PALOMBA, Francesco Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PALOMBA, Francesco Paolo

Cristina Passetti

PALOMBA, Francesco Paolo. – Nacque nel 1779 ad Avigliano, importante centro agricolo a poca distanza da Potenza, da Giustiniano e da Angela Maria Parrini.

Come i fratelli Raffaele e Angelo Maria, di pochi anni più giovani, ebbe la sua prima educazione all’interno della famiglia, una tra le più importanti e ricche della regione, dalle antiche origini nobiliari legate alla terra.

Assieme ai Vaccaro, ai Gagliardi, ai Corbo, i Palomba costituivano quel nucleo avanzato dell’aristocrazia aviglianese che seppe progressivamente esprimere una sensibilità di tipo democratico, attenta ai principi di libertà e giustizia e a quegli ideali politico-culturali che nell’ultimo decennio del secolo XVIII si sarebbero rivelati essenziali ai fini di una cosciente adesione al movimento patriottico rivoluzionario meridionale. Nel clima generale di grande arretratezza espresso dalla provincia, dove crescenti erano le tensioni sociali a causa del permanere di rapporti di tipo feudale, dove crescenti erano le tensioni sociali accumulate, e dove, nel corso del Settecento, si verificarono manifestazioni di popolo contro i diffusi abusi baronali, tali famiglie rappresentarono il veicolo per la penetrazione delle idee riformatrici, illuministe e genovesiane, grazie ai contatti che seppero mantenere con la capitale, dove i loro rampolli venivano mandati a studiare legge, medicina e teologia.

Dopo aver frequentato gli ambienti più illuminati della sua città, entrando in rapporto con esponenti della massoneria (in particolare con il domenicano Girolamo Gagliardi, figura chiave della Libera Muratorìa aviglianese), intorno al 1792 Palomba si recò a Napoli, accompagnato dallo zio sacerdote Nicola Palomba, anch’egli massone e futuro commissario del Dipartimento del Bradano per la Repubblica napoletana, per frequentare gli studi di diritto, entrando in contatto, attraverso l’intercessione del congiunto, con i nuclei patriottici radicali che facevano capo all’Accademia di Chimica di Carlo Lauberg e di Annibale Giordano.

In questa scuola privata, nata con l’intento di promuovere esperimenti scientifici che non avevano trovato ancora spazio sufficiente nei laboratori universitari, si tenevano segrete conversazioni, vietate dal governo borbonico, sulla libertà e sui diritti dell’uomo, si facevano commenti entusiasti sulla Rivoluzione francese, celando altresì il clandestino scambio di fogli proibiti che preludeva ai lavori di loggia nell’abitazione privata di Lauberg, o nel casino di campagna dei marchesi Letizia a Capodimonte, o ancora a lato delle stesse aule dello Studio di Napoli, dove Palomba dovette seguire in particolare le lezioni di Francesco Mario Pagano; forse, come altri studenti calabresi, pugliesi o conterranei, presenziò a quei consessi latomistici organizzati dall’abate calabrese Antonio Jerocades, nei quali s’era fatto strada un altro lucano, il sacerdote Francesco Antonio Pomarici, assurto all’Unione centrale della Società patriottica nella quale Lauberg e i suoi compagni avevano preparato la rivolta giacobina, poi scoperta nel 1794. Da questi incontri emerse, infatti, con forza sempre maggiore, la consapevolezza che il dispotismo dovesse essere combattuto con ogni mezzo, anche con la violenza, affinché si potesse avviare nella nazione un vero progresso civile e morale. Dunque, l’iniziazione alla politica rivoluzionaria dettata dai fatti di Francia delineò contemporaneamente nei giovani meridionali, i ‘giovani del ’99’, una mentalità intenzionalmente antiborbonica, mentre la progressiva affermazione degli ideali democratici, facilmente veicolata grazie alla dimestichezza con l’egualitarismo massonico che i patrioti più maturi avevano sviluppato in lunghi anni di lavoro in loggia, dette loro coraggio per partecipare a quel primo tentativo di realizzazione di un nuovo sistema di governo fondato su un modello politico dal carattere repubblicano.

Palomba, influenzato specialmente dallo zio Nicola, nel rimanere anch’egli affascinato dalle nuove idee rivoluzionarie, ma non coinvolto nelle inchieste sui ‘Rei di Stato’ del 1794-97, che portarono alla condanna a morte di tre giovani suoi coetanei – Emanuele De Deo, Vincenzo Galiani e Vincenzo Vitaliani – e la fuga all’estero o nelle dimore provinciali di molti altri patrioti, poté restare a Napoli e proseguire il proprio apprendistato politico nel segreto contatto con i concittadini tornati ad Avigliano.

Anche ad Avigliano, non diversamente da altri luoghi del Regno di Napoli, l’eco del tentativo di rivolta mosse alla sottesa preparazione di quella che sarebbe stata una delle pagine più alte della storia del patriottismo democratico meridionale. Nel 1794, un coetaneo di Palomba, Vincenzo Maria Gagliardi aprì una scuola privata e organizzò club giacobini che furono frequentati attivamente da Angelo Maria e Raffaele Palomba, rimasti in provincia per diffondere il credo repubblicano-democratico. E furono loro che, il 19 gennaio 1799, innalzarono l’Albero della Libertà nella piazza centrale della cittadina lucana, mentre Giustiniano Palomba, con i propri fratelli Gennaro Maria (anche lui sacerdote) e Nicola, avute notizie della fuga del re Ferdinando IV e dell’imminente arrivo delle truppe francesi, raggiunse a Napoli Francesco Paolo.

Furono momenti concitati. La capitale fu preda dell’anarchia; senza una guida, il popolo più basso tentò una folle resistenza. I patrioti combatterono strada per strada per la conquista della città, mentre il generale Championnet rimase in attesa del momento propizio per unirsi agli insorti. Il 22 gennaio, dopo un’intera giornata di combattimenti, «un distaccamento francese con a capo il napoletano Pignatelli, partendo da Capodimonte, dopo molte perdite, giungeva, trafelato, malconcio, pieno di feriti, in Sant’Elmo; ed era accolto a festa, tra le grida di “Viva la Repubblica”. Dopo un breve riposo, quel distaccamento, tra le ore 21 e 22, accompagnato da una cinquantina di patrioti, scese per la via di Settedolori, con l’intenzione di riunirsi con la colonna che si dirigeva al largo dello Spirito Santo; ma l’avanzare era aspro tra la grandine dei colpi che veniva giù dalle case, e, al calare della notte, fece ritorno al castello. Sennonché, dei patrioti non si videro tornare i due giovani, Francesco Palomba e Antonio Moscadelli, restati morti per via» (Croce, 1926, p. 30).

Prima di morire, colpito da una fucilata da parte di uno dei ‘lazzari’ che si opponevano all’avanzata delle truppe francesi, Palomba fece in tempo a innalzare il vessillo repubblicano.

Il giorno dopo ci fu la solenne proclamazione della Repubblica, e il patriota Domenico Forges Davanzati, nominato membro del governo provvisorio, spese parole d’encomio per l’estremo sacrificio di quei giovani, ottenendo l’erezione di un cippo in onore dell’aviglianese e dei suoi compagni uccisi nella reazione popolare. Una lapide a Castel Sant’Elmo ne ricorda il gesto eroico.

Fonti e Bibl.: Esigue sono le notizie su Palomba; fonti preziose sono il Monitore napoletano», n. 1 (14 Piovoso a. VII - 2 febbraio 1799), n. 12 (22 Ventoso a. VII - 12 marzo 1799) e n. 14 (3 Germile a. VII - 23 marzo 1799), nell’ed. Il Monitore napoletano: 1799, a cura di M. Battaglini, Napoli 1974, pp. 17, 260, 309 s.; il Corriere di Napoli e di Sicilia, n. 9 (29 Ventoso a. VII - 19 marzo 1799), in Napoli 1799. I giornali giacobini, a cura di M. Battaglini, Roma 1988, pp. 248, 250 s. (citato come Palumbo, variante del cognome in alcuni documenti dell’epoca). Cenni biografici in R. Brienza, I martiri della Lucania, Potenza 1881, p. 9; G. Fortunato, Scritti vari, Trani 1900, p. 245; B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799. Biografie, racconti, ricerche, Bari 1926, p. 30; F. Ercole, I martiri, Milano 1939, p. 282; T. Pedìo, Appunti di miscellanea bibliografica. Uomini e martiri in Basilicata durante il Risorgimento, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, XXV-XXVI (1956), pp. 288.; Id., Uomini, aspirazioni, contrasti nella Basilicata del 1799. I Rei di Stato lucani, Matera 1961, p. 135; Id., Dizionario dei patrioti lucani. Artefici e oppositori 1700-1870, IV, Trani-Bari 1969-91, ad ind.; M. Battaglini, La Repubblica napoletana. Origini, nascita, struttura, Roma 1992, p. 152; A. Lerra, «Patrioti» e «insorgenti» nel 1799 in Basilicata, in Patrioti e insorgenti in provincia: il 1799 in Terra di Bari e Basilicata, a cura di A. Massafra, Bari 2002, p. 463.

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