Borromini, Francesco

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Architetto (Bissone 1599 - Roma 1667), col suo antagonista G. L. Bernini è una delle due più originali e importanti figure dell'architettura del sec. 17° in Italia. Dopo un soggiorno a Milano, venne forse nel 1614 a Roma, dove fu impiegato come intagliatore e scalpellino nella fabbrica di S. Pietro. Fu protetto, e avviato alla professione di architetto, da C. Maderno, suo conterraneo e parente, dopo la morte del quale (1629) il B. seguitò a lavorare in S. Pietro (specialmente nella realizzazione del baldacchino) e al palazzo Barberini (scala ellittica, disegno delle grandi finestre) alle dipendenze del Bernini, col quale si pose ben presto in aperto contrasto. L'attività autonoma del B. comincia (1634) con la costruzione del convento e della chiesa di S. Carlino alle Quattro Fontane (ma la facciata della chiesa, del 1667, è l'ultimo suo lavoro). Seguono una cappella in S. Lucia in Selci (1638-39) e le trasformazioni del Palazzo Spada e del Palazzo Falconieri (1640 circa); il palazzo Carpegna (oggi accademia di S. Luca: 1635-50); il convento e l'Oratorio dei Filippini (1637-50); la tomba Merlini in S. Maria Maggiore (1644 circa); il restauro di S. Giovanni in Laterano (1646-49); i lavori con G. e C. Rainaldi per il palazzo Pamphili (1645-50) e per S. Agnese in Piazza Navona (1653-57); la chiesa di S. Ivo alla Sapienza (già nel 1632 si era iniziata la collaborazione del B. alla Sapienza) e quella di S. Maria dei Sette Dolori; la chiesa e il Collegio di Propaganda Fide; il campanile di S. Andrea della Fratte; la cappella Spada in S. Girolamo alla Carità (1660 circa), ecc. Fuori di Roma fece l'altare dell'Annunziata ai SS. Apostoli di Napoli (1640-42), altri altari ideò per la chiesa di S. Maria degli Angeli a Faenza e di S. Paolo a Bologna; a Frascati trasformò la Villa Falconieri; a S. Martino al Cimino realizzò, in collaborazione con M. de Rossi, l'ampliamento del borgo. Condusse vita solitaria e ansiosa, che si concluse con il suicidio. La sua architettura, aspramente censurata dalla critica neoclassica e oggi nuovamente apprezzata, è, nei suoi caratteri formali, opposta a quella del Bernini. Al contrario di questo, il B. cerca una contrazione dello spazio costruttivo, riduce al minimo il valore delle masse ed esaspera quello delle linee, insiste sul disegno dei minimi particolari decorativi, introduce forme assolutamente nuove (volute, cartocci, arabeschi, ecc.), complica il tracciato delle piante, si compiace di geniali e audacissimi espedienti costruttivi; ma soprattutto, più che alla maestà e alla monumentalità dell'insieme, mira a ottenere in tutto l'edificio, fino ai particolari più minuti, una serrata continuità di ritmo. Il B. curava personalmente tutti i particolari dell'ornamento, facendo così, della sua architettura, una specie di miracolo di tecnica e, insieme, di stile. Grande fu il fascino del B. sull'architettura barocca europea. La sua nuova tematica spaziale esercitò profondo influsso sul Guarini e sugli architetti dei paesi tedeschi e boemi, mentre il suo nuovo repertorio formale e il suo felice innesto di forme organiche sulle strutture architettoniche erano stimolanti sulle generazioni successive sino al rococò. Soprattutto impegnativo fu il dibattito, aperto dal B., sulla validità del sistema formale classico e sul carattere espressivo delle più ardite soluzioni tecniche.

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