MORONE, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MORONE, Francesco

Enrico Maria Guzzo

MORONE, Francesco. – Figlio del pittore Domenico, nacque a Verona verso il 1471 e qui è registrato nella contrada di S. Vitale, dove visse con la moglie Lucia e i figli (Gerola, 1909, pp. 109-113).

Formatosi nella bottega paterna a contatto con i testi del mantegnismo mantovano, ma con precoci aperture sia verso l’ambiente veneziano, sia verso quello lombardo-milanese, svolse la sua attività pittorica nella città natale e nel suo territorio.

Gli esordi di Francesco, la cui mano è riconoscibile in alcune figure presenti nelle opere del padre, si datano all’ultimo decennio del XV secolo. Nel 1496 firmò e datò insieme a Domenico la perduta pala per S. Maria delle Grazie ad Arco (Trener, 1902), e, nel 1498-99, ancora al suo fianco e a quello di Giovanni Maria Falconetto, realizzò gli affreschi nella cappella di S. Biagio nella chiesa dei Ss. Nazaro e Celso (Peretti, 2001). Il suo intervento è individuabile inoltre in alcune figure presenti negli affreschi sul prospetto esterno della cappella Medici in S. Bernardino – ascrivibili anch’essi agli ultimi anni del Quattrocento – e in quelli già nella chiesa di S. Nicola da Tolentino al Paladon, datati 1502 (ora a Verona, Museo civico di Castelvecchio), opere entrambe dovute alla mano del padre.

Spesso Francesco firmò e datò le sue opere: del 1498 è la Crocefissione nella cappella della Croce in S. Bernardino; del 1502 (o 1503 secondo Dalla Rosa, [1803-04]) la Madonna col Bambino e i ss. Zeno e Nicola, da S. Maria della Pigna, oggi nella Pinacoteca di Brera; del 1503 la Madonna coi ss. Agostino e Martino in S. Maria in Organo e, stando a Zannandreis (1831-34), la Lavanda dei piedi in origine anch’essa nella cappella della Croce a S. Bernardino, oggi a Castelvecchio; del 1505-07, gli affreschi della sacrestia di S. Maria in Organo raffiguranti papi e altri illustri personaggi che, nei secoli, indossarono l’abito benedettino, nonché una pala, perduta, per la chiesa parrocchiale di Sorgà (Rognini, 1973); del 1508 il prospetto affrescato della cappella della Madonna nella chiesa di S. Chiara, in collaborazione con Michele da Verona (a Morone spettano il PadreEterno, S. Matteo, S. Marco e Giosuè nel prospetto esterno, nonché il Cristo Redentore nel tondo sulla voltina interna); del 1509 la Madonna col Bambino dell’Accademia Carrara di Bergamo e la Pentecoste affrescata con Paolo Morando detto il Cavazzola nel catino della cappella Miniscalchi in S. Anastasia; del 1510 e 1513 i riquadri votivisulle pareti del presbiterio di S. Marziale a Breonio, raffiguranti S. Agapito (1510), i Ss. Rocco, Cristoforo e Sebastiano (1513), S. Marziale (1513) e S. Giovanni Battista (1513). E ancora sono datati 1515 l’affresco, ora a Castelvecchio, con la Madonna in trono col Bambino e i ss. Giuseppe, Girolamo, Antonio Abate e Rocco; 1515-16 le ante d’organo, eseguite con Girolamo dai Libri, per S. Maria in Organo, finite smembrate nella parrocchiale di Marcellise (a Francesco spettano quelle con i profeti Daniele e Isaia e i Ss. Giovanni Evangelista e Benedetto, oltre ad altre opere di collaborazione, perdute, per la stessa chiesa: Gerola, 1913, pp. 24-27); 1517 l’affresco delle Gallerie dell’Accademia di Venezia con la Madonna col Bambino e s. Rocco, da una casa di Cazzano di Tramigna e gli affreschi nella parrocchiale di Cellore d’Illasi (Annunciazione, Evangelisti, Ss. Zeno e Bovo col committente); 1520 la Sacra Conversazione dell’Accademia Carrara di Bergamo; 1523 l’ormai illeggibile Madonna col Bambino e santi nel protiro laterale di S. Fermo Maggiore; 1524-25 la pala con l’Assunzione della Madonna nella chiesa dei Ss. Siro e Libera (per la cui Confraternita, nel 1520, aveva eseguito un’altra pala, della quale restano due frammenti a Castelvecchio con La Madonna e s. Paolo, e S. Antonio da Padova e s. Giovanni Evangelista [Peretti, 2010, pp. 282 s.], e nel 1523 un «quadreto» [Rognini, 1973]); 1526 la pala raffigurante la Madonna con i ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista della parrocchiale di Quinto di Valpantena e la lunetta con il Padre Eterno che completa la pala di Girolamo dai Libri nella chiesa di S. Giorgio in Braida (dalla cui predella potrebbero provenire pure tre Storie di s. Lorenzo Giustiniani ora a New York in collezione privata: ripr. in Peretti, 2006, pp. 348-350); 1528 il frammento di Madonna col Bambino ad affresco del Museo canonicale di Verona (Guzzo, 1994); 1529 la pala con la Madonna in trono coi ss. Giuseppe e Rocco, nella lunetta il PadreEterno, della parrocchiale di Soave, giàridipinta in antico (Biadego, 1906, p. 14).

I rapporti di Francesco con gli ambienti artistici locali sono attestati dalle opere citate eseguite in collaborazione coi colleghi Falconetto (affreschi in Ss. Nazaro e Celso), Paolo Morando (S. Anastasia), Girolamo dai Libri (S. Maria in Organo e S. Giorgio in Braida) e Michele da Verona (S. Chiara); significativi sono anche due testamenti del 1504, in cui fu testimone dell’intagliatore Giovanni Zebellana (Ericani, 1991, p. 25), nonché del padre di Michele da Verona, Zenone da Sommacampagna (Mazzi, 1911).

All’interno della sua famiglia furono pittori anche il figlio Giuseppe(1515 - ante 1557), documentato a Venezia nel 1549 (Ludwig, 1911, opina che possa trattarsi del pittore Giosefo il Moro ricordato in P. Pini, Dialogo della pittura, Venezia 1548, p. 2), e il nipote Francesco (1537 - ante 1625),figlio di Giuseppe. Di essi non si conoscono opere.

Francesco fece testamento il 15 maggio 1529 (Cipolla, 1882), testimoni il miniatore Callisto dai Libri e il pittore Battista Farinati (tra i curatori testamentari è indicato l’amico Girolamo dai Libri) e morì, a Verona, il giorno stesso della stesura del testamento, come conferma la registrazione del decesso, in data 16 maggio, nel registro della Confraternita del Santissimo presso la chiesa dei Ss. Siro e Libera, dov’era iscritto dal 1521 (Rognini, 1973, p. 278). Fu sepolto vicino al padre in S. Bernardino (Cipolla, 1882).

Gli esordi di Francesco sono documentati, oltre che dalle opere in collaborazione con il padre, anche da lavori autonomi che già rivelano una accentuata propensione verso un fare plastico e geometrizzante, talora definito di ascendenza pierfrancescana e antonellesca, che bene si spiega con i rapporti con la coeva scultura lignea: a tal proposito si vedano la paletta di Princeton (Princeton Art Museum, Princeton University), raffigurante una Madonna col Bambino in trono coi ss. Caterina, Giovanni Battista, Nicola (?) e Maddalena, databile negli ultimi anni del Quattrocento, la dolente Crocefissione di s. Bernardino, o la Lavanda dei piedi a Castelvecchio. Tale fare plastico appare accentuato da una peculiare fissità iconica, per esempio delle Madonne, che resta invariata fino alle opere tarde (frammento di affresco del Museo canonicale, datato 1528), ed è appena mitigato dalla dolcezza sentimentale delle figure, come dal gusto verso i dettagli naturalistici e verso la resa del paesaggio che, con Morone e il collega Girolamo dai Libri, trova precoce sviluppo a Verona e si arricchisce di suggerimenti presi dalla pittura e dalla incisione nordica: ormai lontano dal modello del trittico mantegnesco di S. Zeno che aveva ispirato la pittura veronese fino agli anni Ottanta, Morone trae spunto per le sue pale d’altare (per esempio quelle di Brera e di S. Maria in Organo) dallo schema naturalistico, en plein air, della seconda pala veronese di Mantegna (1497) già in S. Maria in Organo, raffigurante La Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Battista, Gregorio Magno, Benedetto e Girolamo ora al Museo del Castello Sforzesco di Milano, mitigando una tavolozza tipicamente veronese, ricca di verdi, viola e aranci, con note cromatiche e chiaroscurali di ispirazione lombarda (tra Giovanni Agostino da Lodi e Vincenzo Foppa). Tutto questo lo dovette rendere particolarmente gradito alla committenza locale, compresa quella laica alle cui esigenze devozionali sono destinate le belle raffigurazioni di Madonna col Bambino, da quelle giovanili di Padova (Musei civici) e dell’Accademia Carrara di Bergamo a quella (nota come Madonna Moscardo) del Museo di Castelvecchio (alla National Gallery di Londra si trova una variante rovesciata dello stesso cartone, che però sembra frammento di una pala), all’esemplare dell’Accademia di Venezia e a quello del Museo di Berlino (Staatliche Museen, Gemäldegalerie). La tarda Madonna col Bambino su tela, firmata, del Museo canonicale, si impone per le spettacolari vedute di montagna ai lati della tenda rosso-lacca che forma una specie di dossale alle spalle della Vergine, secondo lo schema veneto della Sacra Conversazione adottata da Francesco in varie occasioni: le forme espanse e dilatate nulla hanno più a che vedere con la gracilità quattrocentesca delle Madonne di inizio secolo e si affiancano invece ai risultati monumentali di alcune opere di Girolamo dai Libri degli anni Venti avanzati; il rapporto dinamico tra le due figure, complicato dall’accenno di torsione anatomica, risente di precoci, almeno per Verona, sentori di classicismo raffaellesco nell’interpretazione che ne stavano dando, dopo il 1515, il Cavazzola e Nicola Giolfino.

Altre opere si trovano a Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie (Madonna col Bambino coi ss. Antonio Abate e Paolo Eremita, da S. Maria in Organo; per i tre pezzi della dispersa predella, al Museo Horne di Firenze e in ubicazioni ignote; Vinco, 2007/08-2008/09 p. 227; Verona, Museo di Castelvecchio (quattro elementi di polittico con Santi e committenti, dalla chiesa di S. Chiara; S. Bartolomeo e S. Francesco, dalla cappella della Croce in S. Bernardino, nonché Stimmate di s. Francesco, pure da S. Bernardino; Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Battista, Giacomo, Filippo e Benedetto, da Roncanova di Gazzo Veronese; Ss. Trinità con la Vergine e il Battista, da S. Maria della Vittoria Nuova; S. Caterina con donatore, da S. Gregorio); Verona, cattedrale (S. Giacomo con donatore e S. Giovanni Evangelista, elementi di un trittico; sembra fosse la sua cimasa una sciupata Deposizione nei depositi di Castelvecchio ); Verona, S. Anastasia (Due angeli, affresco sulla porta di ingresso alla cappella Giusti; S. Paolo con i ss. Dionigi e Maddalena e devoti); San Pietro Incariano, parrocchiale (Madonna col Bambino e i ss. Battista e Pietro [?], affresco staccato); Bussolengo, oratorio di S. Valentino (S. Valentino, affresco). Vanno infine menzionate la Madonna col Bambino su intonaco già nelle collezioni Simonetti e Chiesa (Angelelli - De Marchi, 1991, p. 25), replica autografa di quella nell’affresco datato 1517 nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia; e tre repliche dello stesso cartone per tondi raffiguranti Evangelisti (nel ciclo già nel capitolo della Dottrina di s. Nazaro, ora a Castelvecchio, completato da un Battesimo di Cristo, 1517 circa; in quello distrutto, ma documentato dalle fonti, di S. Maria della Vittoria Nuova; in quello della parrocchiale di S. Maria in Stelle, con gli intonaci ora ritagliati ed inseriti in una decorazione ottocentesca).

Resta ancora da approfondire l’attività di Morone nel ritratto (Vasari [1568] parla di un ritratto di Antonio Fumanelli; alcuni inserti interessanti sono presenti nei dipinti: per esempio nei quattro elementi di polittico già a S. Chiara, ora a Castelvecchio, o nel S. Giacomo con donatore nella cattedrale di Verona) e nella pittura profana: cadute alcune vecchie attribuzioni, come quella della Scena di fidanzamento di Michele da Verona (Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie; Dal Pozzolo, 1993), si può ricordare il fascinoso Sansone e Dalila del Museo Poldi Pezzoli di Milano. Del tutto sconosciuta resta invece l’attività nella miniatura, verosimile vista la produzione del padre: l’unica prova riconducibile a essa, la Madonna col Bambino e le ss. Cecilia e Caterina d’Alessandria della Robert Lehman Collection (New York, The Metropolitan Museum of art), è tuttavia alla fine un quadretto da devozione, che condivide con la miniatura il supporto di pergamena e la tecnica, ma che si struttura come una pala d’altare, con la Madonna in trono, il pavimento a piastrelle in prospettiva e l’ampio paesaggio di fondo.

Abbastanza nota è invece la grafica, documentata da alcuni morbidi disegni, tutti a matita rossa (Eberhardt, 1998): al Getty Museum di Los Angeles un S. Luca; nel Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi il foglio preparatorio per l’affresco datato 1515 di Castelvecchio; all’Albertina di Vienna il foglio preparatorio per i Ss. Giovanni Evangelista e Benedetto su una delle ante già a S. Maria in Organo.

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