ZANTEDESCHI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZANTEDESCHI, Francesco.

Marco Ciardi

Nacque a Dolcé, un paesino della val Lagarina, in provincia di Verona, il 18 agosto 1797 da Bartolomeo e Domenica Loro.

A causa delle difficoltà economiche della famiglia, entrò nel seminario vescovile di Verona. Qui ricevette una istruzione completa, sia nelle discipline umanistiche che in quelle scientifiche, in particolar modo la matematica e la fisica. Presso l'Imperiale e regio liceo vicino al seminario, tra l'altro, insegnava in quel periodo l'abate Giuseppe Zamboni, noto per l'invenzione della pila a secco. Naturalmente Zantedeschi si dedicò anche alla teologia, sostenendo una «pubblica difesa di settantacinque tesi risguardanti le questioni le più gravi dell'Episcopato e della Santa Sede Romana» (Cenni, 1856, p. 4). Dopo essere stato ordinato sacerdote nel marzo del 1822, iniziò a insegnare fisica e storia naturale presso il liceo Bagatta di Desenzano del Garda. In quel periodo effettuò una serie di studi sulla geologia del lago, evidenziando una vasta gamma di interessi. Dopo un anno trascorso alla curia vescovile di Mantova, nel 1827 si trasferì a Pavia per insegnare matematica e fisica nel locale seminario vescovile. Qui ebbe modo di frequentare l'ambiente universitario, assistendo a numerose lezioni, in particolare quelle del fisico Pietro Configliachi, grazie alle quali sviluppò l'interesse per i fenomeni elettrici e magnetici, oggetto delle sue prime pubblicazioni sulla Bibliothèque universelle di Ginevra e sulla Biblioteca italiana (Zantedeschi, 1829 e 1849).

Nel 1829 venne inviato a insegnare filosofia teoretica e pratica presso il seminario vescovile di Verona. Pur dedicando parte del tempo a produrre pubblicazioni nel settore che era oggetto del suo insegnamento (subendo l'influenza di Antonio Rosmini), proseguì gli studi scientifici, grazie alla collaborazione instaurata proprio con Giuseppe Zamboni. Oltre a lavorare sulle proprietà dei magneti, avviò un sistematico studio dei fenomeni meteorologici.

Zantedeschi si poneva in linea con la tradizione di filosofia naturale settecentesca, avente come obiettivo lo studio della correlazione tra le forze, piuttosto che la definizione di ambiti specifici settoriali. Inoltre, ispirandosi all'opera di Ambrogio Fusinieri, egli rifiutava la visione atomistica della materia, la concezione dei fluidi imponderabili e l’uso eccessivo di trattazioni quantitative in ambito scientifico (Fusinieri, 1835). In seguito scrisse nel suo Trattato di fisica elementare: «In questo trattato alcune opinioni non sono adottate, come quella degli atomi comunemente ammessa nelle scuole, dei fluidi imponderabili e del fuoco: esse solo vengono scientificamente ricordate; non amore di singolarità mi ha condotto, ma un bisogno della scienza; le nuove scoperte mi han fatto vedere, ch’esse sono o mal fondate, o contrarie ai fatti, che le più recenti esperienze ci disvelarono» (Zantedeschi, 1843, pp. IV s).

Nel 1834 Zantedeschi venne trasferito presso il regio liceo imperiale di Brescia, del cui Ateneo era già 'socio d'onore' da tre anni, ricevendo anche un riconoscimento per i suoi studi sull'elettricità e il magnetismo. A Brescia strinse amicizia con il poeta Cesare Arici, segretario dell’Università, il quale insegnava eloquenza e storia al liceo. Nel 1836 fu imposto a Zantedeschi un nuovo cambio di sede, sempre per insegnare filosofia. Per due anni fu così assegnato all'imperiale e regio liceo Porta Nuova di Milano, dove rimase fino al 1838, quando poté finalmente ritornare all'insegnamento delle scienze.

Ottenne, infatti, una cattedra di fisica e matematica al regio liceo S. Caterina di Venezia, dove succedette a Stefano Marianini. Poco tempo dopo gli venne assegnata una seconda cattedra, quella di storia naturale, unitamente alla direzione dell’orto botanico del liceo. Nel 1839 fu tra i membri del rinnovato Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, della cui attività fu in seguito uno dei protagonisti.

Assai incline alla polemica, si trovò spesso coinvolto in controversie con colleghi più o meno famosi, ad esempio Michael Faraday (Bellone, 1988), da lui accusati di non avergli riconosciuto la priorità di una determinata scoperta. Anche per questo motivo, non godette di grande credito nell’ambito delle Riunioni degli scienziati italiani. In occasione del primo incontro, tenutosi a Pisa nel settembre del 1839, Zantedeschi presentò una poco convincente relazione sulle leggi fondamentali dell’elettromagnetismo, che non solo costrinse Luigi Configliachi, in qualità di presidente della sezione, a consigliare l’assemblea di «astenersi dalle letture troppo lunghe o relative a fatti noti alla generalità degli uditori», ma anche a qualificare le sue analisi come «note ed evidenti deduzioni delle dottrine ricevute nelle scuole». Dal canto suo Zantedeschi si rifiutò di procedere a una ripetizione degli esperimenti proposti (atteggiamento scarsamente apprezzato dagli altri scienziati – oggi verrebbe definito pseudoscientifico), adducendo come motivazione che ognuno avrebbe potuto giudicare «a suo talento» la comunicazione da lui presentata (Atti, 1839, pp. 13, 24).

Nel 1847 la situazione non era migliorata, come si evince da una lettera inviata da Macedonio Melloni a Ottaviano Fabrizio Mossotti il 5 gennaio, nella quale egli faceva riferimento ad un suo lavoro (Melloni, 1847) sulla teoria dell'origine della rugiada proposta da William Charles Wells: «Vedrete pure esposte in questo lavoro (colla dovuta chiarezza e dignità) le tante sciocchezze sostenute dai Fusinieri, Zantedeschi e compagnia, la cui riverita ditta non sarà mai pronunciata. In somma io spero di persuadere voi, Matteucci, ed altri ingegni elevati e nutriti di buoni studi, ma anche le teste dotate di senso comune le quali sanno i primi elementi di fisica. Non ne risulta perciò, come ben capite, che le teste preparate a modo della compagnia Zantedeschi o Fusinieri debbano riuscire soddisfatte. Ma pazienza!» (Melloni, 1994, p. 405). Secondo Wells (idea che era condivisa da Melloni) la rugiada era dovuta al raffreddamento dei corpi per irraggiamento. Fusinieri e Zantedeschi ritenevano, al contrario, che il fenomeno dovesse essere attribuito alla evaporazione notturna del terreno. Qualche mese più tardi, il 17 settembre, alla Riunione degli scienziati italiani di Venezia Zantedeschi lesse, nell'ambito della sezione di chimica, una memoria dal titolo Della fisica costituzione dei corpi e in particolare della materia ponderabile allo stato raggiante con alcune considerazioni sullo stato allotropico dei corpi, nella quale tornava a riproporre i principi fondamentali della teoria di Fusinieri. L'intervento passò del tutto inosservato.

Nel luglio del 1849, a seguito della morte di Antonio Perego, Zantedeschi venne chiamato a ricoprire la cattedra di fisica sperimentale presso l’Università di Padova, inizialmente con il titolo di professore provvisorio. Nello stesso anno conseguì a Padova la laurea in filosofia, che era condizione necessaria per ottenere effettivamente il ruolo. Il suo periodo padovano fu caratterizzato da una particolare attenzione per la conservazione degli strumenti del gabinetto di fisica, di cui assunse la direzione. Si recò anche spesso all'estero, per acquistare nuovi apparecchi con i quali arricchire il laboratorio dell'Ateneo. Si interessò molto anche allo sviluppo di due nuove tecnologie, quella telegrafica e quella fotografica. Nel 1855, di ritorno da un viaggio che lo aveva condotto sino a Parigi, manifestò i primi sintomi di una malattia che lo condusse alla cecità. Nel 1857 fu così costretto ad abbandonare la cattedra universitaria, ma continuò a lavorare, grazie all'aiuto di alcuni assistenti.

Morì a Padova il 29 marzo 1873.

Zantedeschi è stato socio di numerose accademie e società scientifiche, tra cui l'Accademia delle scienze di Torino dal 1837 e l'Accademia dei Lincei dal 1849.

Opere

Dell'influenza magnetizzante del raggio violetto; Esperienze sulle variazioni alle quali soggiacciono le calamite esposte alla luce solare; Nota sull'influenza reciproca del magnetisimo e delle azioni chimiche, in Bibliothèque universelle, 1829, vol. 41, p. 64, vol. 42, p. 43; Elementi di logica, Verona 1833; Elementi di psicologia empirica, Verona 1834; Elementi di logica e metafisica, Verona 1834; Elementi di filosofia morale, Verona 1834; Memoria sulle leggi fondamentali che governano l'elettro-magnetismo, Verona 1839; Trattato di fisica elementare, Venezia, 4 voll., 1843-1846; Della fisica costituzione dei corpi e in particolare della materia ponderabile allo stato raggiante con alcune considerazioni sullo stato allotropico dei corpi, 1847, ms. presso l'Archivio del Museo Galileo di Firenze; Elenco delle principali opere scientifiche di F. Z., Venezia 1849; La fisica a Padova nell'800. Vita e opere di F. Z., a cura di G. Colombini, Padova 1989.

Fonti e bibliografia

Lettera di Cesare Arici a F. Z., 26 settembre 1834, in C. Arici, Opere, IV, Padova 1858, p. 416; A. Fusinieri, Riflessioni generali contro la teoria degli atomi e contro quella degli imponderabili, in Annali delle scienze del Regno lombardo-veneto, V (1835), pp. 149-153; Atti della Prima riunione degli scienziati italiani, Pisa 1840, pp. 9, 13 s., 20 s.; M. Melloni, Memoria sull’abbassamento di temperatura prodotto alla superficie terrestre, in Rendiconti della Reale Accademia delle scienze di Napoli, VI (1847), pp. 83-106; Cenni biografici di F. Z. estratti dalla Galleria dei naturalisti pubblicata da Lenoir in Vienna nel 1856, Torino 1856; F. Rossetti, In morte del cavalier F. Z. Discorso letto nella chiesa di S. Nicolò, Padova 1873;  E. Bellone, Michael Faraday, in Storia della scienza, diretta da P. Rossi, II, t. I, Torino 1988, p. 485; M. Melloni, Carteggio (1819-1854), a cura di E. Schettino, Firenze 1994, p. 405; G. Colombini, L'abate F. Z. fisico-sperimentatore, in Padova e il suo territorio, LXI (1996), pp. 28 s.; M. Tinazzi, F. Z.: manoscritti e lettere veronesi, in Atti del XVIII Congresso nazionale di storia della fisica e dell'astronomia, a cura di P. Tucci, Milano 1999, pp. 1-15; M. Ciardi, La chimica nelle Riunioni degli scienziati Italiani di Padova (1842) e Venezia (1847): tradizioni di ricerca a confronto, in La chimica e le tecnologie chimiche nel Veneto dell’800, Atti del settimo Seminario di storia delle scienze e delle tecniche nell’Ottocento veneto, ...1998, Venezia 2001, pp. 131 -149; Id., Reazioni tricolori. Aspetti della chimica italiana nell'età del Risorgimento, Milano 2010, pp. 114 s.

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