Dolcino, fra

Dizionario di Storia (2010)

Dolcino, fra


Religioso (n. seconda metà del 13° sec.-m. 1307).  Nato probabilmente a Novara o nelle vicinanze, laico, istruito, forse figlio di un prete, dal 1300 predicò in varie città dell’Italia settentrionale ai seguaci della corrente pauperistica degli apostolici, assumendone la guida dopo la morte sul rogo del fondatore Gherardo Segarelli avvenuta in quell’anno. Del Segarelli, D. rielaborò il messaggio originario in una nuova chiave politica, affermando nella sua prima lettera (giunta sino a noi nel manuale dell’inquisitore Bernard Gui) che con lui si era avviata una «quarta età», successiva alle tre presenti nella visione profetica della storia umana diffusa dalle opere di Gioacchino da Fiore. All’inizio di questa quarta età, il papa (Bonifacio VIII) e i suoi rappresentanti, cardinali e chierici secolari e regolari, sarebbero stati deposti dal re di Sicilia Federico III d’Aragona, inaugurando un nuovo avvento dello Spirito Santo analogo a quello del tempo degli apostoli. Tre anni dopo, in una seconda lettera, ribadì queste profezie annunciando la morte del nuovo pontefice Benedetto XI e l’avvento di un papa santo. A Benedetto, effettivamente scomparso nel 1304, successe Clemente V, che tuttavia nel 1306 autorizzò il vescovo di Vercelli a condurre una crociata contro Dolcino. Questi, nel frattempo, sulla base di ispirazioni tratte dalle Sacre scritture e approfittando dell’appoggio di Matteo Visconti, si era trasferito nelle montagne della Valsesia con alcuni seguaci, tra cui Margherita di Trento e Longino di Bergamo. Non ci è pervenuta una terza lettera che D. scrisse in questa fase, ma da varie fonti cronachistiche (soprattutto il cosiddetto «anonimo sincrono», vicino al vescovo di Vercelli e dunque ostile a D.), sappiamo che in seguito a un inverno di assedio, nel marzo del 1307, stremati dalla fame, D. e gli altri capi furono catturati, processati e consegnati al braccio secolare che eseguì la condanna a morte. Alla vicenda si accenna nella Divina Commedia (Inferno, XXXVIII, 55-60).

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