CANE, Ferrario

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CANE (de Canis, de Canibus, Cani), Ferrario (Ferrarino)

Ugo Rozzo

Appartenente ad una tra le più antiche e illustri famiglie pavesi, il C. era figlio di un Robaldo (o Rambaldo), che risulta già defunto nel 1256; ebbe un fratello, Guglielmo, e tre figli: Dondino, Dimito e Areco.

Fervente ghibellino, è un tipico esempio del podestà di professione, rappresentato nel sec. XIII da capaci amministratori spesso con qualche esperienza di legge.

La prima notizia relativa ad una sua presenza nella vita pubblica la si ha nel 1229, allorché risulta testimone a Gavi ad un atto di pacificazione tra Genovesi e Tortonesi: con tutta probabilità era allora al seguito del podestà di Pavia, Guidotto Falavello, che era stato nominato arbitro tra le due comunità. La sua prima podesteria pare sia stata quella di Occimiano nel Monferrato, probabilmente nel 1230-1231, mentre dal 1º luglio 1231 al 30 giugno 1232 fu podestà di Cremona, dove fece edificare la porta della città sulla strada per Pavia. Sulla fine del 1231 fu poi a capo della delegazione, formata da sedici tra i più illustri cremonesi, che partecipò alla Dieta convocata da Federico II a Ravenna per il 1º novembre. Nel 1235 fu podestà di Asti, e in tale veste stipulò la sottomissione di Carignano in funzione antisabauda; dal marzo 1241 al marzo 1242 fu poi podestà di Lodi. Nel 1244 era ritornato a Pavia, dato che viene ricordato come presente in città in due documenti pavesi della fine di quell'anno. Qualche dubbio, ma superabile, sussiste a proposito di una sua podesteria torinese nel 17-45; ci risulta infatti da altre fonti che in quell'anno fu contemporaneamente podestà imperiale a Chieri e a Moncalieri: è certo che Moncalieri durante la sua podesteria partecipò con un proprio contingente alla spedizione di Federico II contro Milano.

F. Gabotto, parlando della podesteria a Torino e Moncalieri del C., lo dice "astese", sulla base dei numerosi riferimenti al personaggio che si riscontrano nel Codex Astensis. Nel Codex, tuttavia, il C. viene ricordato in realtà solo ed esclusivamente come podestà di Asti, né si accenna mai alla sua patria. Molto più significativo ci sembra invece il fatto che il suo vicario a Moncalieri fosse un Guglielmo Liberelli pavese, mentre il vicario di Chieri era un altro pavese, Alberto Cane.

All'inizio del 1246 il C. risulta podestà a Lucca, ma sappiamo pure che non portò a termine l'incarico: tra il 20 aprile e il 12 maggio di quell'anno, probabilmente in seguito ad un rivolgimento interno, fu espulso e sostituito con Acerbo di Borgo San Sepolcro. Nel 1247 lo troviamo, per la seconda volta, podestà a Cremona "imperiali gratia et mandato", proprio quando maggiore era in città la tensione tra guelfi e ghibellini. Il 12 gennaio di quell'anno papa Innocenzo IV aveva preso sotto la sua protezione i guelfi di Cremona, ma qualche tempo dopo i loro capi furono costretti ad abbandonare la città. Nell'estate il C., che come podestà aveva il comando dell'esercito cittadino, condusse i contingenti cremonesi a unirsi alle truppe imperiali del re Enzo impegnate nell'assedio di Quinzano; ma, ribellatisi i Parmensi all'imperatore, le forze ghibelline lasciarono Quinzano e mossero contro Parma. Dal 1º genn. 1252 il C. fu podestà a Piacenza. Nel mese di marzo di quell'anno strinse un accordo con Bernardo Liberelli, "valente espugnatore di castelli guelfi", perché occupasse con i suoi soldati il castello di Pontenuovo, allora in possesso dei "militi" guelfi piacentini. Dopo qualche difficoltà il forte venne finalmente conquistato dal C. e distrutto.

Nell'edizione degli Annales Placentini gibellini curata dallo Jaffé si legge che il Liberelli era "optimus furator castrorum Papie". Lo Huillard-Bréholles, rilevando la difficoltà di intendere un simile passo, suggerì di emendare "furator" in "curator". In realtà, il senso di questo incomprensibile passo è dato non dalla correzione proposta dallo studioso francese, ma da una variante, di cui né lui né lo Jaffé tennero conto, presente nella tradizione manoscritta degli Annales. In luogo di "Papie", infatti, alcuni codici hanno "pape": come del resto avevano a loro tempo inteso il Boselli, il Robolini, e l'Affò.

Nel luglio i Piacentini comandati dal C., insieme con contingenti cremonesi, attaccarono altri castelli tenuti dai "militi" piacentini guelfi ed espugnarono alla fine il castello di Fontana e la fortezza di Castel San Giovanni. In seguito a queste e ad altre sconfitte, i "militi" decisero di rientrare in città, promettendo obbedienza al podestà; la pace, conclusa da Oberto Pelavicino, venne solennemente confermata a Pavia il 17 dicembre e riguardò Piacentini, Pavesi, Cremonesi e Parmensi delle due fazioni.

Secondo il Registrum parvum di Piacenza questa pace venne giurata il giorno "decimo sexto Ianuarii". Si tratta però di un'indicazione sbagliata, dovuta ad una svista dell'amanuense, come risulta da altre fonti e come del resto è confermato dal Registrum magnum, che ha invece "decimo sexto chalendas Ianuarii". L'errore del Registrum parvum spiega tuttavia lo sbaglio del Poggiali e di altri, che parlano di 16 genn. 1252.Nel 1256 il C. era podestà a Tortona. Questa notizia, che si trae solo da documenti pavesi, è ignorata - almeno allo stato delle nostre conoscenze - dalle fonti tortonesi. Nel 1261 era giudice a Bergamo quando i fuorusciti milanesi - tra cui i Visconti, i Crivelli e i Landriani - rifugiatisi nella città orobica, passato l'Adda, con l'aiuto del Comune di Bergamo assalirono e presero Licurti (oggi Aicurzio, presso Vimercate) nell'aprile, provocando l'immediata reazione di Milano il cui esercito, rinforzato da contingenti bresciani, piacentini, comaschi, tortonesi e alessandrini, devastò il territorio bergamasco ed occupò alcuni castelli, tra i quali Martinengo e Ghisalba. L'anno successivo il C. era nuovamente a Bergamo come podestà.

Fu, questa, l'ultima podesteria amministrata dal C. di cui ci parlano le fonti. Sappiamo, tuttavia, che egli era ancora in vita nel 1270, quando, secondo una notizia degli Annales Placentini gibellini, uno dei suoi figli, Dondino, del partito dei Fallabrini, venne preso prigioniero nella battaglia dell'Agogna dai ghibellini pavesi. Il C. risulta però sicuramente già morto nel 1290.

Fonti e Bibl.: Piacenza, Arch. comunale, Registrum parvum, ff. 355, 358; Registrum magnum, f. 436; Pavia, Bibl. civica, Schedario Marozzi, cass. 428, fam. Cani; Chronicon Cremonense breve, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., VII, Mediolani 1725, coll. 642, 647; Chronicon Placentinum, ibid., XVI, Mediolani 1730, col. 616; Chronicon Placentinum et Chron. de rebus in Italia gestis, a cura J. L. A. Huillard-Bréholles, Parisiis 1856, pp. 235 ss.; Chronicon Placentinum, in Chronica tria placentina, a cura di B. Pallastrelli, Parmae 1859, pp. 202, 204; Annales Cremonenses, in Mon. Germ. Hist., Script., XVIII, a cura di F. Jaffé, Hannoverae 1863, p. 807; Annales Placentini gibellini, ibid., a cura di F. Jaffé, pp. 505 s., 544; Inven. del R. Arch. di St. in Lucca, II, Lucca 1876, p. 309; Codex Astensis, qui de Malabayla nuncupatur, a cura di Q. Sella, II, Romae 1880, docc. 203 s., pp. 264 s., doc. 268, p. 327; III, ibid. 1880, doc. 687 p. 727; C. Vignati, Codice diplomatico Laudense, II, Milano 1883, pp. 331 s.; S. Bongi, Antica cronichetta volgare lucchese, in Atti d. R. Acc. lucchese di scienze lett. e arti, XXVI (1893), pp. 232, 251; L. Astegiano, Codex diplomaticus Cremonae, II, in Mon. hist. patriae, XXII, a cura di L. Astegiano, Augustae Taurinorum 1898, coll. 185, 187; F. Gabotto, Inventario e regesto dell'Archivio comunale di Moncalieri fino all'anno 1418, in Misc. di stor. it., s. 3, V (1900), nn. 180-181 p. 356; Annales Cremonenses, in Mon. Germ. Hist., Script., XXXI, a cura di O. Holder-Egger, Hannoverae 1903, pp. 15, 18; A. Tallone, Cartario dell'Abazia di Casanova fino all'anno 1313, Pinerolo 1903, doc. 292 p. 235; F. Gabotto-U. Fisso, Le carte dell'Archivio capitolare di Casale Monferrato fino al 1313, I, Pinerolo 1907, doc. 151 p. 261; E. Gabotto, Chartarium Dertonense, Pinerolo 1909, doc. 117 p. 180; F. Gabotto-F. Guasco di Bisio, Il "Libro rosso" delComune di Chieri, Pinerolo 1918, docc. 46 s. pp. 83, 87; A. Tallone, Le carte dell'Archivio comunale di Voghera fino al 1300, Pinerolo 1918, docc. 42 s., pp. 45 s., doc. 112 p. 195; Gesta Lucanorum, in Mon. Germ. Hist., Script. Rer. Germ., n.s., VIII, a cura di B. Schmeindler, Berolini 1930, p. 310; Tholomei Lucensis Annales, ibid., a cura di B. Schmeindler, p. 128; O. Locati, DePlacentinae Urbis origine, Cremonae 1564, p. 80; A. Campi, Cremona fedelissima città, Cremona 1585, pp. 37, 41 s.; F. Arisi, Praetorum Cremonae series chronologica, Cremonae 1731, pp. 8 s.; C. Poggiali, Memorie storiche di Piacenza, V, Piacenza 1758, pp. 238 s.; I. Affò, Storia della cittàdi Parma, III, Parma 1793, p. 235; G. V. Boselli, Delle storie piacentine, I, Piacenza 1793, pp. 168 ss.; A. D. Rossi, Ristretto di storia patria, I, Piacenza 1829, p. 337; G. Robolini, Notizieappartenenti alla storia della sua patria, IV, 1, Pavia 1830, pp. 117 s., 133, 141 n. 1, 145 ss., 152 n. 2, 159, 174-178; B. Corio, Storia di Milano, I, Milano 1855, p. 414; J. L. A. Huillard Bréholles, Historia diplomatica Friderici Secundi, IV, 1, Parisiis 1854, p. 285; C. Wüstenfeld, Seriedei rettori del Comune di Cremona dal 1127 al 1397, in Repert. dipl. cremonese, I, Cremona 1878, pp. 229, 232; A. Timolati, Serie cronologica deipodestà, in Arch. stor. di Lodi, VI (1887), p. 122; A. M. H. J. Stokvis, Manuel d'histoire, de généalogie et de chronologie, III, Leide 1890-1893, pp. 779, 782, 912; F. Gabotto, Un Comune piemontese nel secolo XIII (Moncalieri), in Ateneoveneto, s. 19, I (1895), pp. 265 s.; E. Galli, Facino Cane e le guerre guelfo-ghibelline nell'Italiasettentrionale (1360-1400), in Arch. stor. lomb., XXIV (1897), 1, pp. 345 s.; A. Mazzi, Licurti, in Boll. d. Bibl. civica di Bergamo (Bergomum), VI (1912), 2, pp. 59 s.; T. Rossi-F. Gabotto, Storia di Torino, Torino 1914, pp. 273, 402; P. Falconi, Cronologia dei podestà di Piacenza..., in Bollettino storico piacentino, XI (1916), p. 104; H. Ohlig, Studien zum Beamtentum Friedrichs II, in Reichsitalien von 1237-1250unter besonderer Berücksichtigung der süditalienischen Beamten, Kleinheubach am Main 1936, pp. 19, 83; A. Cavalcabò, I rettori di Cremona, in Boll. stor. cremonese, VIII (1938), pp. 153, 159; U. Gualazzini, Il "Popolus" di Cremona e l'autonomia del Comune, Bologna 1940, p. 143; L. Vergano, Storia di Asti, in Riv. di st., arte e arch. per le prov. diAless. e Asti, LX-LXI (1951-1952), p. 84; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, II, Bergamo 1959, pp. 54, 155, n. 7, 218 (dove il C. è detto cremonese).

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