MAZZIOTTI, Francesco Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MAZZIOTTI, Francesco Antonio

Giuseppina Lupi

– Figlio primogenito di Pietro e di Anna Maria Sodano nacque a Stella Cilento, presso Salerno, il 19 ott. 1811.

La famiglia di origine, di possidenti terrieri d’antica tradizione, risiedeva in un’altra località del Salernitano, Celso di Pollica, gestendo il commercio di olio, grano, zolfo e carbone tra la Calabria e la Sicilia. Nel gennaio 1811 il padre del M., Pietro, era stato diseredato dal nonno Ferdinando per avere sposato una donna di umili origini e, costretto a lasciare Celso, si era stabilito a Stella Cilento. La nascita del M. contribuì al riavvicinamento e alla riconciliazione familiare. Pietro, dopo aver ricoperto incarichi pubblici durante l’occupazione francese, nel 1815 fu nominato giudice di pace a Pollica; più tardi, accusato di essere iscritto alla setta dei filadelfi, fu arrestato il 1° ag. 1828 nella sua casa di Celso e condotto nelle prigioni di Salerno dove morì di tifo il 12 marzo 1829.

Il M. fu affidato allora alle cure dello zio Matteo che gestiva il patrimonio familiare e che ne divenne il precettore. Nell’ottobre 1830 sposò Marianna Pizzuti e tornò a Celso.

Influenzato dal padre, il M., pur astenendosi dall’aderire a società segrete, si orientò politicamente, seguendo la tradizione familiare, verso le idee liberali. Gliene derivò nel giugno 1838 l’ingiunzione da parte del prefetto di polizia di trasferirsi a Napoli sotto sorveglianza. Così si poté ridurre l’ascendente da lui esercitato sui giovani del contado ma non impedirgli di convocare nella sua dimora napoletana a partire dal 1840, sotto l’impulso di C. Poerio, riunioni di giovani liberali per la costituzione di una società patriottica il cui scopo, sotto la mentita copertura di accademia letteraria, era di organizzare e dirigere con una azione comune l’opposizione al regime borbonico.

Nel gennaio 1848 si costituì il comitato insurrezionale per la rivolta del Cilento con la partecipazione dello stesso M. e di C. Poerio, C. Carducci, A. Leipnecher. Scoperti i preparativi del moto, il governo borbonico inviò una colonna mobile che il 17 gennaio si attestò fuori della mura di Salerno. La rivolta ebbe inizio il giorno dopo e il M. attraverso una fitta trama di contatti si adoperò per estenderla al circondario di Montecorvino, senza tuttavia trovare il sostegno della massa della popolazione. Anziché scoraggiarsi, il M. chiese a Poerio un comando militare per le forze insurrezionali guidato da Leipnecher e la sera del 28 gennaio, con G.B. Riccio di Torchiara e D. Bruno, assalì la caserma dei gendarmi in frazione Santa Tecla, li disarmò e quindi marciò su Giffoni.

La notizia della concessione della costituzione e dell’amnistia ai rivoltosi spinse gli animatori della insurrezione a recarsi a Napoli, mentre uomini di comprovati sentimenti liberali erano inviati a dirigere i distretti della provincia. Convocati i comizi elettorali, nella votazione del 2 maggio il M. risultò eletto al Parlamento napoletano per il distretto di Vallo (Principato Citra). Dopo gli avvenimenti del 15 maggio 1848 e la rottura di Ferdinando II con la parte liberale il M. fu tra i firmatari della protesta contro lo scioglimento dell’Assemblea, e prese parte il 17 maggio all’adunanza preparatoria per la sollevazione delle province calabresi e del Cilento con cui si voleva costringere il re alla capitolazione. Rieletto il 15 giugno, partecipò attivamente ai lavori parlamentari mostrandosi tra i più decisi oppositori dei propositi reazionari della corte e del governo. Proprio il suo impegno fu all’origine di un agguato, «forse da parte di agenti della polizia borbonica» (Lodolini Tupputi, p. 300) di cui rimase vittima, con conseguenze abbastanza serie, il 4 febbr. 1849.

Iniziato nel luglio 1849 il processo a carico dei 66 deputati firmatari della protesta Mancini, il M. riuscì a sottrarsi all’arresto grazie all’intervento della diplomazia francese che gli consentì di fuggire a Civitavecchia su un piroscafo che il 16 ott. 1849 lo portò a Genova, dove il 20 ag. 1853 lo raggiunse la notizia della condanna a morte in contumacia, insieme con la confisca di tutti i beni per essere stato tra i promotori dell’insurrezione del Cilento nel 1848. Nel settembre del 1850 fu raggiunto in esilio dalla famiglia.

La moglie, rientrata a Napoli nel gennaio 1851 per motivi di salute, fu colpita il 16 nov. 1853 da ordine di carcerazione per essersi prestata a far da tramite della corrispondenza clandestina tra gli esuli contribuendo alla diffusione dei proclami mazziniani. Nel giugno 1854, grazie all’interessamento del console francese, riuscì a far ritorno a Genova dove morì per una infezione di colera i primi di novembre del 1855. Nell’aprile 1857 il M. sposò in seconde nozze la genovese Anna Gibelli.

Durante l’esilio genovese il M. continuò a interessarsi delle sorti del Meridione e a partecipare attivamente alla riorganizzazione degli esuli liberali. Convinto unitario, fu contrario ai progetti di restaurazione murattiana abbracciati da alcuni conterranei e aderì invece alla Società nazionale fondata da D. Manin, aderendo inoltre all’associazione «La Solidarietà del bene» costituitasi tra gli emigrati meridionali con scopi mutualistici e assistenziali. Venuto a conoscenza dei progetti rivoluzionari di C. Pisacane si oppose a uno sbarco di armati nella provincia di Salerno; tuttavia, dopo il fallimento della spedizione, preferì non unirsi al coro di coloro che si scagliarono contro i promotori dell’infelice tentativo.

Nel maggio 1859, durante le operazioni militari franco-piemontesi in Lombardia, il M. si adoperò per raccogliere adesioni tra gli emigrati meridionali contro la proposta di un’alleanza tra il Regno sabaudo e i Borbone di Napoli in cui vide un serio ostacolo al processo di unificazione. Nell’aprile 1860, insieme con G. Ricciardi, F. Stocco e G. Natoli, fece parte della commissione incaricata di raccogliere fondi per la spedizione di Garibaldi in Sicilia e di sussidiare quanti accorrevano a Genova per prendere parte all’iniziativa. Nel luglio del 1860, fruendo dell’amnistia, rientrò a Napoli e intrattenne fitti rapporti con il ministro piemontese S. Pes marchese di Villamarina e con lo stesso C. Cavour, informandoli della situazione e ricevendo istruzioni sulla linea di condotta da tenere con i liberali per affrettare l’annessione. Nel gennaio 1861 fu eletto deputato nei collegi salernitani di Montecorvino e Torchiara: optò per il secondo che lo rielesse nel 1867, dandogli occasione di sostenere alla Camera le posizioni della Destra cattolica. Fu poi sconfitto nelle elezioni del 1870 da G. Nicotera e poi nella tornata elettorale del 1871. Con r.d. del 25 nov. 1868 ottenne il riconoscimento ufficiale del titolo di barone di Celso.

Il M. morì improvvisamente a Napoli il 29 genn. 1878, alla vigilia del suo terzo mandato legislativo.

Il M. ebbe una solida cultura letteraria e lasciò vari scritti in prosa e versi su temi d’occasione: Officio della settimana santa (Napoli 1850); Il messale delle domeniche e feste di precetto non che delle ferie che hanno messa propria e gli uffici di Natale, della settimana santa ed altri, tradotti parte in prosa e parte in rima (ibid. s.d.); All’Italia nel 6 giugno 1861. Elegia in omaggio al re e al Parlamento italiano (Torino 1861); Gli ultimi avvenimenti politici e la descrizione di Napoli e contorni nell’Addio a Posillipo: liriche (Napoli 1862); Il 28 apr. 1862. Arrivo del re d’Italia in Napoli: inno (s.l. 1862); Per la Convenzione italo-franca del 15 sett. 1864 al primo Parlamento italiano in umile omaggio (s.l. 1864); Dante nel sesto centenario della sua nascita: ottave (Napoli 1865); Per le fauste nozze dei reali principi Umberto e Margherita. Epitalamio (ibid. 1868); La drammatica: discorso ed inno (ibid. 1872).

Fonti e Bibl.: A. Calani, Il Parlamento del Regno di Napoli, Milano 1866, pp. 419-422; P. Pellicano, Ricordi intorno al movimento politico di Reggio nell’anno 1847, Napoli 1879, p. 12; C. Tivaroni, L’Italia durante il dominio austriaco (1815-1849), III, L’Italia meridionale, Torino-Roma 1894, pp. 178, 181, 212, 227; F. Fava, Il moto calabrese del 1847 con documenti noti ed inediti, Messina 1906, p. 24; C. De Angelis, Memorie…, a cura di M. Mazziotti, Roma-Milano 1908, pp. 26 s., 30, 37 s., 79, 84, 90; M. Mazziotti, Costabile Carducci e i moti del Cilento nel 1848, Roma-Milano 1909, I, pp. 12 s., 54, 70 s., 83 s., 110 s., 123, 138, 149, 172; II, p. 83; A. Loero, Gli emigrati politici in Genova nell’epoca del Risorgimento (1852-1860)…, Bologna 1911, pp. 31, 50; G. Paladino, La rivoluzione napoletana nel 1848, Milano 1914, pp. 37, 50, 59 s., 191; G. Perugini, Notizie, in Arch. stor. italiano, LXXIV (1916), p. 307; M. Mazziotti, Ricordi di famiglia (1780-1860), Milano-Roma-Napoli 1916, pp. 103, 139 s., 142-148, 152-179, 181-186, 190, 201-204, 210-228; G. Paladino, Il 15 maggio del 1848 in Napoli, Milano-Roma-Napoli 1921, p. 511; La provincia di Salerno vista dalla R. Società economica, I, Salerno 1935, p. 105; C. Carucci, Gli studi nell’ultimo cinquantennio borbonico, Subiaco 1940, p. 133; L’emigrazione politica in Genova ed in Liguria dal 1848 al 1857. Fonti e memorie, Modena 1957, III, pp. 493, 511, 614; G. De Crescenzo, L’epopea garibaldina del 1860 nelle memorie salernitane con illustrazioni e documenti inediti, Salerno 1960, pp. 16, 40, 51; L. Rossi, Una provincia meridionale nell’età liberale. Prefetti, elettori e deputati del Salernitano, Salerno 1986, pp. 127 s.; C. Lodolini Tupputi, Il Parlamento napoletano dal 1848-1849…, Roma 1992, ad ind.; M. Mazziotti, La reazione borbonica nel Regno di Napoli, a cura di G. Galzerano, Casalvelino Scalo 1993, pp. 17 s., 29 s., 43, 65, 72, 113, 127-130, 163, 267 n., 289, 320, 328, 335, 338, 355; Id., La rivolta del Cilento nel 1828, Roma 1994, pp. 46 n., 71 s.; G. De Crescenzo, Diz. stor. biografico degli illustri e benemeriti salernitani con appendici, indici, ritratti, Salerno 1937, pp. 77, 174; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, pp. 648 s.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (E. Michel).

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