MARGOLA, Franco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARGOLA, Franco.

Gianluigi Mattietti

– Nacque a Orzinuovi, nel Bresciano, il 30 ott. 1908 da Alfredo, cancelliere di tribunale, e Caterina Guerrini. Frequentò l’istituto musicale C.A. Venturi di Brescia, dove studiò armonia e contrappunto con I. Capitanio, e si diplomò in violino sotto la guida di R. Romanini nel 1926. L’anno seguente entrò al conservatorio di Parma per studiare composizione, prima con G. Guerrini, poi con C. Jachino e infine sotto la guida di A. Longo, col quale si diplomò nel 1933. Parallelamente frequentò il liceo, conseguendo una buona formazione umanistica che gli consentì di insegnare storia della musica, dal 1936 al 1939, presso l’istituto musicale di Brescia. In quella stessa scuola fondò anche un’orchestra d’archi, che debuttò al teatro Grande di Brescia il 4 nov. 1938, con un concerto nel quale si esibì anche l’allora diciottenne A. Benedetti Michelangeli.

Nel 1939 il M. fu nominato direttore e docente di armonia e contrappunto presso il liceo musicale di Messina e nel 1941 fu chiamato, per chiara fama, a insegnare composizione al conservatorio di Cagliari, dove mantenne nominalmente l’impegno per otto anni, anche se tra il 1943 e il 1945 fu lontano dalla Sardegna. Durante un rastrellamento compiuto dai Tedeschi a Brescia nel luglio del 1944 fu fatto prigioniero e deportato a Mühldorf am Inn in Germania. Rientrato in Italia, insegnò per un anno armonia complementare al conservatorio di Parma; quindi, trasferitosi da Cagliari, andò a insegnare armonia e contrappunto al conservatorio di Bologna (1950-52), per poi ottenere la cattedra di composizione in quello di Milano (1952-57) e all’Accademia di S. Cecilia di Roma (1957-59). Nel 1960 fece ritorno a Cagliari, dove aveva vinto il concorso come direttore del conservatorio, e dal 1963 al 1975 fu insegnante di alta composizione al conservatorio di Parma.

Il M. morì a Nave, presso Brescia, il 9 marzo 1992.

Le sue prime composizioni risalgono al periodo degli studi e mostrano, accanto all’influenza di I. Pizzetti, già una spiccata personalità: nella vividezza descrittiva del Campiello delle streghe, pezzo per orchestra del 1930 premiato al concorso della Camerata musicale di Napoli; nell’originale sintesi di elementi modali e contrappuntistici del quintetto per pianoforte e archi (1933); nella chiarezza del disegno melodico che caratterizza la Preghiera d’un clefta, lirica per canto e pianoforte (su testo di ignoto greco nella traduzione di N. Tommaseo) che il M. mostrò ad A. Casella nel 1933. Quest’ultimo riconobbe subito il talento del giovane compositore e lo spinse a scrivere un trio per pianoforte e archi (1935) che vinse il premio Rispoli di Napoli, entrò nel repertorio del Trio italiano e fu eseguito al festival di Venezia nel 1936. Così, subito dopo il suo diploma di composizione, il M. si trovò proiettato sulla scena nazionale, apprezzato dalla critica per la fantasia inventiva unita a un nitido tematismo e a una grande solidità della scrittura strumentale, come dimostrò nel Trittico per orchestra d’archi del 1937. L’influenza di Casella portò presto il M. a esplorare nuove strade, ma sempre nel rispetto della tradizione: per esempio nei quartetti per archi n. 3, n. 4 e n. 5, composti tra il 1937 e il 1939, che mostrano un tentativo di fondere insieme elementi modali e cromatici e valsero al M. importanti riconoscimenti. A coronamento di questo fecondo decennio il M. compose l’opera Il mito di Caino, che fu rappresentata il 29 sett. 1940 al teatro Donizetti di Bergamo, sotto la direzione di G. Gavazzeni, col quale il M. era in rapporti di amicizia.

Atto unico su libretto di E. Ziletti, l’opera ripercorre la vicenda biblica di Caino e Abele, con una forma a metà strada tra opera e oratorio, priva di un vero e proprio sviluppo narrativo. La figura tormentata di Caino e le sue inquietudini interiori si riflettono in un’atmosfera musicale cupa e austera, data da uno stile vocale sillabico, e un’armonizzazione molto densa, con venature modali che conferiscono all’opera un sapore arcaico e pastorale.

Il successo del Mito di Caino incoraggiò il M. alla composizione di una seconda opera, Titone, ancora su versi di Ziletti: il M. compose due dei tre atti previsti tra il 1940 e il 1942, ma la partitura andò perduta per l’affondamento della nave che trasportava i suoi bagagli in Sardegna. In quegli anni videro la luce altre importanti composizioni strumentali, come Notturno e fuga per orchestra d’archi del 1940, il celebre concerto per pianoforte del 1943, dedicato a Benedetti Michelangeli, grande estimatore della musica del M., la Sinfonia delle isole per orchestra d’archi, composta tra Messina e Cagliari tra il 1940 e il 1946, il trio per archi (1947), premiato nel concorso indetto dal ministero della Pubblica Istruzione.

In questi pezzi il M. riafferma il proprio rispetto per la forma classica, per la scrittura polifonica, per il costruttivismo derivato dalla musica italiana del Sei e Settecento, per i valori plastici e la cantabilità dei temi, sperimentando anche soluzioni accordali nuove, per esempio accordi per quarte e per quinte, ma senza mai oltrepassare i confini della tonalità.

Negli anni Cinquanta osò maggiormente, tentando una sintesi tra il suo linguaggio e un libero impiego della tecnica dodecafonica. Già il Concerto di Oschiri (1950) per due pianoforti e orchestra, che il M. considerava una fra le sue opere più importanti, mostra una texture densamente cromatica piena di ambiguità tonali. Elementi dodecafonici compaiono anche nel Kinderkonzert per pianoforte e orchestra del 1954, che conserva tuttavia una struttura tonale e un eloquio leggero e spigliato; nella Partita per orchestra d’archi (1955) la tendenza alla saturazione cromatica si coniuga a una costruzione basata più sulla giustapposizione che sugli sviluppi delle idee tematiche. I Tre pezzi per flauto e pianoforte del 1957, d’impianto dodecafonico, presentano anche una forma aforistica, quasi weberniana, mentre nel concerto per archi eseguito alla Biennale di Venezia nel 1958 il M. sembra sperimentare una struttura formale che procede per germinazioni a catena.

I Tre epigrammi greci per soprano (o violino), corno e pianoforte (1959), con la loro trasparenza armonica e il gusto spoglio e arcaizzante dei temi, segnano la fine di questa fase di ricerca e il ritorno a un linguaggio di stampo neoclassico. E ancora più esplicitamente, nel 1960, il Doppio concerto per violino, pianoforte e orchestra d’archi rappresentò per il M. una presa di coscienza della sua distanza «morale» dal mondo della dodecafonia e la riscoperta di un «artigianato silenzioso», fatto di solide architetture formali e di un fine lavoro di cesello contrappuntistico. Riemergeranno in alcune composizioni temi dodecafonici, ma inquadrati in trasparenti strutture tonali, come nella Passacaglia per orchestra d’archi (1962), che suscitò anche l’interesse di G. Petrassi, o nel Teorema armonico per orchestra (1971), caratterizzato da una grande tensione lirica e da movenze di danza che echeggiano G. Mahler.

Nella sua ultima fase creativa, l’interesse del M. si concentra sulla musica da camera, sulle piccole forme, sui pezzi solistici o per insolite formazioni strumentali (come Introduzione e danza per bassotuba e pianoforte, 1975; Tre duettini concertanti per fagotto e controfagotto, 1977; Contrasti per flauto e contrabbasso, 1983; le due curiose sonate pianistiche per due mani destre, 1968 e 1982), e soprattutto sulla chitarra (per le sollecitazioni di amici chitarristi come R. Cabassi ed E. Tagliavini) sia come strumento solista, sia in combinazioni cameristiche con altri strumenti, a partire dai Quattro episodi per flauto e chitarra del 1969. Nella vastissima produzione del M. (un catalogo che comprende di più di 800 composizioni, di cui 340 per chitarra) i lavori dell’ultimo periodo appaiono improntati alla ricerca della semplicità e della concisione e caratterizzati da una elegante scrittura contrappuntistica e da una grande vivacità ritmica.

Il M. ebbe tra i suoi allievi compositori come C. Togni, N. Castiglioni, G. Facchinetti; scrisse numerose composizioni didattiche, soprattutto per il pianoforte (come le Sei sonatine facili del 1955 e i 15 pezzi facili per giovani pianisti del 1970), nonché alcuni manuali per lo studio dell’armonia e della composizione che sono ancora utilizzati nella didattica dei conservatori.

Oltre quelle citate in precedenza si segnalano le seguenti composizioni (per le indicazioni sulla loro pubblicazione si veda il catalogo delle opere curato da O. De Carli): Il segno sulla fronte, operina in due atti, inedita e mai rappresentata (1960-73). Per orchestra: Espressioni eroiche (1933); Arioso per orchestra d’archi (1939); concerto per orchestra da camera (1947); Ode italica (1948); Rapsodia sarda (1948), concerto per violoncello e orchestra (1949); tre sinfonie (1950; 1961; 1975); Fantasia su tema amarico per due trombe, pianoforte e archi (1951); Kinderkonzert, per violino e orchestra (1955); Fantasia per violoncello e orchestra d’archi (1957); Concerto «per la candida pace» per voce recitante e grande orchestra, su testo di Tibullo (1960); concerto per corno (1960); Piccolo concerto per oboe e orchestra (1962); Partita a tre per orchestra d’archi (1963); Variazioni sopra un tema giocoso per orchestra d’archi (1965); Passacaglia per pianoforte, archi e percussione (1967); Sei madrigali per orchestra d’archi (1971); suite per clarinetto e orchestra d’archi (1973); Concerto breve per chitarra e orchestra d’archi (1975); concerto per fagotto e orchestra (1977); Concerto dell’alba per violino e orchestra d’archi (1982); Secondo concerto per chitarra e orchestra d’archi (1983). Musica da camera: due quintetti per pianoforte e archi (1933; 1946); tre sonate per violoncello e pianoforte (1931-45); cinque sonate per violino e pianoforte (1932-59); otto quartetti per archi (1935-50); due Preludi per pianoforte (1938; 1940); Berceuse per pianoforte (1939); Sonatina per pianoforte (1942); trio per archi (1947); La Ginevrina, fantasia per due pianoforti (1951); Partita per due violini (1951); Quattro sonatine per pianoforte (1956); cinque sonate, per pianoforte (1956-82); Sonatina a sei per fiati e pianoforte (1961); Partita per quintetto d’archi (1972); cinque sonate per chitarra (1972-80); La longobarda per flauto, oboe e pianoforte (1976); Omaggio a De Falla per chitarra (1976); due sonate per tre chitarre (1977; 1978); sonata per flauto e pianoforte (1978); Contrappunti per tre chitarre (1978); La Manigolda, tre movimenti per ottoni (1979); La Brescianella, suite per chitarra (1981); Fantasia per sei tromboni e tuba (1981); sonata per mandolino e chitarra (1982); Grande sonata per flauto e chitarra (1982); Bonsai suite per chitarra (1985).

Scritti: Punto morto. La critica, il pubblico e la musica, in Il Popolo di Brescia, 9 nov. 1937; Isidoro Capitanio, in Commentari dell’Ateneo di Brescia per il 1943, Brescia 1945, pp. 159-178; Metodo pratico per l’armonizzazione del basso senza numeri, Padova 1946; A. Casella, in L’Unione sarda, 6 apr. 1947; Anafilassi musicale, in Adamo, 20 genn. 1948; Autori allo specchio: F. M. il compositore, in Arcobaleno, 16 maggio 1948; 150 bassi, corredati di esempi e regole per l’armonizzazione del basso, Milano 1952; Guida pratica per lo studio della composizione, ibid. 1954; Primi elementi per lo studio dell’armonia complementare, ibid. 1979.

Fonti e Bibl.: A. Gatta, Un musicista: F. M., in Brescia, X (1937), 2, pp. 38-44; V. Brunelli, F. M., in Riv. musicale italiana, LII (1950), 4, pp. 349-368; G. Ugolini, F. M., in Biesse, III (1963), 22, pp. 31 s.; V. Brunelli, La musica in Brescia dal 1900 ai nostri giorni, in Il Bruttanome, II (1963), 3, pp. 345-368; G. Ugolini, F. M., ibid., pp. 467-476; R. Zanetti - V. Pappalardo - M. Conter, L’istituto musicale Venturi 1866-1966. Studi e appunti, Brescia 1967, ad nomen; T. Monti, Profilo di F. M., in Risveglio delle lettere della cultura e dell’istruzione, XIX (1967), 2, p. 15; R. Zanetti, Un secolo di musica a Brescia, Milano 1970, ad ind.; V. Tolasi, F. M., in Id., Fatti e personaggi nella storia di Orzinuovi, Brescia 1975, pp. 345-351; M.T. Rosa Barezzani, F. M. e le composizioni per giovani pianisti, in Brixia sacra, XVIII (1983), 1-2, pp. 15-19; R. Carugati, F. M.: ottant’anni di musica, in Civiltà musicale, III (1989), 2, pp. 53-57; Id., F. M., in Brescia musica, VII (1992), 31, p. 2; G.N. Vetro, Ricordo di F. M., in Strumenti e musica, XLIV (1992), 6, p. 60; G.P. Minardi, M., voce serena, in Gazzetta di Parma, 13 marzo 1992, p. 15; L. Fertonani, M., una lezione infinita, in Bresciaoggi, 12 marzo 1992, p. 28; G.N. Vetro, In memoriam: F. M., in Nuova Riv. musicale italiana, XXVI (1992), 3-4, pp. 653 s.; O. De Carli, F. M.: catalogo delle opere, Brescia 1993; G. Gerbino, Una sorvegliata modernità, in Brescia musica, VIII (1993), 37, pp. 4 s.; F. Conter, Alla ricerca delle opere di F. M., in Giorn. di Brescia, 14 marzo 1994, p. 3; R. Cresti, Linguaggio musicale di F. M., Milano 1994; F. De Girolamo, Sei corde per sei compositori, in Seicorde, IX (1994), 48, pp. 12-18; L. Fertonani, M. genio di casa, in Bresciaoggi, 5 genn. 1994, p. 7; O. De Carli, F. M.: il musicista e la sua opera, Brescia 1995; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 849 s.

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