FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (App. III, 1, p. 655)

Orlando D'Alauro

INTERNAZIONALE 1. Dal 1946, anno in cui ha incominciato a funzionare, fino all'estate del 1971 il F. m. i. ha operato in modo conforme, sebbene non sempre agevolmente, agl'impegni assunti nel 1944 a Bretton Woods. Dopo la dichiarazione d'inconvertibilità del dollaro in oro del 15 agosto 1971, si è accentuata la realizzazione della riforma del F. già decisa nel 1969. In particolare, nel gennaio 1976, a Kingston (Giamaica), sono stati stipulati accordi di carattere essenzialmente operativo, che partendo dal riconoscimento della validità degli scopi indicati nell'art. I dello statuto del 1944 hanno cercato di rafforzare la cooperazione monetaria fra i paesi membri. In complesso la riforma ha preso le mosse dal riconoscimento che nei trent'anni di attività il F., mettendo le sue disponibilità valutarie a servizio dei paesi a esso aderenti, ha contribuito a evitare o a ridurre le manovre monetarie di natura concorrenziale, agevolando in tal modo (insieme con la Banca Mondiale, la Bank of International Reconstruction and Development) lo svolgimento di liberi scambi internazionali e l'aumento, nei paesi membri, dei tassi di sviluppo economico, dei livelli occupazionali e del tenore medio di vita.

La crescente utilità del F. è chiaramente dimostrata dal notevole aumento del numero dei paesi che hanno ad esso aderito. Dai 39 membri originari del 1946 si è, infatti, gradualmente passati a 118 membri nell'estate 1971 e alla Conferenza di Manila del 1° ottobre 1976 erano ben 128: successivamente, con l'ammissione delle Isole Comore e della GuineaBissau, sono divenuti 130. Di essi, peraltro, solo 43 si sono impegnati, in base all'art. VIII dello statuto, a non applicare restrizioni riguardanti pagamenti correnti e pratiche valutarie discriminatorie e, insieme, ad adottare un regime di convertibilità valutaria. Solo questi paesi hanno acquisito tutti i diritti collegati al funzionamento del Fondo.

Considerando le vicende del F. dal momento in cui è sorto a oggi, si rileva che due sono gli emendamenti fondamentali recati allo statuto originario. Il primo riguarda la creazione dei "diritti speciali di prelievo" (DSP), che venne decisa a Rio de Janeiro il 28 settembre 1967 ed è stata effettivamente iniziata il 31 luglio 1969. Il secondo emendamento è stato proposto a Kingston nel gennaio 1976 nella riunione dei Direttori Esecutivi (Executive Directors) del F., è stato approvato dal Consiglio dei governatori (Board of Governors) nel maggio 1976, e dovrebbe essere ratificato dai paesi membri. Questo emendamento comporta notevoli modifiche riguardanti, in particolare, l'art. IV dello statuto. In realtà esso legalizza il sistema dei cambi flessibili (mentre il vecchio sistema era basato sui cambi fissi, modificabili solo in circostanze eccezionali) e riduce il ruolo dell'oro, decretando l'abolizione del suo prezzo ufficiale. Il nuovo art. IV in sostanza consente ai paesi del F. di scegliere il sistema dei cambi (v. cambio, in questa App.) che più corrisponde alle esigenze delle politiche valutarie nazionali. Pertanto ogni paese può adottare qualsiasi regime dei cambi, sia a tassi fissi che fluttuanti, con l'esclusione però di una parità fissa in termini di oro o di un'altra moneta. Si è tuttavia stabilito che il F. può, con una maggioranza dell'85% dei paesi membri, predisporre una regolamentazione generale di cambi o stabilire le condizioni che permettano l'adozione di un sistema dei cambi basato su "parità stabili ma aggiustabili". Mentre nel vecchio statuto vi era l'obbligo di mantenere le parità dichiarate (che però potevano essere modificate nel caso di "squilibri fondamentali" delle bilance dei pagamenti), le nuove norme fissano solo "impegni riguardanti i regimi di cambio" al fine di realizzare una relativa stabilità dei cambi e di evitare, comunque, svalutazioni concorrenziali. Occorre tuttavia osservare che nonostante la permissività del nuovo art. IV, i paesi membri del F. in gran parte hanno continuato a collegare in un modo o nell'altro le proprie monete. A metà 1976, cinquantatré monete erano collegate al dollaro USA, tredici al franco francese e cinque alla sterlina. Sei paesi europei (Rep. Fed. di Germania, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia e Norvegia) partecipanti al cosiddetto "serpente monetario" (v. unione monetaria europea, in questa App.) hanno stipulato un accordo di fluttuazione congiunta rispetto al dollaro, con un margine di oscillazione del 2,25% da entrambi i lati dei tassi fissi indiretti di ogni moneta rispetto alle altre. Dodici paesi esprimono i loro cambi in DSP. In sostanza, attualmente, il sistema dei paesi del F. è formato da blocchi monetari fluttuanti e da monete che fluttuano in modo autonomo e indipendente.

L'abolizione del prezzo ufficiale dell'oro comporta la cessazione del riferimento all'oro quale comune denominatore del valore delle monete. Sono stati, di conseguenza, eliminati tutti gli obblighi relativi all'uso dell'oro nei rapporti con il F., compreso, pertanto, quello relativo alla sottoscrizione della gold tranche delle quote dei singoli membri. Il F. non sarà più autorizzato ad accettare oro in cambio di valute, a meno che la maggioranza dell'85% dei paesi membri non decida diversamente. Occorre peraltro notare che a Kingston si è anche deciso che tale elevata maggioranza qualificata verrà richiesta solo per le decisioni che avranno spiccata rilevanza politica (com'è appunto quella riguardante il regime dei cambi) mentre per le decisioni pur importanti ma di carattere essenzialmente operativo (come per es. quelle riguardanti il metodo di valutazione dei DSP) si richiederà la maggioranza del 70% dei voti. La diminuzione dell'importanza dell'oro ha indotto a ridurre le riserve auree del F.: un terzo di esse (che erano, nel gennaio 1976, di 151 milioni di once) sarà per metà venduto tramite aste pubbliche con accredito della differenza fra il prezzo di carico (35 $ l'oncia) e il prezzo di mercato in un conto a beneficio dei paesi in via di sviluppo (Trust Fund - vedi al § 7), e per metà sarà restituito a tutti i membri in proporzione delle loro quote al 31 agosto 1975.

2. Le disponibilità del F. sono formate essenzialmente dal capitale versato dai paesi membri in base a "quote" ad essi assegnate in relazione alla rispettiva importanza economica che è valutata secondo criteri empirici mai codificati, e di norma con riferimento al livello delle riserve auree, al volume degli scambi internazionali, al reddito nazionale di ciascun paese. Ogni paese membro ha un potere di voto collegato alla grandezza della sua quota. L'entità delle quote è variata nel corso degli anni sia su richiesta dei singoli membri interessati, sia con provvedimenti riguardanti le quote di tutti i membri. Da notare che il 28 luglio 1969 si è stabilito che tali provvedimenti generali devono essere approvati con la maggioranza dell'85% dei voti: prima di questa data, secondo le vecchie disposizioni dell'art. III comma 2 dello statuto del F., bastava l'80% dei voti, che è la maggioranza ancora richiesta per le modifiche domandate separatamente da ciascun membro. Dal 1946 al 1976 sono state operate sei variazioni generali delle quote, ossia una ogni cinque anni. Nel marzo 1976 si è peraltro stabilito che la prossima revisione generale delle quote avverrà entro tre anni, e cioè con due anni di anticipo rispetto alla normale scadenza quinquennale.

Il capitale del F. che inizialmente, nel 1946, quando - come si è detto - erano 39 i paesi aderenti, ammontava a 7474 milioni di dollari (1 dollaro USA = gr. 0,888671 di oro), è passato gradualmente a 29,213 miliardi di DSP (1 DSP = $ 1,170) al 31 dicembre 1975 (per il significato dei "diritti speciali di prelievo" DSP si veda, avanti, il § 4) e salirà a 39,033 miliardi di DSP allorché saranno approvate le proposte fatte a Kingston nel gennaio 1976. L'aumento sarà globalmente del 32,5%: esso è peraltro collegato ad alcune variazioni nell'entità della quota spettante ai singoli paesi e ha, in particolare, portato dal 10% al 20% la percentuale del capitale del F. attribuita ai paesi dell'OPEC.

Secondo le disposizioni statutarie del 1944 (art. III, sez. 3) il 25% della quota dev'essere sottoscritta in oro (gold tranche) e il 75% in monete nazionali. È da notare, per inciso, che se la disponibilità presso il F. della moneta di un paese membro è inferiore al 75% della sua quota, esso assume una posizione creditoria valutaria nei confronti del F. stesso e diviene titolare di una cosiddetta super gold tranche (pari appunto alla minore consistenza della sua moneta) sulla quale gode di una remunerazione identica a quella per l'utilizzo dei DSP (vedi § 4). Il secondo emendamento del 1976 stabilisce che la gold tranche, ora denominata reserve tranche, sarà versata non in oro, ma in monete accettabili per il F. o in DSP. Nella tab. 1 sono elencati i 128 membri del F. (più altri 4 poi ammessi). Nella tab. 2 sono riportate le vecchie e nuove "quote" al 1° ottobre 1976.

3. Per far fronte al crescente fabbisogno di liquidità internazionale le risorse valutarie a disposizione del F. sono state gradualmente aumentate non solo attraverso l'ampliamento dell'entità delle quote di capitale dei singoli membri (e di cui si è detto nel § 2) ma con il ricorso agli accordi GAB (General Arrangements to Borrow) e, ancor più, con l'istituzione dei "diritti speciali di prelievo" (DSP).

I GAB sono veri e propri accordi di credito reciproco. Le decisioni riguardanti tali accordi sono prese dal "gruppo dei dieci" (Belgio, Canadà, Francia, Giappone, Rep. Fed. di Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia) ma sono formalmente collegate al normale funzionamento del Fondo. In sostanza il F. funge da intermediario nelle operazioni di prestito di valute tra l'uno e l'altro dei paesi aderenti ai GAB. In base a tale accordo il F. è autorizzato a chiedere a ciascuno dei paesi aderenti fondi supplementari in valute nazionali da prestare agli altri paesi.

Questi accordi hanno integrato le cosiddette operazioni swap stipulate nell'ambito della Banca dei Regolamenti Internazionali. Tali operazioni si sono sviluppate specialmente negli anni Sessanta, fra paesi aderenti al F., per fronteggiare rapidamente improvvise tensioni sui mercati dei cambi, dovute a squilibri temporanei delle bilance dei pagamenti, in assenza o in attesa di ricorso ai mezzi disponibili presso il Fondo.

4. I "diritti speciali di prelievo" (DSP; in inglese Special Drawing Rights = SDRs) sono risorse liquide internazionali a piena convertibilità valutaria che in modo autonomo il F. ha posto a disposizione dei paesi membri oltre quelle a essi spettanti in base alle norme statutarie del 1944. La creazione dei DSP venne ideata nel 1961 dal "gruppo dei dieci" e realizzata il 26 agosto 1967 con un accordo che accolse le proposte della commissione di studio presieduta da R. Ossola. L'accordo istitutivo dei DSP ha posto in essere, come già si è detto, il primo emendamento fondamentale del F.: esso venne ratificato dall'Assemblea che il F. tenne a Rio de Janeiro il 28 settembre 1967, fu successivamente ritoccato e approvato nel testo definitivo nel giugno 1968 ed entrò in vigore a fine luglio 1969. Le prime assegnazioni di DSP si sono avute a partire dal 1° gennaio 1970; negli anni successivi l'impiego dei DSP è gradualmente aumentato. Nella riunione di Kingston del gennaio 1967 l'Interim Committee del F. ha confermato la determinazione di operare in modo che i DSP divengano le principali riserve utilizzabili sul piano valutario mondiale. Per ogni paese membro che chiede di partecipare al sistema è stato aperto un "conto speciale" in cui è indicata l'entità di DSP cui esso ha diritto e che può incondizionatamente impiegare per far fronte alle esigenze della propria bilancia dei pagamenti. L'utilizzazione dei DSP viene fatta dalle banche centrali, il F. però può estendere l'impiego dei DSP alle transazioni che riguardino enti diversi, fra di loro e nei confronti del F. stesso.

Centoventi paesi - ossia il 98,9% dei membri del F. - partecipano al sistema DSP. Fino al 30 aprile 1976 solo otto paesi - Etiopia, Kuwait, Libano, Libia, Quatar, Arabia Saudita, Singapore e Unione emirati arabi - non avevano chiesto di utilizzare il sistema. L'apertura di credito in DSP nel periodo 1970-76 (aprile) sono state pari a 8,9 miliardi di DSP: in particolare le concessioni sono state di 3,1 miliardi nel 1970, di 2,8 miliardi sia nel 1971 che nel 1972, di 0,1 miliardi nel 1973, nel 1974 e nel 1976 (fino ad aprile), mentre sono diminuiti di 0,1 miliardi nel 1975. L'entità dei DSP è piuttosto modesta rispetto alle disponibilità liquide utilizzabili sul piano internazionale dei paesi del Fondo. Secondo valutazioni riferite all'aprile 1976, la liquidità internazionale era pari a 201,8 miliardi in termini di DSP, di cui appunto 8,9 miliardi in DSP, 143,8 miliardi DSP in divise estere, 35,3 miliardi DSP in oro, 14,8 miliardi DSP in riserva presso il Fondo. Queste valutazioni, occorre precisare, riguardano anche le Antille olandesi, Surinam e Svizzera, che non sono membri del F.; l'oro è valutato ancora al prezzo di 35 DSP per oncia.

Il valore dei "diritti speciali di prelievo", essendo essi una mera unità di conto, è determinato in modo convenzionale. Inizialmente si stabilì che un DSP, pur non essendo in alcun modo convertibile in oro, avesse un valore pari a quello del contenuto aureo del dollaro 1034 (che era quello che la contabilità del F. ancora considerava nel 1969): e cioè pari al valore di gr. 0,88867 di oro (essendo di 35 dollari il prezzo dell'oro, per oncia troy, di gr. 31,10). Tale valore convenzionale è rimasto immutato anche dopo le due svalutazioni del dollaro del 18 dicembre 1971 (quando il prezzo dell'oro è stato portato da 35 a 38 dollari per oncia troy) e del 13 febbraio 1973 (con l'aumento a 42,22 dollari del prezzo di una oncia troy di oro), in seguito alle quali, pertanto, in termini di dollari correnti il valore di un DSP salì il 18 dicembre 1971 a $ 1,08571 e il 13 febbraio 1973 a $ 1,206375.

Questo è l'ultimo valore basato sul dollaro, poiché il 1° luglio 1974 l'assemblea del F., preso atto della crescente diffusione dei cambi fluttuanti e del rinvio sine die del ripristino della convertibilità in oro del dollaro, decise di mutare sostanzialmente la tecnica riguardante la determinazione del valore dei DSP e di collegarlo a quello di un "paniere di valute". A partire da tale data la capacità d'acquisto dei DSP è stata infatti riferita al valore ponderato delle monete dei sedici paesi membri che nel periodo 1968-72 hanno partecipato alle esportazioni mondiali di merci e servizi per quote non inferiori all'1%. A ogni moneta è stato attribuito un peso pressoché pari - salvo qualche aggiustamento - alla percentuale delle esportazioni mondiali di merci e servizi riguardante ciascun paese e che in certo grado è stata considerata rappresentativa dell'importanza internazionale delle singole valute (le percentuali sono indicate nella tab. 3 prima colonna). Queste percentuali sono state utilizzate per stabilire l'entità di ciascuna delle sedici monete da inserire nel "paniere standard" del DSP. Anche per agevolare una relativa continuità alle valutazioni dei DSP, si è preso per ogni moneta il suo cambio rispetto al dollaro al 28 giugno 1974, e quindi si è tradotto questo cambio in DSP alla stessa data, allorché - come si è detto - il valore di 1 DSP era pari a $ 1,206375. Sono state così determinate le unità di ciascuna moneta che compongono il paniere e che quindi devono essere tenute presenti nel calcolo del valore dei DSP (vedi tab. 3 seconda colonna). La composizione del paniere delle valute è stata fissata in via sperimentale e può essere modificata con delibera del Consiglio di amministrazione del Fondo.

Per quel che riguarda la lira italiana si è, per es., così operato. Partendo dal valore in lire di un DSP al 28 giugno 1974 - valore pari a Lit. 779,90, dato che il valore di 1 DSP era di $ 1,206375 (a) e il cambio del dollaro era di Lit. 646,5 (b) - poiché il 6% (c) era il "peso" attribuito all'Italia nelle esportazioni mondiali, si è stabilito - con arrotondamento - in 47 l'ammontare delle lire il cui valore in dollari dev'essere considerato nel paniere per il calcolo del valore di un DSP (ossia 47 = a x b x c).

La determinazione del valore in DSP delle varie monete viene effettuata dal F. giornalmente sulla base delle quotazioni ufficiali in dollari di ciascuna di esse. V'è da notare che il riferimento al dollaro è fatto solo per motivi tecnici e non è la conseguenza del riconoscimento di uno status particolare alla moneta statunitense (come in parte era prima del 1973). La procedura è semplice. Si parte dal computo del valore in dollari di un DSP e poi lo si converte nelle singole monete nazionali. Per effettuare il calcolo si considerano innanzitutto i valori espressi in dollari (o centesimi di dollaro) cui corrispondono giornalmente - ossia in base al cambio del giorno - le unità di ciascuna delle sedici monete contenute nel paniere: si sommano tali valori e si ottiene il valore "globale" in dollari di un DSP. Per ottenere, quindi, il valore in DSP di una moneta si moltiplica il suo cambio in dollari per tale valore globale.

Il valore di tutte le monete, e non solo delle sedici componenti il paniere, è esprimibile in DSP. Il computo viene fatto considerando il cambio di mercato in dollari di ciascuna moneta e successivamente il cambio in dollari di un DSP. Occorre peraltro ricordare che dal 20 marzo 1972 tutti i dati riguardanti il F. sono espressi non più in dollari ma in DSP.

5. I paesi membri, per esigenze valutarie riguardanti la propria bilancia dei pagamenti, hanno un normale diritto di tiraggio sulle risorse del F. che possono esercitare cedendo moneta nazionale contro monete estere presso di esso disponibili. Per converso ogni paese può riacquistare la propria moneta cedendo al F. moneta estera. La posizione d'indebitamento di un paese ha inizio quando presso il F. esiste una disponibilità della sua moneta superiore al 75% della sua quota, ossia quando esso ha iniziato a utilizzare la sua gold tranche (che è pari al 25% della quota del paese membro). Ogni paese può effettuare altri tiraggi di valuta estera utilizzando quattro credit tranches pari ciascuna al 25% della propria quota, e cioè per un ammontare uguale al 100% di tale quota (v. tab. 4).

In complesso, secondo l'art. V dello statuto del F., i paesi membri possono esercitare il diritto di tiraggio di valuta estera fino a che presso il F. l'entità della moneta del paese che esercita tale diritto non superi il 200% della sua quota. In realtà, nei casi normali, il tiraggio globale di un paese non va oltre il 125% della sua quota poiché il F. - ai sensi dell'art. III, sez. 3, dello statuto - possiede già sua moneta nazionale per un ammontare pari al 75% della quota stessa. In attesa dell'approvazione del secondo emendamento - che come si è detto, contempla anche l'aumento delle quote dei membri - a Kingston venne deciso il provvisorio aumento del 45% di ognuna delle quattro credit tranches, che sono così passate dal 25% al 36,25% della quota di ogni paese. L'ammontare globale dei prestiti ottenibili da ciascun paese in relazione alle credit tranches è passato pertanto dal 100% al 145% delle singole quote. È rimasto invece invariato l'importo della possibilità di utilizzo in riferimento alla gold tranche (pari al 25% della quota).

6. Nel 1952, per rendere più agevole l'utilizzo delle credit tranches, fu decisa la stipulazione degli stand-by agreements, che sono peculiari accordi di apertura di credito concessi a paesi che si trovano in difficoltà valutaria. In base a tali accordi il F. s'impegna a mettere a disposizione di un paese membro un importo determinato di valuta estera, per un dato periodo di tempo (6 o 12 mesi, rinnovabili). Gli acquisti di valuta estera sono ammessi senza alcuna condizione; per gli acquisti autorizzati e non utilizzati il paese paga un interesse modesto (dello 0,25%). La stipulazione di questi accordi crea, in sostanza, una riserva valutaria secondaria a favore dei paesi beneficiari. L'entità degli accordi può superare, in casi particolari, anche le credit tranches: l'utilizzo dà luogo a un gravame di interessi, a un tasso che va da un minimo del 2% fino a un massimo del 6%. Il primo accordo fu concluso dal Belgio nel luglio 1952, ma fino al 1957 pochi furono gli accordi stipulati. L'importanza degli accordi è peraltro successivamente aumentata, specie a partire dal 1962, con punte notevoli in occasione delle crisi valutarie italiana, britannica e francese. Negli ultimi anni quasi tutte le operazioni di cessione di valuta del F. sono avvenute attraverso l'utilizzo degli stand-by agreements. V'è da osservare che dal 20 settembre 1968 è stata inserita in tutti gli stand-by arrangements la "clausola di comportamento" (o di consultazione) per cui i membri che usufruiscono di tali accordi devono dar chiarimenti circa le politiche adottate o che intendono adottare e delle conseguenze a esse attribuibili. La sorveglianza e i controlli implicati da tale clausola riguardano, in particolare, la valutazione - specie dopo l'utilizzo della prima credit tranche - dell'osservanza degli obblighi inclusi nella letter of intent che il F. esige dal paese membro richiedente, e che normalmente riguardano l'entità della base creditizia che il suo governo potrà autorizzare in un determinato periodo, il livello minimo delle riserve valutarie che esso dovrà difendere, il suo impegno a non far ricorso a specifiche misure restrittive nel campo valutario e commerciale (v. tab. 5).

7. In aggiunta alle normali possibilità di tiraggio di carattere generale vi sono altre tre facilitazioni creditizie per scopi specifici: a) facilitazioni per finanziamenti compensatori per neutralizzare gli effetti di gravi fluttuazioni delle esportazioni (questo tipo di facilitazioni è stato creato nel 1963 e dal 1975 è stato sottoposto a vincoli meno severi); b) facilitazioni per finanziamenti per il sistema di interventi riguardanti il settore delle materie prime (il cosiddetto buffer stocks financing facility - creato nel 1969); c) facilitazioni allargate (la cosiddetta extended facility - creata nel 1974). Nel 1974, in connessione alla crisi petrolifera, è stato temporaneamente creato un sistema di facilitazioni aggiuntive - il cosiddetto "sportello petrolifero" (oil facility), che ha operato anche nei due anni successivi. Occorre, infine, ricordare che il F. amministra in modo fiduciario (è trustee) anche le risorse valutarie che sono messe a disposizione del Trust fund e del Subsidy account.

La crisi petrolifera (v. petrodollaro; petrolio) ha indotto a creare presso il F., a partire dal giugno 1974, una speciale linea di credito, il cosiddetto "sportello petrolifero" (oil facility), per fornire valute ai paesi le cui bilance dei pagamenti fossero gravate da elevati disavanzi dovuti essenzialmente al forte aumento del prezzo del petrolio. Per il finanziamento dello sportello petrolifero il F. ha concluso accordi di prestito con sette paesi membri esportatori di petrolio, a cui si sono aggiunti Canada e Paesi Bassi, per un totale di 3.051 milioni di DSP (di cui 1000 dall'Arabia Saudita, 580 dall'Iran, 450 dal Venezuela e 400 dal Kuwait). Nel 1974, trentatrè paesi membri hanno effettuato prelievi sulla oil facility: i più elevati sono stati quelli dell'Italia (675 milioni), India (200 milioni) e Iugoslavia (139 milioni). Si è stabilito che tali prelievi potessero essere rimborsati al massimo in sette anni (mentre per i prelievi normali del F. il tempo medio è di cinque anni). I paesi mutuanti sul capitale prestato hanno ottenuto un interesse del 7% pari a quello corrisposto dai paesi richiedenti.

Nel gennaio 1975 il F. ha deciso di aumentare a 5 miliardi di DSP le risorse da raccogliere per prestiti dai paesi dell'OPEC, a cui si sono aggiunti Austria, Rep. Fed. di Germania, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera. Si è anche mutato il tasso d'interesse e si è elevato al 7 e 5/8% quello sui prestiti richiesti dai paesi industriali, mentre si è abbassato al 2 e 5/8% quello a carico dei paesi in via di sviluppo non produttori di petrolio. Nell'aprile 1975 si è deciso di prolungare per tutto l'anno il sistema delle oil facility, e insieme si è stabilito che le utilizzazioni dello sportello petrolifero non potessero andare oltre l'85% del maggior onere valutario attribuibile all'aumento dei costi delle importazioni petrolifere, e in ogni caso non potessero superare un ammontare superiore al 125% del valore della quota del F. spettante al paese richiedente. I tiraggi effettuabili in base alle oil facility sono stati peraltro assoggettati a condizioni simili a quelle richieste dal F. per i prelievi relativi alla prima credit tranche. Lo sportello petrolifero è stato chiuso alla fine di dicembre 1975, però si è stabilito di protrarre al 12 marzo 1976 la possibilità dei paesi di chiedere l'utilizzazione delle disponibilità presso di esso ancora esistenti. In complesso dal settembre 1974 (epoca in cui è effettivamente incominciata la richiesta di finanziamenti) al maggio 1976 i tiraggi "richiesti" con riferimento alla oil facility sono stati pari a 6902,4 milioni di DSP e 55 sono i paesi che hanno fatto ricorso a essi. Il 37% dei tiraggi (per 2.538,8 milioni di DSP) è stato fatto da 45 paesi in via di sviluppo non produttori di petrolio; il 36% (per 2.455,2 milioni di DSP) da due paesi industriali (Italia e Gran Bretagna: l'Italia ha effettuato tiraggi per 1455 milioni), il 28% (per 1908,4 milioni di DSP) da altri paesi sviluppati. Per contro i fondi per il 1974 e 1975 (fino al maggio 1976) sono stati forniti da diciassette paesi.

A fianco alle facilitazioni generali sono stati istituiti il Trust fund e il Subsidy account che sono amministrati dal F. ma da esso indipendenti. Il Trust fund ha lo scopo di assistere i paesi sottosviluppati nella soluzione di problemi riguardanti la bilancia dei pagamenti. Le risorse utilizzabili per queste facilitazioni provengono dagl'utili derivanti dalle vendite dell'oro del F., da contributi volontari e da prestiti. Sessantuno sono i paesi designati quali possibili utilizzatori del Trust fund; essi possono ottenere prestiti in valuta a un basso tasso d'interesse (dallo 0,50 all'1%) e con impegni a rimborsarli a rate in cinque anni e a partire dal quinto anno dalla concessione. Il Subsidy account è stato creato per agevolare i pagamenti in valute riguardanti gl'interessi sulle facilitazioni creditizie concesse a causa della crisi petrolifera a partire dal 1975. Diciotto sono i paesi che potranno trar beneficio da questo conto e cinquantacinque i paesi che forniscono le risorse.

Bibl.: J. M. Fleming, The International Monetary Fund: Its form and functions, Washington 1964; F. Machlup, Remaking the International Monetary System: The Rio agreement and beyond, Baltimora 1968; I. M. F., Establishement of a facility based on special drawing rights in the IMF, nel Rapporto Annuale del 1968 del Fondo, Ap. I; The International Monetary System. Problems and proposals, a cura di L. H. Officer e D. Willet, Englewood Cliffs, N. J., 1969; I. M. F., International Monetary Fund, 1945-1965. Twenty years of International Monetary Cooperation, 3 voll., Washington 1970; D. Carreau, Le Fonds Monétaire International, Parigi 1970; J. Gold, Special drawing rights: Character and use, Washington 19702; id., Special drawing rights: The role of language, ivi 1971; id., The Stand-By arrangements of the IMF, ivi 1971; L. B. Krause, Sequel Bretton Woods: A proposal to reform the World Monetary System, ivi 1971; I. M. F., Reform of the International Monetary System. A report by the executive directors of the board of governors, ivi 1972; F. Hirscfh, An SDR standard: Impetus, Elements and Impediments, Princeton, giugno 1973; I. M. F., Outline of reform with accompanying annexes, Washington giugno 1974; J. Gold, Floating currencies, gold, and SDRs: Some recent legal developments, ivi 1976; E. M. Bernstein e altri, Reflections on Jamaica, Princeton, apr. 1976.

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