EUDOSSO di Cnido

Enciclopedia Italiana (1932)

EUDOSSO (Εὔδοξος) di Cnido

Giorgio Diaz de Santillana

Sommo geometra e astronomo greco (408-355 a. C.). Povero, poté studiare ad Atene grazie alle sovvenzioni di amici e udirvi i grandi maestri, soprattutto Platone. Si recò in seguito in Egitto, munito di credenziali di Agesilao re di Sparta per il faraone Nectanebo. Ivi raccolse il vasto materiale di osservazioni astronomiche accumulate per secoli dai sacerdoti di Eliopoli. Tornato in Grecia, fondò a Cizico sulla Propontide (Mar di Marmara) una scuola che divenne presto famosa, e dalla quale uscirono matematici quali Menecmo, che risolse il problema della trisezione dell'angolo, e Dinostrato, l'inventore della "quadratrice". Più tardi si trasferi in Atene, dove fu uno dei maestri più acclamati tanto per la cultura universale e la profondità filosofica, quanto per le brillanti doti di esposizione e di oratoria. Nella determinazione del principio etico manifestò tendenze edonistiche e può darsi che il Filebo platonico sia stato scritto per combatterle. Secondo Aristotele (Metaph., 991 a 14) egli avrebbe seguito, nella concezione della sostanza delle cose, Anassagora, dando quindi alle idee platoniche il valore delle omeomerie di quest'ultimo. Comunque, i suoi rapporti con Platone sembrano essere stati sempre amichevoli. Negli ultimi anni della sua vita ebbe onori e cariche dalla città natale.

E. fu scienziato universale. Oltre alle ricerche di geometria, che sono il suo massimo titolo di gloria, si occupò di teoria delle macchine (alle quali applicò le sue ricerche sulle curve e sulle medie proporzionali) e di armonia. Sviluppò matematicamente la relazione enunciata da Archita pitagorico, suo maestro, tra frequenza delle vibrazioni e altezza del suono. Scrisse trattati e dialoghi sugli dei, sull'universo e sulla meteorologia, e fu anche retore. Non possiamo descrivere i lavori fondamentali di E. sull'astronomia di posizione, la geografia matematica, il calendario. Da questo lato E. era noto da molto tempo agli storici. Ma, dopo la ricostruzione che ha dato lo Schiaparelli del suo sistema astronomico egli ci appare l'emulo di Archimede e di Apollonio. Come geometra, è autore di molti dei teoremi che si trovano in Euclide. Il V libro degli elementi sulle proporzioni, il più lungo e difficile, è interamente suo.

Insieme con l'uso dei primi procedimenti infinitesimali per opera di Zenone e Democrito, era sorta anche la critica sul loro valore. Per i bisogni dell'epoca bastava dar forma rigorosa al confronto dei rapporti incommensurabili (teoria generale delle proporzioni e della similitudine) e poi al confronto delle aree e dei volumi delle figure elementari, nei casi in cui non basta la decomposizione in un numero finito di parti eguali. Tutte queste difficoltà appaiono superate da Eudosso; in particolare egli insegna a eliminare il ricorso all'infinito, col cosiddetto metodo di esaustione (v. integrale, calcolo), dove si perviene per assurdo ad assodare l'eguaglianza di due aree o volumi, dimostrando che, se esistesse una differenza, questa dovrebbe essere più piccola di qualsiasi grandezza assegnata. C'è, come si vede, lo spirito della moderna teoria dei limiti.

La grande impresa scientifica di Eudosso sembra però essere stata il suo studio delle curve. Archita aveva iniziato questo ramo di ricerche col mostrare che il famoso problema della duplicazione del cubo (v. cubo) può esser risolto per mezzo di una costruzione in cui appare una curva a doppia curvatura, intersezione di un cilindro o di un cono con un toro (superficie anulare). E. fornì un'altra soluzione, di cui non ci sono noti i particolari, ma di cui Eratostene parla con meraviglia. Come nel problema di Archita, si trattava di trovare due medie proporzionali fra due grandezze date. Proseguendo nello studio delle curve, E. studiò le sezioni di un cilindro (o di un cono) con una sfera; e notò che, nel caso in cui il cilindro è tangente internamente alla sfera, si ha una "lemniscata sferica", da lui detta "ippopede", che è una curva a 8 molto simile alla sezione piana del toro che sia tangente al circolo di gola.

Questi studî sulle curve e altri importanti teoremi di "sferica" (una scienza che pare sia sostanzialmente creazione sua), E. seppe adoperare nella sua teoria dei moti planetarî. Che i pianeti si movessero di moto proprio era noto già ai pitagorici; ma le linee complicate che essi tracciavano nel cielo apparivano irriducibili a una teoria geometrica semplice. E. per primo si accinse a spiegarli, conformemente al canone pitagoricoplatonico. Immaginò i pianeti fissi su sfere ideali, rotanti uniformemente, e tutte concentriche con la Terra. Ogni sfera gira su due poli che le son proprî. A render conto delle variazioni di velocità dei pianeti, del loro stare e retrogradare, e del loro deviare a destra e a sinistra nel senso della latitudine, tale ipotesi non bastava; e convenne supporre che la sfera del pianeta giri su di un asse imperniato sopra un'altra sfera, concentrica alla prima, e così via, prendendo assi sempre diversi. Per il Sole e la Luna bastavano tre sfere: per i pianeti ne occorrevano quattro. La sfera esterna di ogni pianeta si ammetteva (poiché questa era costruzione puramente geometrica) fosse animata del moto diurno della sfera delle stelle fisse. I moti della terra e della quarta sfera componevano una curva a 8, precisamente la ippopede di E. La forma e lo spostamento di questa si possono regolare in modo da corrispondere al moto osservato del pianeta. Lo Schiaparelli ha ricostruito la serie dei teoremi con cui E. dimostrava potersi comporre un'ippopede a partire da rotazioni semplici e uniformi.

La teoria di E. dà risultati soddisfacenti per Saturno, Giove e Mercurio; ma perVenere comincia a discostarsi dalla realtà, e per Marte fallisce completamente. Callippo e Polemarco proposero alcune modifiche, in seguito alle quali il sistema fu adottato da Aristotele, che però volle materializzarlo. Il colpo decisivo al sistema di E. fu portato dalla scoperta delle grandi variazioni di splendore apparente dei pianeti, da cui risultò che essi non si muovono concentricamente alla Terra.

Bibl.: Per l'opera astron. di E., v. G. Schiaparelli, Le sfere omocentriche di Eudosso, di Callippo e di Aristotele, in Scritti sulla st. della astron. antica, II, i, Bologna 1926. Su E. geometra, v. T. Heath, Hist. of Greek Mathematics, Oxford 1921, e le storie del Cantor e del Loria. Un ottimo articolo generale con ampia bibl., di Hultsch, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI, coll. 930 segg.

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