FONTE

Enciclopedia Italiana (1932)

FONTE (lat. fms; fr. source; sp. fuente; ted. Quelle; ingl. spring, well)

Gioacchino MANCINI
Emilio LAVAGNINO
Nicola Turchi

Per la parte idrologica, v. sorgente.

Fonti sacre. - Alla religiosità primitiva l'acqua sgorgante dalla terra è apparsa sempre come la manifestazione più viva e più immediata di una potenza divina. Il mistero delle sue origini, la sua inesauribile capacità di movimento che nessun ostacolo arresta il suo rumore o garrulo o rombante, quasi voce manifestatrice della volontà divina, il suo saltare da grandi altezze e il suo profondarsi misterioso nel suolo, il suo potere chiarificatore che lava e dissolve, la sua capacità irrigatrice e perciò donatrice di fecondità e di benessere, talora il suo potere terribile di annientamento nelle inondazioni, tutti questi motivi hanno fatto sì che l'acqua, particolarmente delle fonti (viva seu nativa, di fronte a quella che cade dal cielo, caelestis seu collectiva, Sen., Nat. qaest., III, 8 seg.) assurgesse a valore sacro presso tutti i popoli.

Tre sono i poteri delle fonti sacre:

Potere fecondatore, in quanto la fonte erompe dalle viscere della madre terra, onde nei varî miti le fonti sono considerate come le lacrime o il sangue o il latte della terra. Come figlie di tale madre le fonti sono tutrici della fecondità: le ninfe patrone delle fonti sono divinità eminentemente nuziali, come il loro nome stesso esprime, e i miti che le riguardano sono sempre di carattere erotico.

Potere divinatorio, che si estrinseca in vario modo o ascoltandone il mormorio o con il gettito di oggetti entro la fonte o con il gustar delle sue acque. A Delfi la Pizia gusta delle fonti sacre Castalia e Cassotis prima di profetare. In Roma la ninfa Egeria rivela a Numa le norme del buon governo. Un caso particolare di potere divinatorio è costituito dall'ordalia o "giudizio di Dio", per cui la cecità o l'annegamento del giudicando provocate dal contatto dell'acqua sono la prova della sua colpa.

Potere lustratorio, in quanto l'acqua lava e, scorrendo, porta via le impurità. Il numero e il modo delle abluzioni sono in relazione della qualità della colpa. Una semplice abluzione precede sempre il toccamento e l'uso delle cose sacre. Come un caso particolare si può considerare l'uso medicinale di varie fonti, specie termali. In ogni santuario di Esculapio non mancava la fonte salutare. In Grecia le fonti termali erano in modo particolare sacre ad Eracle, a cominciare dalle famose Termopile. In molti paesi le fonti, o i santuarî sorti nelle loro vicinanze, sono meta di pellegrinaggi.

In Roma, la divinità delle sorgenti era Fons (Fontus, Fontanus), che Arnobio (III, 29) dice figlio di Giano e di Giuturna. Accanto a Fontanus è nominata Fontana. La divinità fa parte, come dimostra l'introduzione della sua festa nel calendario romano, delle più antiche divinità indigene di Roma. Il più antico luogo di culto in Roma sembra essere stata l'ara Fontis, menzionata da Cicerone (De leg., II, 56), nei pressi del preteso sepolcro di Numa, sulla riva destra del Tevere, nella parte orientale del Gianicolo. Un tempio di Fons fu eretto dal console C. Papirio Masone, con il provento del bottino della sua vittoria in Corsica nel 231 a. C. (Cic., De nat. deor., III, 52); non si può stabilire con certezza ove sorgesse, probabilmente sostituì un antico sacello dal quale aveva preso il nome la vicina porta del recinto serviano, la porta Fontinalis sul Quirinale (cfr. il frammento di calendario dell'Esquilino, in Corpus- Inscript. Lat., VI, n. 32493, lin. 6: Fonti extra p[ortam Fontinalem?]; cfr. anche Festo, p. 85). Un tempio di Fons era anche a Lambesi in Africa, costruito nel 148 d. C. (Corp. Inscr. Lat., VIII, 2656). Per le feste Fontinalia, v. sotto. Quali specie di animali si sacrificassero a Fonte nel suo giorno festivo si può desumere da tre passi degli Atti dei fratelli Arvali, nei quali sono menzionati due castrati quali piacula in onore di Fons. Altre offerte fatte alle fonti sacre erano i fiori, il vino, un capretto, il cui sangue si lasciava colare nell'acqua, un porcellino femmina, una pecora. I magistri ed i ministri del culto appartenevano a quei collegia aquatorum che ebbero la cura delle fonti fin da prima che lo stato avesse assunto la tutela delle acque, e che perdurarono anche in età imperiale a semplice scopo religioso. In alcune delle iscrizioni dedicate a Fons è aggiunto al nome della divinità una specie di soprannome (Fons Lollianus, Scaurianus, Pal[atinus?], ecc.). Queste dediche non si riferivano a Fons quale protettore di tutti i fontes, come nel culto ufficiale, ma quale generatore e distributore della fonte presso la quale era dedicata l'ara. Talvolta le iscrizioni menzionano una pluralità di fontes che è forse in relazione con le numerose ninfe, che ne erano la personificazione. Un'iscrizione ricorda infine il Genius numinis fontis.

Le Fontinalie. - Nel culto ufficiale romano queste feste, che si celebravano il 13 ottobre (Corpus Inscript. Lat., I, p. 332), erano sacre alle fonti; secondo Festo (p. 85), alle sorgenti in genere; secondo Varrone, proprie di Fons. In quel giorno si adornavano i pozzi di corone e si gettavano fiori nelle fontane. L'origine della festa può farsi risalire, da chi creda di tener fede sostanzialmente alla tradizione romana, al riordinamento dei pagi regolato da Servio Tullio sotto il punto di vista della popolazione e del censimento (Liv., I, 21) ed accompagnato dall'erezione di are sacre ai numi custodi dei luoghi. Nella ripartizione dei pagi fu tenuto conto delle sorgenti, che erano tutte sacre, onorate con speciali sacrifici al pari delle altre divinità compitali e silvestri.

Bibl.: Preller-Jordan, Römische Mythologie, Berlino 1881-83, II, p. 125 seg.; H. Steuding, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mythologie, Lipsia 1886-1890, I, col. 1496 seg.; Boehm, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl. d. class. Altertumswiss., VI, col. 2838 segg.; P. Sébillot, Le paganisme contemporain chez les peuples celtolatins, Parigi 1908; M. Nink, Die Bedeutung des Wassers im Kult und Leben der Alten, Lipsia 1921; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, pagina 221 seg.; Pokrowskij, in Rhein. Mus., XLI (1913), p. 187 seg.; G. G. Vaccai, Le feste di Roma antica, Torino 1926, p. 211.

Fonte battesimale.

Per fonte battesimale s'intende oggi il complesso architettonico formato dalla pila contenente l'acqua benedetta, che serve al battesimo, e dalla vasca sulla quale si tiene il battezzando durante il rito. Il fonte battesimale ha però assunto questa forma attraverso notevoli trasformazioni connesse anche con l'evoluzione del rito battesimale che, durante l'età paleocristiana e il Medioevo fino al secolo XIII (v. battesimo), avveniva per immersione.

Il battesimo per immersione comportava l'uso di grandi vasche, scavate in parte nel terreno, nelle quali il catecumeno poteva stare in piedi o in ginocchio. Antiche rappresentazioni della scena del battesimo ci mostrano appunto uno o due catecumeni inginocchiati entro una vasca circolare o poligonale, mentre il sacerdote che somministra il battesimo è in piedi presso di loro. Negli edifici appositamente costruiti o in quelli dell'età pagana trasformati ad uso di battisteri - e sono numerosissimi - il fonte battesimale era costituito da una grande vasca, circolare, quadrangolare o trapezoidale, e talvolta a forma di croce. Un recinto divideva questa vasca dal rimanente della costruzione, e l'acqua vi affluiva per condutture, o v'era trasportata a secchi, o, in casi particolari, vi grondava dall'alto per zampilli, come risulta dalla descrizione del fonte battesimale di S. Stefano a Milano dataci da Ennodio di Pavia. A volte l'acqua sgorgava dalla bocca di un qualche animale simbolico. Al Laterano, al tempo di papa Silvestro, v'era un agnello che aveva appunto tale funzione, e sotto Sisto III furono aggiunti tre cervi a compiere il medesimo ufficio.

Intorno al sec. XI cessò quasi completamente l'uso di battezzare per immersione; e i fonti battesimali presero la forma tipica della fontana medievale, come in antico avevano avuto quella delle fontane e delle piscine che vediamo nelle case del periodo dell'arte classica. Non vi fu allora differenza tra i fonti elevati in battisteri e quelli delle chiese: si componevano di una vasca, poligonale quadra o circolare, impostata su uno o più gradini e collocata rispetto al resto della chiesa un po' in disparte, in luogo raccolto; in mezzo alla vasca, poggiata su un pilastrino o su colonnine, era la riservetta d'acqua. Fonti battesimali di questo tipo (che potevano probabilmente servire per entrambi i riti per immersione e per abluzione) cominciarono ad acquistare particolare interesse, oltre che per la struttura architettonica, anche per la decorazione plastica. Bellissima è la vasca circolare di bronzo che un maestro Dinaut firmò nel 1112 per la chiesa di S. Bartolomeo a Liegi, decorata all'ingiro con scene a rilievo rappresentanti il battesimo di Cristo. In Italia appartengono al sec. XIII, oltre il fonte del S. Giovanni di Verona, poligonale, con gli specchi divisi da colonnine tortili e con figurazioni alludenti al mistero del battesimo, quello bellissimo del S. Frediano di Lucca, che ha la riservetta d'acqua impostata su colonne tortili ed è ricco tutt'intorno di vigorosi rilievi. Tra i fonti battesimali più belli del sec. XIV possiamo ricordare il pozzetto del fonte che attualmente è nel Battistero di Firenze, datato 1370, e che, secondo il Venturi, deve essere considerato come un saggio principalissimo della scultura veneziana del sec. XIV. Anche qui si tratta di una vasca esagonale adorna sulle facce di bassorilievi con le storie del battesimo e, negli spigoli, di rigogliosi girali d'acanto. L'affresco di Altichieri e Avanzo che è a Padova nella cappella di S. Giorgio e rappresenta il battesimo del re Sevio (v. vol. VI, tav. CIII), ci mostra l'uso di una vasca battesimale portatile di metallo.

Tra i più famosi fonti battesimali di carattere gotico è da ricordare quello del duomo di Orvieto, ottagonale con otto leoni accosciati che sostengono la grande vasca di marmo rosso; la vasca è sormontata da un coperchio a piramide ottagonale, sul vertice del quale è una statuetta in gesso del Battista. In Francia, come lascia supporre una miniatura di Jean Fouquet nel libro di preghiere di Stefano Chevalier, i fonti battesimali nel periodo gotico potevano anche avere degli zampilli donde l'acqua grondava sul capo dei catecumeni inginocchiati intorno alla vasca poligonale. Ma anche in questo caso essi erano simili alle fonti dei giardini e delle piazze.

Tra i fonti battesimali più interessanti del Rinascimento italiano che proseguono il tipo usato nei periodi precedenti sono da ricordare quello del Battistero di Siena, con la vasca esagona ricca di bassorilievi bronzei di Iacopo della Quercia, Donatello, Ghiberti, Turini, e con un tabernacoletto con nicchie, pinnacoli, frontoncini, e una folla di statuette agitate, e quello più massiccio, ma più fuso e organico, di Pienza, marmoreo, circolare, nel quale su una vasca con fregi classicheggianti è un coperchio adorno con palmette, foglie e un cespo d'acanto sul quale poggia una edicoletta quadra sormontata da un tetto a piramide, decorato al vertice da una statua del Battista. Per il desiderio di chiarezza e organicità che è proprio dell'arte del Rinascimento, si cercò allora generalmente di eliminare, per quanto possibile, gli elementi estranei a una precisa ragione architettonica; e, appena si diffuse l'uso delle cappelle laterali, i fonti battesimali si disposero in tali cappelle. Durante il Cinquecento rimasero le forme architettoniche del secolo precedente, come nel fonte decorato con rilievi bronzei di Iacopo Sansovino in S. Marco a Venezia (1545). Soltanto nell'età barocca il fonte battesimale, divenuto quasi la ragione architettonica della cappella ad esso destinata, fu più spesso opera dell'autore stesso della cappella; e si tornò a quel legame tra ambiente e suppellettile che già si notava nei primitivi battisteri. Ciò non impedì che anche durante l'età barocca si costruissero magnifici fonti battesimali con carattere architettonico indipendente da quello dell'ambiente in cui eran collocati. Bellissimo è quello della cattedrale di Osimo eseguito nel 1610 da P. P. e T. Iacometti da Recanati. Esempio tipico di fonte architettonicamente legato all'ambiente è quello di S. Pietro a Roma, immaginato nel 1698 col resto della cappella da Carlo Fontana, che disegnò anche il coperchio a ricche volute e puttini, sormontato dall'agnello mistico. Tra le vasche battesimali più ricche è quella di S. Maria Maggiore, in porfido, collocata da Luigi Valadier (1821) in un ambiente già creato come battistero da Flaminio Ponzio (1605).

V. tavv. CXXXIX-CXLII.

Bibl.: v. battesimo; battistero.

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