FORMA

Enciclopedia Italiana (1932)

FORMA (gr. σχῆμα, μορϕή, εἶδος; lat. forme, species; fr. forma; sp. especies, forma; ted. Form, Gestalt; ingl. form, shape)

Vito FAZIO-ALLMAYER

Filosofia. - Il termine spunta nell'atomismo e riguarda evidentemente la forma materiale degli atomi considerata come una delle cause del loro comportamento, come sappiamo dall'unica determinazione tramandataci (fuoco = forma sferica). Le forme degli atomi sono infinite, come sono infiniti i fenomeni sensibili a cui dànno luogo e infiniti quindi anche i corpi semplici (Aristotele). In Platone il termine serve a indicare la realtà universale "per la partecipazione della quale esiste la molteplicità delle cose che hanno comune il nome con le specie". Secondo l'interpretazione aristotelica di quella che sarebbe stata l'ultima forma della dottrina delle idee, "le specie s'identificano con i numeri in quanto costituite dalla partecipazione del grande-piccolo all'unità". Ma il termine comincia ad avere un valore tecnico in Aristotele. Nella sostanza (unione di materia e forma) Aristotele distingue la materia e la forma, la prima non determinata in atto ma solo in potenza, la seconda "ciò che essendo qualcosa di determinato si può separare col pensiero". La forma è perciò quella che ci fa concepire le differenze degli esseri. Essa è una sintesi di determinazioni avente un valore differente dalle singole determinazioni che la compongono. La forma è l'essere in atto delle cose (v. atto). Questo s'identifica con quello che Socrate chiamava fine. "È chiaro infatti che il concetto che si ottiene per mezzo delle differenze è quello della forma e dell'atto, quello invece degl'ingredienti della cosa riguarda piuttosto la materia". La forma, considerata in sé, non ammette un più o un meno; è o non è; si potrà parlare d'una graduazione tutt'al più per la forma unita alla materia (cioè in quanto non si è ancora del tutto realizzata in atto). Questo ragionamento è valido anche per i numeri se si considerano come forme. Infatti un numero non ammette un più o un meno dell'esser suo, poiché accresciuto o diminuito diventerebbe un altro numero, cioè un'altra sintesi. Con questo Aristotele insiste nel concetto che la forma non è somma ma sintesi e che la sua definizione non è collezione d'elementi. Ma non solo la forma è un'unità originaria; anche la sua unità con la materia nella sostanza è un'unità originaria ed è vana la ricerca d'un principio unificatore ove si siano separate. "Dall'arte invece sono prodotte quelle cose in cui la specie è nell'anima di chi le fa". Nel trasportare il termine εἶδος e ἰδέα in latino, Cicerone dichiara che è da preferire species a forma. "Poiché non solo gli occhi, ma anche la mente si dice che veda, e l'occhio distingue le cose corporee, la mente le incorporee, perciò accade che specie si chiamino le nature universali che si chiamano anche forme e parti sottoposte al genere". S. Tomaso d'Aquino definisce la forma quel che dà l'essere alla materia e poiché la forma produce l'essere in atto si dice anche atto, e in quanto attua la sostanza si dice forma sostanziale, in quanto attua l'accidente si dice forma accidentale. Sono accidentali tutte le forme artificiali, poiché l'arte non opera se non intorno a ciò che già è per natura. Questa distinzione toglie la possibilità di confondere l'opera umana con la creazione divina. La forma può coincidere con il fine e con la causa efficiente come accade nella generazione. Ma bisogna distinguere il significato di forma da quello di idea: più propriamente si dice forma quella che è unita con la materia, come "l'anima è la forma dell'uomo", invece idea è il modello, la forma esemplare a simiglianza della quale qualcosa viene costituita. Il Descartes identifica forma e natura ed energia; infine chiama fomme del pensiero le idee. Così ci si avvia al significato di forma in Kant. La forma per E. Kant è l'attività per la quale il soggetto sintetizzando il contenuto (o materia) della conoscenza l'organizza in un oggetto, gli dà universalità e necessità. Così il principio unificatore, presente secondo Aristotele in ogni forma, si chiarisce come l'attività pensante. Hegel approfondisce il rapporto tra forma e contenuto, dicendo che "il contenuto non è altro che il convertirsi della forma in contenuto e la forma nient'altro che il convertirsi del contenuto in forma". In estetica la pura forma del De Sanctis è un'esemplificazione di questo convertirsi del contenuto nella forma e viceversa.

L'aggettivo formale segue lo svolgimento del sostantivo "forma" nell'evolversi dei suoi significati. Aristotele distingue quattro cause, la terza delle quali (in ordine di origine nella storia del pensiero) è la formale (da lui chiamata ἠ τοῦ τί ἐστι αἰτία) i cui primi accenni si trovano nei Pitagorici e negli Eleati, il concetto in Platone. Causa formale è la forma considerata come principio dell'essere delle cose. Viene definita: "la specie o esemplare, cioè il concetto della pura essenza e i suoi generi... così come le parti di esso concetto" con la quale definizione viene indicata tanto la forma come realtà nella natura, quanto un concetto che serva di esemplare alla produzione dell'arte, e in terzo luogo la forma in quanto si realizza nella cosa, dapprima solo parte in atto e parte in potenza (essendo per sé l'essenza indivisibile). La causa formale è la causa prima di ogni sostanza composta. Da questa posizione aristotelica deriva la terminologia scolastica che distingue l'essere formale che è quello che esiste come determinazione della cosa, dall'essere obiettivo che è quello che esiste come determinazione dell'idea (l'ideato). Descartes specifica che per lui la realtà oggettiva d'un'idea è l'entità della cosa rappresentata dall'idea, in quanto questa entità è nell'idea", laddove l'essere formale è "l'essere della cosa nell'oggetto dell'idea tale quale noi lo concepiamo". Quindi l'essere è oggettivo in quanto contenuto di conoscenza, e formale in quanto in sé. Per Spinoza l'essere formale delle idee è modus cogitandi, cioè ha per causa Dio in quanto res cogtans, e l'essere formale delle cose ha per causa Dio in quanto res extensa; quindi ci sono due modi fomali, un unico essere.

Con E. Kant questo termine assume nuovo significato. Esso serve a indicare ciò che è fornito dalla spontaneità del soggetto nella cognizione; e l'indipendenza della legge morale dal contenuto della massima. Il termine formale acquista poi un significato particolare a seconda del termine che viene a specificare. Così in "ordine formale" indica quell'ordine che dipende solo dallo sviluppo interiore del concetto; in "morale formale" esprime che la moralità dell'azione si fa dipendere dalla semplice forma della ragione cioè dal suo accordo con sé medesima; in "educazione formale" che si pone per fine solo lo sviluppo della capacità del soggetto, indipendentemente dal valore in sé del sapere acquisito. In "logica formale" il senso è più complesso: esso indica: 1. una logica che studia del pensiero esclusivamente gli aspetti che lo dimostrano pensiero, quindi il concetto, giudizio, sillogismo (nel senso in cui Platone considera l'uno la forma di tutte le idee perché le fatali); 2. una logica che cerchi quali norme regolino l'intelletto e la ragione nel loro uso indipendentemente dal contenuto (le si contrappone la logica trascendentale, Kant); 3. una logica la quale ammette che vi siano forme del pensiero distinte dalle forme del reale (le si contrappone la logica reale o speculativa, Hegel).

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