PASINETTI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PASINETTI, Francesco

Giovanna Rendi

PASINETTI, Francesco. – Nacque il 1° giugno 1911 a Venezia, primogenito di Carlo, medico, e di Maria Ciardi, figlia a sua volta del pittore vedutista Guglielmo.

La sua formazione intellettuale, favorita dall’ambiente familiare, si consolidò con la frequentazione del Gruppo universitario fascista (GUF) di Venezia e la partecipazione ai Littoriali della cultura e dell’arte, le competizioni universitarie svoltesi in Italia dal 1934 al 1940. In entrambi i casi si trattava di iniziative caratterizzate da una relativa libertà politica e culturale, che, pur nell’apprendistato ideologico di regime, permisero la formazione di un pensiero autonomo.

Pasinetti appartenne, dunque, a una generazione di giovani intellettuali che «non ricevono più un’educazione di tipo squadristico, da un fascismo ormai in doppiopetto, semmai coltivano in proprio l’idea di una rivoluzione permanente» (Brunetta, 2001, pp. 78 s.).

Nel 1930, ancora giovanissimo, cominciò l’attività di critico cinematografico per numerose testate – come Il Gazzettino, La Gazzetta di Venezia, La Stampa, L’Italia letteraria e Il Giornale di Genova – e nel 1932 fondò il trisettimanale Il Ventuno, insieme con il fratello minore Pier Maria (nato nel 1913 e divenuto poi scrittore, giornalista e docente universitario di letteratura comparata e di lingua italiana negli Stati Uniti).

Giornale di otto pagine, ufficialmente legato al GUF di Venezia ma di fatto con sede in casa dei fratelli Pasinetti, fu il primo periodico nell’ambito della stampa universitaria e giovanile a porre il cinema al centro dei suoi interessi. Le recensioni pubblicate si distinsero da subito per una notevole indipendenza di giudizio dai dettami culturali del fascismo, tanto che Francesco si fece difensore appassionato del cinema americano e non lesinò critiche alla prima edizione della mostra del Cinema di Venezia (allora ancora chiamata Esposizione internazionale d’arte cinematografica): «Dobbiamo piuttosto fin d’ora rilevare come questa manifestazione, che ci ha trovati al principio fra i più assidui fautori, ci ha lasciati alla fine tra i meno convinti» (La scoperta del cinema, 2012, pp. 117 s.).

Grazie a un’attività dai ritmi quasi febbrili (ben 55 articoli scritti nei primi sei mesi del 1933), Pasinetti contribuì a trasformare l’idea stessa della critica cinematografica in Italia, svincolandola dal dilettantismo e dal dominio di letterati e scrittori quali Corrado Alvaro, Ennio Flaiano, Giacomo Debenedetti. Insistendo contemporaneamente sulle singole specificità del mezzo filmico e sui suoi aspetti multidisciplinari, diede inizio a un’analisi sistematica e metodologica (comprensiva di schede tecniche su sceneggiatura, soluzioni formali, montaggio, musica) sempre attenta però a inserire il film in «uno sguardo panoramico», inteso come «capacità di soffermarsi costantemente su delle vedute di insieme che, a partire da un discorso completo sulle singole opere, tentassero anche più ampie sintesi sullo stato generale del cinema» (Grignaffini, in Pasinetti, 1980, p. 28).

Nel 1933 si laureò in lettere presso l’Università di Padova con la tesi Realtà artistica del cinema. Storia e critica, relatore lo storico dell’arte Giuseppe Fiocco. Articolata in sei capitoli dedicati alla storia del cinema dalle origini fino alla produzione contemporanea dell’epoca, e da un capitolo finale (L’espressione cinematografica), fu la prima tesi in storia del cinema svolta in Italia e si basò essenzialmente sulle pochissime opere dedicate all’argomento, in particolare Film come arte di Rudolf Arnheim, pubblicato l’anno precedente (ma tradotto in italiano solo nel dopoguerra); in essa Pasinetti insistette sull’autonomia del cinema come una forma d’arte a sé che «più intimamente partecipa della realtà» (La scoperta del cinema, 2012, p. 175).

Questa concezione del film come espressione artistica indipendente e con modelli e strutture suoi propri si ritrova anche nelle sue opere, come la Storia del cinema dalle origini a oggi (1939) primo ed esemplare tentativo italiano di organizzazione di dati con il quale portava a compimento il sistema critico elaborato sui quotidiani e nella tesi di laurea. A questo lavoro seguì Mezzo secolo di cinema (1946) e il Filmlexicon – Piccola Enciclopedia Cinematografica redatto sulla base del Kleines Filmlexicon di Charles Reinert edito dalla casa Benziger e Co., Einsiedeln – Zurigo, pubblicato a Milano dalla Filmeuropa (1948). Nel 1945 scrisse, in collaborazione con Gianni Puccini, La regia cinematografica, pubblicato dalla casa editrice Rialto, da lui fondata lo stesso anno; nel testo fu ribadita ed enunciata diffusamente la teoria, già precedentemente espressa, che vedeva nel regista l’autore e il creatore unico, individuando in questo ruolo il connubio tra l’opera di invenzione immediata delle riprese, compresa l’improvvisazione, e il montaggio a posteriori di scuola sovietica.

Parallelamente all’attività critica e teorica, che «[…] produsse un vero e proprio movimento culturale nel campo del cinema e alla cui presenza è in gran parte dovuta l’affermazione in Italia di una cultura cinematografica» (I. Ierace, L’arcangelo, in Pasinetti, 1980, p. 13), Pasinetti fu attivo anche dal punto di vista della sceneggiatura, della regia cinematografica e teatrale, della fotografia e della storia dell’arte.

Nel 1936 esordì al Teatro La Fenice di Venezia, dove mise in scena L’Orfeide dell’amico Gian Francesco Malipiero; tra il 1937 e il 1941 scrisse alcune commedie, cinque delle quali rappresentate. Nello stesso anno fu chiamato a insegnare sceneggiatura al Centro sperimentale di cinematografia diretto da Luigi Chiarini e iniziò un’attività di collaboratore alla sceneggiatura per L’ambasciatore (1936) di Baldassarre Negroni, L’ultima nemica (1937) di Umberto Barbaro, I due misantropi (1937) e La peccatrice (1940) di Amleto Palermi, Via delle Cinque Lune (1942) e La locandiera (1944) di Luigi Chiarini.

Dal 1932 intraprese anche l’attività di regista cinematografico, che considerava il compendio dei suoi studi teorici: collaborando con il Cine Club di Venezia realizzò i suoi primi cortometraggi, andati perduti, tra cui Entusiasmo. Nel 1934 girò il suo unico lungometraggio di finzione, Il canale degli angeli, tratto da un soggetto del fratello Pier Maria, realizzato a Venezia con un cast quasi esclusivamente composto da attori non professionisti.

Storia di un adulterio consumato in ambiente proletario, il film si segnalò per il suo procedimento ellittico ed episodico, attraverso il quale la vicenda, anziché esplicitata, veniva suggerita attraverso atmosfere, silenzi e sguardi. Dal punto di vista formale apparve fortemente influenzato sia dal montaggio sovietico, sia da quello ‘ritmico’ di René Clair, sia da quello ‘musicale e sinfonico’ di Berlin, Symphonie einer Großstadt (Berlino, sinfonia di una grande città, 1927) e Acciaio (1933) di Walter Ruttman. Il film, prodotto dalla Venezia Film, società fondata da Pasinetti nel gennaio 1934, fu presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia nello stesso anno ma non ottenne né successo di pubblico né attenzione da parte della critica. Pasinetti tentò in seguito di realizzare altri film, ma si scontrò sempre con la difficoltà di conciliare la propria intransigente idea di cinema con le esigenze produttive.

Dal 1941 avviò un’intensa attività di documentarista, che lo portò a realizzare ben 52 opere. Di queste, molte furono prodotte dall’Istituto LUCE, come i 35 documentari chirurgici girati all’ospedale Rizzoli di Bologna, o le opere di più marcati intenti sociali (Nasce una famiglia del 1943) o quelle dedicate a Venezia (La gondola, I piccioni di Venezia, Venezia minore, tutti del 1942, Piazza San Marco e Palazzo dei Dogi del 1947, questi ultimi realizzati con la casa di produzione Filmeuropa Frabeart, fondata insieme con Lamberto Toto Lombardozzi e Arturo Buleghin nell’immediato dopoguerra).

Anche la sua attività documentaristica, per quanto a volte di stampo didattico e divulgativo, fu caratterizzata da una continua ricerca del ritmo visivo e sonoro da imprimere al tessuto narrativo, spesso in sostituzione dell’invasiva e assertiva «voice over» di regime.

Al centro delle sue opere vi fu spesso Venezia, in una continua ricerca della sua vera essenza, segreta, quotidiana e ‘minore’, lontana dall’iconografia ufficiale, turistica o oleografica, osservata con uno sguardo fortemente debitore non soltanto delle influenze familiari dei Ciardi, ma anche della cultura figurativa coltivata all’università, che lo spinse poi a dedicarsi alla pittura tra il 1943 e il 1944 (periodo durante il quale si ritirò nella casa di famiglia di Refrontolo, in provincia di Treviso), e a pubblicare nel 1946 una dettagliatissima Guida di Venezia in tre lingue, corredata da 54 cartine topografiche.

Nel giugno 1945 sposò Loredana Baldoni, figlia di un antiquario veneziano, dalla quale non fece in tempo ad avere figli. L’anno dopo fu chiamato a partecipare al comitato di esperti incaricato di rilanciare la Biennale di Venezia. Nel 1948 si trasferì a Roma, dove fu incaricato di assumere la direzione del Centro sperimentale di cinematografia.

Morì improvvisamente il 2 aprile 1949 a Roma a causa di un aneurisma aortico e il 9 venne sepolto nel cimitero dell’isola di San Michele a Venezia.

In ricordo della sua attività di promozione cinematografica, il Sindacato dei giornalisti cinematografici italiani (SNGCI) gli ha dedicato un premio collaterale della Mostra d’arte cinematografica di Venezia.

Oltre ai film citati, si ricordano tra gli altri: Una città che vive (1934); Venezia numero due (1934); Il canale degli angeli (1934); Sulle orme di Giacomo Leopardi (1941); Città bianca (1942); Il giorno della Salute (1942); Venezia in festa (1947); Torcello (1947); Città sull’acqua (1947); Piazza Navona (1948); I pittori impressionisti (1948); Arte contemporanea (1948); Scuola di infermiere (1948); Lumiei (1948); Piave-Boite-Vajont (1948).

Fonti e Bibl.: G. Aristarco, Omaggio a Francesco, in Cinema. Quindicinale di divulgazione cinematografica, anno II-30, aprile 1949, vol. 1, fasc. 13, pp. 390-392; M. Verdone, Il direttore del centro, ibid., pp. 395-398; F. Pasinetti, L’arte del cinematografo. Articoli e saggi teorici, a cura di I. Ierace - G. Grignaffini, Venezia 1980; G. Pellegrini, Il maestro veneziano, Venezia 1981; Venezia nel cinema di F. P., Venezia 1997; G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano. Il cinema del regime 1929-1945, Roma 2001, pp. 44, 48, 80, 83-87, 89, 93 s., 213 s., 216 s., 223, 250 s., 258, 284 s., 359, 388, 392; L’immagine di Venezia nel cinema del Novecento, a cura di G.P. Brunetta - A. Faccioli, Venezia 2004, pp. 129-155, 157-170; Le parentele inventate. Letteratura, cinema e arte per Francesco e Pier Maria Pasinetti. Atti del convegno..., Venezia... 2009, a cura di A. Rinaldin - S. Simion, Roma-Padova 2011; La scoperta del cinema. La prima tesi di laurea sulla storia del cinema, a cura di M. Reberschak, Roma 2012.

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