TOMEA, Fiorenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TOMEA, Fiorenzo

Francesco Santaniello

– Nacque a Zoppè di Cadore (Belluno) il 7 febbraio 1910, ultimo di dieci figli, da Carlo, pastore, e da Luigia Zanettin.

Ebbe un’infanzia difficile, segnata dalla povertà e dalle dure condizioni di vita in alta montagna. Nel 1920 morì suo padre, e due anni dopo, insieme al fratello maggiore Giovanni, si trasferì a Milano, dove per mantenersi esercitò diversi mestieri: dapprima trovò impiego in un’osteria di corso Buenos Aires, poi lavorò in un circo equestre e infine si dedicò al commercio ambulante. Nel 1926 si stabilì a Verona continuando con il fratello il mestiere di venditore ambulante. Nella città scaligera avviò la sua formazione artistica frequentando per un biennio i corsi serali dell’Accademia Cignaroli, dove conobbe Sandro Bini, Renato Birolli e Giacomo Manzù, con i quali strinse una profonda amicizia.

Nel 1928 fece ritorno a Milano e vi ritrovò sia Manzù sia Birolli, grazie ai quali entrò in contatto con un gruppo di giovani artisti che si muoveva in ambito antinovecentista (Francesco Messina, Aligi Sassu, Luigi Broggini, Bruno Cassinari, Domenico Cantatore). Nel 1929 conobbe il critico d’arte Edoardo Persico e tale incontro fu determinante per la sua crescita culturale e professionale.

Nel 1931, chiamato alle armi, prestò servizio di leva a Firenze. Anche in questa città ebbe importanti incontri formativi: entrò in contatto con Ottone Rosai e rivide Bini, che gli presentò Piero Bargellini, allora direttore della rivista Frontespizio.

L’anno successivo si presentò in pubblico per la prima volta esponendo circa quaranta disegni (paesaggi montani, pastori, giocatori di carte in osteria, teste di bimbo) in una collettiva organizzata da Persico presso la galleria Il Milione di Milano. Inoltre pubblicò due disegni su Frontespizio, avviando una collaborazione che si protrasse fino al 1937.

Assolti gli obblighi militari, ritornò a Milano e riprese il commercio ambulante, che in estate esercitò vendendo gelati a Grottammare (Ascoli Piceno).

Nel 1934, in febbraio, tenne una personale nella galleria Il Milione. In autunno, con l’amico Sassu, si recò a Parigi e vi rimase per circa sei mesi. Durante il soggiorno parigino ebbe modo di visitare mostre e musei, soffermandosi sullo studio degli impressionisti e dei postimpressionisti; incontrò alcuni artisti e intellettuali italiani lì emigrati, tra i quali Giorgio De Chirico, Gino Severini, Filippo De Pisis, Lionello Venturi, ed espose in una collettiva alla galleria Quatre chemins. Ammalatosi di morbillo, fu ricoverato all’hôpital de la Charité.

Nel 1935 rientrò a Milano e vi si stabilì definitivamente, senza rinunciare ai consueti soggiorni estivi nella natia Zoppè. Abbandonò il mestiere di ambulante per dedicarsi alla ricerca artistica e scelse come studio una stanza al n. 17 di via Beatrice d’Este, affittatagli dallo scrittore e poeta Delio Tessa.

Nel 1936 partecipò a una collettiva allestita presso la galleria della Cometa a Roma. L’anno seguente ottenne la medaglia d’oro del ministero dell’Educazione nazionale alla VII Mostra del sindacato interprovinciale fascista di belle arti della Lombardia per il dipinto Candele e maschere. In dicembre tenne la prima personale romana alla galleria della Cometa.

Sul finire degli anni Trenta si avvicinò all’esperienza di Corrente, e, senza aderirvi, partecipò alla prima mostra del gruppo, che si inaugurò nel marzo del 1939 al palazzo della Permanente di Milano. Pochi mesi dopo prese parte alla III Quadriennale nazionale d’arte di Roma e, in ottobre, alla prima edizione del premio Bergamo. Richiamato alle armi, fu inviato a Udine e vi rimase per un anno, durante il quale realizzò una cospicua serie di disegni raffigurante i commilitoni e scene di vita militare.

Nel settembre del 1940 fu ammesso al II premio Bergamo e in ottobre allestì una personale alla galleria Barbaroux di Milano. Nel 1942 partecipò di nuovo al premio Bergamo (IV) e ottenne una sala personale alla XXIII Biennale internazionale d’arte di Venezia, dove espose diciannove opere, tra le quali Paesaggio autunnale (in Fiorenzo Tomea, 1987, p. 71). La guerra non interruppe l’intensa attività lavorativa ed espositiva condotta da Tomea. Nel 1943 l’artista sposò Maria Camilla Centonze, dalla quale ebbe due figli (Paolo e Felicia). Per alcuni mesi soggiornò in Umbria per realizzare, su commissione di Angelo Moratti, un mosaico raffigurante S. Barbara (opera distrutta) in una cappella nei pressi delle miniere di lignite a Pietrafitta (Perugia). In maggio inviò alcuni lavori alla IV Quadriennale di Roma e in novembre propose una personale alla galleria Barbaroux di Milano, cui fece seguito quella di dicembre alla veneziana galleria del Cavallino. Le stesse gallerie organizzarono due sue personali anche nel corso dell’anno successivo (in ottobre a Venezia, a novembre a Milano). Nel 1945 Tomea portò a termine i due affreschi (La resurrezione di Lazzaro; S. Pietro che fa l’elemosina) realizzati alle pareti ai lati dell’altar maggiore della chiesa parrocchiale di Marzio (Varese).

Nell’estate del 1947 gli fu conferito il primo premio alla mostra di pittura del premio Auronzo per il quadro Case cadorine. Nel 1948 fu invitato sia alla V Quadriennale di Roma sia alla XXIV Biennale di Venezia e inoltre fu premiato per l’opera Crocefisso alla IV Mostra d’arte sacra dell’Angelicum di Milano.

Come nei decenni precedenti, anche nel corso degli anni Cinquanta gli impegni espositivi di Tomea furono numerosi. Oltre alle personali proposte in varie sedi (1950, Trento, palazzo Roccabruna; 1951, Roma, vetrina Chiurazzi; 1952, Merano, galleria del Corso, e Padova, galleria La Chiocciola, e ancora Genova, galleria Rotta; 1953, Pieve di Cadore, Magnifica comunità cadorina; 1954, Milano, centro culturale S. Fedele, e Roma, galleria Alibert; 1955, Napoli, galleria Al blu di Prussia; 1956, Alessandria, galleria La Maggiolina; 1957, Venezia, galleria S. Stefano, e Ferrara, galleria Cosmè; 1958, Livorno, Centro artistico livornese, e Modena, galleria alla Saletta; 1959, Roma, galleria Russo, e Assisi, galleria d’arte della Pro civitate christiana), partecipò a importanti collettive sia in Italia sia all’estero, come la II Mostra degli artisti d’Italia al Palazzo Reale di Milano (1951), l’International exhibition of contemporary painting a Pittsburgh (1952), la IV Mostra nazionale del Fiorino di Firenze (1955), la Moderne Italiensk Maleri a Copenaghen (1958). Ottenne riconoscimenti alle mostre di pittura del premio Marzotto nel 1954 (secondo posto) e a quella del Maggio di Bari nel 1956 (secondo posto).

Vinse il primo premio alla II Mostra d’arte sacra dell’Antoniano di Bologna (1956), il premio ASCOM istituito dal Circolo della stampa di Milano (1957) e il premio Francesco Paolo Michetti a Francavilla a Mare (1958). Fu invitato a tutte le edizioni della Quadriennale romana e a quelle della Biennale di Venezia fino al 1956, quando nella rassegna lagunare gli fu concessa per la seconda volta una sala personale, nella quale, dando un taglio antologico alla sua partecipazione, l’artista presentò ventidue opere databili tra il 1933 e il 1955. Nello stesso 1956, pur non militando in alcun movimento politico, fu eletto sindaco di Zoppè di Cadore, carica che mantenne fino alla morte.

Temi ricorrenti della produzione di Tomea furono i paesaggi dolomitici, velati di nostalgica malinconia (La riva del Rocco, 1936, Zoppè di Cadore, Raccolta comunale), le nature morte (di fiori o di umili utensili domestici) e le composizioni di candele o maschere, che l’autore dipinse sin dalla giovinezza secondo una sua personale maniera impostata sulla semplificazione formale di vaga ascendenza primitivista e sull’uso espressionistico del colore nella scelta dei toni e nella vibrante resa luministica. Durante gli anni del secondo conflitto mondiale si concentrò sui motivi degli sfollati e degli emigranti, descrivendo un’umanità dolente ed errante, in fuga dai bombardamenti o dalle inospitali zone montuose (Profughi, 1945, in Fiorenzo Tomea, 1990, p. 127). Dall’immediato dopoguerra divennero preponderanti i soggetti sacri (Natura morta religiosa, 1948, Musei Vaticani, Collezione d’arte contemporanea) e soprattutto la Crocifissione di Cristo (Crocifissione e pie donne, 1959, Assisi, Galleria d’arte contemporanea della Pro civitate christiana).

Nel dicembre del 1958 fu inaugurata la chiesa di S. Barbara a Metanopoli, presso San Donato Milanese, nella quale Tomea, su incarico di Enrico Mattei, presidente dell’ENI, aveva rivestito l’intera parete dietro l’altar maggiore con un mosaico raffigurante il Calvario. In seguito, per l’insorgere di una grave malattia, l’artista fu costretto a mesi di inattività.

Nel 1959 fu di nuovo a Roma, con una personale alla galleria Russo e la presenza di sue opere, in dicembre, alla VIII Quadriennale nazionale d’arte.

Nel 1960 il regista Aglauco Casadio girò un documentario sulla vita e l’arte di Tomea, ottenendo il primo premio alla II Mostra internazionale del film sull’arte di Venezia. In maggio fu dedicata al pittore un’antologica nella sede torinese dell’associazione Piemonte artistico e culturale. Pochi mesi dopo, ad agosto, un’analoga mostra fu inaugurata presso il museo della Magnifica comunità cadorina di Pieve di Cadore.

Tomea morì a Milano il 16 novembre 1960.

Fonti e Bibl.: G. Bezzola, T., Milano 1962; M. Carrà, F. T. (catal.), Milano 1973; F. T., 1910-1960 (catal., Belluno), a cura di P. Rizzi, Venezia 1987; F. T. (catal., Ferarra), a cura di M.L. Tomea Gavazzoli, Venezia 1990; F. T. (catal.), a cura di C. Gian Ferrari, Milano 1995; E. Viganò, Le incisioni e le litografie di F. T., in Grafica d’arte, X (1999), 38, pp. 23-27; F. T. Opere, 1934-1959 (catal., Mel), a cura di A. Alban, Cornuda 2002 (dove però sono state riprodotte alcune opere non autentiche); Galleria d’arte contemporanea della Pro Civitate Christiana di Assisi, a cura di S. Bignami - P. Rusconi - G. Zanchetti, Prato 2014, pp. 18, 40, 43, 163, 195 s.

TAG

Secondo conflitto mondiale

Francesco paolo michetti

Quadriennale di roma

San donato milanese

Biennale di venezia