FRIULI-VENEZIA GIULIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

FRIULI-VENEZIA GIULIA (XVI, p. 91; XXXV, p. 78; App. I, p. 635; II, 1, p. 1009, 11, p. 1098; III, 1, 687)

Giorgio Valussi

L'art. 116 della Costituzione che prevede per il F.-V.G. "forme e condizioni particolari di autonomia secondo statuti speciali" è stato attuato con la l. cost. 31 genn. 1963, n. 1 e con le successive norme di attuazione. Agli effetti delle elezioni regionali il territorio del F.-V.G. è stato ripartito in 5 circoscrizioni elettorali corrispondenti ai circondari soggetti alla giurisdizione dei tribunali di Trieste, Gorizia, Udine, Tolmezzo e Pordenone. Capoluogo della regione è Trieste, dove hanno sede tutti gli organi regionali, a eccezione di due assessorati (Enti Locali; Agricoltura e Foreste), che sono stati distaccati a Udine. A norma dell'art. 66 dello Statuto con d.P.R. 9 sett. 1964, n. 735 fu istituito per il decentramento delle funzioni amministrative il Circondario di Pordenone comprendente il territorio soggetto alla giurisdizione del tribunale di Pordenone e quello dei comuni di Cimolais ed Erto-Casso (51 comuni). Non avendo questa soluzione soddisfatto le aspirazioni secessioniste della "Destra Tagliamento", per iniziativa dello stesso Consiglio regionale con l. cost. 1° marzo 1968, n. 171 fu istituita la provincia di Pordenone (2273 km2 e 253.906 ab. nel 1971). Essa si estende nel territorio del preesistente Circondario, con in meno il comune di Forgaria (29,13 km2 e 2187 ab.) che con l. 10 marzo 1969, n. 81 ha ottenuto di essere riassegnato alla provincia di Udine. Con l. 16 giugno 1971, n. 22 nella stessa provincia fu istituito il nuovo comune di Vaiont (1,10 km2 e 968 ab.) per i profughi del comune di Erto-Casso, devastato dalla frana del 9 ott. 1963, mediante la disaggregazione di un lembo del comune di Maniago. In attuazione della l. 3 dic. 1971, n. 1102 "Nuove norme per lo sviluppo della montagna", con l. 4 maggio 1973, n. 29 sono state istituite 10 Comunità Montane (Carnia, Valcanale-Canal del Ferro, Pedemontana del Livenza, Meduna e Cellina, dell'Arzino, Gemonese, Tarcentina, Valli del Natisone, Collio, Carso).

Condizioni demografiche e sociali. - La popolazione residente è diminuita da 1.226.121 ab. nel 1951 a 1.204.298 ab. nel 1961 (- 1,8%) per poi risalire a 1.213.532 ab. nel 1971 (+0,8%). Secondo le risultanze anagrafiche, al 31 dicembre 1975 essa era di 1.244.553 ab., con una densità di 159 ab. per km2. Nel ventennio 1951-71 le quattro province hanno avuto un andamento demografico eterogeneo; gli aumenti sono stati per Gorizia del 6,6%, per Pordenone del 2,4% e per Trieste dell'1,1%, mentre Udine ha avuto una diminuzione del 5,6%.

Il ristagno demografico è dovuto ai modesti saldi attivi del movimento naturale (nel 1975 natalità 11,8‰, mortalità 12,9‰), il cui tasso d'incremento è disceso dal 2,1‰ del 1954 a −1,1‰ del 1975, con situazioni provinciali molto differenziate (nel 1975 a Pordenone 4,0‰, a Gorizia −0,3‰, a Udine −1,5‰ e a Trieste −5,1‰), e agli elevati saldi passivi del movimento migratorio verso l'estero (Svizzera, Rep. Fed. di Germania, Francia, Lussemburgo, Belgio e Canada) e verso l'interno (Veneto, Lombardia, Piemonte). Per effetto di questo andamento demografico la composizione della popolazione denuncia un'accentuazione degl'indici di femminilità (dal 51,1% del 1951 al 52,0% del 1971) e di senilità (dal 9,2% del 1951 al 14,2% del 1971 oltre i 65 anni di età).

Lo spopolamento delle campagne, e in particolare della montagna è continuato con ritmo accelerato, interessando nell'ultimo decennio 163 comuni su 219 (di cui 32 con diminuzioni di oltre il 25%). Nel periodo 1951-71 gli abitanti della montagna sono discesi da 10,8 a 9,9%, quelli della collina da 42,3 a 40,7%, mentre la popolazione di pianura è salita dal 46,8 al 51,4%. L'insediamento urbano ha avuto uno sviluppo piuttosto lento, a causa di un certo ristagno delle attività economiche. Il numero dei centri con più di 5000 abitanti è passato da 15 nel 1951 a 26 nel 1971 per la promozione alla categoria superiore di Porcia, Cervignano, Muggia, Tolmezzo, Codroipo, Villa Opicina (Trieste), Spilimbergo, Gradisca, Palmanova, Tarcento e Manzano. Di questi però solo 5 superano i 25.000 ab.: Trieste, passata da 272.522 a 271.879 (nei limiti del comune, con una diminuzione dello 0,2%), Udine da 72.908 a 100.794 (+ 38,2%), Pordenone da 24.008 a 47.364 (con l'aumento eccezionale del 97,3%), Gorizia da 40.627 a 42.778 (+ 5,3%) e Monfalcone da 24.008 a 29.655 (+ 23,5). Il grado d'istruzione è ulteriormente progredito grazie alla diffusione delle istituzioni scolastiche e culturali, al cui vertice si colloca l'università di Trieste (14.000 iscritti nel 1975), che dal 1968 ha una sede staccata a Udine. A Trieste si è insediato il Centro di fisica teorica dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, a Udine il Centro internazionale di scienze meccaniche.

La consistenza della minoranza slovena nella provincia di Trieste è stata rilevata negli ultimi due censimenti ed è risultata di 25.582 ab. nel 1961 (8,6%) e di 24.706 ab. nel 1971 (8,2%). La presenza complessiva degli Sloveni nella regione è stata valutata nel 1971 di 52.174 ab. (4,3%), di cui 10.533 nella provincia di Gorizia (7,4%) e 16.935 nella provincia di Udine (3,3%).

Il tenore di vita della popolazione è superiore alla media nazionale (nel 1973 reddito netto pro capite di L.1.352.201), ma generalmente inferiore a quello delle altre regioni settentrionali, come risulta dai vari indici di diffusione dei beni di consumo durevole (1 autoveicolo ogni 3,4 ab., ecc.).

Condizioni economiche. - Dopo l'istituzione dell'Ente Regione l'economia è stata indirizzata da due programmi di sviluppo economico e sociale (1966-70,1971-75), per la cui realizzazione il territorio regionale è stato suddiviso in 8 zone socio-economiche (Montana, Pedemontana Occidentale, Collinare Centrale, Pordenonese e Sacilese, Codroipese e Sanvitese, Udinese e Cividalese, Bassa Friulana e Lagunare, Trieste-Monfalcone-Gorizia).

L'aspetto più significativo di tali programmi è la promozione di un'industrializzazione polarizzata attraverso l'istituzione o il potenziamento di alcune zone agevolate: Trieste, Monfalcone, Gorizia, Ausa-Corno, Udine, Pordenone, Ponte Rosso (San Vito al Tagliamento), Maniago, Spilimbergo, Medio Tagliamento (Tolmezzo), Rivoli-Osoppo, Gemona e Cividale. Nel settore agricolo-zootecnico vengono incentivati la ricomposizione fondiaria e la cooperazione (cantine, latterie, stalle, ecc.), la diffusione delle colture pregiate e della pluvirrigazione, la selezione e la produttività del bestiame, il credito agrario. Nel settore artigianale viene perseguito lo sviluppo su basi cooperativistiche dell'artigianato produttivo (coltellinai di Maniago, seggiolai di Manzano, mobilieri di Sutrio, ecc.); nel settore turistico viene promosso il miglioramento delle attrezzature ricettive e la creazione di nuovi poli di sviluppo (Piancavallo, Dolomiti Pesarine, M. Zoncolan, Sella Nevea-M. Canin, M. Matajur). La salvaguardia dei beni ambientali e culturali è stata affidata a un apposito assessorato che ha già istituito 4 parchi o riserve naturali (Fusine nel 1971, Cansiglio Orientale nel 1972, Prescudin nel 1974, Vall'Alba nel 1975) e un apposito Servizio di catalogazione con sede nella villa Manin di Passariano. Al conseguimento degli obiettivi del programma concorrono alcuni enti regionali di recente istituzione, quali la Soc. Finanziaria FRIULIA, la Soc. Finanziaria FRIULIA LIS, l'Ente per lo Sviluppo dell'Agricoltura (ERSA) e l'Ente per lo Sviluppo dell'Artigianato (ESA).

La popolazione attiva (36,3% nel 1971) ha subito nell'ultimo ventennio consistenti variazioni, per la diminuzione degli addetti all'agricoltura (da 28,1% nel 1951 a 9,6% nel 1971) e il corrispondente aumento degli addetti alle attività industriali (da 38,3 a 44,9%) e terziarie (da 33,6 a 45,5%). Le quattro provincie segnalano però situazioni molto difformi.

In rapporto con i nuovi indirizzi di politica economica e in conseguenza dell'esodo rurale, vistose variazioni si riscontrano nell'utilizzazione del suolo: dal 1958 al 1973 sono in diminuzione le colture erbacee avvicendate (da 28,7 a 23,5%) e le colture foraggere permanenti (da 29,2 a 13,2%), mentre sono in aumento le colture legnose agrarie (da 2,0% a 3,3%), e i boschi (da 19,2 a 21,1%) e gl'incolti (da 3,4 a 20,8%); resta invariata la superficie improduttiva (18,1%). Gl'incrementi produttivi riguardano il granoturco (da 2,76 milioni di q nel 1958 a 4,95 nel 1973), la vite (da 1,38 milioni di q di uva a 2,18 e da 895.000 hl di vino a 1,46 milioni) e il settore ortofrutticolo; risultano invece in declino le produzioni di grano (da 1,27 milioni di q a 1,1) di patate, di barbabietola da zucchero, di tabacco, di semi oleosi. I maggiori redditi hanno però continuato a provenire dall'allevamento del bestiame che ha considerevolmente accresciuto la produzione di carni e latticini, malgrado la contrazione del patrimonio zootecnico (bovini da 251.000 a 221.000, ovini da 14.000 a 3000, caprini da 12.000 a 2000, suini da 93.000 a 88.000) equini da 23.000 a 5.000). L'allevamento del baco da seta è ormai in fase di estinzione (da 1.678.000 kg a 84.000).

Le utilizzazioni forestali sono diminuite a causa dell'estensione dei vincoli e della diffusione di eventi calamitosi (incendi, frane, valanghe), passando da 255.000 m3 del 1958 a 198.813 del 1973. Le foreste del Demanio statale sono state trasferite al Demanio regionale. La pesca offre una produzione stazionaria, malgrado l'ammodernamento della flottiglia, gli accordi italo-iugoslavi e l'avvio della pesca oceanica (nel periodo 1960-73 gli sbarchi sono passati da 43.464 t a 44.553 per il pesce, da 30.026 a 26.341 per i molluschi, da 1557 a 1650 per i crostacei).

Le attività industriali hanno registrato fra il 1951 e il 1971 un incremento degli addetti pari al 49,8% (costruzioni e impianti 77,1% e industrie manifatturiere 47,9%). Nel settore minerario, passato al demanio regionale, si segnala la concessione delle miniere di Cave del Predil (piombo, zinco e germanio) all'AMMI (Azienda Mineraria Metallurgica Italiana) che ne ha ammodernato le attrezzature e aumentato la produzione, riducendo però la manodopera. Notevole sviluppo ha avuto l'estrazione del marmo nel Carso e in Carnia. La produzione di energia elettrica ha beneficiato soprattutto dell'installazione di nuove centrali termiche (nel 1965 la supercentrale di Monfalcone di 320 MW), per cui ha potuto progredire da 1385 milioni di kWh nel 1958 a 3676 nel 1973 (per il 70% di origine termica), proveniente in massima parte dagl'impianti dell'ENEL. Nel 1965 la SAICI di Torviscosa ha completato il sistema idroelettrico del Meduna con l'inaugurazione dei serbatoi di Ca'Zul e Ca'Selva e delle centrali di Chievolis e Valina.

Nel settore manifatturiero continuano a prevalere le industrie meccaniche (40,5% degli addetti al settore nel 1971); seguono le industrie dei mobili e arredamenti in legno (11,6%), che hanno avuto particolare incremento nelle zone di Brugnera-Sacile e di Manzano-S. Giovanni al Natisone, le industrie tessili (9,5%) e le industrie alimentari (7,1%). Rispetto al 1951 il maggior incremento nel numero degli addetti si riscontra nelle industrie dei mobili e arredamenti in legno (+ 126,6%), seguite dalle industrie meccaniche (89,9%), dalle lavorazioni di materiali non metalliferi (89,7%), dalla carta e cartotecnica (36,3%), dalle poligrafiche ed editoriali (36,3%) e dalle alimentari (25,9%). Sono invece in declino le industrie tessili (−24,2%) e quelle del vestiario e abbigliamento (−19,2%).

Fra le novità di maggior rilievo si segnalano: nel settore metallurgico il passaggio dell'ILVA di Trieste all'ITALSIDER (1961) e la conseguente specializzazione dello stabilimento nella produzione di ghisa e lingottiere; nel settore meccanico il riassetto dell'industria cantieristica con la collocazione a Trieste della sede dell'ITALCANTIERI (1966), la chiusura del del cantiere S. Marco e il potenziamento del cantiere di Monfalcone con la costruzione di uno scalo-bacino gigante per navi fino a 300.000 t, l'insediamento nella zona industriale della Grandi motori IRI-FIAT, con una capacità annua di 600.000 HP, e la conseguente smobilitazione della Fabbrica macchine di S. Andrea, inoltre il potenziamento delle Officine elettromeccaniche di Monfalcone (rese autonome nel 1961), l'affidamento della SAFOG di Gorizia all'Ansaldo S. Giorgio di Genova e la costituzione a Pordenone nel 1967 del Gruppo ZANUSSI (con 11 stabilimenti in Italia di cui 5 nell'area pordenonese per oltre 20.000 dipendenti); nel settore chimico il rilevamento a Trieste della raffineria Aquila da parte della TOTAL e la chiusura della raffineria della ESSO standard, il potenziamento degl'impianti della SAICI di Torviscosa con l'inizio della produzione del caprolattame (1963), la chiusura dello stabilimento Solvay di Monfalcone; nel settore cartario il potenziamento delle cartiere di Tolmezzo e l'apertura di nuovi stabilimenti nelle zone industriali di Gorizia e del Ponte Rosso (Cartaria Tagliamento); nel settore della lavorazione dei minerali non metalliferi l'apertura di nuovi stabilimenti per la ceramica sanitaria a Orcenico di Zoppola (SCALA) e a Fiume Veneto (ILCAS) e di uno stabilimento per la produzione di vetro piano (Vetrobel) nella zona industriale di Trieste, che nel 1975 ha cessato l'attività; nel settore del cuoio e delle pelli il grande sviluppo della conceria di Zugliano (Pozzuolo del Friuli).

Commercio, comunicazioni e turismo. - Gli addetti alle attività terziarie sono aumentati dal 1951 al 1971 del 37,9% e si concentrano per il 62% nel settore del commercio, che è molto attivo anche grazie allo sviluppo dei piccoli traffici di frontiera con la Iugoslavia e con l'Austria. Alle fiere campionarie di Trieste e di Pordenone si sono aggiunte le mostre di Udine (Casa Moderna, Macchine Agricole, nel nuovo comprensorio del Cormor) e di Gorizia (ESPOMEGO). Per i traffici internazionali su strada è stato inaugurato il Centro doganale al valico di Coccau (1975), sul confine austriaco, mentre due grandi autoporti sono in costruzione sul confine iugoslavo a Gorizia e a Fernetti (Trieste). Il sistema delle comunicazioni si è arricchito di una rete autostradale di 90 km, costituita dalla A 4 (Trieste-Udine-Palmanova-Venezia, i cui tronchi sono stati inaugurati fra il 1966 e il 1970) e dalla A 28 (Portogruaro-Pordenone, di km 25, aperti al traffico fra il 1972 e il 1975). È in corso di costruzione il tronco Udine-Carnia dell'Autostrada Udine-Tarvisio (circa 100 km), che raccorderà la rete italiana con quella austriaca, mentre sono in progetto i tronchi Villesse-Gorizia e Sistiana-Fernetti per il raccordo con le autostrade iugoslave in corso di costruzione. Le strade statali si sono raddoppiate (da 528 km del 1958 a 1109 del 1973), grazie alla statalizzazione di molte strade provinciali; le strade provinciali si sono triplicate (da 512 a 1837 km), in seguito alla promozione di numerose strade comunali, la cui lunghezza è pertanto sensibilmente diminuita (da 4588 a 2677 km). Nello stesso periodo gli autoveicoli immatricolati nella regione sono saliti da 51.098 a 340.379 (di cui 318.131 autovetture). È in progetto il traforo di M. Croce Carnico (3 km) per il miglioramento dei collegamenti stradali con l'Austria, allo scopo di rendere possibile il transito durante tutto l'anno.

La rete ferroviaria ha subito notevoli miglioramenti (raddoppio del tronco Quarto d'Altino-Cervignano, potenziamento della Pontebbana, nuovo scalo merci di Pontebba, nuove stazioni di Trieste e di Villa Opicina, ecc.), ma ha diminuito la sua lunghezza per la soppressione di alcuni "rami secchi" (da 591 km nel 1958 a 525 del 1973, di cui 325 elettrificati contro 220 nel 1958). Nellg navigazione interna è in corso di approfondimento (fino a 12 m) il canale di 3,3 km da Porto Buso (Grado) alla zona industriale dell'Ausa-Corno.

Il porto di Trieste si è avvantaggiato per la costruzione degli oleodotti che lo collegano alla Baviera (Trans Alp Pipeline, 1968) e all'Austria (Adria-Wien, 1970), ma ha subito i contraccolpi per la chiusura del Canale di Suez (dal 1967 al 1975) e per la crisi petrolifera (1973).

Nel 1967 è stato istituito l'Ente autonomo del Porto, che ha rilevato l'Azienda dei magazzini generali e ha promosso un generale rinnovamento delle attrezzature, con particolare riguardo al completamento del molo VII (containers). Il movimento commerciale è salito dalle 4.100.000 t nel 1959 (8° porto italiano) alle 38.159.402 del 1973 (3° porto italiano dopo Genova e Augusta). Gli sbarchi rappresentavano il 93,3% e gli oli minerali l'88,2% del movimento complessivo; nel 1974 in seguito ai minori sbarchi di oli minerali esso è però disceso a 34.161.365 tonnellate. L'Ente regione ha elaborato un programma per un sistema portuale integrato da Muggia al Tagliamento, fondato su una ripartizione delle funzioni fra i porti di Trieste, Monfalcone (1.030.071 t nel 1973, per il 97,2% sbarchi di legname, oli minerali e carboni), Torviscosa e Porto Nogaro.

I trasporti aerei fanno capo dal 1961 all'Aeroporto Giuliano di Ronchi dei Legionari, che è ormai inserito nella rete delle linee aeree nazionali e partecipa ai traffici internazionali con la linea TriesteVienna e numerosi voli charters. Il movimento aeroportuale ha raggiunto nel 1973 i 6406 aeromobili, i 198.818 passeggeri e le 570 t di merci e posta.

Il movimento turistico ha fatto grandi progressi, grazie soprattutto allo sviluppo delle stazioni balneari di Lignano (75.916 posti letto nel 1973) e di Grado (20.455 posti letto). Gli arrivi sono saliti da 593.000 (di cui 37,9% stranieri) nel 1959 a 1.358.462 (di cui 36,0% stranieri) nel 1973; le presenze da 4.067.000 (di cui 36,4% straniere) a 10.777.307 (di cui 33,9% straniere). La stazione di Lignano ha toccato nel 1973 il primato di 6.061.000 presenze, che la pone ai primi posti fra le spiagge adriatiche.

Il terremoto del 1976. - Il 6 maggio 1976 il F. è stato colpito da un disastroso terremoto, che ha avuto forti repliche l'11 e il 15 settembre. L'area sinistrata è molto vasta e include tutta l'area alpina, prealpina e collinare. Si sono avuti quasi 1000 morti e oltre 2000 feriti. Dopo una prima sistemazione nelle tendopoli, a seguito delle repliche sismiche di settembre, la popolazione rimasta senza tetto è stata sfollata nelle stazioni balneari del litorale, in attesa che nei paesi di origine venissero messi in opera ricoveri temporanei prefabbricati. In due riprese il governo ha nominato un Commissario straordinario per le zone terremotate, con pieni poteri per gl'interventi di emergenza. Con d.P.R. giunta regionale 9 dic. 1976, n. 2286, è stata definitivamente delimitata, agli effetti delle provvidenze legislative, l'area sinistrata, che comprende 136 comuni (98 in prov. di Udine, 35 in prov. di Pordenone e 3 in prov. di Gorizia) per una superficie complessiva di 4800 km2 e una popolazione di circa mezzo milione di abitanti. Di questi comuni 45 sono stati classificati come "disastrati", 39 come "gravemente danneggiati" e 52 come "danneggiati". Fra le cittadine particolarmente colpite si segnalano Gemona, Venzone, Osoppo, Tarcento e San Daniele. I danni riguardano non solo il patrimonio edilizio, inclusi numerosi edifici monumentali d'interesse storico-artistico, ma anche le strutture economiche, e sono stati valutati in prima approssimazione fra i 4000 e i 4500 miliardi di lire.

Archeologia. - V. veneto, Archeologia, in questa Appendice.

Bibl.: G. Bonifacio, Struttura dell'industria triestina, Udine 1959; G. Ferrari, Il Friuli - La popolazione dalla conquista veneta ad oggi, ivi 1963; G. Mattioni, L'evoluzione demografica della provincia di Udine, Milano 1963; Autori vari, L'industria nella provincia di Udine, ivi 1964; G. Molina, L'artigianato nel F.V.G., Roma 1964; N. Parmeggiani, Aspetti strutturali e tendenze evolutive dell'agricoltura friulana, Milano 1964; G. Cameri, Caratteri geografici delle utilizzazioni idroelettriche nel F.V.G., Udine 1967; Autori vari, Pordenone - storia, arte, cultura e sviluppo economico delle terre tra il Livenza e il Tagliamento, Pordenone 1969; Autori vari, Un programma per il Friuli-Venezia Giulia (Studi e ricerche promossi dalla Reg. F.V.G. per il Programma di sviluppo economico e sociale), Milano 1969-70 (9 voll.); A. Pecora, Memoria illustrativa della carta dell'utilizzazione del suolo nel F.V.G., Roma 1970; G. Valussi, Friuli-Venezia Giulia, Torino 19712; id., Le direttrici dello sviluppo economico nel F.V.G., Roma 1972; Br. Prost, Frioul, région d'affrontements, Gap 1973; Autori vari, Enciclopedia Monografica del Friuli-Venezia Giulia, vol. I - Il Paese (2 tomi), Udine 1971; vol. II - La vita economica (2 tomi) ivi 1972-74; G. Valussi, Gli Sloveni in Italia, Trieste 1974; id., La funzione internazionale del confine italo-iugoslavo, ivi 1974.

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