CALVO, Francesco Giulio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CALVO, Francesco Giulio (dopo il 1518 o 1519 Francesco Minicio dal supposto eponimo del paese nativo di Menaggio; si sottoscrive Rutilio in una edizione del 1531, aggiunge Novocomensis in altre)

Francesco Barberi

Nel 1516 il C. esercitava a Pavia il commercio di libri; nei primi del 1517 aveva intenzione di stabilire una tipografia a Genova (lettera del 10 febbraio al Froben, cit. in altra del maggio successivo di Beato Renano a Erasmo); ma il progetto non ebbe seguito. Prima del 1519, e forse anche più tardi, viaggiò molto in Italia e in vari paesi di Europa alla ricerca (ma con risultati probabilmente scarsi) di codici di classici latini: da un epigramma dedicatogli da Fr. Arsilli si apprende che fu in Inghilterra, in Spagna, in Francia, in Germania e in Ungheria.

Benché non abbia lasciato altri scritti che poche prefazioni a sue edizioni, il C. fu umanista stimato dai migliori editori e da dotti contemporanei italiani e stranieri: intrattenne rapporti con eruditi e letterati e con alte personalità del mondo religioso, di parte protestante e cattolica: B. Amerbach, J. Froben, I. Grolier, Erasmo, R. Amaseo, B. Egnazio, F. Berni, i conterranei B. e P. Giovio e il vescovo G. M. Giberti; l'amicizia con A. Alciato è comprovata dalle numerose lettere indirizzategli dal giurista, il quale gli aveva anche affidato il manoscritto della compromettente Epistola contra vitam monasticam, dal C. consegnata a Erasmo, e causa pertanto per l'Alciato di vive preoccupazioni.

Tra i librai e gli editori della prima metà del sec. XVI il C. fu dei più attenti e aperti alle nuove correnti di pensiero, agli studi umanistici e a importanti iniziative editoriali in tale campo, che dopo la morte di Aldo Manuzio (1515) ebbero le sedi principali all'estero, soprattutto a Basilea, a Lione e a Parigi. Negli anni immediatamente successivi alla protesta di Lutero il C. introdusse in Italia suoi opuscoli; tuttavia l'opinione tradizionale, basata su unalettera del Froben a Lutero del 14febbr. 1519, che il C., "vir eruditissimus et Musis sacer", fosse convinto assertore e propagatore delle idee del riformatore tedesco è stata smentita dal Mercati.

Il filoluteranesimo del C. non poté comunque andare oltre il 1521, quando, trasferitosi a Roma, si fece editore della Oratio in Martinum Lutherum di L. Marliani, recante cinque distici antiluterani di un "Paulus exorcista", che il Mercati ha potuto identificare nell'Alciato. Influenzato senza dubbio da costui, il C. assunse un generico, prudente atteggiamento erasmiano, allora non inconciliabile con la fedeltà allaChiesa di Roma: ciò è comprovato dai suoi rapporti con il datario Giberti, con P. Sadoleto e altre personalità di quella tendenza.

A Roma, stabilitosi probabilmente per suggerimento di P. Giovio, amico del card. Giulio de' Medici (poi Clemente VII), il C. fu dapprima editore di alcune opere stampate da M. Silber; nel 1523 aprì nel rione di Parione una tipografia propria, della quale si conoscono prodotti fino al 1531. Mentre scarsamente e solo indirettamente è documentata la precedente attività di libraio, quella del C. editore e tipografo è illustrata nell'indirizzo e nelle caratteristiche dalle sue numerose pubblicazioni.

Non risulta che nel periodo romano egli si allontanasse dalla città, nonostante le sollecitazioni dell'Alciato (soprattutto nel 1523) a recarsi a Milano per aiutare il fratello in difficoltà; egli era ormai legato alla Curia e occupato nell'impiantare l'officina e nell'avviarne la produzione, che fu assai cospicua nei tre anni successivi. Non abbandonò Roma (come fecero altri tipografi) neanche dopo il Sacco, dal quale fu gravemente danneggiato, ma riuscì a scainpare avendo trovato rifugio, insieme col suo ospite C. Grolier, figlio del grande bibliofilo, presso il vescovo spagnolo G. Cassador. Le lettere indirizzategli dall'Alciato durante questo periodo confermano da un lato la stima che il C. godeva presso il giurista milanese, il quale gli proponeva - invano - la pubblicazione d'importanti opere giuridiche; dall'altro la reputazione e l'influenza dell'editore presso la Curia: ad essa, tramite l'amico, l'Alciato chiese più di un favore. Attivo e abile nei rapporti con eruditi e letterati ("per omnes occasiones doctorum virorum amicitiam ambit et benevolentiam sua comitate et eloquentia extorquet", A. Minuziano a G. Fr. Pico, 20 gennaio 1521, "eruditorum omnium praeco est: ad haec vir facetus et commentis nov. 15 semper facundus", A. Alciato a B. Amerbach, 23 febbr. 1522), il C. a Roma non poteva, come altri, non adeguarsi al mutamenti che avvenivano in alto loco: l'aver pubblicato nel 1522 le Quaestiones de Sacramentis del regnante Adriano VI non gl'impedì nei primi del 1524 di stampare una lettera di C. Batti, diffamatoria del pontefice da poco definito. Nel 1535 il C. si trasferì a Milano, dove dal 1539 al 1542 riprese a stampare poche opere.

Della produzione romana del C. sono state descritte 130 edizioni da F. Barberi; a esse sono da aggiungerne un'altra trentina. Solo la quarta parte, all'incirca, recano la sottoscrizione; ma Pidentificazione è agevolata dal singolare carattere romano, di varie grandezze, e da comici nei frontespizi. Nell'ultimo quadrimestre del 1523 dall'officina del C. uscirono una mezza dozzina di libri; la produzione salì nell'anno successivo a oltre 50. Non può considerarsi quantitativamente inferiore quella del 1525 (17 edizioni conosciute), poiché comprende l'Ippocrate latino nella versione del ravennate M. F. Calvo: l'in-folio di oltre 800 pagine è una delle imprese editoriali e tipografiche italiane più imponenti della prima metà del secolo. Nel 1526 la produzione fu di circa 30 edizioni, tra le quali spicca per mole e bellezza l'in-folio di più di 300 pagine, privo di note tipografiche, del poema De vita et gestis Christi del dalmata Giacomo Bona. Nei primi cinque mesi del 1527 dall'officina del C. erano già usciti una diecina di libri, e il 1º marzo egli si era impegnato a pubblicare le Decisiones del Cassador, quando il Sacco, poi una grave forma di gotta, ridussero fortemente la sua attività.

Nel 1524 il C. era succeduto al Silber quale "impressore apostolico" di bolle, brevi, motupropri pontifici e regole della Cancelleria: di tali testi ufficiali è stato possibile attribuirgliene una cinquantina fino al 1531, anno in cui succederà al C. in tale incarico A. Blado; con altri tipografi romani il C. divise la stampa di discorsi di circostanza su argomenti vari, tenuti da ambasciatori e da altre personalità per lo più alla presenza del pontefice.

Anche se alcuni di essi, meno convenzionali e accademici, contengono ragguagli su avvenimenti politici e militari contemporanei, un particolare interesse sotto questo riguardo offrono la trentina di "lettere" pubblicate dal C. e provenienti per la maggior parte dall'estero. Egli fu tra i primi che coltivarono questo genere di editoria giornalistica nella forma di opuscoli di pochissime carte, che davano notizie oltreché di fatti politici e militari anche di scoperte geografiche, di attualità e curiosità varie; la parola "avviso", che identifica tali pubblicazioni, è usata per la prima volta dal C. nel 1526. Altre pubblicazioni di maggiore mole si riferiscono anch'esse a situazioni e avvenimenti contemporanei.Sono di contenuto variamente religiosol'Enchiridion locorum communium adversus lutheranos di J. Eck (edizione identificata dal Fraenkel), opere di S. Atanasio, di G. Donati, di P. Sadoleto, del vescovo polacco A. Krzycki e di A. Brandolini. Circa 50(solo tre superano le 100 pagine) hanno carattere più propriamente culturale: di classici e di testi umanistici, oltre al corpus ippocratico, si segnalano Ars medicinalis di Galeno e cinque opuscoli plutarchei; brevi commenti alle Georgiche di Virgilio e alle Odi di Orazio, rispettivamente di T. Sabino e di A. Telesio; Lamia del Poliziano; un elogio dell'eloquenza latina di N. Liburnio; un falso Contractus venditionis del Pontano; De sextertio di L. Porzio. Di materia giuridica il C. pubblicò solo tre scritti di G. B. Caccialupi, di G. B. Casali e di M. Salomoni; dell'amico P. Giovio due opuscoli sui pesci. In omaggio a J. Grolier il C. ottenne dal Sannazaro l'autorizzazione a ristampare, sette mesi dopo la prima edizione napoletana, De partu Virginis;occasionate da amicizia furono anche le pubblicazioni di poemetti del Bembo e del Telesio.

Di opere recenti o contemporanee in volgare, più che alcuni opuscoli di F. Berni, di G. G. Trissino, di G. Capra e di P. Collenuccio meritano una speciale menzione sette commedie, uscite tra il 1524e il1525in un identico formato in 120e in caratteri piccolissimi, senza nome di stampatore: sono le due dell'Ariosto, Cassaria e Suppositi, Mandragola del Machiavelli, Calandria del Bibbiena, Eutychia di N. Grasso, Formicone di P. Filippo e Aristippia. Anche se sotto il pontificato di Leone X alcune di queste commedie si erano potute rappresentare addirittura in Vaticano, esse non erano state né saranno mai più stampate nella Roma dei papi. Di qui l'importanza del tentativo del C. d'introdurvi opere rappresentative della letteratura italiana: un genere che - tranne rarissime eccezioni dovute a motivi particolari - rimarrà sempre estraneo agli interessi culturali dell'ambiente romano.

Delle diecistampe milanesi conosciute una è del 1539, sette sono dell'anno successivo, due del 1541 brevi testi di esponenti della vita pubblica e della cultura milanese: due di M. A. Maioragio, due di carattere religioso e morale del benedettino I . Chiari, Torricella di O. Lupano, Abbattimento poetico dell'Aretino, Quaestio Virgiliana di F. Campana, Institutioni al comporre in rima di M. Equicola; De sacris diebus di Battista Spagnoli (Mantovano) è un volume di oltre duecento pagine, con dedica del C. a Francesco Ferdinando d'Avalos.

Il singolare carattere tondo usato dal C. ricorda la migliore antiqua umanistica; il corsivo delle edizioni romane è del tipo aldino, ma di probabile origine di Basilea (Tinto); quello delle poche milanesi (il tondo è assente) è di una varietà vicentiniana che egli probabilmente trovò sul posto. Le cornici che adornano alcuni frontespizi sono di sei tipi; i tre più notevoli - serto con fiori, frutta e statue ai lati e medaglione in basso su sfondo architettonico; girari con animali e stemma con "SPQR" in basso; grandi girari di foglie di acanto - non sono originali. Il gusto classico del C., oltreché nel disegno dei caratteri tondi, si esprime in numerosi medaglioni di soggetto antiquario. Nessuna edizione del C. è illustrata. Nei frontespizi, con o senza cornici, il titolo è spesso distribuito sull'intera pagina; le lettere sono capitali o tonde, talvolta gotiche di modulo grande.

Fonti e Bibl.:Tuttora fondam., riassuntivo e critico della precedente letteratura sulla vita del C., è lo studio di G. Mercati, Su F. C. da Menaggio primo stampatore e Marco Fabio Calvo da Ravenna primo traduttore del corpo ippocratico in latino, in Notizie varie di antica letteratura medica e di bibliografia, Roma 1917, pp. 47-71. Utili osservazioni e nuovielementi di giudizio sul C. sono forniti da C. Dionisotti, Notizie di Alessandro Minuziano, in Miscellanea G. Mercati, Città del Vaticano 1946, IV, pp. 349 s. L'epistolario di A. Alciato, principale fonte biografica sul C., è stato di recente integralmente pubbl. da G. L. Barni, Le lettere di A. Alciato giureconsulto, Firenze 1953; su questa edizione cfr. R. Abbondanza, A proposito dell'epistolario dell'Alciato, in Annali di storia del diritto, I (1957), pp. 475-482. Tre lettere inedite di R. Amaseo al C. - una delle quali di particolare interesse - conosce C. Dionisotti, Umanisti dimenticati, in Italia medioevale e umanistica, IV (1961), pp. 287 s.Sottolinea i rapporti del C. col Giberti A. Prosperi, Tra evangelismo e Controriforma, G. M. Giberti (1495-1543), Roma 1969. Ha ricostruito l'attività editoriale e tipografica romana del C. F. Barberi, Le edizioni di Francesco Minizio Calvo, in Miscellanea di scritti di bibliografia ed erudizione in memoria di Luigi Ferrari, Firenze 1952, pp. 57-98; una edizione ha aggiunto P. Fraenkel, Erste Studien zur Druckgeschichte von Johannes Ecks Enchiridion locorum communium, in Bibliothèque d'humanisme et renaissance, XXIX (1967), pp. 649-78. Le poche edizioni milanesi sono state descritte da G. Bologna, Le cinquecentine della Biblioteca Trivulziana, I, Le edizioni milanesi, Milano 1965, ad Ind. Qualche integrazione ai due elenchi reca lo Short-title catalogue of books printed in Italy... from 1465 to 1600 now in the British Museum, London 1958, ad Ind. Circa la presunta partecipazione del C. alla pubblicazione del Rifacimento di F. Berni dell'Orlando innamorato del Boiardo, cfr. A. Virgili, F. Berni. Con documenti inediti, Firenze 1881, pp. 126, 442, 545, e G. Mercati, op. cit. Sulcarattere corsivo nelle edizioni romane e milanesi del C. cfr. A. Tinto, I corsivi dell'Arrighi e del Tagliente, in L. Balsamo-A. Tinto, Origini del corsivo nella tipografiaitaliana del Cinquecento, Milano1967, pp. 112 s., 132-134.

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