EUFRATE

Enciclopedia Italiana (1932)

EUFRATE (A. T., 73-74, 88-89, 91, 92)

Giuseppe Caraci

Uno dei più grandi e più importanti fiumi dell'Asia. La forma Eufrate, lat. Euphrates, discende dal greco Εὐϕράτης, a cui si riconnette anche l'armeno Efrat; in arabo e in persiano le corrispondono Furāt e Frat, Perath in ebraico e siriaco, forme queste più vicine all'originario Puratu (sumerico Buranunu), ossia "gran fiume", etimologia che sembra preferibile alle altre sin qui proposte. Il corso dell'Eufrate, che è lungo 2780 km. e abbraccia un bacino idrografico di 720 mila kmq., si sviluppa dal Tauro al golfo Persico, a un dipresso parallelo, nel suo tratto inferiore, a quello del Tigri, con il quale si riunisce circa 160 km. prima di raggiungere il mare, formando lo Shaṭṭel-'Arab.

Tenendo conto dei diversi caratteri che contrassegnano il bacino da monte a valle, questo può essere suddiviso in quattro sezioni, prescindendo dall'ultima parte, comune con il Tigri. La prima è rappresentata dai corsi del Kara e del Murat Su, l'uno o l'altro dei quali viene considerato dai varî autori come ramo sorgentifero dell'Eufrate. Il Kara Su discende dal Dumlu Daǧ a N. di Erzerum, donde nasce anche l'Araks (Aras), e si sviluppa con un corso grosso modo parallelo a quello del Çoruk Su e del Kelkit Irmağï, fino a Pingan, dove piega verso S., intagliando con un'aspra forra il Muzur Dağ. Continuazione verso occidente del corso del Kara Su è quello del Kangal Suyu, che scola in direzione opposta, ambedue ricalcando un solco tettonico utilizzato come via naturale di comunicazione dalla Persia settentrionale e dall'Armenia verso l'Anatolia. Pressoché parallelo al Kara Su, che forma il ramo settentrionale dell'Eufrate e spesso ne usurpa anche il nome, è il Murat Suyu, o ramo meridionale, che però è molto più lungo e viene dall'Ala Daǧ, poco a N. del Lago di Van. Il Murat Suyu, il classico Arsanias (armeno: Aradzani, arabo Nahr Arsanas), ha anch'esso più d'un tratto di valle a mo' di cañón, specialmente a O. di Muṣ, dove le strade sono costrette a evitarlo. Sotto Harput i due rami sorgentiferi si riuniscono e il fiume - per il quale diventa di qui comune il nome di Eufrate - descrive una serie di ampie volute, attraversando con una gola epigenetica il potente sollevamento del Tauro: in questa seconda sezione la doccia in cui cola l'Eufrate si affonda dai 600 ai 1000 m. rispetto al ciglio delle rive e il profilo longitudinale è interrotto da numerose e rapide cascate, in modo analogo a quanto avviene negli affluenti d'ambo i lati, dei quali i più importanti e copiosi provengono da occidente (Tohma Suyu e Gök Su). Uscito dal Tauro, il fiume ne lambisce ancora il fianco meridionale, e piega poi, oltre Rūm Qal‛-eh, in direzione S., raggiungendo qui il punto più vicino al Mediterraneo (155 km.). In questa terza sezione la valle, pur allargandosi e appiattendosi, sì che il fiume può localmente espandersi in più rami, si mantiene ancora profonda e incassata, scavando l'Eufrate il suo letto nelle marne e nei gessi che sopportano le arenarie, le brecce e i conglomerati da cui risulta l'ampia coltre sedimentaria della Mesopotamia superiore: perciò le sue acque non possono essere utilizzate per l'irrigazione che su tratti assai ristretti, mentre anche il tributo degli affluenti, che procede soprattutto da E. (Nar Belīkh e Khābūr), si va facendo sempre più scarso. Fra ‛Ānah e Hīt, l'Eufrate ha una larghezza di 270 m., una profondità media di 5 e una velocità di 4 nodi all'ora; poco a valle di Hīt, a Qal‛ah Ramādiyyah, incomincia la bassa Mesopotamia (alluvionale), quasi tutta al di sotto di 100 m., depressa per ampie superficie rispetto alla gronda dei fiumi, che perciò l'attraversano con letto pensile e debbono essere regolati da imponenti opere di difesa e di canalizzazione. Non lungi da Baghdād, Eufrate e Tigri si avvicinano l'uno all'altro fino a poco più d'una trentina di km., ma divergono poi, separati come sono da una serie di deboli ondeggiamenti collinari (Tell), in modo da isolare un ampio lembo romboide, a cui spetta propriamente il nome di Mesopotamia, zona tutta paludi, acquitrini e canali, che si continua oltre il margine esterno, fin dove le condizioni di stabilità dei due letti consentono alle acque di espandersi. Dei fiumi maggiori l'Eufrate, essendo il più alto, è anche il più sfruttato dalle irrigazioni, e perciò va continuamente impoverendosi di acque verso SE., fatto già rilevato dagli antichi (Polibio IV, 43, 2) e a cui contribuisce la mancanza quasi assoluta di tributarî in tutto questo tratto del corso. La zona paludosa che gli Arabi indicano con il nome comprensivo di el-Baṭīḥah, si estende anche sulle rive del canale di Hindiyyeh, dedotto dall'Eufrate presso Kerbelā, e assume le massime proporzioni poco a monte di al-Baṣrah sì che insediamenti e vie di comunicazione si tengono lontani anche più di una cinquantina di km. dalle sponde del fiume. Date le condizioni del terreno a valle di Hīt, il letto dell'Eufrate ha qui modificato e continua a modificare il proprio decorso in misura più o meno notevole secondo i varî tratti. Per poco che si possa dedurre di sicuro dalle antiche fonti, è certo che l'Eufrate e il Tigri avevano ancora in epoca storica foci separate, condizione che si continuò probabilmente fino al secondo secolo d. C. Lo sviluppo, il numero e l'ampiezza delle città, di cui le ricerche archeologiche hanno messo in luce gli avanzi in Mesopotamia, presuppongono un ben organizzato sistema di arginature e di canali, il quale volgesse a profitto dell'uomo una condizione naturale, che, lasciata a sé stessa, risulta, com'è ancora in gran parte, poco adatta o addirittura repulsiva per l'insediamento umano. Persiani e Arabi ereditarono le grandi opere di sistemazione compiute dagli antichi, ma il flusso dei popoli nomadi (turco-mongoli) da cui la regione fu sommersa dopo il sec. XI, ne distrusse o ne compromise grandemente la prosperità. L'importanza dell'Eufrate è poi accresciuta dalla regolarità delle sue piene. Sotto questo riguardo il fiume presenta un regime intermedio fra i corsi d'acqua delle regioni calde alimentati quasi esclusivamente da nevi, e quelli invece in cui il tributo è d'origine pluviale. L'alto bacino dell'Eufrate manca di ghiacciai, ma buona parte dell'acqua qui convogliata è dovuta alla fusione delle nevi sugli altipiani e le montagne dell'Armenia occidentale e del Tauro. Attraversando l'alta e la bassa Mesopotamia, il fiume vi esercita un'influenza in certo modo paragonabile a quella del Nilo in Egitto: oltre il limite cui giungono le acque, il paese ha carattere di steppa, non solo nel tratto a valle, ma anche in quello a monte di Hīt, dove le precipitazioni sono scarsissime e i periodi estivi ardenti e asciutti. D'altra parte dove fa più sentire il beneficio dell'irrigazione, il fiume manca di un tributo compensativo; perciò il suo regime resta in sostanza determinato dalle condizioni del suo corso montano. Le piene s'iniziano sugli ultimi di marzo, toccano il loro vertice verso la metà di maggio, e declinano rapidamente; il periodo di massima magra si ha in novembre. Le oscillazioni delle portate a Hīt vanno da 2700 a 400 mc.; di conseguenza anche la navigabilità, che è possibile da marzo a maggio fino a Samsat, si riduce nei periodi di magra a tal segno, da rendere difficile, talora, risalire fino a el-Baṣrah. D'altronde, l'importanza dell'Eufrate come arteria del traffico è diminuita grandemente con lo sviluppo delle ferrovie che ne risalgono la valle da el-Basrah a el-Museyyib per congiungerla qui con quella del Tigri. Sebbene il fiume, anche per ragioni storiche, sia uno dei più noti dell'Asia, la conoscenza del suo bacino, delle sue condizioni e del suo regime presenta ancora molte lacune, specialmente nel tratto a valle di Birecik. E del resto l'esplorazione scientifica fu iniziata appena un secolo fa, con la spedizione dell'inglese F. Chesney (1835), che discese per il primo la corrente del fiume da quest'ultima località alla foce.

Bibl.: F. R. Chesney, Expedition for the survey of the Rivers Euphrates and Tigris, Londra 1850; E. Sachau, Reise in Syrien und Mesopotamien, Lipsia 1883; I. P. Peters, Nippur, New York 1897; M. von Oppenheim, Von Mittelmeer zum persischen Golf, Berlino 1900; E. Sachau, Am Euphrat und Tigris, Lipsia 1900; H. F. B. Lynch, Armenia, Londra 1901; W. Willcocks, Mesopotamia: past and present, in Geographical Journal, 1910, pp. 1-18; id., The irrigation of Mesopotamia, Londra 1911.

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