BORROMEO, Federico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)

BORROMEO, Federico

Georg Lutz

Nacque il 29 maggio 1617 a Milano da Giulio Cesare, conte di Arona, e Giovanna Cesi, duchessa di Ceri. Destinato già in giovane età alla carriera ecclesiastica, nel 1623 si trasferì a Siena, dove studiò prima lettere e poi teologia. Nel 1636 conseguì il titolo di dottore in diritto civile e canonico. In possesso di numerosi benefici, entrò nel 1637 al servizio della Curia: cubiculario pontificio, nel 1638-1639 ricoprì la carica di referendario delle due Segnature. Successivamente gli furono affidati vari incarichi nell'amministrazione della provincia del Piceno: dal 1643 al 1652 ricoprì la carica di governatore di Ascoli. Il 25 ott. 1652 fu nominato da Innocenzo X inquisitore di Malta, dove giunse il 20 febbr. 1653.

Nel corso dei suoi diciotto mesi di soggiorno nell'isola si adoperò in difesa dell'immunità ecclesiastica e come mediatore nei conflitti personali tra il vecchissimo gran maestro dell'Ordine e il vescovo di Malta. Il tema centrale dei suoi dispacci è costituito tuttavia dalle imprese delle galere veneziane, maltesi e pontificie contro la flotta turca. Verso la fine del suo incarico pare abbia provocato forti reazioni per le massicce interferenze nelle questioni interne dell'Ordine di Malta. Già alla metà di marzo del 1654 il papa, per intervento dei suoi parenti, gli dette facoltà di tornare a Roma, offrendogli il posto di segretario della Consulta, divenuto vacante per l'elevazione al cardinalato del cugino Giberto Borromeo. Il B. però non accettò l'offerta e lasciò Malta solo il 29 ag. 1654, dopo che il 27 giugno gli fu dato l'ordine definitivo di rientrare.

Il suo richiamo da Malta preludeva alla nomina a nunzio in Svizzera: poco dopo il suo arrivo a Roma gli fu conferito il 29 ott. 1654 il titolo di patriarca di Alessandria in partibus infidelium e il 28 novembre fu inviato come nunzio presso la Confederazione elvetica. Sorpreso nel corso del viaggio dalla notizia della morte di Innocenzo X, il B. si fermò a Bellinzona fino all'elezione di Fabio Chigi (Alessandro VII), della cui protezione egli aveva goduto da anni, per aspettare l'arrivo del nuovo breve del 24 apr. 1655che lo accreditava. Così egli poté fare il suo solenne ingresso a Lucerna, sede della nunziatura, solo a metà maggio.

Durante i suoi dieci anni di attività in Svizzera il B. dovette affrontare difficili problemi: contrasti tra cantoni cattolici e cantoni protestanti che nel 1656 degenerarono in aperto conflitto e provocarono in conseguenza nuovi contrasti all'interno degli stessi cantoni cattolici; la resistenza che incontrò l'introduzione di riforme ecclesiastiche; ed in particolare il tentativo di assicurare ai monasteri esenti anche l'indipendenza de facto dagli ordinari.

All'inizio della sua nunziatura era stato concluso un trattato di alleanza tra i cantoni protestanti, che intendeva perseguire fini di politica estera, ma assunse fatalmente, in conseguenza della crescente tensione confessionale all'interno della Confederazione, un carattere anticattolico. Per ritorsione nell'autunno del 1655 fu rinnovata a Lucerna la lega dei cantoni cattolici patrocinata nel 1586 da s. Carlo Borromeo. Il conflitto confessionale era alimentato dall'atteggiamento del Papato della Controriforma, interessato più al rafforzamento del partito cattolico che al consolidamento dell'unione generale dei cantoni svizzeri al di là delle divergenze religiose. La persecuzione dei protestanti nel cantone cattolico di Schwyz aprì nel 1656 la guerra civile, nel corso della quale il papa garantì sussidi e sollecitò la Spagna e la Francia a sostenere i cattolici: ad essi toccò una vittoria clamorosa. Durante la tregua che ne seguì, il B. si adoperò per la rapida conclusione di un trattato di pace e dopo la sua firma, per la sua immediata esecuzione. Tuttavia egli si scontrò nella resistenza di alcuni ambienti cattolici che volevano sfruttare la momentanea superiorità militare avanzando richieste eccessive e minacciando la ripresa della guerra. Per mesi il B. cercò di indurre alla moderazione i sostenitori della guerra ad oltranza che avrebbe costretto Roma a concedere nuovi sussidi. I suoi continui sforzi riuscirono ad isolare gli estremisti e a conservare anche nel corso degli anni successivi la pace interna della Svizzera, la qual cosa gli suscitò da parte dei cantoni intransigenti di Schwyz e Uri l'accusa di arrendevolezza nei confronti dei protestanti. Aspri contrasti scoppiarono intanto nel 1657-59 fra alcuni cantoni cattolici, in particolare tra Schwyz e Uri, sulla condotta della guerra del 1656 e sul ruolo che vi aveva avuto uno dei condottieri. Di fronte alla caparbietà delle parti in causa fallirono in un primo tempo i tentativi del B. di comporne le tensioni in modo duraturo. Nuove difficoltà provocò la questione della libertà religiosa che nel 1656 venne aperta nel Thurgau e rimase insoluta anche dopo il 1659. Al B. riuscì per lungo tempo di mantenersi imparziale nel conflitto tra gli interessi politici della Spagna che inclinava verso la parte cattolica e quelli della Francia che appoggiava tradizionalmente i protestanti. Non poté però continuare a mantenere questo atteggiamento di neutralità durante il conflitto franco-pontificio del 1662-1664. Egli fu accusato fra l'altro dai Francesi perché aveva assoldato mercenari svizzeri per la difesa dello Stato della Chiesa.

Pazienza e circospezione venivano richieste anche dal disbrigo delle questioni ecclesiastiche. Ciò valeva anzitutto per il problema posto dalla condotta e dalla persona del vescovo di Coira Ioannes (VI) Flugi: la cultura del clero e l'amministrazione della diocesi erano in pessime condizioni, il vescovo non si atteneva all'obbligo della residenza e interveniva nei diritti di patronato delle abbazie benedettine. Nell'estate del 1655 il B. tentò con un accordo, concluso troppo precipitosamente con il Flugi, di tutelare i privilegi dei benedettini e di venire incontro agli interessi finanziari del vescovo. Il quale però aizzò poco dopo i fedeli contro i benedettini e poté ottenere, visto che il B. si astenne prudentemente dalla severa punizione dei responsabili, una più favorevole revisione dell'accordo. Il B. si adoperò inoltre per la riforma della Congregazione benedettina svizzera, in collaborazione anzitutto con le abbazie di Disentis, S. Gallo e Einsiedeln, interferendo però qualche volta oltre il lecito nei loro affari interni. Si occupò dell'educazione dei giovani e, senza alcun riguardo per i motivi economici, intervenne per l'osservanza della più stretta clausura nei monasteri femminili, favorì l'istituzione di collegi gesuitici (così a Solothurn e in Valtellina), visitò personalmente parecchie diocesi e cercò di influire sulla nomina dei vescovi. Grandi meriti si acquistò infine con l'istituzione di un archivio nella nunziatura di Lucerna.

Il 20 ag. 1665 si concluse la sua attività in Svizzera. Rientrato a Roma, fu nominato prima segretario della Congregazione dell'Immunità, poi il 17 febbr. 1666 governatore di Roma. Esercitò questo ufficio con la generale soddisfazione e il rispetto di tutti fino all'inizio di febbraio del 1668, poi dovette dare ancora una volta prova delle sue capacità diplomatiche. L'invasione francese dei Paesi Bassi spagnoli indusse Clemente IX a proporre la mediazione pontificia per avviare trattative di pace: il 14 gennaio fu deciso l'invio del B. in missione straordinaria presso la corte spagnola. Arrivò a Madrid il 17 maggio quando la pace era stata già conclusa ad Aquisgrana. In conseguenza fu accreditato fin dalla prima udienza del 10 giugno come nunzio ordinario (i brevi sono del 25 febbraio e del 10 e 14 marzo). La scarsa partecipazione della Spagna alla guerra di Candia, l'interferenza spagnola nei diritti ecclesiastici e i continui intrighi della corte di Madrid posero il B. davanti a difficili compiti politici, giuridici e diplomatici nel corso dei due anni di missione spagnola. Grazie alla sua collaborazione con il nunzio a Parigi, riuscì a Clemente IX nel 1669 di indurre Luigi XIV alla promessa di non attaccare di nuovo la Spagna. Quest'impegno e la presenza finanziaria e militare della Francia nella difesa di Candia dall'aggressione turca posero le condizioni per un contemporaneo intervento della Spagna, che però nonostante le continue sollecitazioni del B. non ebbe luogo, finché Candia nell'autunno cadde nelle mani dei Turchi. Contemporanee violazioni della giurisdizione ecclesiastica e pesanti misure adottate contro ecclesiastici negli anni 1668-1669 a Milano e a Napoli provocarono gravi tensioni fra Roma e Madrid. Le proteste di Clemente IX e le trattative avviate dal B. ottennero infine, nel giugno del 1670, un successo anche se parziale. Notevole tatto imponevano gli intrighi di corte: la reggente Maria Anna d'Austria aveva affidato la direzione della politica spagnola al gesuita tedesco Nidhard. Contro la preminenza di uno straniero si levò una fronda capeggiata dal popolare don Giovanni d'Austria, figlio illegittimo di Filippo IV. Agendo di propria iniziativa, in mancanza di istruzioni romane, il B. riuscì a svolgere una funzione mediatrice fra i due opposti partiti, inducendo Nidhard all'inizio del 1669 a trasferirsi a Roma (le relazioni personali intrattenute allora e continuate poi in futuro con il Nidhard richiederebbero ulteriori ricerche). Se in tal modo non eliminò del tutto gli intrighi della corte spagnola, riuscì però ad evitare almeno il pericolo di una guerra civile. La questione Nidhard restò insoluta anche in seguito per la diplomazia pontificia: Roma negava il suo assenso alla progettata nomina del gesuita ad ambasciatore straordinario per ragioni canoniche, mentre in Spagna il partito capeggiato da don Giovanni d'Austria si opponeva alla sua promozione al cardinalato.

Il 10 maggio 1670, pochi giorni dopo la sua elevazione al pontificato, Clemente X nominò il B. segretario di Stato, richiamandolo dalla Spagna. Lasciò Madrid il 2 luglio e giunse a Roma il 29 per assumere poco dopo le sue nuove funzioni. Elevato il 22 dic. 1670 al cardinalato, ricevette il 23 febbr. 1671 il titolo di S. Agostino, che cambiò l'8 agosto con quello di S. Agnese.

Tuttavia neanche dopo questa nomina gli riuscì di assumere la direzione effettiva della segreteria di Stato; il papa aveva voluto lasciare al suo posto quasi tutto il personale della segreteria, affidando inoltre il disbrigo di gran parte della corrispondenza diplomatica al cardinal nepote Paluzzi-Altieri, che lo tenne saldamente in mano. Questa situazione provocò naturalmente uno stato permanente di tensione con l'ambizioso cardinal nepote, preoccupato della possibile influenza che il B. poteva esercitare sul vecchio pontefice e desideroso di assumere egli stesso anche formalmente la direzione della segreteria di Stato o almeno di affidarla ad una persona di sua fiducia. Nell'estate del 1672 la tensione fra i due eminenti porporati minacciò di esplodere in aperto conflitto e corsero anche voci di dimissioni del B., dalle quali sembra l'abbia salvato solo l'intervento del papa. La presenza del B. negli atti della segreteria di Stato e la sua parte nella politica e nella diplomazia della S. Sede restarono così del tutto irrilevanti. Il cardinal Altieri dirigeva personalmente la corrispondenza con la nunziatura francese, in quel momento di importanza decisiva. Il B. era escluso anche dalla corrispondenza con Madrid, senza riuscire a far valere neanche l'esperienza acquisita nel corso della nunziatura spagnola. Per quanto è possibile accertare, egli intervenne solo in rare occasioni nella corrispondenza con nunziature di secondo ordine, quale era in quel momento anche quella presso la corte imperiale, e sempre per trattare questioni particolari di politica ecclesiastica e di diritto canonico. Sembra dunque che la sua attività nella segreteria di Stato sia rimasta confinata a compiti meramente amministrativi e di pura rappresentanza. Tuttavia riuscì lo stesso a inimicarsi i Francesi per l'influenza che esercitava su Clemente X in favore degli interessi spagnoli, con particolari riflessi sulle nomine cardinalizie di quegli anni. L'eccellente preparazione canonistica gli valse la carica di prefetto della Congregazione dell'Immunità. Il 2 maggio 1671 fu nominato protettore dei cappuccini e il 2 settembre dello stesso anno anche dei canonici regolari di S. Salvatore.

Morì il 19 febbr. 1673 e fu sepolto nella chiesa di S. Carlo al Corso. Dopo la sua morte il cardinale Altieri assunse la direzione della segreteria di Stato con il consenso del papa, in un primo tempo in forma interinale.

Fonti e Bibl.: Minute in parte autografe del B. del periodo della sua attività come segretario di Stato si trovano in Arch. Segreto Vat., Segret. di Stato,Germania, vol. 458, ff. 97 s., 125-128, 133-140, 146, 195; Colonia, vol. 220, f. 16; Malta, vol. 166, f. 139; Savoia, vol. 232 A, ff. 64 s. Ibid., Avvisi (Avvisi di Roma), vol. 40, ff. 58, 71, 204 s.; vol. 115, ff. 290, 326', 334; vol. 117, ff. 43 s.; Bibl. Apost. Vat., Fondo Barberini, vol. 6374 (Avvisi di Roma), ff. 329, 331, 334', 344, 388; vol. 6376 (Avvisi di Roma), ff. 335', 341 s., 343', 345 s. La sua corrispondenza diplomatica relativa agli anni 1653-1654, 1655-1665 e 1668-1670, si conserva quasi senza lacune nell'Arch. Segr. Vat., Segret. di Stato,Malta, voll. 9 e 82 A (pubblicata in parte da P. Piccolomini, Corrispondenza tra la corte di Roma e l'inquisitore di Malta durante la guerra di Candia (1645-1669), II, in Arch. stor. ital., s. 5, XLV [1910], pp. 303-307, 337-345); Svizzera, voll. 48-62; Archivio della Nunziatura di Lucerna, vol. 118; Firenze, vol. 46, ff. 304-322; Spagna, voll.136-140, 351, 353, 354 A. Una Relazione di Malta e suo Inquisitorato del card. F. B. è stata pubblicata in Malta letteraria, n.s., II (1927), pp. 47-56, 115-120, 149-153, 185-191. Vedi inoltre L. Cardella, Mem. stor. de' Cardinali, VII, Roma 1793, pp. 203-205; J. A. Pupikofer-J. Kaiser, Die Eidgenössischen Abschiede aus dem Zeitraume von 1619 bis 1680, VI, 1, Frauenfeld 1867, ad Indicem; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma, V, Roma 1874, p. 345; N. Barozzi-G. Berchet, Relazioni degli Stati europei, s. 3: Relazioni di Roma, II, Venezia 1878, p. 359; C. Terlinden, Le pape Clément IX et la guerre de Candie (1667-1669) d'après les Archives secrètes du Saint-Siège, Louvain-Paris 1904, pp. 59, 84 s., 135-138, 141, 153, 155 s., 182, 236; L. Karttunen, Les nonciatures apostoliques permanentes de 1650 à 1800, Genève 1912, p. 235; E. Rott, Histoire de la représentation diplomatique de la France auprès des cantons suisses, ..., VI, 1643-1663, Berne 1917, ad Indicem; VII, 1663-1676, ibid. 1921 (vedi Indice nel vol. VIII); B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae, Città del Vaticano 1931, p. 283; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, Roma 1932, pp. 616 s., 637, 659, 662; P. Gauchat, Hierarchia catholica..., IV, Monasterii 1935, p. 77; R. Ritzler-P. Seffrin, Hierarchia catholica..., V, Patavii 1952, p. 7; M. Giovannini, F. B.,nunzio apostolico..., Como 1945; A. Serafini, Le origini della pontificia Segreteria di Stato e la "Sapienti consilio" del b. Pio X, in Romana Curia a beato Pio X sapienti consilio riformata, Roma 1952, p. 204; C. Verlinden, La diplomatie pontificale et la paix d'Aix-la-Chapelle de 1668 d'après les Archives secrètes du Saint-Siège, in Bull. de l'Inst. histor. belge de Rome, XXVII (1952), pp. 257, 259 ss., 263; I. Müller, Die Abtei Disentis, II, 1655-1696, Freiburg 1955, ad Indicem; Regesti di bandi,editti,notificazioni e provvedimenti diversi relativi alla Città di Roma ed allo Stato Pontificio, VI, Roma 1956, ad Indicem; VII, ibid. 1958, pp. 1-23; Card. F. Borromeo,arciv. di Milano. Indice delle letterea lui dirette conservate all'Ambrosiana, Milano 1960, pp. 65 s.; F. Diaz, Francesco Buonvisi: Nunziatura a Colonia, I, Roma 1959, p. XI; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, coll. 1283 s.

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