Sansovino, Francesco

Enciclopedia machiavelliana (2014)

Sansovino, Francesco

Francesco Ronco

Nacque a Roma nel 1521, dallo scultore Iacopo Tatti detto il Sansovino, mentre l’identità della madre resta ignota (Bonora 1994, p. 16). Dopo il sacco di Roma (1527), si trasferì a Venezia con il padre, che lo indirizzò agli studi giuridici. Coltivò nel contempo interessi filosofici – che si concretizzarono più tardi in un volgarizzamento del De anima aristotelico (1551) – e frequentazioni letterarie. Nell’Accademia degli Infiammati S. ebbe modo di conoscere Sperone Speroni e Pietro Aretino, oltre che di rinsaldare i rapporti con professori dello Studio padovano come Bernardino Tomitanoe Lazzaro Bonamico. È in questo contesto che S. scrisse un dialogo di argomento giuridico (il Dialogo della pratica della ragione, scritto negli anni 1538-42) in cui M. compare come interlocutore al fianco di Bartolo da Sassoferrato (Scarpa 1980; Sartorello 2010). Trasferitosi a Bologna, l’8 marzo 1543 ottenne l’approvazione dal Collegio dei giuristi. Dalla metà degli anni Quaranta, tornato a Venezia, si dedicò invece a edizioni di testi, preferendo alla carriera giuridica la professione di letterato, a contatto con il fervido mondo delle stamperie della Serenissima (Di Filippo Bareggi 1988). Dal 1560 aprì una propria bottega all’insegna della ‘luna crescente’ (Bonora 1994, p. 63) e seppe negli anni successivi adattarsi ai mutamenti del mercato editoriale veneziano, adeguandosi ai gusti di un pubblico sempre più interessato all’attualità (da ricordare è in tal senso il suo contributo alla fiorente letteratura turchesca, soprattutto tra i primi anni Sessanta e la battaglia di Lepanto del 1571). S. proseguì il suo lavoro nella Serenissima fino alla morte, avvenuta il 28 settembre 1583 (Di Filippo Bareggi 1988, p. 184).

Tra i filoni letterari più battuti da S., nel corso della sua lunga carriera veneziana, quello politico occupa un posto di tutto rispetto, se si pensa alla fortuna di un’opera come il Del governo dei regni et delle repubbliche, stampata nel 1561, e nella quale sono stati rintracciati echi di opere machiavelliane (Anglo 2005, p. 179). In quest’opera fu in particolare ripubblicato anonimo il Ritratto delle cose di Francia (Procacci 1965, p. 320) e furono utilizzate le Istorie fiorentine (Carta 2007, p. 295), mentre qualche anno più tardi, nel 1567, S. non esitò a inserire il Principe e i Discorsi tra le letture abituali dell’imperatore Carlo V nel suo Simolacro di Carlo quinto imperadore (Procacci 1965, p. 268). Tra le fonti dell’opera sui governi e sulle repubbliche incontriamo anche Francesco Guicciardini, Giovio, Alfonso de Ulloa, Gasparo Contarini, il volgarizzamento dell’Utopia di Tommaso Moro allestito da Ortensio Lando, Guillaume Postel, autori letti in una chiave di confronto e di comparazione tra differenti regimi politici (Carta 2007, p. 287).

Nel corso degli anni S. si accostò con crescente prudenza agli scritti del Segretario fiorentino, mai menzionato tra le fonti delle sue opere, come illustra il caso forse più significativo. I Concetti politici furono pubblicati per la prima volta a Venezia, per i tipi di Giovanni Antonio Bertano, nel 1578. L’opera è organizzata sulla base di massime desunte da autori antichi e moderni, «a beneficio et commodo di coloro che attendono a’ governi delle repubbliche et de’ principati». Seguirono quattro ristampe, nel 1583, nel 1588, nel 1598 e nel 1608. L’opera conobbe anche una circolazione inglese: fu tradotta da Robert Hitchcock nel 1590 con il titolo di Quintessence of wit. Nella prima edizione e in alcune di quelle successive fu inserita in apertura del volume una lista delle auctoritates dalle quali erano state tratte le massime utilizzate per la raccolta. Il nome di M. non figura mai, per quanto il debito di S. nei confronti del Segretario fiorentino sia consistente (Luciani 1952), soprattutto per quanto riguarda i Discorsi, da cui il letterato veneziano ricavò ben 108 «concetti», su un totale di 805 estratti inseriti nel volume. La natura dei prestiti dal corpus machiavelliano è tale per cui, pur tenendo conto delle variazioni dovute all’estrapolazione dal contesto originario, il nucleo concettuale e stilistico risulta preservato. S. intervenne a livello linguistico, senza però snaturare la fonte utilizzata. Apportò anche qualche piccola modifica agli esempi e agli episodi storici posti ad accompagnamento delle massime. Più ristretto fu il numero di «concetti» estrapolati dal Principe, opera alla quale S. attinse con grande libertà, unendo passi di capitoli differenti e modificando talvolta il senso delle affermazioni di Machiavelli. Ventiquattro furono invece i passi desunti dall’Arte della guerra. Al contrario di quanto era avvenuto per il Principe e i Discorsi, in quest’ultimo caso le massime non seguivano l’ordine con cui comparivano nell’opera di M., mentre alcuni estratti furono rivisti e modificati. Gli estratti dell’Arte della guerra furono infine, in alcuni casi, combinati con passi delle Istorie fiorentine, da cui S. trasse complessivamente venticinque «concetti». Secondo Vincent Luciani (1952, p. 839), nell’operazione del letterato veneziano si può intravvedere un atteggiamento di disincantata apertura nei confronti del pensiero politico machiavelliano. Assieme a Guicciardini, di cui S. utilizzò la Storia d’Italia e gli Avvertimenti, il Segretario fiorentino costituisce l’autore più rappresentativo dei Concetti (186 su 805 derivavano appunto da M.). La seconda edizione dei Concetti fu rivista da S. poco prima della morte.

Le Propositioni overo considerationi in materia di cose di stato (Anglo 2005, p. 636) sono un altro florilegio di sentenze e massime politiche (un genere letterario fiorente; → precettistica cinquecentesca), nel quale la presenza di echi machiavelliani, pur percepibile a un occhio allenato, risulta meno significativa.

Quelle ora ricordate furono tutte edizioni di successo, con numerose ristampe, che seppero attrarre l’attenzione del mercato editoriale e di un pubblico di uomini di governo in crescente espansione.

Bibliografia: E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, 4° vol., Venezia 1834, pp. 31-91; V. Luciani, Sansovino’s Concetti politici and their debt to Machiavelli, «PMLA», 1952, 5, pp. 823-44; G. Procacci, Studi sulla fortuna di Machiavelli, Roma 1965; E. Scarpa, Un accenno al Machiavelli ‘aristotelico’ in un dialogo giuridico inedito di Francesco Sansovino, «Quaderni di lingua e letterature», 1980, 5, pp. 163-70; C. Di Filippo Bareggi, Il mestiere di scrivere. Lavoro intellettuale e mercato librario a Venezia nel Cinquecento, Roma 1988, pp. 16-20, 65-69 e passim; E. Bonora, Ricerche su Francesco Sansovino, imprenditore librario e letterato, Venezia 1994; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Roma-Bari 1995, pp. 71-72, 119-20; S. Anglo, Machiavelli, the first century. Studies in enthusiasm, hostility, and irrelevance, Oxford 2005; P. Carta, Magistrature repubblicane e comparazione giuridica nel’opera di Francesco Sansovino, «Il pensiero politico», 2007, 2, pp. 283-300; L. Sartorello, Le due repubbliche: Bartolo e Machiavelli in un dialogo inedito di Francesco Sansovino, Firenze 2010.

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