BIRAGO, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIRAGO, Francesco

Paolo Bertolini

Figlio di Antonio Marcello, fratello di Andrea, e di Elena Sovico, nacque nei primi decenni del sec. XV a Milano.

Per quanto non indifferente debba esser stato il suo peso nella vita politica interna ed estera del ducato, specie dopo la seconda metà del Quattrocento - come è provato dai numerosi privilegi e dagli onori che i vari duchi di Milano gli concessero come premio dei servizi da lui resi e dei meriti da lui acquisiti -, è tuttavia alquanto difficile seguire le vicende della sua vita privata e della sua carriera politica, perché il suo nome appare assai raramente nelle pagine degli scrittori a lui coevi o nei documenti pubblici relativi ad avvenimenti di una certa importanza.

Sposatosi assai giovane con la figlia del senatore Marcellino Barbavara, Agostina, il B. aveva servito fedelmente e con valore tra le milizie sforzesche sino alla conclusione della pace di Lodi (8 apr. 1454), quando, cessate definitivamente le ostilità fra Milano e la Repubblica di Venezia, egli venne creato da Francesco I Sforza, in ricompensa dei suoi molteplici meriti, consigliere ducale. La prima notizia sicuramente databile, tuttavia, della vita del B. è soltanto del 1456, quando il duca di Milano gli rilasciò un privilegio di esenzione fiscale, come premio dei meriti acquisiti dal padre, Antonio Marcello, e dallo zio, Andrea; il duca, inoltre, gli concedeva in feudo le terre di Frascarolo, Tor de' Beretti, Cascina dei Bossi, Tortorello e Castellazzo, nella Lomellina pavese (30 agosto). La morte di Francesco I Sforza (8 marzo 1466) non pregiudicò la carriera e le fortune del B.: il nuovo duca, Galeazzo Maria, lo mantenne nella carica di consigliere segreto e, per compensarlo di servigi che ci sono altrimenti ignoti, volle solennemente riconfermare al B. i privilegi ed i feudi che gli erano stati concessi dal padre (13 febbr. 1467). Anche dopo questa data, tuttavia, il B., uomo di fiducia nell'amministrazione dei beni patrimoniali e demaniali del duca, "gentiluomo" di corte dal 1474, tra i rettori dell'Ospedale Maggiore per il rione di Porta Vercellina dal 1476, tutto preso, a quel che sembra, dal disbrigo degli affari inerenti ai suoi molteplici incarichi, comparve molto raramente sulla scena politica milanese, e sempre in occasione di cerimonie pubbliche: così nel 1470, quando, deputato del rione di Porta Vercellina, prestò il giuramento di fedeltà nelle mani del duca, o come nel 1474, quando accompagnò Galeazzo Maria, che si recava a Cassano d'Adda incontro al re di Dacia (14 marzo). La sua nuova posizione a corte gli aveva intanto permesso di stabilire una fitta rete di legami e di conoscenze con le personalità più in vista del mondo politico e culturale milanese, e di stringere buoni rapporti con l'onnipotente Cicco Simonetta. Gli effetti di queste sue nuove ed influenti relazioni non dovevano tardare a farsi vedere.

Il 26 dic. 1476 Galeazzo Maria fu assalito a tradimento ed ucciso da tre giovani aristocratici, nostalgici della Repubblica ambrosiana, Gerolamo Olgiati, Carlo Visconti e Andrea Lampugnani. Grazie anche all'appoggio della cittadinanza, Cicco Simonetta seppe mantenere saldamente in pugno la situazione e superare la crisi dinastica, facendo riconoscere come eredi legittimi al trono i due figli ancora fanciulli del duca defunto, e come reggente in nome loro la madre, Bona di Savoia.

In questi frangenti il B. si dichiarò per la reggente, e da questa, probabilmente su proposta del Simonetta, fu inviato immediatamente a Como, con l'incarico di portarvi la tragica notizia e con l'altro, certo di maggior responsabilità, di confermare quel Comune nella fedeltà agli Sforza ed a Milano, ottenendone il riconoscimento di Gian Galeazzo come duca e successore del padre. Il B. dovette amministrare la sua legazione con rapidità e con fermezza, se il 4 genn. 1477, ottenuto il giuramento di fedeltà di Como, era già tornato a Milano: in questo giorno, infatti, fu nominato tra i collaboratori diretti dei maestri delle entrate e tesoriere di Stato. Creato - successivamente - con ogni probabilità molto prima del fallito colpo di stato del 25 maggio di quello stesso anno - "capitano del Lago Maggiore e di Domodossola" e "luogotenente" in nome di Ludovico Maria Sforza, veniva confermato in questo importante incarico sino "ad kalendas ianuarii" dell'anno seguente con missive ducali del 22 giugno 1477. Riuscito a rimanere estraneo al mortale duello tra la reggente e Simonetta da un lato, e Ludovico il Moro, dall'altro, il B., senza fare scelte che avrebbero potuto pregiudicare il suo avvenire, si limitò ad assolvere lodevolmente alle sue funzioni, meritandosi, volta a volta, la riconoscenza di Bona di Savoia e la stima del Moro, che, entrato vittorioso in Milano (8 sett. 1479) ed iniziata la persecuzione dei suoi avversari, non solo non permise che si prendesse alcun provvedimento contro il B., ma lo volle, poco dopo, reintegrare nel suo antico ufficio di consigliere ducale (novembre 1481).

In quest'anno, o nel precedente, deve porsi anche l'ingresso del B. nella Cancelleria segreta e la nomina, di poco successiva, a protonotaro ducale. Della notizia, nonostante le riserve avanzate da alcuni studiosi, non è lecito dubitare, perché concordemente attestata dai Dispacci di Lorenzo il Magnifico, dall'epistolario di Iacopo Gherardi e dal Diarium Romanum di quest'ultimo, che ci permette di stabilire, anche, il terminus ante quem. Nel riferire i nomi dei legati giunti a Roma tra l'aprile e la metà di maggio del 1482, il Gherardi ricorda anche: "Branda Cumensis episcopus eiusque collega et gentilis eiusdem nominis, et protonotarius Biragus a Mediolanensi... duce" (Iacobi Volaterrani Diarium Romanum ab a. MCCCCLXXIX ad a. MCCCCLXXXIV, in Rer. Italic. Script., XXIII, 3, a cura di E. Carusi, pp. 99 s.).

Fu in questa veste, appunto, che il B. prese parte alle delicate manovre intese a contrastare la politica di potenza perseguita dalla Repubblica di Venezia (al tentativo di distogliere il pontefice dalla alleanza con i Veneziani va collegato il suo soggiorno a Roma nel 1482 con gli altri rappresentanti della lega italica) e, allo scoppio della guerra di Ferrara, venne inviato, nella seconda metà del maggio di quello stesso anno, a Parma, col compito di domarvi la rivolta antimilanese fomentata dalla rivalità delle "tre squadre", alimentata dal danaro veneto e guidata da Piermaria Rossi, feudatario della bassa parmense, ribellatosi al duca fin dall'aprile dell'anno precedente. Il B. sapeva perfettamente (e con lui il Moro) di non essere in grado di risolvere da solo, soffocando la rivolta, il problema parmense: poiché essa non era un episodio a sé stante, ma andava piuttosto collegata e inserita in un contesto ben più ampio e complesso, quello della lotta che si andava combattendo, contemporaneamente, con le armi sotto le mura di Ferrara e nel Polesine, e con la diplomazia presso le maggiori corti italiane, era evidente che, quando Venezia lo avesse ritenuto opportuno o quando fosse stata costretta a cedere di fronte ai collegati, anche la rivolta di Parma si sarebbe spenta, così subitamente come s'era accesa. Il compito del B. si limitava dunque a fronteggiare l'iniziativa veneta in quel determinato settore, controllando e circoscrivendo al massimo i danni provocati dalla guerriglia. La quale, difatti, rimase, specie dopo la morte del Rossi (1º sett. 1482), limitata ad alcune regioni del contado, mentre Parma e le più importanti vie di comunicazione rimanevano presidiate saldamente dai reparti milanesi. La sua azione di governo nel Parmense ebbe, comunque, la piena approvazione di Ludovico il Moro: richiamato, dopo la pace di Bagnolo (7 ag. 1484), a Milano, il B. fu solennemente investito dal duca del feudo di Mettone, Sizzano e Torretta, con privilegio di trasmetterne le ragioni ereditarie ai suoi discendenti secondo la linea diretta maschile - ed è perciò che il B. è considerato il capostipite della famiglia dei signori di Mettone e Sizzano (16 nov. 1464). Due anni più tardi il B. ricevette dal duca di Milano un nuovo diploma, con cui veniva confermato a lui ed ai nipoti il feudo di Torre de' Bianchi (16 maggio 1486).

Col ritorno alle sue funzioni di consigliere segreto e, come protonotaro ducale, di responsabile della Cancelleria, il B. riprese quella posizione in apparenza di secondo piano, che sembra esser stata la sua nota caratteristica. In realtà, tuttavia, appunto in virtù delle esperienze derivantigli dai continui contatti con le maggiori cancellerie italiane, e dei legami che, per il suo stesso ufficio, aveva stabilito con importanti personalità degli altri Stati della penisola, il suo parere dovette essere determinante in buona parte degli affari milanesi di quello scorcio di secolo. Lo stesso Iacopo Gherardi, giunto a Milano nel settembre del 1487 come nunzio apostolico presso la corte sforzesca, si riconobbe che buona parte del successo della sua legazione era stato dovuto all'influenza ed ai buoni uffici del B., cui era legato da profonda stima e da grande amicizia.

Intorno al 1490 il B. lasciò alcuni dei suoi incarichi ufficiali, abbandonando la politica attiva, e si ritirò a vita privata nel suo feudo di Mettone e Sizzano: qualche tempo prima ne aveva fatto adattare ad abitazione il castello di Sizzano, e li fissò la sua residenza. Trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi all'amministrazione dei suoi beni patrimoniali. Non conosciamo la data esatta della sua morte.

Con missiva ducale del 7 ag. 1494 Andrea da Birago, uno dei figli (forse il maggiore) del B., venne nominato "collateralis Banchi stipendiatorum". Nel documento si precisava che il giovane assumeva quell'importante ufficio "loco eius patris q. nob. viri Francisci", e che il suo servizio s'intendeva cominciato "a die obitus eius patris, ad beneplacitum" (Santoro, p. 100). Secondo questa esplicita testimonianza, dunque, il B. sarebbe morto sul finire del mese di aprile del 1494, poiché l'inizio della carica di Andrea decorreva dal 1º maggio. Contrastano tuttavia con tale conclusione una notazione del 7 dic. 1495, che ricorda un Francesco da Birago tra i funzionari della Cancelleria ducale (Milano, Archivio di Stato di Milano,Ducali Missive, n. 200, f. 206v), ed un diploma con cui Ludovico il Moro concedeva al B. ed ai suoi nipoti l'investitura del feudo di Torretta degli Alberi, in territorio pavese (6 giugno 1495). Il corpo del B. venne inumato nel sarcofago inferiore del monumento funebre dedicato dai suoi figli allo zio Daniele da Birago, arcivescovo di Mitilene, nella chiesa di S. Maria della Passione, a Milano.

Fonti e Bibl.: M. Sanuto,Diarii, II, Venezia 1879, coll. 1256, 1304; V. Forcella,Iscrizioni delle chiese ed altri edifici di Milano, I, Milano 1889, p. 193; IV, ibid 1890, p. 300; Chronica gestorum in partibus Lombardie, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXII, 3, a cura di G. Bonazzi, pp. 106-120,passim; Dispacci e lettere di G. Gherardi nunzio pontificio a Firenze e a Milano..., a cura di E. Carusi, Roma 1909, nn. XLI, pp. 100-103; CXXI, p. 225; CLXXVII, pp. 205 s.; I Registri dell'Ufficio degli Statuti di Milano, a cura di N. Ferorelli, Milano 1920, n. 161, p. 130; C. Santoro,Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, pp. 98, 100, 284; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74, 1477-1492, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 392, 469; I Registri delle lettere ducali del periodo sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1961, n. 222, p. 131; C. Simonetta, I diarii, a cura di A. R. Natale, Milano 1962, pp. 95, 102, e passim; G. Sitoni,Theatrum equestris nobilitatis secundae Romae, Milano 1706, p. 76; Id.,Vicecomitum monumenta, Milano 1714, p. 36; L. Tettoni-F. Saladini,Teatro araldico, IV, Lodi 1844,sub voce Biraghi di Milano; E. Motta,Demetrio Calcondila,editore, in Arch. stor. lomb., serie 2, X (1893), 156 nota; C. Elli,La chiesa di S. Maria della Passione in Milano, Milano 1906, pp. 69 s.; P. Pecchiai,L'Ospedale maggiore di Milano nella storia e nell'arte, Milano 1927, pp. 511-513; G. Castelli,Storia del mio paese: Campomorto, Siziano 1940, pp. 61-76,passim; F. Catalano,Il Ducato di Milano nella politica dell'equilibrio, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 227-413,passim; P. Litta,Famiglie celebri italiane, Birago di Milano, tav. II.

Numerosi documenti inediti relativi alla biografia ed all'attività politica del B. sono conservati nell'Archivio di Stato di Milano sotto le seguenti collocazioni: Archivio Sforzesco: Potenze straniere,Carteggio Generale,Registri ducali,Feudi camerali,Ducali missive, per i quali sono auspicabili una sistematica esplorazione ed un'edizione critica.

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