SACRATI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

SACRATI, Francesco

Paolo Cecchi

SACRATI, Francesco. – Nacque a Parma da Giuseppe e Lucia; fu battezzato il 17 settembre 1605.

Poco o nulla si sa circa la formazione e il periodo che precedette l’attività di operista a Venezia, negli anni Quaranta del secolo XVII. In un sonetto manoscritto attribuibile al letterato pievese Francesco Melosio, che a Venezia lavorò negli stessi anni – nella seconda edizione del libretto della Finta pazza di Giulio Strozzi e Sacrati (Venezia 1641) pubblicò tre sonetti encomiastici in lode della prima donna Anna Renzi –, viene qualificato come «musico ebreo fatto cristiano» (cfr. Francesco Cavalli: Orione..., 2015, pp. XV, XCI); ma il dato va preso con cautela, in mancanza di fonti che lo convalidino, sia perché l’acre satira evidenzia un velenoso malanimo nei confronti del «musico parmeggiano», accusato anche di pederastia, sia perché egli fu battezzato al momento della nascita.

A partire dagli anni Venti, Sacrati pubblicò almeno sei libri tra madrigali concertati e arie a una e più voci, stampati probabilmente in Venezia da Alessandro Vincenti, che li elencò nei propri cataloghi. Nessun esemplare è pervenuto, ma se ne può ricostruire la sequenza in base a cataloghi editoriali e librari e a inventari bibliotecari coevi: Arie a 1-3 voci [libro I, op. I?], non post 1627; Madrigali concertati a 1-4 voci, libro I, op. II, 1627; Arie commode da cantarsi nel clavicembalo... [libro II, op. III?], 1629; Arie [libro III, op. IV?]; Arie, libro IV, [op. V?], ante 1629 nec post 1649; L’Ergasto con arie a voce sola [op. VI?], non ante 1649 (cfr. Primeira parte, 1649, p. 12, n. 55; Mischiati, 1984; Vanhulst, 1996).

Nel gennaio del 1641 Sacrati debuttò come compositore teatrale: La finta pazza – un lepido dramma di Giulio Strozzi, accademico incognito, che sul soggetto dello scoprimento di Achille in Sciro da parte di Ulisse innesta beffarde scene di simulato delirio dell’innamorata Deidamia – inaugurò il Novissimo di Venezia, un teatro impresariale concepito ad hoc per il melodramma sulla scia della riconversione operistica di teatri di commedia tra il 1637 e il 1640 (i teatri di S. Cassiano, dei Ss. Giovanni e Paolo e di S. Moisè).

Allestita dall’architetto e scenografo fanese Giacomo Torelli, che con il musicista fu direttamente coinvolto nell’impresa teatrale, La finta pazza ebbe un successo clamoroso: fu replicata dodici volte in diciassette giorni; del libretto fu subito fatta una seconda impressione e fu ripresa dopo Pasqua. Maiolino Bisaccioni descrisse lo spettacolo in una dettagliata relazione (Il cannocchiale per la Finta pazza, 1641). Fuor di Venezia il dramma conobbe un’ulteriore e ancor più vasta fortuna, giacché fu la prima opera veneziana a fare il giro d’Italia. Fra il 1644 e il 1652 andò in scena in una decina di città, in allestimenti documentati vuoi da libretti (Piacenza 1644; Bologna 1647; Genova 1647; Torino 1648; Reggio nell’Emilia 1648; Milano s.d. ma tra il 1648 e il 1651; Napoli 1652; più un’edizione milanese del 1664, a carattere letterario), vuoi da carteggi (Milano 1644; Firenze 1645; forse Lucca 1645). Dopo il 1641 l’opera venne recitata perlopiù da due compagnie di musici itineranti – i cosiddetti Febiarmonici e i Discordati, guidati rispettivamente dal coreografo veneziano Giovanni Battista Balbi e dallo scenografo cremonese Curzio Manara –, in una versione che rispetto all’originale risulta ritoccata nel testo poetico (e di conseguenza dovette esserlo anche nella musica). In questa versione La finta pazza fu anche la prima opera italiana rappresentata a Parigi, nel dicembre del 1645, per iniziativa di Anna d’Austria, reggente del Regno di Francia e cugina di Odoardo I Farnese, il quale l’anno prima aveva promosso l’allestimento piacentino dell’opera per celebrare la conclusione della guerra di Castro. A Parigi furono chiamati sia il coreografo Giovanni Battista Balbi sia lo scenografo Torelli (la pubblicazione delle scene da lui allestite nel Petit-Bourbon lasciò un’impronta nella tradizione scenografica francese). Ma alcune parti dell’opera, anziché cantate, furono recitate da comici della troupe di Carlo Cantù.

Dell’opera famosissima è pervenuta una partitura adespota (Stresa, Archivio Borromeo all’Isola Bella; facsimile a cura di L. Bianconi - N. Usula, in Drammaturgia musicale veneta, I, Milano 2017; estratti in Rosand, 1991, pp. 466 s., 496, 560, 597-604, 634-636). Il testo corrisponde alla versione itinerante: è dunque impossibile accertare quanta parte della musica coincida con la composizione di Sacrati eseguita a Venezia nel 1641 (due «sinfonie» si ritrovano nella partitura veneziana dell’Incoronazione di Poppea, databile intorno al 1651). In ogni caso, si tratta della sola partitura superstite riconducibile, sia pur mediatamente, al compositore parmigiano.

Con La finta pazza Sacrati si affermò come compositore di spicco, e nella stagione successiva (carnevale 1642) continuò la collaborazione col Novissimo, con Torelli e con la soprano romana Renzi, componendo Il Bellerofonte, dramma musicale del fanese Vincenzo Nolfi. Per il Carnevale 1643 gli viene attribuita dal primo cronista dell’opera veneziana, Cristoforo Ivanovich (1681), la musica della Venere gelosa di Niccolò Enea Bartolini, sempre al Novissimo, sempre con Torelli, mentre la Renzi era già passata al Ss. Giovanni e Paolo, il teatro dei Grimani nel quale, l’anno dopo (carnevale 1644), Sacrati e Torelli vennero ingaggiati per L’Ulisse errante, ‘opera musicale’ di Giacomo Badoaro desunta dall’Odissea.

Nella prefazione il librettista, che già nel 1640 aveva tratto da Omero Il ritorno di Ulisse in patria per Claudio Monteverdi, traccia un paragone astronomico tra il talento di Sacrati e quello del grande cremonese, deceduto pochi mesi prima: «ben era di dovere che per vedere gli splendori di questa Luna tramontasse prima quel Sole». Vi fu forse un’edizione a stampa di parte delle musiche dell’Ulisse, perduta anch’essa (Primeira parte, 1649, p. 474, n. 821).

L’Ulisse errante fu l’ultima opera composta con certezza da Sacrati per i teatri veneziani. Nel 1645 o nel 1646 il teatro Grimani riprese tuttavia Il Bellerofonte del 1642, che conobbe poi due distinte riprese a Bologna nella primavera del 1648 e nel Carnevale del 1649 (teatro Guastavillani). Ivanovich, nella sua non impeccabile cronologia delle opere veneziane (1681), all’anno 1644 attribuisce a Sacrati la musica di una ipotetica ripresa della Proserpina rapita, l’‘anatopismo’ epitalamico di Giulio Strozzi che nel 1630 era stato recitato con musica di Monteverdi: in realtà si trattò di una mera ristampa letteraria del testo poetico. Ivanovich attribuisce a Sacrati anche la musica della Semiramide in India, dramma del citato Bisaccioni, andato in scena al S. Cassiano nel gennaio del 1648 senza nome del compositore: ma è probabile che in quel periodo Sacrati non fosse più attivo a Venezia.

In base alle evidenze e agli indizi oggi acclarati, va altresì considerata una mera congettura la convinzione espressa da Alan Curtis (1989) che Sacrati possa aver avuto le mani in pasta, assieme a Monteverdi, nella partitura dell’Incoronazione di Poppea, data nel Carnevale del 1643 al Ss. Giovanni e Paolo.

Alcune lettere intercorse nel 1644-45 tra Sacrati, Francesco I e altri esponenti della corte estense, dimostrano che a Venezia il musicista fungeva da referente per il duca di Modena in questioni non soltanto musicali, bensì anche politico-diplomatiche. Da una lettera del residente estense da Venezia in data 28 febbraio 1643 si apprende che Francesco I aveva commissionato a Sacrati un’opera che sarebbe dovuta andare in scena a Modena in primavera, ma sino a quella data il compositore non vi aveva posto mano per problemi di salute; non se ne ha alcun’altra notizia.

Nei primi anni Quaranta Sacrati divenne un protégé di Mattias de’ Medici, che lo conobbe in occasione del soggiorno a Venezia per il Carnevale del 1641. Il 10 settembre 1641 il nobiluomo scriveva al fratello, il granduca Ferdinando II, per annunciargli che Sacrati gli avrebbe presentato la partitura della Finta pazza: «Il signor Francesco Sacrati, oltre all’altre virtù, è singulare per comporre in musica et ha ancora qualità così amabili da stimarsi, ch’io li porto non ordinario affetto» (Mattias de’ Medici..., a cura di S. Mamone, 2013, n. 99). Nel gennaio del 1643 Sacrati chiese a Mattias di intercedere presso i Procuratori di S. Marco, cui spettava la gestione musicale della basilica marciana, affinché dessero parere favorevole alla sua assunzione come cantore, con la clausola di esservi impiegato solamente durante le feste solenni e non come cantore «ordinario», ma non se ne fece nulla.

La guerra di Candia tra Venezia e l’impero ottomano, scoppiata nell’estate del 1645, falcidiò i festeggiamenti carnevaleschi del 1646 e 1647: in seguito alle restrizioni suntuarie i cartelloni teatrali si ridussero – così pare – a poche riprese di opere degli anni precedenti, per poi riprendere regolarmente nel Carnevale del 1648. Lo iato determinò un profondo ricambio degli artisti – soprattutto librettisti e compositori – che avevano lavorato per i palcoscenici lagunari. In quella congiuntura anche Sacrati abbandonò Venezia, probabilmente tra il 1645 e i primi del 1647: nell’estate di quell’anno era infatti a Bologna, alle dipendenze o sotto l’egida del nobile Cornelio Malvasia, che nel passato Carnevale aveva patrocinato la ripresa bolognese della Finta pazza. Per lui Sacrati musicò la ‘tragedia’ L’isola di Alcina di Fulvio Testi («Mi diedi a comporla mentre a Panzano, delizia villereccia dell’illustrissimo sig. Cornelio Malvasia, attendevo il di lui ritorno dal campo [d’armi]», dichiara Sacrati nell’«Avviso al lettore» del libretto, pubblicato a Bologna nel 1648). Testi, poeta e diplomatico estense, aveva scritto la tragedia nel 1626 per celebrare le nozze tra il principe Francesco I e Maria Farnese; alla composizione musicale aveva provveduto, almeno in parte, Sigismondo d’India, ma la rappresentazione venne annullata per la morte di Isabella di Savoia, consorte di Alfonso III d’Este e madre di Francesco. Musicata da Sacrati, L’isola di Alcina andò in scena a Bologna probabilmente nel Carnevale del 1648 nel teatro Guastavillani, del quale era protettore lo stesso Malvasia. Nella primavera 1648 Sacrati diresse una compagnia di «musici di Bologna» nella ripresa della Finta pazza a Reggio nell’Emilia. Dal 3 giugno 1649 venne assunto dalla Corte estense come maestro di cappella nel duomo di Modena; nello stesso anno gli fu affidato anche il magistero di cappella del Collegio dei nobili di S. Carlo a Modena.

Morì, presumibilmente a Modena, il 20 maggio 1650.

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