membranoso che forma la pellicola esterna delle logge ovariche comunemente chiamate spicchi. Dentro le logge i semi sono avvolti da ciuffi di cellule succose che costituiscono la polpa edule del frutto, essendo ricchissime di un succo dolce e acidulo a un tempo.

Pomo. - È un'altra bacca speciale, che, derivando da un ovario intero, è formata, oltre che dai carpelli, anche dalla coppa ricettacolare che li circonda saldandosi con essi, e quindi è un falso frutto. L'epicarpo è membranaceo, il mesocarpo carnoso, acidulo-dolce e di natura duplice, poiché nella sua parte esterna deriva dal ricettacolo e in quella interna dalla parete ovarica; anzi spesso nel pomo tipico (pero, melo) il confine fra le due regioni del mesocarpo è tuttora visibile sotto forma di un cercine di aspetto particolare. L'endocarpo che citconda le cinque logge con i semi ha consistenza pergamenacea.

Peponide. - È il frutto bacciforme delle Cucurbitacee (zucca, popone, cetriolo, ecc.) con esocarpo cartilagineo, papiraceo, mesocarpo carnoso ed endocarpo carnoso-fibroso per la presenza di numerosi cordoni fibrovascolari: in alcune zucche esotiche (Luffa) questi cordoni si possono isolare mediante macerazione dei frutti nell'acqua e se ne ottiene uno scheletro che va in commercio sotto il nome di spugne vegetali.

Balausto. - È il frutto del melograno, con esocarpo ed endocarpo membranacei e mesocarpo poco sviluppato, carnoso e resistente; si distingue da tutti gli altri frutti per avere le sue otto logge collocate in due piani diversi, tre inferiori e cinque superiori contenenti i noti semi con tegumento rosso carnoso, sugoso e pellucido di gradevole sapore acidulo.

Nuculanio. - È il frutto bacciforme del comune nespolo. È sostanzialmente un pomo avente in cima un ampio avvallamento coronato dai residui dei sepali e il cui endocarpo anziché cartilagineo è legnoso e forma con le cinque logge uniseminate altrettanti noccioletti da cui trae il nome.

Capsule carnose. - È il nome complessivo dei poco numerosi frutti carnosi e deiscenti. In realtà non sempre si può parlare di capsule carnose a proposito di essi, né un nome unico è appropriato alle loro molto svariate maniere di deiscenza. Così il frutto del noce (Juglans regia) è effettivamente una drupa speciale che per deiscenza valvare spontanea del suo esocarpo sottilmente carnoso (sotto il nome di miallo) mette in libertà il nocciolo costituito dall'endocarpo legnoso e dal seme. Il frutto dell'Impatiens balsamina (conosciuta sotto il nome volgare di begli uomini dei giardini) è invece una vera capsula carnosetta, fusiforme, che a maturità si fende repentinamente in tanti spicchi j quali si arrotolano verso l'esterno su stessi e proiettano i semi a distanza. Nell'Ecballium elaterium (v. cocomero asinino) il frutto elissoidale si stappa all'estremità come una bottiglia di spumante e lancia i semi a distanza mediante un violento spruzzo del contenuto acquoso del frutto. I frutti aggregati o sinantocarpici sono infruttescenze, ossia agglomerazioni di più frutti che simulano nel complesso un frutto unitario.

Cono o strobilo. - È un'infruttescenza risultante da molti carpelli aperti di consistenza più o meno legnosa disposti a elica e portanti alla base i semi direttamente visibili. Si presenta nelle Conifere (pigna di Pinus Abies, Larix, Cedrus, ecc.) e nelle Gimnosperme in genere, ma non è un vero frutto poiché queste piante non hanna ovario.

Galbulo. - È sostanzialmente un cono in cui i carpelli sono verticillati anziché elicati e possono avere consistenza legnosa (Cupressus, Thuja) ovvero carnosa (Juniperus).

Siconio. - È il falso frutto del fico, già illustrato dianzi, in cui i veri frutti sono quei granelli duri (achenî) che tappezzano la superficie interna dell'urna formatasi per invaginazione completa dell'asse dell'infiorescenza, detta ipoantodio, che in altri casi (Dorstenia) è meno profondamente introflessa e porta gli achenietti inseriti sulla faccia superiore appena concava di un ipoantodio a forma di piattello carnosetto, quadrangolare.

Sorosio. - Esempî di sorosio si hanno nei falsi frutti dell'ananas e del gelso. Nel primo i molti frutti che lo costituiscono sono saldati in un corpo unico dalla concrescenza con le rispettive brattee interposte a essi e diventate anch'esse carnose. Nel secondo, detto mora di gelso per distinguerlo dalla mora di rovo che è un frutto unico genuino, i frutticelli onde è formato sono dei piccoli achenî, circondati ciascuno dal proprio perianzio diventato sugoso.