FARMACOLOGIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

FARMACOLOGIA (XIV, p. 818; App. II, 1, p. 903; III, 1, p. 591)

Eugenio Paroli

L'espansione degl'interessi della f. agli aspetti sia conoscitivi sia applicativi dell'azione dei farmaci ha comportato lo sviluppo di distinti settori di studio con metodologie e tecniche d'indagine loro proprie come la farmacodinamica, rivolta all'esame degli effetti funzionali e biochimici dei farmaci, la f. molecolare che esplora a livello ultrastrutturale, molecolare, le azioni biologiche dei farmaci, la farmacocinetica che ha per oggetto i processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo e biodisponibilità dei farmaci nell'organismo, la f. medica e la f. clinica, che studiano gli effetti medicamentosi dei farmaci per l'applicazione terapeutica, la farmacoterapia, che questa applicazione codifica e controlla, la tossicologia, interessata ai danni funzionali e anatomici e ai processi morbosi conseguenti alle interazioni indesiderate dei farmaci con l'organismo. Nell'ambito di tale sviluppo della tematica farmacologica, si sono andati identificando altri aspetti, come la chemioterapia, volta a individuare interazioni selettive dei farmaci con la vita, la riproduzione e l'attività aggressiva di microrganismi patogeni e di cellule neoplastiche, la farmacogenetica che studia le risposte farmacologiche in funzione di varianti genetiche degli organismi così come le conseguenze dei farmaci sul genoma; con riferimento al particolare substrato e ai parametri biologici esplorati, hanno acquistato autonomia altri settori specializzati, come la psicofarmacologia, la neurofarmacologia, la nipiofarmacologia, che studia le reazioni ai farmaci nell'infanzia, e la cronofarmacologia, che ha per oggetto le risposte ai farmaci in rapporto ai ritmi biologici. Nella tossicologia vari aspetti del danno da farmaci vengono approfonditi di conserva con altre discipline, che quei fenomeni studiano nell'ambito del loro sviluppo naturale: tali la farmacoallergia, la cancerogenesi chimica, la teratogenesi chimica, ecc. I farmaci, "agenti chimici" o ("reattivi della vita" (C. Bernard) nella ricerca farmacologica di base, assumono il significato di medicamenti per la f. medica, la chemioterapia, la f. clinica e la farmacoterapia. Come momenti particolarmente significativi del nuovo orientamento scientifico della f. possono essere ricordate la ricerca farmacologica "mirata", diretta a creare nuovi farmaci su modelli naturali (E. F. A. Fourneau, D. Bovet) e la ricerca sistematica intesa a saggiare principi attivi di droghe o prodotti della chimica sintetica, a scandagliare materiali come il plancton, le muffe, i prodotti della vita batterica nei riflessi della loro potenzialità terapeutica. La scoperta degli antibiotici è solo in parte frutto del caso e largamente da ricondursi al metodo della ricerca pianificata e sistematica che caratterizza la moderna farmacologia.

Relazioni tra struttura chimica ed effetto farmacologico. - Le indagini in merito hanno permesso d'individuare aggruppamenti chimici, distanze interatomiche, distribuzione di cariche elettriche dei farmaci determinanti per l'effetto farmacologico. Su questa base è stata possibile la realizzazione di composti chimici che riproducono gli effetti di diversi prodotti naturali grazie alla presenza, nella propria struttura, degli aggruppamenti e della disposizione di quelle molecole. L'individuazione nelle molecole farmacologiche di elementi strutturistici necessari alla produzione di specifici effetti ha, d'altra parte, portato a ipotizzare l'esistenza nell'organismo di ("ricettori" farmacologici, cioè di macromolecole, di natura enzimatica o meno, caratterizzate da siti di adesione, di fissazione e di legame per i farmaci e dalla proprietà di reagire al nuovo assetto strutturale o energetico con modificazioni fisiche, bioelettriche, metaboliche, ecc., che configurano l'"effetto farmacologico".

Sono stati ipotizzati i modelli del recettore della morfina e dei morfinici, dell'acetilcolina, della noradrenalina, dell'istamina. Conseguenza di questo sforzo di razionalizzare il meccanismo dei farmaci attraverso la formulazione di modelli di recettore, è stato lo studio, a titolo di verifica, degli effetti farmacologici di numerose molecole pianificate, progettate con conformazioni adatte per inserirsi nei siti di particolari recettori e pertanto con la previsione di specifici effetti farmacologici. Questo approccio ha consentito di semplificare i prototipi farmacologici naturali agli elementi strutturali richiesti dall'interazione farmaco-recettore e di costruire analoghi o antagonisti graduandone attività e tossicità. L'ulteriore evoluzione delle ricerche ha portato a risultati particolarmente rilevanti sul tema delle interreazioni dei farmaci con "recettori" di sostanze endogene con funzione ormonale e in generale di mediazione chimica di processi adattivi. In particolare con i recettori degli "autocoidi" (= automedicamenti, Sharpey-Schafer, 1916), agenti chimici che si sintetizzano e si liberano nell'organismo in rapporto a stimoli infiammatori, allergici, metabolici, tossici (istamina, prostaglandine, bradichinina, 5 idrossitriptamina, angiotensina) e che sono chiamati in causa nella patogenesi di varie condizioni morbose.

Nell'affrontare tale problema la f. si è trovata nella necessità di approfondire a livello molecolare processi fisiologici e fisiopatologici connessi alla mediazione umorale. Ne è derivato l'ampio apporto della f. alle conoscenze relative alla produzione, cinetica di liberazione, semivita biologica, metabolismo dei mediatori chimici endogeni, al loro contegno in varie condizioni sperimentali e in presenza di medicamenti, al meccanismo unitario con il quale diversi fondamentali processi di regolazione biochimica e funzionale a essi affidati si realizzano attraverso la sintesi di specifici nucleotidi (E. W. Sutherland, 1957) come il 3′, 5′ adenosinmonofosfato ciclico (AMPc) e il 3′, 5′ guanosinmonofosfato ciclico (GMPc), secondi messaggeri dei messaggi nervosi e ormonali nell'organismo. Inoltre, lo studio a livello della mediazione chimica endogena, di farmaci dotati di specifiche attività medicamentose o responsabili di quadri tossici affini a quelli della patologia, ha assunto un indubbio valore euristico quale mezzo per individuare le basi "molecolari" di processi fisiopatologici. Ne hanno tratto spunto le tematiche del meccanismo aminergico (catecolaminico, triptaminergico e serotoninico) della depressione psichica, del meccanismo dopaminico del morbo di Parkinson, dello squilibrio colinergico e dopaminergico nella psicosi schizofrenica, l'interpretazione neurochimica dell'effetto psicostimolante di droghe come la cocaina e l'anfetamina, della patogenesi di alcuni squilibri neuroendocrini, ecc. Significativo il contributo della f. come scienza medica dei farmaci allo sforzo d'identificare l'intima relazione tra il meccanismo molecolare dello stato morboso e il meccanismo molecolare dell'effetto farmacoterapeutico.

Esplorando a tal livello gli effetti farmacologici si va rivelando che molti interventi terapeutici già classificati aspecifici o sintomatici, rivestono fisionomia di gran lunga più incisiva, nei confronti dello stato morboso, di quanto sospettato.

I broncodilatatori come l'isoproterenolo, la teofillina e la papaverina usati nel trattamento sintomatico dell'asma bronchiale, dimostrano di aumentare il contenuto dei tessuti (risultato, peraltro, ridotto negli asmatici), dell'AMPc, che oltre a inibire il meccanismo miofibrillare responsabile del broncospasmo, blocca il meccanismo di membrana che nelle mastzellen e nei granulociti basofili regola la liberazione delle sostanze spasmogene e broncocostrittrici dell'anafilassi (che dell'asma è la causa più comune). L'aspirina sopprime il dolore intervenendo sul sistema nervoso centrale ma anche sulla produzione endogena e sull'attività farmacologica di sostanze vasoattive e algogene (bradichinina, prostaglandine), prodotte negli stati infiammatori.

Favoriti dagli sviluppi delle tecniche analitiche separative e radiobiologiche si vanno concretando i tentativi per l'individuazione e l'isolamento dei "recettori", le molecole endogene, che rappresentano il secondo termine dell'interazione farmacologica.

Le ricerche per l'identificazione e l'isolamento di recettori solubili per gli steroidi iniziarono intorno al 1960, quando furono disponibili steroidi marcati con elevata attività specifica, tali da poter permettere l'identificazione di interazioni selettive di questi ormoni con componenti specifici dei tessuti sensibili.

L'isolamento dei recettori dell'acetilcolina è stato tentato mediante l'uso di una proteina basica del peso di circa 8000 ottenuta da un veleno di serpente, "alfa Bungarotossina", marcata con J131, bloccante specifico e irreversibile dei recettori dell'acetilcolina a livello della giunzione neuromuscolare. Nel tessuto elettrico di Torpedo il materiale recettoriale dell'acetilcolina consisterebbe di unità di peso molecolare di circa 80.000, ciascuna delle quali porta un sito di legame per il mediatore. Sono state anche avviate ricerche per stabilire la natura dei recettori dell'acetilcolina nel cervello specie a livello di proteolipidi, proteine non ancora bene caratterizzate che si trovano nelle membrane cellulari in associazione con fosfolipidi e sfingolipidi. Nel cervello essi legano in modo specifico degli antagonisti dell'acetilcolina come la tubocurarina e l'atropina. Questo tipo di ricerca presenta riflessi importanti per la patologia. Iniettando macromolecole presunte recettrici dell'acetilcolina è stata indotta nella scimmia, con meccanismo immunitario, una malattia neuromuscolare simile alla "myastenia gravis" dell'uomo. Macromolecole recettrici degli estrogeni sono state isolate dall'utero. Recettori dei cortisonici sono stati individuati in colture di fibroblasti e, attendibilmente, in alcune aree del cervello; recettori per l'insulina nel tessuto adiposo. Un recettore degli oppiacei è stato isolato dal cervello del topo, sotto forma di un proteolipide che dimostra proprietà stereospecifica di legame per il levorfenolo, e che è presente solo nel tessuto nervoso e particolarmente nel rombencefalo.

Interazione farmacologica tra ambiente e organismi viventi. - Nel tratteggiare la posizione moderna della f., particolare menzione si deve fare non solo degli studi che conferiscono ai farmaci il significato di molecole biologiche privilegiate che, sfruttando i requisiti strutturali di molecole endogene cui è affidata la funzione di trasmettere messaggi nervosi, metabolici, ecc., possono provocare a volontà quei messaggi o interdirli o modularli, ma altresì della rilevante attenzione rivolta alle interazioni di natura farmacologica che si verifica in modo progressivamente più manifesto tra l'"ambiente" e gli organismi.

L'ambiente è attualmente una sorgente di agenti chimici sia di provenienza naturale, come nel caso di numerose sostanze contenute nell'alimentazione (terpeni, flavonoidi, vitamine, metalli, sostanze minerali), sia derivanti da inquinamento, contaminazione, usi sanitari, che per varia via raggiungono l'organismo. Tra questi: i numerosi carcinogeni contenuti nell'atmosfera per l'inquinamento urbano (benzopirene, metilcolantrene, ecc.), i prodotti che vi si accompagnano di natura industriale (piombo tetraetile, anidride solforosa, nitriti) nonché le numerose sostanze più o meno occasionali derivate da materiali che vengono a contatto con gli alimenti come plastificanti, insetticidi, fungicidi, conservanti, antibiotici (soprattutto nelle carni); inquinanti che entrano nella catena alimentare come i composti organici del mercurio; i prodotti del tabacco, i veleni voluttuari, l'alcool, la caffeina entrati a far parte dell'habitus dietetico dell'uomo e i numerosi medicamenti. Non solo è stato dimostrato che queste sostanze si ritrovano sempre più frequentemente tra i prodotti di composizione e nel bilancio metabolico dell'organismo (DDT e lindano nel tessuto adiposo, mercurio e piombo nelle urine, ecc.) ma che esse possono condizionare le funzioni dell'organismo stesso, stabilendosi così la dipendenza di natura farmacologica di certe funzioni degli stimoli chimici ambientali. Un settore nel quale queste relazioni divengono progressivamente più evidenti è quello riguardante i processi metabolici dell'organismo che risultano stimolati dai ricordati agenti ambientali e riflettono il livello di attività per essi raggiunto sia sul metabolismo di medicamenti sia sul metabolismo epatico degli ormoni corticosurrenalici, di quelli progestativi, degli acidi grassi, ecc.

D'altra parte, gli organismi sono in grado di modificare le sostanze inquinanti assunte dall'ambiente e di trasformarle in prodotti farmacologici, talora anche più pericolosi, eventualmente riconducendoli all'esterno come evento secondario d'inquinamento, come avviene per la nitrosamina dai nitriti, per taluni procarcinogeni, dal fegato e da altri organi trasformati in epossidi carcinogeni, per il mercurio organico neurotossico. Si sono inoltre accumulati indizi sperimentali di alterazioni genetiche da sostanze di diffuso impiego come le acridine, la caffeina, l'LSD e i documenti di un "apprendimento condizionato" controllato da veleni voluttuari come la marihuana.

Questo nuovo rapporto tra organismo e ambiente va collocando la f. tra le scienze chiamate a interpretare lo status biologico degli organismi "normali", presentemente soggetti a processi biochimici, genetici, e persino psichici sollecitati da agenti chimici di origine ambien tale.

Farmacodinamica.

Il grande numero di molecole chimiche d'interesse per la f. offre un'ampia varietà di interventi funzionali e biochimici annotati nelle classificazioni terapeutiche dei farmaci (analgesici, antipiretici, bechici, ecbolici, ipotensivi, antiaritmici, disinfettanti, ipoglicemizzanti, ecc.). Peraltro le intrinseche proprietà biologiche della molecola e non l'utilizzazione terapeutica che in un dato arco di tempo ne viene giustificata, caratterizzano le potenzialità di un farmaco.

Ogni farmaco offre uno "spettro" di interazioni biologiche, delle quali di volta in volta la terapia sceglie le più confacenti alle sue osservazioni e anche alle sue teorie fisiopatologiche, relegando le altre tra le azioni collaterali. Non è raro il caso che riesaminate certe premesse terapeutiche ed evidenziate nuove opportunità d'impiego, altre indicazioni, poggiate sugli stessi o su diversi meccanismi d'azione, si succedano o si affianchino a quelle originarie del farmaco. L'uso dell'antiepilettico difenilidantoina, o dell'anestetico xilocaina nelle aritmie cardiache, dell'insetticida o, p′, DDD nei tumori surrenalici iperfunzionanti, dell'ipotensivo diazossido negl'insulinomi, dell'antimalarico clorochina nell'artrite reumatoide, di vari chemioterapici antitumorali nelle reazioni da trapianto, esemplificano l'evoluzione delle tradizionali classificazioni terapeutiche dei farmaci. Se ne trova, peraltro, documento nell'impiego farmacoterapico di principi fisiologici, per i quali alle applicazioni a titolo sostitutivo (ormoni nelle deficienze specifiche, vitamine negli stati relativi di carenza, ecc.), si affiancano le numerose applicazioni basate sull'utilizzazione di loro proprietà correlate a dosi e a modalità d'impiego extrafisiologici (ormoni estrogeni e progestativi come anticoncezionali, androgeni come anabolizzanti, cortisonici e ormone corticotropo ipofisario-ACTH come antiinfiammatori, come antileucemici, ecc.).

Il meccanismo molecolare dell'azione dei farmaci traduce in termini d'intervento fisico, elettrochimico e biochimico le proprietà farmacodinamiche, caratteristiche di ciascuno e gli scopi loro assegnati dal terapeuta d'inattivare veleni o tossine, distruggere o inibire la riproduzione di cellule patogene, inibire enzimi lesivi dei tessuti, controllare l'eccitabilità di strutture nervose o muscolari, ricostituire il volume sanguigno, ripristinare i processi di filtrazione o secrezione del rene, allontanare prodotti patologici, ecc.

Di meccanismi fisici elementari partecipano farmaci adsorbenti gas, tossine, veleni e microrganismi come il carbone attivato, l'idrossido di alluminio e altri analoghi composti allo stato colloidale; prodotti antisettici e disinfettanti (detergenti anionici e cationici) che abbassano la tensione superficiale della membrana batterica provocandone la fuoriuscita di componenti essenziali; gli anestetici locali che agiscono "a frigore" determinando per evaporazione nella sede di applicazione una riduzione della temperatura critica per la sensibilità al dolore; i sostituti del plasma (destrano, polivinilpirrolidone) che trattengono acqua nei vasi sanguigni per l'attività colloidosmotica; l'urea, il mannitolo e altri cristalloidi idonei a indurre per osmosi diuresi, detensione dell'ipertensione endocranica, effetto purgativo, ecc. Infine col processo dello "scambio ionico" talune resine sono in grado rispettivamente di neutralizzare l'acidità gastrica (adsorbimento di H+), di ridurre la iperpotassiemia uremica (per scambio di H+ con K+) o di fissare gli acidi biliari con conseguente aumento del metabolismo del colesterolo (colestiramina).

Attraverso reazioni chimiche con costituenti dell'organismo o di microrganismi operano farmaci come gli antiacidi gastrici, gli acidificanti, molti disinfettanti ossidanti (acqua ossigenata, permanganato) o precipitanti e denaturanti le proteine (sali di metalli, fenolo, iodio), i farmaci antiblastici alchilanti l'ADN (acido desossiribonucleico) di cellule tumorali, gli agenti tioloreattivi che inattivano i gruppi tiolici (SH) degli enzimi (arsenicali, mercuriali, antibatterici, vescicanti, ecc.). Le interazioni chimiche non sono selettive dal punto di vista farmacologico; l'affinità dei reagenti condiziona la loro occorrenza per cui hanno luogo, senza discriminazione, con componenti di tessuti sani e malati, di cellule normali e patogene, con costituenti chimici fisiologici.

Di notevole importanza per le applicazioni nella terapia antitossica sono alcuni casi d'interazione chimica dei farmaci con veleni, utilizzati nell'antidotismo, come l'azione precipitante gli alcaloidi dei tannini, la fissazione dei metalli con l'albumina, l'ossidazione della morfina con permanganato. Nel meccanismo di chelazione, altamente selettivo, l'intrappolamento di un metallo tossico viene operato da parte di un farmaco che offre numerosi atomi donatori di elettroni (leganti multidentati) con formazione di un composto, il chelato, dove il metallo è stabilmente legato e, se tossico, reso generalmente inoffensivo (acido etilendiaminotetracetico o EDTA, nell'intossicazione da piombo, dimercaptopropanolo o BAL, in quella da arsenicali, penicillamina ed N acetilpenicillamina nell'intossicazione da mercurio e da rame, nel morbo di Wilson, deferrosamina nell'intossicazione da ferro). Gli agenti chelanti consentono il trattamento per via sistemica delle intossicazioni da metalli e di alcune malattie provocate o aggravate dalla ritenzione anomala di specifici metalli come il m. di Wilson, le emosiderosi e la talassemia, la calcinosi.

Interazioni a livello di membrana: mediatori, antagonisti. - Preminenti per i numerosi processi biologici che ne risultano interessati e per la complessità degl'interventi molecolari in causa, sono le interazioni farmacologiche a livello delle membrane, plasmatiche o cellulari, mitocondriali, microsomiali, lisosomiali, ultrastrutture complesse che controllano attività enzimatiche di vario tipo, il trasporto attivo di nutrienti, di elettroliti e di mediatori chimici, i gradienti ionici che condizionano attività bioelettriche in strutture eccitabili, scambi con il Ca ione che comportano, anche indirettamente, alterazioni della contrattilità muscolare o della trasmissione nervosa, liberazione di autacoidi nell'anafilassi, di enzimi idrolizzanti i tessuti.

Qui le interazioni dei farmaci sono spesso selettive sia per riguardo ai tipi di cellule interessate sia rispetto alle ultrastrutture e alle "funzioni" di membrana loro proprie (digitalici sul trasporto del Na+, antidepressivi triciclici sul trasporto di catecolamine, acetilcolina sui "pori" delle membrane e sui gradienti ionici, ecc.). Quanto al meccanismo dell'interazione, in base a considerazioni di termodinamica si suppone che in rapporto alle caratteristiche fisicochimiche della molecola già la presenza di certi tipi di farmaci nella "biofase" possa modificare tali strutture (teoria di Ferguson), che il farmaco penetrando nelle membrane ne modifichi la permeabilità (teoria di Overton dell'anestesia) eventualmente attraverso un nuovo arrangiamento delle molecole dell'acqua (teoria dei clatrati di Pauling e dell'iceberg di Miller). Altre volte una specifica azione enzimatica è in causa.

Nelle strutture cellulari sede di processi di eccitamento e d'inibizione, le modificazioni selettive di membrana sono fisiologicamente attivate da mediatori endogeni (acetilcolina, adrenalina, noradrenalina, istamina, serotonina, acido gamma-aminobutirrico, acido glutammico) ed eventualmente da prodotti endogeni di produzione occasionale (bradichinina, prostaglandine, SRS-A) che operano sulle strutture eccitabili legandosi a specifiche macromolecole o ricettori.

Sono disponibili in natura o sono stati realizzati diversi farmaci che imitano i mediatori endogeni riproducendone gli effetti. Tali farmaci presentano per i recettori biologici la stessa affinità (in rapporto alle dimensioni e forma molecolari, disponibilità di forze di legame, ionici, d'idrogeno, di Van der Waal, liganti, ecc.) o anche un'affinità superiore a quella dei mediatori stessi e la stessa "attività intrinseca", che può essere definita come la proprietà di fornire un effetto fisiologico, specifico per qualità e grado, per interazione con il recettore. All'opposto, un altro gruppo di farmaci interferisce con gli stessi processi in modo indiretto, per "competizione" con i mediatori fisiologici (o patologici) impedendone l'attacco ai recettori. Si tratta di molecole che possiedono requisiti strutturali che consentono loro di fissarsi preferenzialmente sui recettori cellulari su cui agisce il veleno o il mediatore endogeno ma che sono privi, o scarsamente dotati di attività intrinseca: gli antiistaminici nell'anafilassi, gli anticolinergici nell'ulcera gastrica, i bloccanti beta adrenergici nell'angina pectoris, gli antiserotoninici nell'argentaffinoma e nell'emicrania, esempi di terapie basate su meccanismi competitivi.

Il processo dell'antagonismo è, peraltro, uno dei più rappresentati tra i meccanismi farmacologici. Si applica nei confronti di sostanze fisiologiche o patologiche partecipi al determinismo e al mantenimento di specifiche malattie e loro complicanze ed è una delle modalità ancora diffuse d'intervento nella terapia delle intossicazioni esogene. L'antagonismo vede opporsi il farmaco (antagonista) a un agonista che può essere sia una sostanza endogena sia un veleno. Può essere diretto o indiretto, a seconda che l'antagonista intervenga allo stesso livello o a un livello diverso dall'agonista; acompetitivo o competitivo. Nell'antagonismo acompetitivo il farmaco modifica in modo "aspecifico" la struttura effettrice, attraverso la quale gli agonisti più diversi agiscono, rendendola funzionalmente inoperante. Tuttavia la modalità del blocco non è selettiva né sempre di adeguata efficacia.

A un processo di competizione si ricollega il meccanismo degli antimetaboliti, farmaci che imitano parzialmente nella struttura vitamine, ormoni, intermedi della sintesi proteica, o delle sintesi degli acidi nucleici, ecc. Competono nei relativi processi biochimici con i metaboliti fisiologici, con la conseguenza di arrestare i processi stessi per inibizione della formazione dei prodotti fisiologici finali. Molti chemioterapici agiscono con tale meccanismo (v. chemioterapia, in questa App.), rendendo inoperanti i processi di sintesi di costituenti essenziali di microrganismi e di cellule tumorali, determinandone la morte o l'arresto della moltiplicazione. A livello del sistema nervoso centrale e autonomo la trasmissione dei messaggi affidata a mediatori endogeni (come le catecolamine) può essere modificata da farmaci strutturalmente affini che si offrono come intermedi modificati alla sintesi del trasmettitore, portando alla formazione di "falsi trasmettitori" di ridotta efficacia funzionale (sintesi di alfa metilnoradrenalina in luogo della noradrenalina per somministrazione di alfa metildopa).

Per "competizione" con prodotti potenzialmente patogeni, come l'acido urico, a livello di macromolecole trasportatrici devolute al riassorbimento renale, agiscono alcuni farmaci uricosurici (probenecid, sulfinpirazone, salicilato). Meccanismi di competizione possono secondariamente svolgersi tra farmaci o tra un farmaco e prodotti fisiologici (ormoni, aminoacidi, ecc.) a livello delle proteine plasmatiche, con la conseguenza di aumentare temporaneamente la circolazione in forma attiva dei prodotti "dislocati".

L'interazione molecolare con gli enzimi è comune a molti farmaci e si esplica con diverse modalità. Essa fa parte, o è l'epilogo, di varie azioni fisiche e chimiche ricordate e delle azioni di membrana di vari farmaci e di numerosi chemioterapici.

Il controllo esercitato da mediatori chimici endogeni sul sistema nervoso centrale e periferico può essere intensificato da farmaci che inibiscono gli enzimi che li distruggono (farmaci antiacetilcolinesterasici nella myasthenia gravis, farmaci antimonoaminossidasici, nella depressione psichica).

Mediante interazione enzimatiche, alcuni farmaci sono in grado d'impedire la formazione di metaboliti patologici (inibizione della formazione dell'acido urico da parte dell'allopurinolo per inibizione delle xantinossidasi) o consentono la produzione di intermedi metabolici tossici a fini terapeutici (inibizione delle alcooldeidrogenasi e produzione dell'acetaldeide, irritante, dall'alcool etilico, per il divezzamento "condizionato" degli etilisti). Vari farmaci, in particolare i barbiturici, "inducono" enzimi detossicanti nel fegato. Con tale meccanismo normalizzano l'eliminazione della bilirubina in alcuni stati di ittero (v. oltre).

Farmacocinetica.

Sulla quantità di un farmaco (dose) necessaria all'ottenimento di un effetto farmacologico, caratteristico per qualità, intensità e durata, in ordine al raggiungimento della risposta terapeutica o alla prevenzione di un'azione tossica, interferiscono molteplici processi che si svolgono nell'organismo durante il processo più o meno lungo, che il farmaco compie per raggiungere il suo punto di attacco. Durante questo tragitto quote di farmaco sono in vario modo sottratte all'assorbimento: legate in forma inattiva ai tessuti, distrutte in alcuni organi o eliminate per diverse vie: il rene, la parete intestinale, la secrezione bronchiale, le ghiandole sudorifere, il latte, la secrezione sebacea, la bile, l'aria espirata. L'efficacia di una determinata dose è condizionata da questi processi ed è funzione della concentrazione residua a livello dei recettori responsabili dell'effetto farmacologico. I processi in discorso si svolgono secondo tre fasi, dette, rispettivamente, farmaceutica, farmacocinetica e farmacodinamica. Di quest'ultima, che essenzialmente concerne il legame che il farmaco contrae con i recettori nei siti appropriati, l'interazione che si sviluppa e che determina l'effetto farmacologico, si è detto nel precedente capitolo. Della fase farmaceutica, che è in rapporto alla via d'introduzione del farmaco, alla forma farmaceutica, alle caratteristiche fisiche e chimiche del farmaco e che è responsabile della disponibilità al processo di assorbimento (disponibilità farmaceutica) si omette la descrizione per economia di trattazione, per poter dare maggiore spazio all'esposizione della fase farmacocinetica e del sistema microsomiale epatico farmacometabolizzante, che nei processi di trasformazione dei farmaci riveste tanta importanza.

Diffusione e assorbimento dei farmaci. - Agli effetti della farmacocinetica, l'organismo è riguardato come un sistema di compartimenti limitati da membrane biologiche che il farmaco deve attraversare nelle varie fasi del suo percorso. I processi che condizionano il passaggio del farmaco attraverso membrane cellulari sono soprattutto la diffusione passiva e il trasporto specializzato. Il primo, richiede un gradiente di concentrazione del farmaco ai lati della membrana, non consuma praticamente energia, non esige nel farmaco conformazioni molecolari specifiche ma la presenza di gruppi lipofili e di un coeffieiente di ripartizione favorevole ai lipidi, dato che le membrane cellulari sono largamente costituite da fosfolipidi. Ha luogo per tutte le membrane plasmatiche e per quelle più complesse strutture che vanno sotto il nome di "barriere" (ematoliquorale, ematoencefalica, sinoviale, placentare). Il secondo processo (trasporto attivo, trasporto facilitato, ecc.) è legato a una compartecipazione di sistemi energetici o di componenti delle membrane plasmatiche al trasferimento del farmaco. Il trasporto specializzato si verifica soprattutto per principi nutritivi e prodotti provenienti dall'utilizzazione degli alimenti. Il trasferimento delle molecole non dipende dai gradienti di concentrazione e il lavoro che ne deriva è garantito dalla fornitura di energia dalla cellula.

Nel più comune processo di diffusione passiva la liposolubilità costituisce un requisito essenziale del farmaco. I gas respiratori O2 e CO2 come la maggior parte degli anestetici, vengono rapidamente assorbiti dalle membrane degli alveoli polmonari per tale proprietà. Nel caso di farmaci ionizzabili (acidi e basi deboli), la liposolubilità caratterizza la quota non ionizzata. Questa a sua volta varia in relazione al pH dei liquidi biologici in conformità all'equazione di Henderson-Hasselbach. Pertanto il pKa di questi farmaci in quanto esprime per un determinato pH il rapporto tra quota ionizzata e non ionizzata (acidi) e viceversa (basi) determina l'entità del loro trasferimento attraverso membrane lipidiche a seconda del pH dei compartimenti. Nel caso del tubo gastroenterico, l'assorbimento di un farmaco di natura acida (salicilici, barbiturici, tetracicline, ecc.), è tanto maggiore quanto minore è il pH locale (aumento relativo della quota non ionizzata, liposolubile); i farmaci basici (amidopirina, morfina, atropina, ecc.) sono assorbiti in misura crescente quanto maggiore è il pH dell'ambiente fisiologico sede dell'assorbimento.

Di conseguenza, i farmaci di natura acida o basica vengono assorbiti con velocità differente in segmenti di differente pH come lo stomaco, il duodeno, il tenue o il crasso. Oltre l'assorbimento, il pK e la liposolubilità regolano altresì la ripartizione extracellulare e rispettivamente intracellulare del farmaco, tenuto conto che dal grado di ionizzazione al pH del sangue (7.4) dipende la penetrazione del farmaco nelle cellule o attraverso le anzidette "barriere" dell'organismo. Per lo stesso processo, in sede di eliminazione, il pH del liquido fisiologico (urine, sudore, latte, lacrime, ecc.) determina la velocità di escrezione dei vari farmaci.

Varie condizioni fisiologiche, patologiche e farmacologiche possono alterare la farmacocinetica di un medicamento e pertanto la sua efficacia o la sua tossicità. L'attività assorbente del tratto gastroenterico non è la stessa in tutte le sedi. Sue variazioni sono talora prodotte da associazioni farmacologiche nelle quali un componente modifica il pH o la motilità gastroenterica. Inoltre il processo di assorbimento dei farmaci risulta condizionato da altri fattori come il tempo di svuotamento gastrico, la presenza di cibi, il riposo a letto (che rallenta il transito e migliora l'assorbimento dei farmaci aumentando il flusso circolatorio), la motilità gastroenterica in rapporto a stimoli nervosi o farmacologici, il tempo di circolazione enteroepatica. Peraltro, nel passaggio attraverso la parete gastrointestinale o nel lume intestinale una quota di farmaco può essere inattivata prima che l'assorbimento sia completato. Ne sono responsabili enzimi metabolizzanti presenti nella parete intestinale, idrolitici (per il metadone, la pentazocina, il desametazone, l'aspirina), enzimi N acetilanti (sulfamidici), coniuganti (estrogeni) ed enzimi riducenti (che attaccano soprattutto gli steroidi corticosurrenalici assunti per bocca).

A livello dell'intestino crasso gli enzimi della flora batterica possono realizzare analoghi processi d'inattivazione dei farmaci. Alcuni composti, tuttavia, come i sulfamidici per uso intestinale, diventano attivi per liberazione della parte attiva della molecola (per es. sulfatiazolo) ad opera di questi stessi enzimi. Per via rettale la penicillina è attaccata e distrutta dalle penicillinasi batteriche.

Distribuzione dei farmaci. - Nel sangue i farmaci contraggono legami con le proteine plasmatiche. I siti del legame sono prevalentemente rappresentati nelle albumine. Le modalità di legame sono varie (legami ionici, complessi con lipoproteine, ecc.). L'interazione farmaco-proteica è un processo che procede sino a equilibrio tra la percentuale legata e quella libera del farmaco. La quota del farmaco legata è temporaneamente inattiva, quella libera è attiva sia in senso farmacologico che tossico; è metabolizzata e rimpiazzata a spese della quota legata.

Per conseguenza la tollerabilità di farmaci con elevata percentuale di fissazione alle proteine plasmatiche è condizionata dalla presenza di livelli protidemici normali. Peraltro, fenomeni tossici possono verificarsi anche per associazione di farmaci con analoga affinità per lo stesso sito proteico, in seguito a processi di competizione e dislocazione tra i componenti (intolleranze agli anticoagulanti dicumarolici per fenilbutazone, indometacina e altri farmaci con percentuale di legame intorno al 90%).

Nelle ricerche di famacocinetica assumono una notevole importanza l'area e la forma della curva ematica e il declino nel tempo dei livelli ematici raggiunti dopo somministrazione del farmaco. Essi permettono di valutare parametri farmacocinetici come la velocità di assorbimento, il modello compartimentale cui il farmaco aderisce, la velocità con la quale il farmaco si distribuisce e si metabolizza, il semiperiodo biologico nel sangue. Il contegno farmacocinetico dei farmaci viene modernamente analizzato applicando ai dati sperimentali modelli matematici pertinenti a cinetiche teoriche uni o multicompartimentali, ricorrendo all'ausilio di calcolatori elettronici. Ciò permette, entro certi limiti, di prevedere in sede sperimentale il contegno cinetico di nuovi farmaci e di fornire alla clinica suggerimenti sul modo più corretto di applicare modalità di somministrazione terapeutica e posologie dei farmaci.

Nell'applicazione terapeutica il livello ematico dei farmaci assume importanza nel regolare la posologia di composti come i salicilici, i sulfamidici o la chinidina, il cui dosaggio può essere graduato attraverso il monitoraggio del tasso nel sangue.

Le quote di farmaco libere vengono distribuite negli organi in rapporto alla ripartizione della portata circolatoria oltre che ai fattori fisico-chimici già menzionati.

Farmaci legati alle proteine possono distribuirsi alle cellule con il processo della "pinocitosi". Il complesso farmacoproteico, in tal caso, viene adsorbito sulla superficie cellulare, penetra nella cellula attraverso una vescicolazione della membrana. Dalle vescicole pinocitosiche enzimi idrolizzanti liberano il farmaco dal suo supporto proteico.

Nel processo di distribuzione i farmaci possono contrarre nei tessuti come nelle cellule patogene e nei microrganismi diversi tipi di legame. Farmaci con struttura planare si combinano con il DNA, per intercalazione tra la coppia di basi della doppia elica. I colori di acridina s'intercalano nel DNA batterico (azione antisettica). Farmaci aromatici a struttura planare possono legarsi ai granuli di melanina nell'occhio e nella cute (retinopatie da clorichina e da fenotiazine). Certi derivati della clorochina si accumulano nei melanomi e consentono così l'individuazione del tumore (uso diagnostico dei farmaci). Questi processi sono la conseguenza di un'interazione dei farmaci con i gruppi chinonoidi delle melanine. I farmaci liposolubili si concentrano nel tessuto adiposo in rapporto al migliore coefficiente di ripartizione nei grassi come nel caso dei tiobarbiturici o degl'insetticidi DDT, lindano, clordano che possono ritrovarsi depositati a lungo nell'organismo. Alcuni farmaci vengono fissati in modo persistente o stabilmente a certi tessuti: le tetracicline nell'osso e nell'apatite della dentina e dello smalto; la isoniazide nel tessuto elastico polmonare; l'argento nei tessuti della sclera; la chinacrina nella cute, l'emetina nel fegato, il piombo nell'osso. Ne derivano i processi dell'accumulo chimico (fissazione dinamica reversibile) e del deposito (fissazione persistente). I digitalici si fissano nel miocardio che sensibilizzano all'effetto di dosi successive (accumulo organico). L'arsenico, alcuni mezzi radiologici di contrasto (thorotrast), taluni derivati dell'antimonio possono fissarsi per decenni in organi come il fegato, favorendovi processi morbosi regressivi e neoplastici (farmacotesaurosi di P. di Mattei).

Trasformazioni dei farmaci e sistema microsomiale epatico farmacometabolizzante. - I processi di trasformazione dei farmaci presiedono in generale all'inattivazione di medicamenti e veleni presenti nell'organismo. Le modificazioni enzimatiche portate sulla struttura dei farmaci li rendono più polari, meno liposolubili, meno inclini a penetrare nelle cellule e ne eliminano l'attività farmacologica. Inoltre certi metaboliti di farmaci (3 metossiisoproteranolo, desmetilpromazina, ecc.), presentano attività farmacologiche diverse e opposte a quelle del prodotto iniziale. Nel fegato e nel rene si formano composti di coniugazione dei farmaci, con l'acido acetico, glicuronico, solforico, con la glicocolla (sintesi endoergoniche - sintesi protettive), che sono eliminati per via renale o biliare per trasporto attivo.

Sedi della trasformazione e inattivazione dei farmaci possono essere il tubo digerente, il sangue per opera di enzimi ivi presenti (alcune esterasi, come la colinesterasi e l'atropinesterasi; alcune fosfatasi, uricasi, ecc.), i lisosomi (idrolasi), il sistema microsomiale epatico (ossigenasi miste, riduttasi) e la frazione solubile del fegato (alcool deidrogenasi, enzimi dealogenanti, ecc.). Il sistema microsomiale epatico farmaco-metabolizzante, che, come si è detto, ha una particolare importanza nella trasformazione dei farmaci, ha sede in una delle due frazioni, quella liscia, del reticolo endoplasmico epatico. Fisiologicamente questo sistema presiede al metabolismo degli acidi grassi e degli steroidi, specie del cortisolo. Il complesso enzimatico microsomiale è scarsamente rappresentato nel neonato (esposto per ciò alla maggior tossicità di alcuni farmaci); si sviluppa dopo la nascita per la progressiva stimolazione ambientale operata dai prodotti della flora intestinale e dal progressivo contatto con componenti della dieta e con "anutrienti" presenti nell'ambiente (terpenoidi, eucaliptolo, beta ionone, cedrolo e cedrone, flavoni, quercetina, rutina), che funzionano da induttori di enzimi microsomiali. Agiscono come stimolanti anche alcuni carcinogeni di provenienza ambientale, come il 3-metilcolantrene, alcune sostanze voluttuarie, come la caffeina, la nicotina e l'alcool, e alcuni farmaci come il fenobarbitale e il suo derivato non ipnotico N-fenilbarbitale, che agirebbero per stimolazione della RNA polimerasi epatica, per l'aumento di proteine acide nucleari, forse per la stabilizzazione del RNA messaggero e per l'aumento del tum-over del P organico con aumento dei fosfolipidi presenti nelle strutture microsomiali.

L'induzione enzimatica del fenobartitale è responsabile della ridotta risposta farmacologica a numerosi altri farmaci successivamente somministrati (tranquillanti, antiepilettici, alcune vitamine, anticoagulanti, antipiretici), perché questi sono trasformati più estesamente, con conseguente riduzione delle concentrazioni farmacologicamente attive. È anche accelerato il metabolismo del colesterolo endogeno, degli ormoni sessuali maschili e femminili e del cortisolo, onde la possibilità di curare per questa via il morbo di Cushing. Per induzione della glicuroniltrasferasi, deficiente nel periodo neonatale, il fenobarbitale e suoi analoghi possono essere utili nel ridurre la iperbilirubinemia congenita, non emolitica e non coniugata, l'ittero neonatale da incompatibilità di gruppo ABO, da deficit di glucosio 6 fosfato deidrogenasi, eventualmente mediante trattamento delle madri poco prima del parto. La stimolazione dei sistemi farmacometabolizzanti può favorire gli effetti tossici di alcuni farmaci e veleni. L'organismo trasforma per epossidazione i precursori carcinogeni in carcinogeni attivi. Inoltre un'attivazione dei medicamenti in senso farmacoterapeutico e tossico si ha per gli arsenobenzoli, la sulfanilamide, e altri. Le correlazioni del sistema microsomiale farmacometabolizzante con il metabolismo fisiologico del cortisolo comportano un andamento "cronofarmacologico", cioè un ritmo circadiano, degli effetti tossici dei farmaci. Infatti il metabolismo dei farmaci e dei veleni è massimo al minimo di circolazione circadiana del cortisolo (intorno alle 24) e minimo nella fase di massima increzione dell'ormone (intorno alle 9). Conseguenze cronofarmacologiche derivano anche dal ritmo della funzione escretrice del rene.

Inoltre la funzione metabolizzatrice del sistema enzimatico microsomiale è attivata da stimoli che agiscono sulla corteccia surrenale (stress da freddo, da traumi, ecc.) e dai progestativi naturali; è invece depressa dalla surrenectomia, che rende più tossici i farmaci, dai progestativi sintetici e dagli estrogeni (mestranolo); un effetto negativo sul metabolismo dei farmaci è stato escluso per l'uso della pillola anticoncezionale. Tra gl'inibitori del metabolismo dei farmaci vanno ricordati: gli anti-MAO, che aumentano notevolmente la tossicità di numerosi composti, come la tiramina degli alimenti; gl'insetticidi organofosforici (parathion e altri), l'eserina e la prostigmina, che inibiscono le acetilcolinesterasi esaltando, sino a livelli tossici, la concentrazione dell'acetilcolina.

Eliminazione dei farmaci. - I farmaci vengono allontanati dall'organismo come tali o dopo aver subito modificazioni nella struttura o processi di coniugazione. La via di eliminazione più frequentemente impegnata è quella renale. Sono allontanati con le urine nella misura determinata dal loro pKa e dal pH delle urine: la fase ionizzata del farmaco non è riassorbita in circolo dal rene. Allorché l'eliminazione non avviene in misura adeguata, si può accelerarla modificando in via farmacologica il pH delle urine. Il tubulo renale dispone, inoltre, di meccanismi di trasporto attivo, dal sangue al lume tubulare, dei farmaci acidi e di quelli basici. Un meccanismo di trasporto attivo è presente anche a livello dell'epatocita per l'eliminazione di alcuni glicuronidi di farmaci, tra i quali la sulfabromosulfonftaleina, usata come agente diagnostico della funzionalità epatica, e alcuni antibiotici come la penicillina, la novobiocina, la rifamicina e altri.

Risposta ai farmaci.

Le reazioni dell'organismo all'azione dei farmaci si caratterizzano per un particolare andamento temporale (latenza, periodo di massimo effetto farmacologico, regressione dell'effetto); per la correlazione degli effetti farmacologici con la dose; per la reversibilità delle modificazioni biologiche indotte dal farmaco; per l'eventuale occorrenza di effetti fisiologici "postumi" di contraccolpo, per l'evenienza di risposte decrescenti (tachifilassi, assuefazione e resistenza) o crescenti (ipersensibilità) per dosi successive dello stesso farmaco o di farmaci correlati; per la possibilità di squilibri funzionali specifici nella fase postfarmacologica (dipendenza), per la occorrenza - in relazione al ceppo, a condizioni fisiologiche, o di malattia - di risposte farmacologiche esaltate, diminuite, qualitativamente anormali, o di natura patologica.

L'effetto dei farmaci risulta dalla convergenza di più componenti:

1) I processi farmacodinamici, dei quali si è detto sopra.

2) I meccanismi fisiologici di compenso omeostatico, correttivi della deformazione farmacologica dei sistemi biologici. Di questi fanno parte riflessi nervosi, modificazioni delle funzioni circolatoria, respiratoria, endocrine e metaboliche.

3) I processi che comportano la cessazione dell'effetto farmacologico. Tali l'allontanamento dei farmaci dai recettori sede d'azione per recupero dei mediatori nelle strutture neuroniche (noradrenalina) o non neuroniche (isoproterenolo), il metabolismo del farmaco con la riduzione delle quote attive, l'autoinduzione metabolica e talora la produzione già menzionata di intermedi ad azione opposta a quella originaria del farmaco.

4) La refrattarietà del sistema biologico stimolato dal farmaco: tachifilassi e assuefazione. Nella tachifilassi l'effetto di farmaci che agiscono indirettamente, liberando un mediatore endogeno attivo (come nel caso dell'anfetamina, tiramina, efedrina), si attenua con l'esaurimento della disponibilità del mediatore stesso. Nell'assuefazione o tolleranza l'effetto farmacologico prodotto da una determinata dose si rende sempre meno intenso e può essere ripristinato con una dose superiore. Il fenomeno si verifica tipicamente per alcuni psicotropi come morfinici, barbiturici, alcool, tranquillanti, marihuana, LSD e, inoltre, per farmaci come atropina, ganglioplegici, nitriti, vasodilatatori e purganti. I meccanismi d'assuefazione sono diversi e solo parzialmente noti. Per barbiturici, alcool, e tranquillanti l'assuefazione è da ricollegare in parte ad accelerato metabolismo (induzione enzimatica) e alterata ripartizione nell'organismo. Nell'assuefazione alla morfina è soprattutto in causa una refrattarietà neuronica alle cosiddette azioni depressive, mentre si esalta l'eccitabilità intrinseca di alcune strutture nervose, che si palesa con sintomi morbosi in caso di privazione o per l'uso di antagonisti (sindrome di astinenza).

5) Alcuni fattori fisiologici e patologici e determinate caratteristiche genetiche. Il sesso, per la diversa sensibilità di funzioni e dotazione di enzimi specifici, legata alla costituzione ormonale, onde, per es., una maggiore resistenza agl'ipnotici del maschio, alla morfina della femmina; l'età, per il grado di maturità funzionale ed enzimatica degli organi sede del metabolismo del farmaco: prematuri e neonati mostrano ipersensibilità agli effetti tossici del cloramfenicolo (sindrome grigia), agli stimolanti spinali, relativa resistenza ai cortisonici e ai digitalici. Lo stato di malattia, specie se si svolge a livello del sistema neuroendocrino, del metabolismo, delle funzioni epatiche, degli emuntori o del sistema immunocompetente (reazione ai farmaci da preesistente alterazione della immunocompetenza). Le caratteristiche genetiche condizionano vari parametri dell'effetto farmacologico: la farmacogenetica raccoglie molti casi di alterata risposta ai farmaci allorché l'apparato enzimatico è deficitario su base genetica. In alcuni soggetti il processo di trasformazione di certi farmaci è svolto da isoenzimi con scarsa attività metabolizzante. Soggetti con isoenzimi dell'alcooldeidrogenasi metabolizzano con velocità molto scarsa l'alcool. Gli enzimi che inattivano per acetilazione isoniazide, sulfamidici e altre sostanze, si caratterizzano per cinetiche differenti in rapporto alla razza, condizionando così sensibilità anormali a questi farmaci.

Resistenze all'antitubercolare isoniazide si osservano tra gli Esquimesi (rapidi inattivatori per acetilazione) ed effetti tossici nel 50% circa di negri caucasici e americani, acetilatori lenti. La deficienza delle colinoesterasi per anomalie dei genotipo e fenotipo enzimatico è responsabile della apnea da succinilcolina che può conseguire (1:5000) alla curarizzazione. Enzimi "anomali" possono geneticamente condizionare la formazione di intermedi metabolici dei farmaci (per es. fenacetina) con struttura chinoide inclini a fungere da apteni e quindi indurre allergie. Il difetto enzimatico di origine genetica può divenire critico e manifestarsi con quadri morbosi per la presenza di certi prodotti metabolici da farmaci. Nelle anemie emolitiche da primachina, sulfamidici, pirazolici, ecc., in popolazioni mediterranee (Greci, Sardi, Ebrei) con difetto della glucoso-6-fosfato deidrogenasi, i prodotti di ossidazione di questi farmaci esauriscono il sistema glutatione ridotto 6-fosfato-deidrogenasi, con conseguenze patologiche sulla resistenza globulare (emolisi).

6) L'interazione con altri farmaci. L'associazione di farmaci nella stessa preparazione farmaceutica o nello stesso piano terapeutico può modificare le risposte farmacologiche, inducendo effetti secondari indesiderabili. Possono verificarsi "dislocazioni" tra farmaci con forte affinità per le proteine plasmatiche con conseguente aumento di quote libere, tossiche, di uno di essi; interazioni a livello di assorbimento per modifiche del pH gastrico o del transito gastroenterico; interazioni sui sistemi di coniugazione o di trasporto in sede di eliminazione epatica o renale; a livello delle membrane neuroniche (perdita di efficacia ipotensiva della guanetidina per uso di vasocostrittori nasali); per induzione enzimatica (riduzione di effetto degli anticoagulanti o degli antidepressivi per uso di ipnotici barbiturici). Alcuni tipi d'interazione hanno carattere chiaramente patologico come la produzione di allergeni (attività dei farmaci come apteni), la depressione del sistema immunitario o l'alterazione della immunocompetenza. (v. anche: antibiotici; chemioterapia; psicofarmaci, in questa Appendice).

Bibl.: E. J. Ariens, Molecular Pharmacology, New York 1964; L. S. Goodman, A. Gilman, The Pharmacological Basis of Therapeutics, Londra 1970; B. R. Rabin, R. B. Freedman, Effects of drugs on cellular control mechanisms, ivi 1971; Z. M. Bacq, Farmacologia Biochimica, Milano 1973; H. Pacheco, la Pharmacologie moléculaire, Parigi 1973; A. Goldstein, L. Aronou, S. M. Kalman, Principles of Drugs Action, New York 1974; T. Theorell, R. L. Dedrick, P. G. Condiffe, Pharmachology and Pharmacokinetics, ivi 1974.

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