FAGOTTO

Enciclopedia Italiana (1932)

FAGOTTO (fr. basson; sp. fagot; ted. Fagott; ingl. bassoon)

Alfredo CASELLA
Francesco Vatielli

Strumento musicale ad ancia doppia appartenente alla famiglia dei legni.

Se il nome inglese e francese dato a questo strumento è dovuto al suo registro basso, quello italiano e tedesco proviene dalla forma che esso aveva in origine. Esistevano infatti strumenti analoghi chiamati bombarde (i tedeschi li chiamavano Pommern), formati da tubi molto lunghi, a diversi fori, nei quali tubi l'aria penetrava a mezzo di un'ancia doppia inserita in una cannula ricurva posta all'estremità del tubo stesso. Le bombarde formavano un'intera famiglia, ma è evidente che gli esemplari di registro basso, esigendo una lunghezza di tubo assai notevole, erano assai poco maneggevoli. Si pensò quindi a piegare il tubo stesso in due parti, così che, disponendo d'una uguale lunghezza di colonna d'aria, ne venisse facilitato l'uso. Secondo un libro Introductio in Chaldaicam linguam, ecc., stampato a Pavia nel 1539 da Teseo Albonesi, il primo a ridurre il tubo in due sezioni intercomunicanti fu il canonico ferrarese Afranio, il quale fece costruire uno strumento formato di due tubi riuniti e risonanti per mezzo di un mantice a soffietto che il suonatore muoveva col braccio, strumento quindi otriculare e molto somigliante alla cornamusa. A esso, per la particolare forma che assumeva, egli diede il nome di fagotto. L'idea di Afranio non rimase infeconda: verso la fine del Cinquecento troviamo p. es. uno strumento chiamato Cervelas (o anche Racket) che consisteva in un tozzo cilindro entro il quale era collocato un tubo più volte ricurvo; il cilindro aveva varî fori e, nella parte di sopra, un'ancia doppia; strumento non di carattere artistico, ma piuttosto interessante per la sua curiosità. Verso il 1570 S. Scheitzer di Norimberga modificò il fagotto di Afranio congiungendo direttamente le due parti del tubo, e, togliendo il mantice a soffietto, vi sostituì una cannula (come quella delle bombarde) munita di ancia doppia.

Soltanto dopo queste importanti modificazioni si può oarlare di apparizione del fagotto vero e proprio. Esso prendeva allora in Italia più spesso il nome di Dulciano o Dulziana. (Il Valdrighi crede che il nome sia dovuto alla somiglianza del suo timbro con la voce nasale propria della vecchia maschera emiliana chiamata Dolce).

Certo è che gli antichi fagotti i quali, come altri strumenti, formavano una famiglia di diversi membri (alcuni dei quali ben presto scomparvero dall'uso pratico) avevano una sonorità tipica e uno speciale timbro piuttosto aspro e accentuatamente nasale che era dovuto, sia alla collocazione obliqua dei buchi, sia alla posizione con cui lo strumento era tenuto dall'esecutore. Naturalmente la peculiare qualità di tale timbro nuoceva all'esattezza dell'intonazione. Perciò il fagotto nel Sei e Settecento deve considerarsi come uno strumento poco perfetto né molto usato, per le scarse risorse che possedeva. Non aveva infatti che due o tre chiavi e una gamma imperfetta e limitata; ma le successive modificazioni che a mano a mano v'introdussero i costruttori, e sopra tutti l'Almenräder e l'Adler, lo arricchirono di risorse sonore e di pregi artistici.

Nei tempi più recenti anche al fagotto si è voluto applicare il sistema adottato dal Bohm Per il flauto (e introdotto poi negli altri strumentini: clarinetto e oboe). Ma per applicare questi sistemi si dovettero apportare delle modificazioni nei buchi, i quali come si disse, erano obliqui, e - nonostante gl'ingegnosi procedimenti, usati specialmente dal Triebert - il timbro originale e tipico del fagotto ha subito un notevole snaturamento. Certo, però, l'istrumento se n'è avvantaggiato per l'estensione della gamma e per l'esattezza dei suoni.

I fagotti attuali adoperati nelle nostre orchestre hanno un'estensiorie che va dal si-b1 al do4. Taluno ottiene note anche più basse o più alte, ma meno esattamente intonate. Questi fagotti misurano m. 2,95 e si scompongono in quattro parti che s'innestano perfettamente per mezzo d'incastri di metallo. I buchi praticati nel tubo sono 8 e le chiavi, di solito, giungono da 16 fino a 22.

Ma l'estensione maggiore verso il basso è riservata, nel tipo Fagotto, alla specie Contrafagotto (fr. contrebasson; sp. contrafagot; ted. Kontrafagott; ingl. douole-bassoon), cui è possibile scendere un'ottava sotto al limite del fagotto. Le note vengono notate una ottava sopra ai suoni reali.

Secondo il Praetorius, questo strumento ebbe origine sulla fine del '500 e fu costruito e messo per la prima volta in uso in Germania. Nelle sue forme più antiche il contrafagotto aveva proporzioni considerevoli e uno speciale esemplare fu fatto costruire da Haendel per l'esecuzione del suo inno dell'Incoronazione. Lo troviamo poi usato sulla fine del sec. XVIII in diverse musiche di Haydn e di Mozart. Così il suo uso andò generalizzandosi nel principio del secolo seguente. Le chiavi, che prima erano cinque o sei, aumentarono di numero e con opportuni congegni a leva, la diteggiatura fu ridotta più comoda e facile, mentre si rese possibile una maggiore estensione nel registro basso. Alcuni costruttori tedeschi diminuirono la lunghezza dello strumento, rendendolo più maneggevole, senza però ridurne l'estensione.

Uso orchestrale. - L'uso del fagotto s'inizia praticamente nel 1700, e umili furono le sue origini. Il fagotto infatti non faceva altro che rinforzare i bassi; ma esso non tardò a innalzarsi a più alte funzioni orchestrali. Già Haendel e Bach avevano affidato a questo strumento mansioni indipendenti e solistiche (citiamo di Bach il Quoniam della Messa in si minore che contiene due fagotti), le quali ne dimostravano chiaramente le singolari possibilità. Ma Haydn per primo seppe sviluppare largamente l'uso del fagotto esplicandone i caratteri più varî: cantabile, pastorale, melanconico, rustico, bonario, comico, grottesco, ecc. E - dopo Haydn - il fagotto doveva trovare il suo miglior conoscitore in Mozart. Nessuno, nemmeno fra i moderni, ha saputo meglio di lui utilizzare il fagotto in ogni aspetto, e se nell'Ottocento l'uso orchestrale del fagotto ha potuto arricchirsi di nuove conquiste, si può tuttavia asserire che ognuna di queste era almeno contenuta in germe nella concezione mozartiana dello strumento. Dopo di lui, Beethoven ben comprese l'importanza orchestrale del fagotto (ricordiamo, tra molti altri esempî, il bellissimo solo che si trova nella coda dell'andante della quinta sinfonia), e Berlioz seppe a sua volta intensificare l'azione di questo strumento, usandone anche 4 (come, p. es., nella Symphonie fantastique, nella quale si trovano mirabili effetti, anche macabri, come quelli della Marche au supplice). Dopo Berlioz, e durante tutto il periodo del wagnerismo, l'uso orchestrale del fagotto va, più che altro, consolidando posizioni già acquisite. Ma negli ultimi trent'anni l'accrescimento generale della virtuosità orchestrale ha recato al fagotto nuovi aspetti. Basti ricordare, ad es. L'apprenti sorcier di Dukas, la cadenza del Prélude à la nuit nella Rapsodia spagnola di Ravel (cadenza, a sua volta, derivata da quella, assai celebre, introdotta dal Rimsky nella seconda parte della Sheherazade), il famoso solo (contenente un do sopracuto) che apre il preludio della Sagra della primavera di Stravinskij, e infine i più recenti usi di Prokof′ev, Malipiero e Hindemith. Tuttavia, per quanto possano questi ultimi arricchimenti apparire novità, pure nessuno dei musicisti dell'Ottocento, e nemmeno del secolo attuale, ha in realtà superato (come già dicemmo poc'anzi) il Mozart, il quale sembra veramente aver compreso (anche mercé una conoscenza tecnica insuperabile) quali fossero le caratteristiche durature dello strumento e averle già tutte adoperate o per lo meno già sfiorate con l'intuizione del suo genio.

Del contrafagotto sono importanti - fra parecchi altri - gl'interventi nell'Apprenti sorcier del Dukas e nel Dialogue de la belle et la bête in Ma mère l'oye di Ravel. Stravinskij ha poi adoperato in La sagra della primavera due contrafagotti.

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