FALECEO

Enciclopedia Italiana (1932)

FALECEO (ϕαλαίκειον, [versus])

Angelo Taccone

Verso endecasillabo che prese il nome dal poeta alessandrino Faleco che sembra essere stato il primo ad usarlo stichicamente. Ma insieme con altri versi ricorre assai prima; ad es., in Saffo, in Anacreonte e poi nei tragici e nei comici.

Considerato secondo la teoria che ammette il dattilo ciclico, è una pentapodia logaedica col primo piede (base) di forma abitualmente spondaica (raramente giambica, più raramente ancora trocaica; mai sembra avere forma d'anapesto o di pirrichio), col secondo che è dattilo ciclico, e gli altri trochei, salvo l'ultimo piede la cui sillaba terminale è, si capisce, indifferente. In latino lo adopera molto Catullo e dopo di lui lo s'incontra in Stazio, Marziale, Petronio, Prudenzio. Il dattilo ciclico è qualche volta da Catullo, per scopo artistico particolare, sostituito dallo spondeo. La cesura più frequente ricorre dopo il terzo ictus. Secondo le nuove teorie (che sono viceversa le vecchie d'Efestione) il faleceo è un trimetro giambico col secondo metro e il terzo puri (acatalettico quello, catalettico l'ultimo) e il primo battuto a contrattempo (talora per metà, talora tutto).

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Bibl.: F. Zambaldi, Metrica greca e latina, Torino 1882, pp. 390 segg.; H. Gleditsch, Metrik der Griechen und Römer, 3ª ed., Monaco 1901, pp. 19, 179 e 291; P. Maas, Griechische Metrik (in Gercke e Norden, Einleitung in die Altertumswissenschaft, 3ª ed., Lipsia 1927), VII, 4; O. Schroeder, Grundriss der griechischen Versgeschichte, Heidelberg 1930, pp. 56, 124, 121, 132; id., Nomenclator Metricus, pp. 36, 37; U. von Wilamowitz-Moellendorff, Griechische Verskunst, Berlino 1921, pp. 105, 137 segg., 251.

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