PRIMATICCIO, Francesco

Enciclopedia Italiana (1935)

PRIMATICCIO, Francesco

Aldo Foratti

Pittore, scultore e architetto, nato a Bologna fra il 1504 e il 1505, morto a Parigi nel 1570. Scolaro d'Innocenzo da Imola e poi del Bagnacavallo, nel 1526 egli lavorava sotto la direzione di Giulio Romano nel palazzo del Te a Mantova, dove rimase cinque anni, occupato in opere di pittura e di stucco. A lui però la critica più recente non attribuisce con sicurezza che il Trionfo dell'imperatore Sigismondo (1538 circa). I maestri meglio studiati dal P., prima che Francesco I lo chiamasse a Fontainebleau (1532), furono Michelangelo, Giulio Romano e il Correggio. Nel suntuoso castello francese, dove operava già da un anno il Rosso fiorentino, il P. ebbe l'incarico di decorare le camere del re e della regina; ma di quei suoi lavori non resta che il camino con il tondo di Venere e Adone in una fine cornice di stucchi. Appartenevano allo stesso periodo iniziale due storie d'Ercole, eseguite per la Porta Dorata, ma non se ne ha traccia che nei disegni del Louvre. Ritornato in Italia nel 1540, il P. acquistò per il re 125 statue, busti e torsi; quanto a compre di quadri, non si sa nulla, ma è certo, invece, che i calchi di parecchie celebri opere antiche servirono per le fusioni in bronzo. Dopo il suicidio del Rosso, che coincide con il viaggio del P., questi rimase solo soprintendente ai lavori di Fontainebleau, e da allora cominciò la sua maggiore attività. Finita la Galleria di Francesco I (lasciata in tronco dal Rosso), con i due miti di Danae e di Semele, decorò la sala e il gabinetto del re, di cui si conservano soltanto alcuni schizzi. Delle sei composizioni mitologiche nel vestibolo dietro la Porta Dorata c'è la mirabile testimonianza dei disegni. L'artista spiegò il suo talento di pittore e di stuccatore nella camera della duchessa d'Étampes, la favorita del re, e seppe glorificare con il nome d'Alessandro e d'una donna celebre gli amori dell'augusto mecenate. Il P. dovette attendere con i suoi aiuti all'architettura dei giardini, ma la passione di quel collettore d'arte che fu Francesco I gli fece fare un secondo viaggio in Italia, sei anni dopo il primo, e gli commise in seguito di dirigere la manifattura degli arazzi. Oltre agli stucchi profusi nelle stanze della reggia, il P. per una porta (che si suppose la Porta Dorata) condusse il modello perduto d'una figura muliebre, che doveva sostituire la Ninfa di Fontainebleau del Cellini, passata al Louvre. Luigi XV volle demolire (1736) in Fontainebleau la vecchia ala destra del "cortile del Cavallo Bianco", che comprendeva la Galleria d'Ulisse, lunga 150 metri circa, le cui pareti e la vòlta erano state dipinte dal P. I soggetti dei riquadri perduti sono noti attraverso i disegni originali e le stampe di Th. van Thulden: gli episodî tratti dall'Odissea non erano meno di 58, e l'insieme decorativo ebbe lodi dal Poussin e dal Lemoine, meritando alcune copie del Rubens.

Il P. è riconosciuto capo della "scuola di Fontainebleau", che trasse nell'orbita italiana i pittori francesi. Egli allungò le proporzioni delle figure, segnò fortemente i contorni, ma accanto alla vigoria "michelangiolesca" un po' manierata, ebbe una grazia, invero più riflessa che spontanea, e una facilità naturale, che sa fondere le tinte e digradare le omhre con squisitezza. La sua immaginazione florida, poetica e raffinata si esplicò nei temi olimpici ed eroici. Celebrato affreschista, il P. non eseguì che pochissimi quadri di cavalletto; non se ne conservano che due, l'uno a Wilton House (coll. Pemhroke), l'altro a Castle Howard (coll. Geffroy Howard). Collaboratore del maestro fu, dal 1552, Niccolò dell'Abate. Il P. si provò nella scultura: diede disegni, interpretati da tre statuarî, per il monumento a Claudio, primo duca di Guisa, a Joinville, e immaginò apparati architettonici per feste pubbliche. Operò fino alla morte, avvenuta poco prima del 14 settembre 1570, giorno nel quale si nominava il nuovo direttore degli edifizî di Fontainebleau.

Bibl.: L. Dimier, Le Primatice, Parigi 1900; id., Le P., Parigi 1928; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, v, Milano 1932; H. Vollmer, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVII, Lipsia 1933 (con bibl.).