TERZI, Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 95 (2019)

TERZI, Filippo

Daniele Pascale Guidotti Magnani

– Nacque presumibilmente nel 1520, data avvalorata da una lettera del 1594 in cui Filippo affermò di essere entrato nel suo settantacinquesimo anno di vita.

Secondogenito di quattro fratelli, era figlio di Terzo, falegname abitante a Bologna (carpentario bononiense) a partire almeno dal 1536, nelle parrocchie di S. Donato e S. Giuseppe di Galliera; questi proveniva da una famiglia di non lontane origini contadine stanziata nel borgo di San Giorgio di Piano, nella pianura a nord di Bologna, probabile luogo di nascita di Filippo. Non sono ancora stati chiariti eventuali rapporti di parentela con un’omonima famiglia di tagliapietre bolognesi o con l’architetto Terzo Terzi, che si distinse al servizio di Ercole II d’Este duca di Ferrara, da non confondersi con il padre di Filippo.

Nel 1552 nacque a Bologna il suo unico figlio, Alfonso: sconosciuto è il nome della madre, anche se si può supporre che appartenesse alla famiglia, borghese ma in fase di rapida ascesa sociale, dei Fava, come testimonierebbe il fatto che la dote fu pagata proprio da alcuni membri di questa famiglia. Del resto, Filippo restò vedovo molto presto. Abitava in una casa situata nella strada di S. Stefano, nei pressi della chiesa parrocchiale di S. Biagio, e dotata di una bottega nella quale egli esercitava la professione, ereditata dal padre, di falegname (faber lignarius). Nel 1556 vendette tutti i materiali, grezzi o lavorati, e gli strumenti da lavoro che si trovavano in bottega al fratello maggiore Domenico Maria: allo stesso anno o a quello successivo risale infatti il suo trasferimento a Pesaro (per gli anni bolognesi di Terzi cfr. Pascale Guidotti Magnani, 2017, pp. 71-75, 80 s.). Lo seguì a Pesaro anche il fratello terzogenito, Lodovico, che divenne in seguito architetto di Niccolò Sanseverino, principe di Bisignano e marito di Isabella della Rovere, e poi fu al servizio del Regno di Napoli.

La storiografia pesarese ottocentesca ha spesso riportato la notizia che Filippo fosse figlio di un Bartolomeo Terzi, orefice e membro del Consiglio di Pesaro: come si è visto, i documenti archivistici bolognesi smentiscono questa eventualità, facendo perdere consistenza anche all’ipotesi che Filippo svolgesse in origine la professione di orefice (ibid., pp. 73 s.). Resta però non chiarito quali fossero le motivazioni, familiari o professionali, che indussero Filippo a trasferirsi; pare che in un primo tempo sia venuto in contatto con il circolo di tecnici e architetti (tra i quali si ricordano Girolamo e Bartolomeo Genga e Nicolò Sabbatini) che faceva capo alla corte roveresca, con interessi di natura matematica e pratica finalizzata alla progettazione di fortificazioni (Menchetti, 2013, p. 273). Certo è che i suoi primi incarichi documentati lo videro al fianco dell’architetto ducale Bartolomeo Genga; alla morte di questi (1558), gli succedette nell’importante incarico (Antonucci, 2017, p. 91), segno che doveva essere particolarmente ben visto (per ragioni professionali oggi non particolarmente chiare) agli occhi del duca Guidubaldo II.

Nel corso di tutta la sua permanenza a Pesaro, Terzi realizzò un certo numero di opere di ornato e apparati effimeri, che ben chiariscono la sua maestria nella lavorazione del legno: l’arca delle beate Felice e Serafina nella chiesa del Corpus Domini di Pesaro (fine anni Cinquanta?); il catafalco ligneo eretto per la morte di Carlo V (1558?); il tabernacolo del duomo di Fano (1559-60); le cornici per due quadri inviati dal cardinale Giulio della Rovere al fratello Guidubaldo II da Roma; forse un tabernacolo per il duomo di Urbino (1571); l’arco di trionfo in legname realizzato nel 1571 a Urbino per il solenne ingresso in città di Francesco Maria II della Rovere e della moglie Lucrezia d’Este (e poi soppiantato dall’analoga struttura in muratura della porta Valbona); altri quattro archi trionfali effimeri e una colonna con la statua del re Filippo II di Spagna realizzati a Pesaro per la stessa occasione (Pascale Guidotti Magnani, 2017, p. 77). Del 1564 è una lettera di Tiziano che testimonia una contrattazione di Terzi per una partita di legname cadorino (Coelho - Battelli, 1935, p. VIII).

Per quanto riguarda le opere propriamente architettoniche, Terzi fu impegnato con Bartolomeo Genga nella sistemazione del cortile del palazzo ducale di Pesaro (1557-59); a lui è attribuito in particolare il disegno del portale e delle finestre, che mostrano linee eleganti ma ancora incerte nell’uso del linguaggio classico (Antonucci, 2017, p. 88). Tra il 1558 e il 1574 Terzi lavorò alla sopraelevazione del cortile d’onore del palazzo ducale di Urbino e a numerose opere di ornato interne come camini e finestre (Rimondini, 1979, p. 200; Sikorsky, 1985, pp. 78 s., 81). Nel 1559 fu incaricato dell’ampliamento e trasformazione dei giardini della villa di Miralfiore nei pressi di Pesaro: di questo impegno professionale resta il bel portale d’ingresso, in forma di arco trionfale (Antonucci, 2017, pp. 92 s.). Nel 1563 il duca Guidubaldo II lo incaricò di sovrintendere ai lavori di ampliamento della piazza di Pesaro (Rimondini, 1979, p. 199): Terzi progettò, non senza alcune ingenuità stilistiche, il palazzo della Paggeria, una lunga facciata a tre piani ornati da lesene bugnate che ingloba immobili differenti e che permette in due punti l’attraversamento di piccole arterie medievali. La piazza era completata dal palazzo comunale – oggi abbattuto – la cui facciata principale era decorata da architetture dipinte, disegnate da Terzi stesso (Pascale Guidotti Magnani, 2017, pp. 77 s.). Quasi contemporaneo è il notevole palazzo comunale di Fossombrone (1564-65), dalla facciata bugnata (ibid., p. 78, Antonucci, 2017, pp. 94 s.). Le fonti cronachistiche pesaresi attribuiscono a Terzi anche il progetto originale delle scuderie di porta Curina (oggi teatro Rossini), ma ciò pare improbabile visto che tali stalle furono incominciate nel 1541. La datazione del portale delle scuderie va invece spostata senz’altro in avanti a causa della stretta parentela stilistica vignolesca, probabilmente alla fine degli anni Sessanta del Cinquecento, cronologia perfettamente compatibile con la presenza di Terzi a Pesaro (Pascale Guidotti Magnani, 2017, p. 76).

Pare comunque che Terzi fosse impegnato soprattutto nella progettazione di opere ingegneristiche e di fortificazione per le città e i borghi del ducato roveresco, opere delle quali resta molto poco: attraverso le cronache e le lettere di Terzi stesso, si sa che lavorò all’acquedotto e al porto di Senigallia, alle mura di Orciano, e ancora a Finiglio, Tavolato, Pergola, Mondavio, Massa, Cagli, Fossombrone, Gubbio, Urbino e nel Montefeltro (Battelli, 1934, p. 13). Ancora apprezzabile è la sua opera nel piccolo borgo di Barchi, per il quale progettò la torre e sistemò la piazza e le mura (De Santi, 2004).

Nel 1574, alla morte del suo protettore Guidubaldo II, le occasioni professionali iniziarono a diminuire e parallelamente si acuirono alcune problematiche vicende familiari: l’unico figlio Alfonso aveva infatti sposato una nobile pesarese, Barbara Padovani, e il nuovo status richiedeva ingenti somme di denaro che Terzi sborsava di malavoglia; un diverbio con i parenti della nuora si concluse addirittura con una fuga temporanea di Terzi da Pesaro (Antonucci, 2017, p. 96).

Probabilmente a causa di queste circostanze non felici, Terzi si trasferì nel 1576 a Roma, ma già nel 1577 era conteso tra la Repubblica di Lucca e il Regno di Portogallo: alla fine fu quest’ultimo a spuntarla, ingaggiandolo come supervisore delle fortificazioni di confine e di oltremare, con lo stipendio, piuttosto elevato, di 40 cruzados al mese e il titolo di mestre de fortificaçoes del re Sebastiano I (Soromenho - Branco, 2017, p. 101).

Terzi seguì il re nella sfortunata impresa militare in Marocco: nella battaglia di Alcazarquivir (1578), Sebastiano I fu ucciso e Terzi fatto prigioniero e portato a Tétouan. La sua fama di ingegnere militare aveva risvegliato gli interessi del sultano del Marocco, così che egli, senza attendere l’arrivo del riscatto fissato dal nuovo re, il cardinale Enrico, si affrettò a fuggire e arrivò a Lisbona nell’aprile del 1579. La situazione del regno era particolarmente instabile: alla morte senza eredi del cardinale Enrico, il Paese fu invaso da Filippo II di Spagna. È probabile che Terzi sia passato dalla parte degli spagnoli in cambio di una forte somma di denaro, rivelando i segreti delle fortezze cui egli stesso aveva sovrinteso. Riuscì in questo modo a rimanere in auge anche sotto il nuovo dominio, divenendo architetto reale e dal 1590 sovrintendente generale di tutte le proprietà della corona in Portogallo. Nel 1594 gli fu anche conferito il prestigioso incarico di insegnante di architettura, svolto all’interno del palazzo reale di Lisbona (ibid., pp. 102 s., 106). Come segno della sua vicinanza alla corona spagnola, a Terzi fu richiesto anche di progettare architetture trionfali effimere in legno: la prospettiva realizzata a Tomar per l’ingresso nel monastero di Filippo II (1580), e gli archi di trionfo costruiti l’anno successivo a Lisbona, sempre in onore del re di Spagna (Battelli, 1934, p. 7; Pascale Guidotti Magnani, 2017, p. 77).

Anche per le opere realizzate in Portogallo risulta difficile stabilire un elenco completo, in parte perché, nella sua veste di sovrintendente, Terzi doveva gestire un gran numero di progetti e cantieri, in genere seguiti da altri architetti, e in parte perché molti edifici andarono distrutti nel terremoto del 1755. Dal punto di vista militare Terzi supervisionò le fortezze di tutto il Paese, dal Minho all’Algarve, e probabilmente fornì consigli e disegni anche per i forti d’Oltreoceano. Ben documentata è la sua presenza nei cantieri dei forti di São Felipe (Setubal), Nossa Senhora da Luz (Cascais, con Giacomo Fratini), Vila do Conde, Buarcos (Soromenho - Branco, 2017, pp. 103-106).

Tra le opere di architettura e ingegneria civile, Terzi fu particolarmente lodato per la ricostruzione del palazzo di Ribeira, a Lisbona, scelto come residenza da Filippo II tra altri palazzi. Il lavoro non era ancora concluso all’arrivo del re a Lisbona nel 1581. Distrutto dal terremoto del 1755 e dalle successive demolizioni, e in seguito ricostruito in forme non del tutto conformi all’originale come quinta occidentale della piazza del Terreiro do Paço, consisteva in un grande torrione quadrato con copertura a padiglione, ingentilito da lesene classiche e finestre a edicola; Terzi progettò anche la cappella, la grande sala, una galleria, la nuova torre dell’orologio e una scala a chiocciola, probabilmente ispirata a quella di Francesco di Giorgio Martini a Urbino. Sempre a Lisbona realizzò il nuovo edificio della Dogana (ibid., p. 118). A Coimbra realizzò l’acquedotto, il ponte sul Mondego e probabilmente la loggia a due livelli del palazzo episcopale, modellata su esempi italiani come la loggia della piazza di Faenza o la loggia sul giardino della villa di Poggioreale a Napoli (Pascale Guidotti Magnani, 2017, p. 77 nota 21; Soromenho - Branco, 2017, pp. 119-122).

In ambito religioso, Terzi costruì la copertura in legno della chiesa di S. Maria di Loreto, utilizzata dalla comunità italiana residente a Lisbona, e, forte di questo precedente, progettò analoghe coperture lignee, ma più ampie, per S. Catarina e S. Roque. Meno chiaro è il suo apporto in chiese un tempo a lui attribuite in toto: São Vicente de Fora fu progettata da Baltazar Álvares, probabilmente con una supervisione di Terzi, dato che si trattava di una commissione reale. Lo stesso discorso si può fare per la chiesa di Nossa Senhora do Desterro. Più articolato è il suo apporto per il monastero di Tomar: mentre tradizionalmente si assegnava a Terzi il mirabile chiostro di stampo manierista, si ritiene oggi che gran parte dell’opera sia precedente e da assegnarsi a Diogo de Torralva e che Terzi completò due lati del piano superiore, oltre a realizzare l’interessante acquedotto ad archi a sesto acuto e alcuni lavori di ornamento della chiesa (Soromenho - Branco, 2017, pp. 106-116).

Morì a Lisbona il 10 aprile 1597 (Battelli, 1934, p. 10).

Nell’ultima fase della sua esistenza aveva raggiunto uno status invidiabile: architetto cortigiano, impegnato negli incarichi di organizzazione di numerosi cantieri, era divenuto un uomo ricco e rispettato, decorato della lucrosa commenda del prestigioso ordine del Cristo. Viveva in una casa da lui stesso costruita, «con servitori e cavalli, vivendo conforme a quello che a me conviene, onoratamente» (Coelho - Battelli, 1935, p. 36; Soromenho - Branco, 2017, p. 123). Si riteneva anche che avesse scritto un breve trattato di architettura, rimasto manoscritto (Biblioteca nazionale del Portogallo, Reservados, cod. 12956): recenti studi ne hanno chiarito la datazione più tarda, settecentesca (Soromenho - Branco, 2017, p. 106), e l’autore è stato riconosciuto in un altro illustre bolognese trapiantato in Portogallo, Francesco Galli Bibiena (Ceccarelli, 2017, pp. 133-135).

Fonti e Bibl.: G. Battelli, F. T. architetto militare in Portogallo, Roma 1934; H.T. Coelho - G. Battelli, F. T., architetto e ingegnere militare in Portogallo (1577-97), Firenze 1935; G. Bresciani Alvarez, Un architetto pesarese in Portogallo. F. T. (1520-97), in Atti del XI Congresso di storia dell’architettura, Marche... 1959, Roma 1965, pp. 355-374; G. Rimondini, Nota critica sull’arch. F. T., in G. Rimondini - L. Samoggia, Francesco Saverio Fabri architetto (Medicina 1761-Lisbona 1817). Formazione e opere in Italia e in Portogallo, Medicina 1979, pp. 199-201; D. J. Sikorsky, Il Palazzo Ducale di Urbino sotto Guidobaldo II (1538-74). Bartolomeo Genga, F. T. e Federico Brandani, in Il Palazzo di Federico da Montefeltro. Restauri e ricerche, a cura di M.L. Polichetti, Urbino 1985, pp. 67-90; D. Bonamini, Abecedario degli architetti pesaresi, a cura di G. Patrignani, in Pesaro città e contà, 1996, n. 6, monografico; M. De Santi, Il vicariato di Barchi e la piccola “città ideale” disegnata da F. T., ibid., 2004, n. 19, pp. 49-62; F. Menchetti, Guidobaldo del Monte nel Granducato di Toscana e la scuola roveresca di architettura militare, in Guidobaldo del Monte (1545-1607). Theory and practice of the mathematical disciplines from Urbino to Europe, a cura di A. Becchi - D. Bertoloni Meli - E. Gamba, Berlin 2013, pp. 269-290; M. Antonucci, Le due vite di F. T., architetto e ingegnere dall’Italia in Portogallo, in Da Bologna all’Europa: artisti bolognesi in Portogallo (secoli XVI-XIX), a cura di S. Frommel - M. Antonucci, Bologna 2017, pp. 83-100; F. Ceccarelli, Da F. T. a Francesco Galli Bibiena. Una nuova attribuzione del codice 12956 della Biblioteca Nacional de Portugal, ibid., pp. 125-138; D. Pascale Guidotti Magnani, F. T. bolognese. Precisazioni biografiche e stilistiche, ibid., pp. 71-82; M. Soromenho - R.L. Branco, The architectural career of F. T. in Portugal (1577-1597), ibid., pp. 101-124.

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