GROSSI GONDI, Felice

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GROSSI GONDI, Felice

Antonella Parisi

Secondo di tre fratelli, nacque a Roma il 16 sett. 1860 da Augusto Grossi, medico, e da Candida Gondi. Compiuti gli studi classici presso il liceo S. Apollinare, entrò nella Compagnia di Gesù (30 nov. 1881). Completato il biennio di noviziato e terminati gli studi di retorica e filosofia, insegnò nel convitto di Mondragone, presso Frascati (1887), e negli anni 1888-89 nel seminario di Strada, nel Casentino. Si dedicò quindi agli studi teologici presso l'Università Gregoriana e fu ordinato sacerdote nel 1891.

La solida preparazione nel campo delle discipline storico-archeologiche gli venne invece dagli studi compiuti presso la facoltà di lettere dell'Università di Roma: iscrittosi nel 1889, vi seguì, a contatto con docenti quali J. Beloch, E. De Ruggiero, E. Loewy, R. Lanciani e G. Tomassetti, i corsi di storia antica, antichità greche e romane, archeologia e storia dell'arte, topografia romana, storia di Roma nel Medioevo. Si laureò nel 1893, con una tesi di carattere storico-epigrafico, I comites nell'amministrazione dell'impero, in cui illustrava l'evoluzione degli alti funzionari imperiali dalle origini al VI secolo d.C. Il lavoro presentava già quelle caratteristiche che avrebbero distinto la produzione scientifica del G.: padronanza delle fonti letterarie ed epigrafiche, rigore sistematico, attenzione critica agli studi precedenti.

La tesi, il cui manoscritto originale si conserva presso l'Università Gregoriana, fu pubblicata da De Ruggiero nel suo Dizionario epigrafico di antichità romane (II, Roma 1900, pp. 468-530).

Conseguita la laurea, il G. tornò nel convitto di Mondragone, dove insegnò lettere italiane e latine fino al 1903 (con l'intervallo di un anno, nel 1896, nel quale fu a Chieri, nel noviziato di S. Antonio). La permanenza nel piccolo centro dei Colli Albani fu occasione per iniziare a indagare la topografia antica del territorio tuscolano.

I risultati di queste ricerche comparvero nel Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma (anni 1898, 1902, 1904, 1906, 1916), in singoli studi (tra cui: Il tempio di Castore e Polluce nell'acropoli di Tuscolo e la scoperta di un'antica iscrizione, Roma 1901; Le ville tusculane nell'epoca classica e dopo il Rinascimento…, ibid. 1901) e nell'opera di carattere generale Il Tuscolano nell'età classica (ibid. 1908).

Dal 1904 al 1913 fu docente di lingua latina e storia dell'arte presso l'istituto Massimo alle Terme di Roma. A quest'epoca risale la pubblicazione del manuale Sulle soglie dell'arte (ibid. 1912; 2ª ed., riveduta da V. Golzio, Torino-Roma 1925), destinato agli studenti delle scuole superiori. L'insegnamento rimase fino alla fine la sua principale occupazione: il che non gli impedì di dedicarsi con costanza agli studi di archeologia classica, di archeologia cristiana e di agiografia, disciplina cui lo aveva iniziato il p. A. Rocchi, monaco basiliano dell'abbazia di Grottaferrata. Nominato membro della Società dei cultori di archeologia cristiana fondata G.B. De Rossi nel 1875, il G. prese a partecipare assiduamente, intervenendo su "dotti argomenti con parola succosa, ma claudicante" (Cecchelli, p. 390), agli incontri periodici durante i quali i soci comunicavano e discutevano i risultati delle loro indagini: fra i presenti alle riunioni il fratello Augusto, anch'egli appassionato allo studio delle antichità, e l'archeologo S. Pesarini, legato al G. da uno stretto rapporto d'amicizia.

Nel 1913, con uno studio su L'arco di Costantino, il G. confutò con valide argomentazioni la datazione del monumento a epoca domizianea proposta da A.L. Frothingham. Attraverso un'analisi tecnico-stilistica il G. sostenne invece la contemporaneità della messa in opera dei rilievi decorativi (in buona parte frutto di spoliazioni) con la costruzione dell'arco, che datò al 316 d.C.

Nel 1914, il G. fu chiamato a coprire presso l'Università Gregoriana la cattedra di archeologia cristiana resasi vacante per il ritiro di p. G. Bonavenia, che la occupava dal 1887. In questi anni il suo interesse si concentrò sulle indagini condotte da A. De Waal e P. Styger al di sotto della basilica di S. Sebastiano, sulla via Appia, dove erano venuti alla luce i resti di un luogo di culto dedicato ai ss. Pietro e Paolo. Ai risultati di tali indagini il G. dedicò diversi studi, in particolare: Il Refrigerium celebrato in onore dei ss. apostoli Pietro e Paolo nel sec. IV ad catacumbas, in Römische Quartalschrift, XXIX (1915), pp. 221 ss.; La tomba e l'altare di S. Sebastiano nella basilica dell'Appia a proposito del VII centenario della sua consecrazione, in La Civiltà cattolica, LXIX (1918), vol. I, pp. 235-244, 338-347; Il rito funebre del "refrigerium" al sepolcro apostolico dell'Appia, in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, s. 2, XIV (1920), pp. 261-277.

Intanto, nel 1915, il G. era entrato nel consiglio di direzione del Nuovo Bullettino di archeologia cristiana. Il 30 marzo 1916, nel corso di un'adunanza della Pontificia Accademia romana di archeologia, di cui era divenuto socio ordinario e censore, comunicò i risultati delle sue indagini sulla paleografia delle iscrizioni del IX secolo, giungendo a importanti chiarimenti (Excursus sulla paleografia medievale epigrafica del sec. IX, in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, s. 2, XIII [1918], pp. 147-179).

In tale occasione egli dimostrò la falsità dell'iscrizione della basilica di S. Prassede, contenente l'elenco delle reliquie dei santi trasferiti nella chiesa da papa Pasquale I. L'iscrizione, ritenuta da De Rossi e da altri un originale del IX secolo, era in realtà copia settecentesca di un originale del XIII secolo (cfr. La celebre iscrizione agiografica della basilica di S. Prassede, in La Civiltà cattolica, LXVII [1916], vol. I, pp. 443-456).

Con la monografia Principi e problemi di critica agiografica (Roma 1919) intese fissare criteri oggettivi per stabilire l'autenticità degli Atti dei martiri e delle loro spoglie, problema all'epoca particolarmente sentito a causa delle continue esplorazioni nelle chiese e nelle catacombe romane. Altro suo contributo importante fu quello allo studio delle fasi costruttive della chiesa di S. Angelo in Pescheria: nel 1920, assieme con S. Pesarini, il G. ne indagò i sotterranei individuando le strutture della cripta bassomedievale (già viste nel 1862 da p. F. Tongiorgi) e insieme scoprendo i resti dell'edificio altomedievale (La cripta confessionis del sec. VIII nella chiesa di S. Angelo in Pescheria, in La Civiltà cattolica, LXXI [1920], vol. III, pp. 524-532). Le vaste conoscenze acquisite in anni di studio nel campo epigrafico confluirono poi nel Trattato di epigrafia cristiana, latina e greca nel mondo romano occidentale (Roma 1920), destinato, diceva il G. nell'introduzione, alla "formazione scientifica dei giovani": lavoro per molti aspetti superato, ma l'unico a carattere generale ancora disponibile. Una sintesi dei risultati raggiunti nell'ambito dell'archeologia cristiana dagli esponenti della cosiddetta scuola romana (G.B. De Rossi, M. Armellini, O. Marucchi, E. Stevenson, mons. J. Wilpert e altri) troviamo infine nel manuale I monumenti cristiani iconografici ed architettonici dei sei primi secoli (ibid. 1923).

Il G. fu anche membro dell'Arcadia, della pontificia ommissione di archeologia sacra e del Collegium cultorum martyrum. Per sua iniziativa, il Collegium ottenne, presso papa Benedetto XV, di ripristinare la celebrazione liturgica solenne dei protomartiri romani. Suo fu il testo dell'iscrizione commemorativa posta in loro onore nella piazza del Circo Neroniano, presunto luogo del martirio.

Morì a Roma, dopo una lunga malattia, il 30 marzo 1923. Negli ultimi anni aveva cominciato a scrivere la storia del Collegio romano, opera ripresa ma non conclusa da p. G. Domenici, suo successore nella cattedra di archeologia cristiana. I necrologi che gli furono dedicati esaltarono, oltre alle qualità di studioso, anche quelle di religioso impegnato fino all'ultimo in una fervente attività pastorale negli istituti in cui insegnò e nel quartiere Tiburtino, dove, presso le suore ausiliatrici del Purgatorio, per vent'anni esercitò il sacerdozio.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia di S. Tommaso in Parione, Stato delle anime, 1862, s.v.via dei Coronari. Presso l'Archivio della Pontificia Università Gregoriana si conservano sei buste contenenti rispettivamente: vari appunti manoscritti del G., in parte inediti (b. 2960); il manoscritto del volume I monumenti cristiani iconografici ed architettonici dei sei primi secoli (b. 2961); il manoscritto della tesi di laurea (b. 2962); un indice compilato dal G. delle annate 1895-1915 del Nuovo Bull. di archeologia cristiana (b. 2963); copia del volume a stampa del Trattato di epigrafia cristiana…, con note marginali (b. 2964); e il testamento olografo del G., datato 2 apr. 1913, in cui il G. nomina il fratello Augusto suo erede universale (b. 2965). Tra i necrologi: L. Cantarelli, in Bull. della Comm. archeologica comunale di Roma, L (1923), p. 239; Il Corriere d'Italia, 1° apr. 1923; La Civiltà cattolica, LXXIV [1923], vol. II, pp. 171 s.; Roma, I (1923), p. 166; Riv. di archeol. cristiana, I (1924), p. 167; O. Marucchi, ibid., II (1925), p. 30. Si veda anche: L'Università Gregoriana del Collegio romano nel primo secolo dalla restituzione, Roma 1924, p. 162; G. Ferretto, Note storico-bibliogr. di archeologia cristiana, Città del Vaticano 1942, p. 370; C. Cecchelli, Scrittori contemporanei di cose romane, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LII (1929), p. 390; Diz. enciclopedico italiano, V, p. 617; Enc. cattolica, VI, col. 1184; Diz. ecclesiastico, II, p. 278.

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