FARISEI

Enciclopedia Italiana (1932)

FARISEI (ebr. Pĕrūshīm; aramaico Pĕrīshayyā, gr. Φαρισαῖοι)

Umberto Cassuto

Con questo nome sono designati gli aderenti al principale tra i partiti del giudaismo negli ultimi tempi dell'età precristiana e al principio dell'età cristiana. Il problema dell'origine dei Farisei è stato ed è molto variamente discusso, ma non può essere considerato definitivamente risolto. Certo è che i Farisei rappresentano la corrente principale fra quelle in cui era venuto evolvendosi il giudaismo postesilico, e che il punto fondamentale che divideva loro dal più notevole dei partiti a loro avversi, quello dei Sadducei (v.), era che essi accettavano e i Sadducei respingevano l'esistenza di una legge orale o tradizionale, accanto alla legge scritta.

Probabilmente dovremo rappresentarci il processo evolutivo nelle sue grandi linee come segue. Dopo Esdra (v.) la grande maggioranza del giudaismo palestinese aveva ricostituito la sua vita religiosa e politica sulla base della fedeltà alla Tōrāh, cioè alla legge che Esdra aveva fatto accettare come norma fondamentale; altri indirizzi, come ad esempio quello apocalittico, si erano perpetuati solo in cerchie limitate. Influssi dall'esterno, specialmente dalla civiltà persiana, non potevano non farsi sentire, ma la loro portata era assai ristretta. Molto più notevoli invece furono gl'influssi che durante l'epoca ellenistica venne esercitando la civiltà greca, specialmente nelle classi più elevate e più colte della società giudaica.

Si ebbe così un vero e proprio processo di ellenizzazione, che andò via via allontanando dealla vita secondo la legge, in misura sempre crescente, cerchie sempre più vaste della popolazione giudaica, fino a costituire una minaccia per l'esistenza ulteriore dell'ebraismo, e a provocare una seria reazione sotto la guida della famiglia degli Asmonei, fra i cui seguaci ebbero importanza particolare i Ḥăsīdīm o Asidei, cioè i "pii", il gruppo dei fedeli della legge, devoti osservatori della religione nazionale giudaica. Riuscito vittorioso il movimento di reazione, l'indirizzo ellenizzante scomparve dal seno del giudaismo. Tuttavia, le classi sacerdotali dirigenti, e in particolare gli stessi Asmonei divenuti sovrani dopo la vittoria, sentivano, dati i loro contatti e i loro rapporti con l'estero e date le necessità della vita statale, di non poter circoscrivere il loro pensiero dentro l'esclusivo ambito della Tōrāh, ma di dover tenere conto anche della cultura straniera, e di dovere ispirare i loro atti non solo a considerazioni religiose ma anche a considerazioni politiche. I seguaci di questo indirizzo furono detti Sadducei. Per contro le vaste cerchie popolari, tradizionalmente fedeli alla legge, ignoravano completamente ogni elemento di cultura straniera e s'ispiravano nella loro condotta unicamente a criterî religiosi. E ciò vale non soltanto per le cerchie meno colte, ma anche per la grande maggioranza dei sapienti, che ora, dopo il trionfo degli Asmonei, provenivano in prevalenza dagli strati popolari. Era naturale che questi dottori della legge, provenienti dal popolo, si sentissero legati da profondo affetto e da reverenza a quelle costumanze popolari e a quelle credenze popolari a cui essi e i loro progenitori erano abituati fin dall'infanzia.

Anche se queste costumanze e queste credenze non erano accolte e consacrate nella Tōrāh scritta, essi si sentivano tratti a considerarle egualmente obbligatorie, e amavano ricollegarle, mediante un'esegesi più o meno arbitraria, col testo biblico. Così si venne formando il sistema della legge orale accanto alla legge scritta. Coloro che seguirono questo indirizzo furono designati, a quanto pare primamente dai loro avversarî, col nome di Farisei, oggi variamente interpretato (i più vi vedono il senso di "separati", intendendo però questo vocabolo in varî modi: "coloro che si separano da ciò che è straniero", ovvero "da ciò che non è conforme alla legge", ovvero "da ciò che è impuro", ovvero "dai seguaci di altri indirizzi del giudaismo", ovvero ancora "coloro che si sono ritirati dal Sinedrio", o "ne sono stati cacciati"; altri intende il vocabolo, da un altro significato del verbo pārash, nel senso di "esplicatori", "interpreti", cioè "coloro che interpretano la legge scritta secondo i loro metodi particolari"). Era naturale che gli aristocratici Sadducei non volessero in alcun modo consentire ad accogliere le concezioni popolari rappresentate in questa "tradizione degli antichi". Le masse popolari invece seguivano fedelmente quei dottori farisei che, usciti dal loro seno, davano alle costumanze a loro care la consacrazione della religione ufficiale. Che i Farisei siano da considerarsi i continuatori degli Asidei, come spesso si afferma, può esser vero nel senso che la loro posizione veniva in parte ad essere analoga a quella che all'epoca loro avevano rappresentato gli Asidei, e che quindi l'indirizzo degli Asidei sembra aver contribuito alla formazione del pensiero farisaico.

Una precisa determinazione del tempo e del modo in cui il partito dei Farisei si costituì, come quella che è stata tentata congetturando una scissione che sarebbe avvenuta in seno al Sinedrio verso il 175 a. C., fra rappresentanti dell'aristocrazia sacerdotale e rappresentanti delle classi popolari, non ha sufficiente base nei dati di fatto; è invece assai probabile che il sistema farisaico si sia venuto formando con un lento processo a poco a poco. Anche i varî tentativi fatti per definire con una formula sintetica le dottrine e il programma del partito farisaico sono poco persuasivi: si è parlato, ad esempio, di partito democratico progressista, d'indirizzo religioso alieno dalla politica, di partito politico antiasmonaico, di partito classistico urbano contrapposto all'aristocrazia rurale, e così via dicendo; ma sono tutte concezioni unilaterali che non esauriscono il contenuto del farisaismo. Piuttosto che cercare di racchiudere l'essenza del farisaismo in una formula semplicistica, converrà quindi delineare in breve la sua dottrina e il suo sistema di vita.

La concezione di Dio presso i Farisei è quella che essi apprendevano dall'Antico Testamento: Dio è l'unico signore dell'universo, da Lui creato all'inizio dei tempi e da Lui costantemente guidato con giustizia infallibile di re e con amore profondo di padre. Fondamenti della religione sono: l'amor di Dio, esplicantesi nell'osservanza della legge che è l'espressione della sua volontà; e l'amore del prossimo, i cui doveri si compendiano nella massima: "Ciò che a te non piace non fare ad altri". L'uomo è responsabile delle sue azioni, perché gli è concessa la libertà del volere, principio che i Farisei ammettevano insieme con quello della preveggenza divina senza porsi il problema filosofico del contrasto fra queste due concezioni. Data questa responsabilità, la giustizia infallibile di Dio rimerita in questa vita o al di là di essa le opere buone degli uomini, i quali però non debbono compierle in vista del guiderdone; e del pari punisce le loro colpe, a meno che non intervengano il pentimento e la penitenza. Le manchevolezze della vita religiosa e morale e le ingiustizie sociali e politiche saranno sanate con l'avvento dell'età messianica e con l'instaurazione del regno di Dio; e i giusti che la morte abbia colpito prima del nuovo ordine di cose saranno allora richiamati alla vita affinché possano anch'essi partecipare ai benefizî da Dio elargiti all'umanità redenta. Però, più che a concezioni teoriche e a determinate credenze, i Farisei davano peso alle azioni: il loro non era un sistema di credenze religiose, ma piuttosto un sistema di norme di vita. La legge, alla cui osservanza essi tenevano scrupolosamente, regolava con norme fisse pressoché tutti i momenti dell'esistenza dell'uomo ebreo. Il culto, in addietro pressoché esclusivamente limitato alla cerchia sacerdotale e all'ambiente del santuario centrale, diventa nel sistema farisaico prevalentemente personale e familiare. Il sabato e i giorni solenni, consacrati in ogni famiglia con la cerimonia del Qiddūsh, e celebrati con riti speciali da ogni singolo, le preghiere quotidiane della mattina e della sera, le varie benedizioni destinate a render grazie a Dio per ciascuno dei suoi doni, il culto sinagogale diffuso in ogni centro abitato, e i numerosi riti stabiliti per determinati momenti e per determinate occasioni, costituivano per il seguace del sistema farisaico una continua disciplina di vita, minutamente regolata da norme precise. Tale disciplina non era sentita, come poteva apparire a chi giudicasse dal di fuori, quale un peso, bensì quale una spontanea ricerca dei mezzi atti a esprimere la propria costante devozione a Dio; e poiché era liberamente accettata, la sua attuazione diventava una gioia dello spirito. Il valore degli atti religiosi si considerava condizionato dall'intenzione (kawwānāh) che li accompagna.

Politicamente i Farisei erano, a quanto sembra, disposti in massima ad accettare qualsiasi governo, purché esso rispettasse e lasciasse rispettare le norme di vita stabilite dalla Tōrāh, pronti invece a contrapporsi all'autorità, e occorrendo a ribellarsi con la forza, in caso contrario. Quando essi ci appaiono per la prima volta nei testi storici li vediamo contrapporsi a Giovanni Ircano (135-104) perché egli non era ai loro occhi dotato delle qualità necessarie a un Sommo Sacerdote: cosa che indusse Ircano a seguire ancor più decisamente l'indirizzo sadduceo. Tale atteggiamento fu continuato dai suoi figli e successori Aristobulo I (104-103) e Alessandro Janneo (103-76). Quest'ultimo, funzionando una volta nel Santuario durante la festa delle Capanne, fu bersagliato dal popolo coi cedri rituali, probabilmente perché aveva celebrato il rito secondo le norme sadducee anziché secondo quelle farisee; oltraggio che egli vendicò facendo fare dai suoi soldati strage del popolo. Dopo la sua morte però, a quanto pare per raccomandazione di lui stesso, la moglie Salome Alessandra che gli successe (76-67) si riaccostò ai Farisei, i quali cominciarono ad avere una notevole influenza politica. I sentimenti dei Farisei di fronte agli avvenimenti politici dell'epoca di Pompeo si rispecchiano nei Salmi di Salomone, composti in quel torno di tempo. L'ascendente che i Farisei esercitavano sul popolo fece sì che essi venissero acquistando sempre maggiore preponderanza nella vita religiosa giudaica; e in pratica le loro regole erano seguite anche dai Sadducei, non solo nel servizio sinagogale, ma anche, durante l'ultimo decennio della sua esistenza, nel Santuario di Gerusalemme.

Alla lotta contro i Romani iniziatasi nel 66 d. C. alcuni dei Farisei parteciparono attivamente (se gli Zeloti costituissero un'ala del farisaismo o no, è cosa variamente giudicata); altri invece seguirono l'indirizzo moderato. Distrutto lo stato giudaico, i partiti cessarono di esistere; l'ordinamento della vita religiosa e sociale dei superstiti fu però opera dei dottori farisei, sicché il giudaismo quale si venne foggiando allora ebbe carattere pressoché interamente conforme al sistema farisaico; e tale esso si è mantenuto anche in seguito attraverso i secoli.

Dalle invettive di Gesù Cristo contro gl'ipocriti tra i Farisei: "guai a voi scribi e farisei ipocriti" (Matteo, XXIII, 23 e altri passi) è derivato l'uso di designare con la parola fariseo gl'ipocriti e coloro che badano più alla forma che alla sostanza delle azioni.

Bibl.: La vastissima biografia sui Farisei si trova indicata in E. Schürer, Geschichte des jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, II, 4ª ed., Lipsia 1907, p. 447 segg.; J. Hastings, Encyclopaedia of Religion and Ethics, Edimburgo 1917, IX, pp. 831-836; G. F. Moore, Judaism in the first centuries of the Christian era, III, Cambridge 1930, p. 25. Da aggiungersi: I. Abrahams, Studies in Pharisaism and the Gospels, Cambridge (Mass.) 1917-1924; L. Ginzberg, Eine unbekannte jüdische Sekte, New York 1922; J. Z. Lauterbach, in Hebrew Union College Annual, IV, pp. 173-205; VI, pp. 69-139. In italiano è da segnalarsi la traduzione dell'opera di F. T. Herford, I Farisei, Bari 1925.

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