ENERGIA, Fonti di

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

ENERGIA, Fonti di (App. III, 1, p. 553)

Arnaldo M. Angelini

Confronto quantitativo tra le fonti commerciali di energia - Consumi globali. - Tra le numerose f. di e. solo alcune hanno un'importanza commerciale e a esse l'uomo ricorre in maniera massiccia sia per la conversione in altre forme di e. su scala industriale, sia per la diretta utilizzazione come materie prime nell'industria chimica. Esse sono: i combustibili fossili (lignite, carbone, petrolio e gas naturale), l'e. idraulica, l'e. nucleare, l'e. geotermica, e soddisfano nel loro complesso alla quasi totalità dell'attuale fabbisogno energetico mondiale.

In tab. 1 sono stati riportati, dal 1920 al 1976, i dati della produzione mondiale di queste f. di e.; per consentire un confronto tra le f. di natura diversa sono stati a esse attribuiti i seguenti contenuti energetici: e. idraulica e geotermica, 1100 kcal per ogni kWh prodotto misurato ai morsetti dell'alternatore; e. nucleotermoelettrica, 2580 kcal/kWh; carbon fossile e lignite, 7400 kcal/kg; petrolio, 10.000 kcal/kg; gas naturale, 8200 lgcal/m3; è stata scelta un'unità di misura di e. termica, in quanto il calore è la sola fonte di e. in cui tutte le altre possono integralmente essere convertite. Al riguardo va osservato che un confronto tra le diverse f. che facesse riferimento a una forma di e. diversa da quella termica dovrebbe tener conto delle modalità e dei rendimenti di trasformazione per le singole fonti.

Dai dati riportati, non rigorosamente esatti per l'imperfezione delle rilevazioni statistiche, ma sufficienti a delineare la ripartizione del consumo mondiale di e. tra le varie f. e le sue evoluzioni nel tempo, risulta il ruolo fino al 1976 del petrolio nel mercato energetico, la cui produzione (in termini energetici) è circa doppia rispetto a quella del carbone (secondo nella graduatoria delle f. commerciali), il quale, nel 1920, soddisfaceva da solo all'85% del fabbisogno energetico totale.

Considerevole è anche l'importanza del gas naturale, la cui crescita dei consumi è caratterizzata da un tasso elevatissimo: nel periodo 1950-76 l'incremento percentuale medio annuo dei consumi di gas naturale e petrolio è stato assai superiore a quello relativo alla produzione complessiva di f. energetiche: 7,5% per il gas e 6,6% per il petrolio, contro il 4,7% per le f. di e. nel loro complesso. Anche la produzione di carbone è cresciuta notevolmente nello stesso periodo, ma con un tasso d'incremento sensibilmente inferiore: il 2,0%.

L'apporto dell'e. idraulica alla produzione mondiale di f. primarie di e. è stato di un certo rilievo (tra il 1950 e il 1976 il tasso d'incremento medio è stato del 5,7%) ma tenderà a diminuire lentamente nel futuro, per la mancanza di bacini sfruttabili economicamente.

Per meglio comprendere la rapidità con cui crescono i consumi di f. primarie di e., basta riflettere che nel ventennio 1951-70 è stata consumata e. da f. commerciali per un quantitativo pari a due terzi circa del consumo verificatosi nell'intero secolo 1850-1950, e che nel successivo periodo 1971-76 è stata consumata e. da f. commerciali per un quantitativo pari a un quarto circa di quello consumato nel ventennio precedente. Un aspetto tipico dei consumi di f. di e., in fase di continua, crescente espansione, risiede nel fatto che la scoperta e quindi l'impiego massiccio di una nuova f. non sostituiscono quello delle f. precedenti ma si aggiungono, in modo che ciascuna f. continua a essere impiegata con un tasso d'incremento diverso ma sempre positivo. Eventualmente si verifica una diversificazione delle f. nella fase dell'utilizzazione; così il petrolio e i combustibili liquidi in genere, facilmente ed economicamente trasportabili e caratterizzati da un ridotto costo di estrazione, non hanno soppiantato il carbone, ma piuttosto si sono assicurati dei settori d'impiego (trasporti, industria chimica) nei quali resteranno praticamente insostituibili per lungo tempo; nel caso del gas naturale, invece, un impiego tipico riguarda il settore domestico. In un solo caso le diverse f. si trovano a concorrere liberamente, nel campo della produzione dell'e. elettrica, che per la particolare sua natura (facilità di trasporto a lunghe distanze, assenza di azione inquinante nel luogo di utilizzo, inquinamento limitato e controllato nella zona di produzione, flessibilità all'impiego in molteplici settori, insostituibilità in numerosi campi) è stata caratterizzata nel passato da un tasso di sviluppo assai sostenuto (incremento medio annuo oscillante intorno a valori superiori al 7%, contro il 4,7% di tasso d'incremento delle f. di e. nel loro complesso), il quale verosimilmente si manterrà in futuro e porterà l'industria della produzione elettrica ad assorbire una percentuale sempre maggiore dei consumi energetici globali (oggi tale percentuale è del 25%, ma si prevede che nel 2000 sarà compresa tra il 33% e il 50%). È in questo settore, dunque, che hanno trovato in passato, e troveranno in futuro, il massimo impiego le f. di e. più economiche: oggi tale prerogativa è detenuta dall'e. nucleare.

L'e. nucleare, che insieme ad altre f. di e. non tradizionali è da diversi anni oggetto di intensi studi e ricerche nel quadro di un piano d'approvvigionamento energetico a lungo termine, viene liberata sotto forma di e. termica in opportuni generatori (reattori a fissione), nei quali esistono le condizioni per la fissione di isotopi di elementi pesanti come l'uranio 235 e il plutonio 239. L'e. termica è oggi prevalentemente utilizzata per azionare una macchina termica per la produzione di e. elettrica, ma altre utilizzazioni sono allo studio, come quella della produzione di H2, ad alta temperatura.

Un'acquisita maturità industriale, un'incidenza del costo del combustibile su quello del kWh prodotto decisamente inferiore rispetto alle centrali convenzionali, motivi di diversificazione delle fonti energetiche, questioni di natura ecologica, hanno determinato, negli anni a cavallo del 1970, l'avvento industriale dell'e. nucleare per la produzione dell'e. elettrica, e a questa f. si ricorre in tutto il mondo, tranne eccezioni dovute a motivi del tutto peculiari, per la copertura dei nuovi fabbisogni di e. elettrica.

L'e. nucleare ha avuto negli scorsi anni un incremento di consumi medio annuo del 37,2%; oggi essa soddisfa ancora a una percentuale ridotta dei fabbisogni energetici, ma da taluni è prevista nel 2000 un'incidenza addirittura superiore all'80% dei fabbisogni elettrici di quell'anno. Lo sviluppo dell'e. nucleare dipenderà fortemente dalla data di affermazione industriale dei reattori autofertilizzanti, oggi non completamente sviluppati, essendo ancora irrisolti alcuni marginali problemi di alta tecnologia (la grande maggioranza delle centrali nucleari oggi ordinate e in costruzione è del tipo termico ad acqua leggera; destano interesse anche altre filiere di reattori, come quelle dei reattori termici ad acqua pesante e dei reattori termici a gas).

Tra le altre f. non tradizionali di e. degne di nota sono: l'e. della fusione nucleare, l'e. geotermica, l'e. delle maree, l'e. eolica, l'e. del moto ondoso, la e. solare per uso diretto. Da queste f. di e. è atteso un contributo significativo alla copertura dei fabbisogni energetici in una prospettiva a lungo termine; al momento attuale, difficoltà tecnologiche o economiche impediscono un loro sfruttamento su larga scala.

La fusione nucleare consiste nella reazione esoenergetica tra elementi leggeri (per es., il deuterio o il trizio) che fondendosi in elementi più pesanti liberano considerevoli quantità di e.; è la reazione che ha luogo nel Sole e in gran parte delle stelle, ed è stata riprodotta dall'uomo in esperimenti di tipo esplosivo. Se si riuscirà a riprodurre una reazione di fusione controllata e s'imparerà a utilizzarla per scopi industriali, sarà risolto per millenni il problema dei fabbisogni mondiali di e., dato l'elevato contenuto energetico potenziale del deuterio presente negli oceani.

L'e. geotermica è stata sfruttata finora solo in impianti di limitata potenza; essi sono alimentati da sorgenti di acqua calda o vapore di origine endogena, cioè prodotto dal riscaldamento ed evaporazione, nel sottosuolo caldo per la presenza di intrusioni magmatiche, di acqua meteorica. I giacimenti naturali di acqua o vapore endogeno sono assai limitati nel mondo; sono allo studio sistemi per produrne di artificiali.

Problemi tecnologici ostacolano l'affermazione della fusione termonucleare e la diffusione dell'e. geotermica; problemi di costo, invece, ostacolano l'utilizzazione dell'e. delle maree, del moto ondoso, dell'e. eolica o dell'e. solare. Dispositivi sperimentali o anche impianti dimostrativi sono stati costruiti, ma il costo del kWh prodotto risulta proibitivo: nel caso delle maree, per l'entità delle opere civili necessarie allo sfruttamento dei bacini (un solo impianto è stato costruito, in Francia, sull'estuario del fiume Rance, dotato di una centrale elettrica da 240 MW); nel caso del moto ondoso e del vento, per la forte discontinuità della f.; nel caso dell'e. solare (v. solare, energia in questa App.), per la densità troppo bassa con cui essa incide sulla superficie terrestre.

È auspicabile che una politica energetica oculata e i risultati che si attendono da una tecnologia più avanzata portino a un sempre più razionale consumo delle f. di e. Si cita a solo titolo d'esempio l'utilizzazione del calore di scarico e il recupero dei rifiuti urbani, f. artificiale di e. a basso potere calorifico ma anche a basso costo.

Distribuzione territoriale delle riserve e dei consumi di fonti primarie di energia. - La disponibilità locale di f. primarie di e. ha avuto nel passato, e fino a tempi recenti (inizio 1900), un'importanza fondamentale nella localizzazione delle attività trasformatrici, in seguito progressivamente ridottasi con l'avvento dell'e. elettrica e il notevole progresso conseguito nei trasporti: oggi la dipendenza dell'ubicazione delle attività trasformatrici da quella delle f. primarie si è fortemente ridotta, e il costo del trasporto incide sul costo dell'e. nella misura di alcuni percento.

Iniziando col carbone, come risulta dalla tab. 2, le riserve provate sono abbastanza equamente distribuite tra i continenti: circa un quarto si trova nel Nordamerica e poco più del 30% nella URSS; anche l'Europa occidentale (con quasi il 20%) ne è dotata, e proporzionalmente rilevanti sono anche le riserve africane. I dati forniti sono necessariamente poco precisi, ma forniscono un'idea della distribuzione geografica delle riserve e del rapporto che esiste tra queste e i consumi per anno attuali (oltre 500 : 1). Ben diversa è la situazione del petrolio per il quale, soprattutto, si rivela la lontananza tra i centri di produzione e quelli di consumo (il 60% del carico complessivo annuo trasportato per mare è costituito da prodotti petroliferi), oltre a uno squilibrio rilevante di produzione tra i continenti (oltre la metà delle riserve mondiali si trova nei paesi del Medio Oriente), e a un ben diverso rapporto tra riserve e consumi (30:1). Nel caso del gas naturale, la distribuzione delle risorse è più uniforme rispetto al caso del petrolio, ma il rapporto riserve/consumi è ancora basso (50:1).

Bisogna osservare che mentre le attività di prospezione e ricerca di nuovi giacimenti nel caso del carbone sono relativamente modeste, intensissime sono quelle volte al reperimento di giacimenti di idrocarburi, sia per il rapido aumento del loro consumo, sia per le favorevoli prospettive economiche offerte dal mercato. Se è vero che le aree vergini sono sempre più rare e il rapporto tra numero di sondaggi in zone nuove e numero di giacimenti reperiti è in costante, inesorabile aumento (quasi triplicato in 30 anni), il progredire della tecnica consente lo sfruttamento di giacimenti sempre più profondi, precedentemente ignorati o considerati inaccessibili, ovvero il cui sfruttamento era ritenuto antieconomico.

Esistono varie stime delle riserve totali di idrocarburi: per il petrolio, le più ottimistiche indicano un valore di 330.000 milioni di t (W. P. Ryman), cioè poco più di 100 volte il consumo annuo attuale di quel combustibile, ma altre stime forniscono valori decisamente inferiori (circa 200.000 milioni di t). Ciò equivale a dire che, in assenza di conflitti o altre situazioni di rottura tali da causare rapide inversioni di tendenza, i consumi di petrolio non potranno continuare a crescere oltre il 2000, e che quanto prima sarà arginata l'attuale, vertiginosa crescita, tanto meno accentuata e drammatica sarà la conseguente, inesorabile diminuzione. Una situazione simile si ha per il gas naturale.

Altri idrocarburi saranno ottenibili dallo sfruttamento sistematico (per il quale è richiesta una tecnologia più avanzata di quella attuale) dei giacimenti mondiali di scisti e sabbie bituminose, in ogni caso non modificando in misura sostanziale il panorama prospettato.

Nel caso dell'uranio, il problema delle risorse assume un carattere peculiare: si tratta, infatti, di un elemento disperso, in piccole concentrazioni e spesso sotto forma di traccia, in numerosissimi minerali, anche assai comuni (per es., granitici); la bassa concentrazione, tuttavia, limita drasticamente il numero e l'entità dei giacimenti economicamente coltivabili, e vincola le stime delle risorse di uranio alla specificazione del costo previsto di estrazione. Va sottolineato che numerose e vaste zone della superficie del pianeta non sono state soggette a prospezione, per cui l'entità delle stime fornite potrà essere parzialmente modificata dal reperimento di nuovi possibili giacimenti caratterizzati da costi di estrazione accettabili (inferiori a 30 $/kg); in ogni caso, con riferimento alle stime del 1976, il rapporto tra riserve e consumi di ossido di uranio nei paesi a economia di mercato è di 100 : 1 (facendo riferimento ai giacimenti con costo di estrazione inferiore a 30 $/kg). Questo rapporto può risultare più favorevole se si conglobano nella valutazione i paesi a economia collettivista, ma. il suo ordine di grandezza resta sempre lo stesso.

Anche per l'uranio, dunque, il problema delle risorse si manifesta alquanto serio, per lo meno fino a quando non saranno sviluppati e diffusi i reattori veloci autofertilizzanti, capaci di utilizzare pressoché totalmente il contenuto energetico dell'uranio, mentre i reattori provati ne utilizzano oggi circa l'1% (questi ultimi, infatti, sfruttano quasi esclusivamente l'isotopo 235U, fissile, presente nell'uranio naturale nella misura dello 0,71%; i reattori veloci sfrutteranno anche l'238U, fertile di cui è formato il 99% dell'U naturale). Con l'avvento dei reattori veloci si avrebbe un netto miglioramento del rapporto riserve/consumi non solo per il migliore sfruttamento della f. primaria uranio (corrispondente a un suo minor consumo per unità di e. prodotta), ma anche perché diverrebbe economico lo sfruttamento di giacimenti caratterizzati da un costo di estrazione dell'uranio assai più elevato. Nel caso in cui, poi, raggiungessero la maturità industriale anche i reattori autofertilizzanti termici, potrebbe essere sfruttato il contenuto energetico potenziale del torio (232Th), altro isotopo fertile estremamente diffuso in natura.

È ai reattori autofertilizzanti, dunque, che si guarda come a uno dei mezzi potenzialmente capaci di risolvere il problema energetico a medio termine, sia per la rapida crescita della percentuale di fabbisogni coperta dall'e. elettrica, sia per l'importanza dei settori secondari in cui potrà essere impiegata l'e. della fissione (generazione di calore per scopi industriali diretti come la produzione d'idrogeno, la desalinizzazione dell'acqua del mare o il riscaldamento urbano).

Meno favorevole è, infine, la prospettiva di utilizzazione di nuove f. idroelettriche: l'e. idraulica mondiale ancora inutilizzata valutata in circa 5000 miliardi di kWh/anno, è generabile per lo più in aree non sviluppate, o in zone assai remote dai centri di consumo. Ciò spiega la sempre minore incidenza di questa f. sulla copertura del fabbisogno energetico mondiale (v. elettrica, energia in questa Appendice).

L'industria idroelettrica possiede però interessanti prospettive di sviluppo, grazie alle ottime caratteristiche dei suoi impianti, che ben si prestano al servizio di regolazione dell'energia. La disponibilità di ingenti quantitativi di e. a basso costo prodotta con impianti per i quali è consigliabile un funzionamento a pieno carico (per es., quelli nucleari) suggerisce l'abbinamento di questi a centrali idroelettriche di pompaggio le quali, pompando acqua da bacini a quota inferiore in bacini a quota superiore durante le ore di basso carico della rete, consumano e. al costo marginale, che possono restituire, in quantità lievemente inferiore (per i rendimenti) ma dotata d'un valore decisamente più elevato, durante le ore di punta, realizzando un ottimo servizio di regolazione. La potenza delle centrali di pompaggio in esercizio, in costruzione e in progetto per il breve termine ammonta a diverse decine di migliaia di MW.

Bibl.: M. K. Hubert, Energy resources for power production, in Symposium on environmental aspects of nuclear power stations, Vienna 1971; J. Darmstadter e altri, Energy in the world economy, Resources for the future inc., Baltimora e Londra 1971; Scientific american, sett. 1971; A. M. Angelini, Dalle fonti primarie all'energia elettrica, Accademia naz. dei Lincei, quaderno n. 168, 1972; id., The fuel supply, in Proceedings of the european nuclear Conference on nuclear energy maturity, Parigi 1975; OECD, World energy outlook, Parigi 1977; OECD-IAEA, Uranium resources, production and demand, Parigi 1977; A. M. Angelini, I problemi della produzione di energia elettrica. Un approccio sistematico, Accademia naz. dei Lincei, 1978.

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