ETIOPIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ETIOPIA

Pasquale Coppola
Lanfranco Ricci
Lanfranco Ricci
Lanfranco Ricci
Maria Luisa Zaccheo
Roberto Silvestri

(XIV, p. 459; App. II, I, p. 881; III, I, p. 578; IV, I, p. 730)

Superficie e confini. - Nel maggio 1991, con la caduta di Mangestù (v. storia), si è costituito in Eritrea, già parte integrante dell'E., un governo provvisorio incaricato di indire, entro due anni, un referendum di autodeterminazione.

Popolazione. - La guerra civile, che ha duramente colpito il paese fra la fine degli anni Ottanta e l'inizio del decennio corrente, ha profondamente alterato il quadro demografico dell'Etiopia. Viene di seguito riportata la situazione antecedente i fatti bellici, in assenza di recenti dati attendibili. Nel maggio 1984 per la prima volta una rilevazione censuaria è giunta a interessare quasi l'85% degli abitanti, consentendo di stimarne in 42.100.000 l'ammontare complessivo, divenuti 47.305.000 secondo una stima del 1988. Gli individui sotto i 20 anni sarebbero circa la metà della popolazione, che mantiene un ritmo di crescita annuo prossimo al 2,9% (ma nelle aree urbane l'espansione demografica è almeno del 7%). Gli abitanti della capitale, Addìs Abeb'a, si sono raddoppiati in 15 anni, superando quota 1.495.000 nel 1985. Consistenti dimensioni ha anche assunto la città eritrea di Asmara, con circa 280.000 ab., mentre altri 7 centri si collocano ora tra i 60.000 e gli 80.000 abitanti. La densità media ha raggiunto i 38 ab. per km2; permangono, però, notevoli differenze tra il popolamento delle aree sopra i 1800 m, che accolgono più del 70% degli individui, e quello delle basse terre, tuttora in larga parte repulsive: così, nella regione centrale dello Scioa si contano oltre 120 ab. per km2, contro i 9 attribuibili al Bale, nel Sud-Ovest.

Condizioni economiche. − Dal 1979 si sono succeduti vari programmi annuali di sviluppo, fondati su investimenti nei trasporti, nei servizi pubblici e nell'agricoltura. Quest'ultima rappresenta tuttora il comparto dominante, con il 42% del PIL e circa l'80% degli occupati; fornisce anche i maggiori introiti all'esportazione, soprattutto attraverso le vendite di caffè. La superficie coltivata resta inferiore a 1/6 di quella complessiva, mentre quasi metà delle terre è destinata al pascolo, che alimenta assai a fatica 29 milioni di bovini e 42 milioni tra ovini e caprini, un grande patrimonio zootecnico ben poco redditizio.

Sono in atto vasti programmi di valorizzazione agricola di alcune aree e di potenziamento delle strutture agrarie, soprattutto attraverso le nuove aziende di stato (estese ora su 300.000 ha) e le organizzazioni cooperative (che dovrebbero convogliare tra 10 anni circa metà dei contadini). I progetti di sviluppo dell'agricoltura hanno richiamato la cooperazione internazionale (l'Italia è impegnata nella regione del Tana Beles); essi non riescono però a compensare la perdita di terre utili per la degradazione dei suoli e per la desertificazione provocate dall'eccesso di pascolo e di disboscamento e dalle ricorrenti siccità che hanno colpito la fascia saheliana. Nonostante in alcuni anni favorevoli il raccolto di cereali abbia superato i 50 milioni di q, solo le derrate affluite attraverso gli aiuti dall'estero sono valse a contenere le perdite di vite prodotte dalle carestie (300.000 morti nel solo 1985). Per inoltrare gli aiuti si sono dovuti migliorare gli approdi di Massaua e Assab, la ferrovia da Massaua a Gibuti e la rete stradale (portata a 16.000 km idonei per tutte le stagioni).

Gli sforzi profusi nell'industrializzazione, con grande concorso dei paesi socialisti, non hanno conseguito risultati efficaci per mancanza di materie prime, infrastrutture e capacità tecniche. La maggior parte delle fabbriche è ora in mano allo stato e resta concentrata intorno ad Addìs Abebà e Asmara. Sono dominanti le industrie tessili (con metà degli addetti) e alimentari, mentre si avviano alcuni cementifici, fabbriche di concimi e di utensili, assemblaggi di macchine agricole e concerie (con una prima esportazione di pelli semilavorate). Il debito estero ammontava, nel 1989, a oltre 3 miliardi di dollari, mentre stime della Banca mondiale attribuivano al paese un reddito pro capite di circa 120 dollari.

Bibl.: G. Hancock, Ethiopia: The challenge of hunger, Londra 1985; D. Rahmato, Agrarian reform in Ethiopia, Trenton (N.J.) 1986; S. Monro-Hay, R. Pankhurst, Ethiopia, Oxford-Santa Barbara 1991.

Storia. - Nei dieci anni dal 1978 al 1988 il potere politico dello stato etiopico si concentrò nelle mani del già maggiore e poi tenente colonnello (dal novembre 1976) Mangestù Haylamāryām e si andò consolidando nella sua forma di oligarchia (fino al 1987) e, nella sua prassi reale, di dittatura, ufficialmente ispirata ai principi teorici del comunismo marxista-leninista. Mangestù Haylamāryām aveva fatto parte fin dal principio del Comitato coordinatore, del quale era stato eletto presidente (vice-presidente il maggiore, poi tenente colonnello dal 1975, Atnāfù Abātè) nel giugno 1974.

Il Comitato, impossessatosi a partire dal febbraio 1974 del governo e dello stato, si era trasformato, in settembre, nel Consiglio militare amministrativo provvisorio; Comitato, e Consiglio poi, chiamati (all'incirca dal giugno 1974) con il nome di Därg ("unione", "coesione", "associazione"), scritto correntemente Derg nella pubblicistica relativa. Mangestù rimase unico protagonista vincente entro il gruppo di militari venuti via via a essere membri del Comitato e del Consiglio, attraverso lotte intestine. Esse portarono all'eliminazione violenta di elementi dirigenti come il generale Ammān Mikā'ēl Andòm (eritreo, ucciso nel novembre 1974), il gen. Tafarì Bantì (ucciso nel febbraio 1977), il tenente colonnello Aṭnāfù Abātè (ucciso nel novembre 1977); quest'ultimo era divenuto unico vice-presidente, quando (febbraio 1977) Mangestù divenne presidente del Därg assumendo anche la carica di capo dello stato e comandante in capo delle forze armate. A tali lotte interne si accompagnò quella esterna con i gruppi politici organizzati, anch'essi ispirati ai principi dottrinali di una rivoluzione in senso socialista e marxista, i quali esigevano la costituzione di un governo composto e guidato da civili. Tra questi gruppi un ruolo preminente fu assunto dal Partito Rivoluzionario del Popolo Etiopico (PRPE) e dal Movimento socialista panetiopico. Il primo, costituito nell'agosto 1975, fu ridotto all'impotenza entro i primi mesi del 1978, dopo una cruenta lotta (cui fu dato il nome di ''Terrore Rosso'' negli ambienti politici locali e internazionali); il secondo (MEISON nella sigla in amarico), guidato dalla spiccata personalità politica di Haylè Fidā (di estrazione etnica galla, educato in Francia), dapprima alleato del Consiglio militare nel governo (1976-77), fu poi violentemente represso (1977-78) quando il Consiglio si era reso conto che il Movimento avrebbe teso, come ultimo fine, a mettere i militari fuori del governo. Il PRPE e il MEISON avevano le loro radici nei movimenti marxisti di opposizione dell'università di Addìs Abebà, sorti dal 1960 in poi. Sul piano sindacale, alla Confederazione delle Unioni dei lavoratori etiopici, soppressa nel 1975, fu sostituita (gennaio 1977) l'Unione panetiopica del lavoro, posta sotto lo stretto controllo del Consiglio.

Dalla metà del 1976, Mangestù si era avvicinato all'Unione Sovietica, la quale riconosceva nell'E. uno stato di vitale importanza per la sua ricerca d'influenza nella regione del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano. Superata la grave situazione dovuta alla campagna contro le forze somale miranti alla conquista dell'Ogad'en (1977-78), l'esercito etiopico continuò a essere impegnato dai movimenti armati di secessione in Eritrea (v. in questa Appendice), nel Tigrai e in altre regioni dell'Etiopia. Nel 1979 Mangestù, anche in seguito alle sollecitazioni sovietiche, avviò la costituzione di un partito politico unico dei lavoratori, che sarebbe dovuto subentrare ai militari nel governo dello stato; in dicembre fu così creata la Commissione dei lavoratori progressisti etiopici del cui organo centrale, un comitato esecutivo di sette membri (tutti ufficiali appartenenti al Consiglio militare), fu nominato presidente Mangestù. La Commissione, che nella sostanza, se non nella forma, prendeva il posto del Consiglio militare, in capo a quattro anni predispose il programma e le strutture per la creazione del Partito dei lavoratori etiopici (che nel settembre 1984 tenne il proprio congresso costituente). Formato il partito (del quale Mangestù fu eletto segretario generale), il Consiglio militare costituì, nel febbraio 1986, una commissione per la redazione di un progetto di costituzione, che, sottoposto a discussione nazionale nel 1986, fu approvato nel febbraio 1987 tramite referendum. Nel giugno successivo furono eletti i membri dell'Assemblea nazionale, che nel settembre 1987 proclamò formalmente la Repubblica popolare democratica d'E., nominando presidente Mangestù, mentre il Consiglio militare veniva abolito. Nella nuova struttura statale il posto di guida politica era ufficialmente riconosciuto al Partito dei lavoratori, il cui segretario generale era in pari tempo presidente dello stato. In concomitanza con la proclamazione della repubblica, l'Assemblea, sulla base di quanto previsto dalla costituzione, provvide alla suddivisione amministrativa del paese in 5 regioni autonome e in 24 circoscrizioni.

L'organizzazione sociale dell'E. fu rivoluzionata fin dal 1975: nei centri urbani furono creati distretti amministrativi di quartiere, dotati di autonomia esecutiva, mentre nelle campagne venivano costituite associazioni di contadini, cui competeva la gestione dell'amministrazione locale e il promovimento dell'economia rurale. In questo ambito va anche menzionato il progetto, avviato dal governo negli anni Ottanta, di trasferimento, spesso coercitivo, di gruppi di popolazione dell'altopiano settentrionale (zone di lingua tigrina) e centroorientale (zone di lingua amarica) in regioni del bassopiano occidentale, abitate da genti di altra lingua e cultura.

Scopo dichiarato del piano era quello di offrire terreni migliori per l'agricoltura, cercando di far fronte alle condizioni precarie di alimentazione dovute a siccità e carestie (più intense dal 1983 al 1986) e all'impoverimento del suolo produttivo. Ma si è anche obiettato, e il fatto è stato particolarmente messo in rilievo dai dissidenti politici etiopici, che tali trasferimenti di massa mirassero a sottrarre, dalle zone del Nord e del centro, la popolazione, sul cui sostegno contavano le forze secessioniste. Altra fonte di malcontento si venne a creare fra le popolazioni rurali (nomadi o non tali) a causa del piano governativo di raccoglierle in villaggi di concezione e struttura ''occidentali'', razionali, sottoposti al controllo dell'organizzazione politica dello stato, in netto contrasto con l'economia e gli insediamenti tradizionali.

Sotto l'aspetto dell'ordine interno, continuò la lotta armata dei movimenti secessionisti o dissidenti: nel Nord quelli eritreo e tigrino, nel Nord-Ovest quello (o quelli) delle genti amara, nel Sud-Est quelli somalo e galla (od oromo). Lo stato di turbolenza armata ai confini con la Somalia si attenuò invece in seguito all'accordo, firmato nell'aprile 1988, tra il governo etiopico e quello della Somalia.

Le relazioni con la Chiesa etiopica si sono mantenute in una forma di guardinga tolleranza. Nel 1982 era trapelato il contenuto di una circolare ''segretissima'', non datata, del Consiglio militare, divenuta poi nota in Occidente tra il 1984 e il 1985, con la quale si prevedeva l'annientamento della religione cristiana e, in un secondo tempo (per motivi politici), di quella musulmana. D'altra parte, essendo ora lo stato agnostico, la religione cristiana fu posta allo stesso livello delle altre confessioni, perdendo ogni preminenza nella vita pubblica ufficiale. La Chiesa cattolica, presente in E. con ristretto numero di fedeli, elevò alla porpora cardinalizia il proprio arcivescovo di Addìs Abebà nel 1985, suscitando un'aspra reazione della Chiesa etiopica nazionale.

L'avvicinamento all'Unione Sovietica, iniziato nel 1976, si trasformò in una stretta collaborazione (contrassegnata da un accordo firmato a Mosca nel 1978), alla quale facevano contorno i rapporti di cooperazione con altri paesi comunisti dell'Est europeo (Repubblica democratica tedesca, Cecoslovacchia, Iugoslavia, ecc.) e con Cuba, che inviò forze a sostegno del goveno di Addìs Abebà dal 1977 al 1989. La rottura delle relazioni con gli Stati Uniti maturò dopo la prima fase della rivoluzione del 1974 e continuò dal 1976 in poi, con qualche sporadico riavvicinamento. Analoga la situazione nelle relazioni con gli stati dell'Europa occidentale e con Israele.

In seguito al mutamento della situazione politica internazionale, grazie ai profondi rivolgimenti politici nell'URSS e stati satelliti di questa, il governo etiopico cercò un riavvicinamento con lo stato di Israele, pervenendo alla ripresa ufficiale delle interrotte relazioni diplomatiche nel novembre 1989, con l'intento di ottenere aiuti militari. Lo stato di Israele si giovò di tale evento per porre, tra l'altro, come condizione, il rilascio del permesso, da parte del governo etiopico, ai Falascià, rimasti ancora nel paese, di emigrare verso Israele, in continuazione e a completamento dell'esodo attuato parzialmente negli anni precedenti (v. oltre). Tentativi per un accordo fra governo etiopico e i due Fronti di Liberazione, il popolare eritreo e l'analogo popolare del Tigrai, effettuati nel 1989 con mediazione straniera (USA; Italia), si arenarono nel 1990.

Nel maggio 1989 un colpo di stato contro l'attuale regime, organizzato da ufficiali superiori delle forze armate di stanza in Eritrea, è stato soffocato con repressione cruenta.

L'Italia, che ha mantenuto in continuità i suoi rapporti diplomatici, ha attuato programmi di assistenza sociale. In seguito alla carestia del 1983-84, un progetto di bonifica e valorizzazione agricola di una vasta regione di bassopiano a sud-ovest del lago Tana (nel Goggiàm, e precisamente nella nuova circoscrizione di Matakkal), preparato e finanziato dal governo italiano, ha suscitato vivaci critiche nell'opinione pubblica e fra i movimenti di dissidenza armata.

Va infine menzionato l'esodo in Israele di un cospicuo numero (circa 16.000) di Falascià, antica popolazione cuscitica di credenze giudaiche. L'esodo è avvenuto clandestinamente attraverso un'operazione concertata tra Stati Uniti d'America e Israele, con la connivenza del governo del Sudan, effettuata tra il novembre 1984 e il gennaio 1985. In seguito tutti i Falascià riuscirono ad abbandonare l'Etiopia.

Nel maggio 1991 il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiopico (FDRPE), derivante dalla fusione di vari gruppi di diversa etnia, conquistò Addìs Abebà costringendo Mangestù alla fuga. Nello stesso mese le forze del Fronte popolare di liberazione dell'Eritrea conquistarono Asmara e Assab assumendo il controllo dell'Eritrea che diveniva di fatto indipendente. Nel luglio 1991 il FDRPE costituì un governo provvisorio presieduto da Meles Zenawi. A dicembre dello stesso anno fu varata una riforma che prevedeva la divisione del paese in 14 regioni autonome, per riorganizzare la struttura amministrativa su basi democratiche e consentire una pacifica convivenza fra le diverse etnie. Le elezioni per l'istituzione dei Consigli regionali si tennero il 21 giugno 1992.

Bibl.: Si citano qui alcuni titoli esemplificativi: J. M. Cohen, A. A. Goldsmith, J. W. Mellor, Revolution and land reform in Ethiopia, Ithaca (USA) 1976; J. M. Cohen, P. H. Koehn, Provincial and municipal government - Imperial patterns and postrevolutionary changes, East Lansing (USA) 1980; F. Halliday, M. Molyneux, The Ethiopian revolution, Londra 1981; T. Parfitt, Operation Moses, the story of the exodus of the Falasha Jews from Ethiopia, ivi 1985; G. Sivini, Famine and the resettlement program in Ethiopia, in Africa (Roma), 41, 2 (1986); J. Markakis, N. Ayele, Class and revolution in Ethiopia, Trenton (USA) 1986; J. M. Cohen, N.-I. Isaksson, Villagization in the Arsi region of Ethiopia, Uppsala 1987; K. Jansson, M. Harris, A. Penrose, The Ethiopian famine, Londra 1987; J. W. Harbeson, The Ethiopian transformation: the quest for the post-imperial state, Boulder 1988; P. B. Henze, The Ethiopian revolution: mythology and history, Santa Monica (California) 1989; D. W. Giorgis, Red tears, Trenton (N. J.) 1989; J. Markakis, G. Calchi Novati et al., Le incognite della transizione nel Corno d'Africa, in Politica internazionale, 4 (1992).

Letteratura. - Gli studi di letteratura antica (in lingua ge'ez) sono continuati copiosi (edizioni e interpretazione di testi, studi storicoletterari e linguistici), essenzialmente fuori dell'Etiopia. Anche la letteratura magico-religiosa e terapeutica in ge'ez e amarico è stata sottoposta a particolari e approfondite ricerche. La letteratura in lingue moderne ha avuto notevole sviluppo, avendo il nuovo regime socialistamarxista sanzionato il diritto di ogni gruppo etnico ad avere la propria lingua scritta. La prima applicazione di tale riconoscimento si è avuta attraverso l'adozione delle lingue locali per l'insegnamento elementare e per qualche pubblicazione scritta.

Il mantenimento di una sola scrittura, la etiopica, con adattamenti opportuni per tutte le lingue locali, ha però suscitato difficoltà non piccole, che hanno portato a dibattere la questione dell'impiego dell'alfabeto latino. Anche nei mezzi di informazione pubblica di stato (stampa o radio) si è esteso l'uso di altre lingue oltre a quella ufficiale. La letteratura oromo (galla) si è arricchita grazie a pubblicazioni di argomenti d'attualità politico-sociale, promosse dal numeroso e attivo gruppo dei galla in esilio (in Europa, soprattutto). Tuttavia, come prevedibile, il campo letterario è stato dominato dalla produzione nella lingua ufficiale, l'amarico, sottoposta a un poderoso e pesante rinnovamento lessicale ed espressivo, dovendo essa piegarsi, nelle molte pubblicazioni periodiche e monografiche, a diffondere le teorie politiche socialiste marxiste. Il gravoso problema è stato percepito in maniera peculiare appena si è dovuto tradurre scritti politici dalle lingue europee, con la conseguenza di dovere urgentemente approntare glossari terminologici di politica e poi, insieme, di scienze applicate. Legato a questo aspetto lessicale è l'altro, acutamente sentito, della possibilità di trasferire adeguatamente nella lingua etiopica i concetti ''occidentali''. La letteratura di invenzione si è ridotta a poco, e di quel poco una parte cospicua risente della censura e dell'applicazione dei principi del realismo socialista. Sarà comunque doveroso citare, per il periodo 1975-88, almeno Ba'alu Germā, che, parteggiando per i nuovi ideali di rinnovamento politico-sociale, ha cercato di approfondire sempre meglio la problematica interiore dell'individuo, particolarmente nella sua ultima opera Oromāy (1983, "Oramai"), fortemente polemica nei confronti di uomini e sistemi del regime politico etiopico, immediatamente bandita in patria e diffusa clandestinamente in Europa. A Ba'alu Germā si possono affiancare: Abiē Gubañā, già noto per i suoi scritti spregiudicatamente e acremente critici verso la società politica del suo paese; Brăhanu Zaryĭhun, autore tra l'altro di una trilogia imperniata sulla rivoluzione socialista del 1974; Gabayyahu Ayyala; Yĭlmā Habtayas; Andārgiē Masfen; Yašiṭelạ Kwakkab; Māmmo Wŭdnah, autore prolifico anche

di traduzioni e adattamenti di opere straniere. Recentissima è anche un'altra voluminosa opera narrativa, Ialmežāt ("Sogni"), di Haddis Alamāyyahu, apprezzatissimo scrittore, che continua a rivolgere la sua riflessione su vizi e virtù della società etiopica tradizionale. Nel 1974-75 è stata pubblicata, e subito tolta dalla circolazione, una composizione in versi, allusiva all'attualità politico-sociale etiopica, che si pone nel solco della più schietta tradizione letteraria, dovuta al rās Emmeru H̱āyla Sellāsē, scritta nel 1942 nell'isola di Lipari, dove era tenuto al confino dal governo italiano.

Quanto al teatro, si sa di produzioni in lingua amarica, compresa qualche traduzione o adattamento da autori ''occidentali'', che vengono rappresentate nei teatri (di vario tipo) urbani (in special modo, e precipuamente in Addìs Abebà), oppure trasmesse alla radio o alla televisione. Molta di questa produzione è improntata alla retorica dei temi rivoluzionari ed è artisticamente molto acerba. In anni più recenti, questi argomenti si sono andati esaurendo e la produzione teatrale è in fase di grave ristagno.

Bibl.: R. K. Molvaer, Tradition and change in Ethiopia - Social and cultural life as reflected in Amharic fictional literature, ca. 1930-74, Leida 1980; A. S. Gerard, African languages literatures. An introduction to the literary history of Sub-saharan Africa, Washington 1981; Fikre Tolossa, Realism and Amharic literature (1908-81), Brema 1983; B. W. Andrzejewski e altri, Literatures in African languages, theoretical issues and sample surveys, Cambridge-Varsavia 1985; M. L. Volpe, Literature in present day Ethiopia, in Proceedings of the Ninth International Congress of Ethiopian Studies, Mosca 1988, 4, pp. 52-60.

Archeologia. - Dopo il 1974, per motivi dovuti alla situazione interna etiopica, l'attività archeologica, cessata del tutto nelle regioni settentrionali, è continuata sporadicamente nel centro e nel Sud del paese, con qualche scavo e con qualche ricognizione, fino al 1982.

Per la preistoria, di tale attività si ricorda quanto segue. Continuazione dei lavori di scavo, e poi studio dei materiali reperiti, di Malkà Qunṭurrè (in grafia corrente: Melka-Kunturé; siti Acheuleano e Oldowayano, con tracce di ominidi); ricognizione di sito Acheuleano presso il lago Langano (Rift Valley; a sud di Addìs Abebà); ricognizioni e scavo nella Rift Valley etiopica e al lago Zuway, nella stessa spaccatura (siti del Paleolitico medio e tardo); ricognizione e studio di siti preistorici nella regione del Gamu-Gofa e, con scavo ridotto, anche nella bassa valle del fiume Omo, E. meridionale (con sito anche neolitico, e vestigia di ominidi; formazioni geologiche plio-pleistoceniche); ricerche e qualche scavo nella zona meridionale della Rift Valley (Afar) e nell'altopiano sud-orientale presso il Webi Scebeli; altre ricerche nella zona meridionale dello Afar e in quella dello Harar (E. orientale), con riscontri di siti collocabili cronologicamente intorno alla metà del secondo millennio a. C., legati probabilmente all'introduzione di animali domestici e con oggetti di uso collegabili ad altri del primo millennio a. C., rinvenuti nel Kenya e in Tanzania. Nel 1977 sono stati pubblicati i risultati di uno scavo compiuto a Gobedra (presso Aksùm, E. settentrionale), che ha rivelato la notevolissima presenza, in sito del Paleolitico tardo (epoca: da prima, forse, del nono millennio a. C. estendentesi fin dentro la fase storica ''aksumita'', in continuità), di semi di Eleusine coracana (in etiopico, dāgussā), rinvenuti in uno strato databile probabilmente al 4° o 3° millennio a. C. Si è anche data notizia di figurazioni rupestri di bovidi (grandi corna a lira) nella valle di Gunda Gundè (regione del Tigrai orientale).

È opportuno segnalare il lavoro svolto dal 1980 al 1989, in successive campagne annuali nella zona di Cassala, nel Sudan orientale, dalla missione archeologica italiana, diretta da R. Fattovich, con trovamenti di siti archeologici che si scaglionano, come pare, da qualche millennio a. C. a epoca della nostra era incipiente e rivelano di avere deciso interesse per la storia archeologica dell'Eritrea nord-occidentale, come sembra anche provare il tipo di resti ceramici provenienti da quest'ultima (area degradante verso il confine sudanese).

Lo studio delle ''ciste dolmeniche'' dello Harar ha condotto a riconoscervi strutture di uso funerario, cronologicamente attribuibili con probabilità al 2° millennio a. C., forse collegate al culto della fecondità, mentre quello dei tumuli funerari della stessa area ha portato a un'assegnazione cronologica all'8°-12° secolo d. C., quanto alla loro utilizzazione, senza escludere una maggiore antichità per tali monumenti, anteriore anche alla nostra era. Per i megaliti del Soddo (E. centro-meridionale), una serie di successive campagne di scavo e studio dal 1974 al 1980 ha permesso all'archeologo F. Anfray di esaminarli esaurientemente e definirne con precisione morfologie e tipi, riconoscendo loro un'antichità risalente ad almeno otto o dieci secoli da oggi (ma senza che ciò vieti di supporre una loro collocazione in epoca più lontana, forse anche preistorica o protostorica).

Per quanto riguarda l'epoca storica, il rapporto preliminare dei lavori di scavo eseguiti ad Aksùm dall'archeologo N. Chittick nel 1973-74 rivela la grande importanza del complesso architettonico messo in luce nell'area delle stele istoriate − anche se non compiutamente, per interruzione delle ricerche −, il cui esame porterebbe a collocare tali stele in epoca cristiana, stabilendo che esse sorgono in una zona cimiteriale, con cui mostrano di essere collegate, pur non potendosi dimostrare un più diretto e preciso rapporto fra tombe e stele. Sono anche apparse le relazioni degli scavi compiuti nei pressi di Aksùm, a Seglamien (originario sito sudarabico sacro?) e a Bieta Giyorgis (resti cospicui di due chiese di epoca aksumita). Altri dati sono stati resi noti su resti e reperti archeologici proto- e storici antichi dell'altopiano eritreo. Intanto si è continuato a studiare la ceramica pre- e aksumita, così come la monetazione, con nuovi apporti, che ha indotto a riproporre ordine di successione e datazione degli antichi e presunti re di Aksùm. Anche l'epigrafia antica ha continuato a essere esaminata e riesaminata. Si è pure tornati a considerare e tentare d'interpretare l'enigmatico complesso figurativo scolpito nella grotta di Dā'ro Qāwlos (presso Asmara, in Eritrea; i bassorilievi sono stati successivamente in parte divelti e asportati da barbari ignoti, certamente stranieri). Una ricerca di superficie, condotta nel 1974, ha portato a configurare l'evoluzione della struttura abitativa antica dell'area AksùmYeha (Tigrai settentrionale).

Dell'E. cristiana dall'età di mezzo (uso convenzionale di terminologia ''occidentale'') in poi, ricognizioni archeologiche sull'altipiano centro-occidentale hanno portato a ritrovamenti vari e all'esame di complessi architettonici di grotte e chiese scavate in roccia oppure di vestigia di edifici dei secoli 16°-17°, questi del tipo architettonico cui per brevità è stato applicato il termine comprensivo di ''gondarino'' (dalla città di Gondar, E. nord-ovest). Sull'arte pittorica (sacra) − quella a noi nota inizia dopo il secolo 10° all'incirca − sono continuati gli studi, miranti a inquadrare e definire per quanto possibile temi e stili del suo svolgimento storico. Si è anche avuta comunicazione di qualche iscrizione in ge'ez (su legno o su pietra) di questa epoca. Sono state inoltre reperite e pubblicate altre iscrizioni arabe appartenenti alle isole Dahlak, che nel loro insieme coprono un periodo cronologico dal 3° al 10° secolo Egira/10°-16° secolo nostro calendario (v. App. IV, i, p. 736). Nel 1984 il governo italiano ha consegnato ufficialmente a quello etiopico il museo archeologico costituito in Asmara (Eritrea) al tempo dell'occupazione italiana, il cui contenuto è stato elencato in una breve monografia descrittiva. Vedi tav. f.t.

Bibl.: Buona parte degli articoli archeologici sono apparsi nei seguenti periodici: Abbay, Centre National de la Recherche Scientifique, Meudon-Bellevue (nuovo titolo, espresso anche in caratteri etiopici, a cominciare dal vol. 8/1977 compreso, dei precedenti Documents pour servir à l'histoire de la civilisation éthiopienne; ciascun volume reca una ricca bibliografia etiopica); Annales d'Ethiopie, Ministero della Cultura, Addìs Abeb'a; Azania, Journal of the British Institute in Eastern Africa, Nairobi; Journal of Ethiopian Studies, Institute of Ethiopian Studies, University, Addìs Abeb'a; Rassegna di Studi Etiopici, Roma-Napoli. Si terranno anche presenti i volumi di Proceedings dei Congressi internazionali di studi etiopici tenutisi a Lund (1982), Addìs Abebà (1984), Mosca (1986). Si aggiungono alcuni titoli monografici: Ethiopie Millénaire, Petit Palais (1974-75), Parigi (catalogo della mostra, con un panorama dalla preistoria alla storia, corredato da molte illustrazioni, anche a colori); Rock-hewn churches of Eastern Tigray, Oxford University Expedition to Ethiopia 1974, a cura di B. Juel-Jensen, G. Rowell, Oxford 1975; L'Ethiopie avant l'histoire, a cura di J. Chavaillon, Centre National pour la recherche scientifique, Meudon 1976; Id., Stratigraphie du site archéologique de Melka-Kunturé (Ethiopie) e Aperçu géologique des formations plio-pléistocènes de la basse vallée de l'Omo (Ethiopie), in Bul. Soc. Géol. France, 21 (1979), pp. 227-37; J. e N. Chavaillon, Evolution de l'acheuléen à Melka-Kunture (Ethiopie), in Anthropologie (1980); R. Fattovich, Materiali per lo studio della ceramica pre-aksumita etiopica, in Annali, Ist. Univers. Orient., Suppl. 25, Napoli 1980; F. Anfray, Vestiges Gondariens, in Rass. di studi etiopici, 28 (1981); Id., Les stèles du sud. Shoa et Sidamo, in Annales d'Ethiopie, 12 (1982), pp. 43-222 + 100 tavv.; S. Chojnacki, Major themes in Ethiopian painting... from the 13th to the 19th century, Wiesbaden 1983; R. Fattovich, I 'rilievi' rupestri di Daarò Caulòs presso Asmara (Etiopia), in Annali, Ist. Univers. Orient., 43, Napoli 1983; Museo Archeologico di Asmara, Itinerario descrittivo [a cura di L. Ricci], Ist. Italo-africano, Roma 1983; R. Fattovich, Data for the history of the ancient peopling of the Northern-Sudanese Borderland, in Proceedings of the Seventh International Conference of Ethiopian Studies, a cura di S. Rubenson, Uppsala 1984; S. C. H. MunroHay, The coinage of Aksum, Nuova Delhi 1984; G. Ventrone, Tre stele provenienti dalle Dahlak in una collezione privata romana, in Studi in onore di Francesco Gabrieli, Roma 1984; R. Plant, Architecture of the Tigre, Ethiopia, Worcester 1985; S. C. H. Munro-Hay, The Munro-Hay collection of Aksumite coins, in Annali, Ist. Univers. Orient., Suppl. 48, Napoli 1986; G. Oman, La necropoli islamica di Dahlak Kebir (Mar Rosso), Epigrafi di varia ubicazione, 2 voll., Napoli 1987; L. Ricci-R. Fattovich, Scavi archeologici nella zona di Aksum. A. Seglamièn, e Scavi... B. Bieta Giyorgis, in Rass. di studi etiopici, 30 (1987) e 31 (1988); R. Fattovich e altri, Società e territorio nel delta del Gash (Kassala, Sudan orientale), 3000 a. C.-300/400 d. C., in Africa, 43, Roma 1988; W. Michels, The Axumite kingdom: a settlement archaeology perspective, in Proceedings of the ninth international congress of Ethiopian studies, vol. 6, Mosca 1988; S.C. Munro-Hay, Excavations at Aksum, Londra 1989.

Architettura. - Dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, dal ritorno della monarchia al successivo passaggio al governo rivoluzionario popolare, l'E. è stata sempre, purtroppo, in una posizione di debolezza, la sua essendo un'economia di supporto. È per questo che il paese, malgrado l'ingente patrimonio architettonico passato, non può vantare una contemporanea architettura nazionale, ma deve, anche sotto questo aspetto, rifarsi a interventi stranieri, di carattere internazionale. Meritano comunque una particolare attenzione i piani d'intervento per lo sviluppo e la pianificazione di Addìs Abebà, nonché alcune proposte di Le Corbusier del 1936.

Il primo piano di C. Valle e I. Guidi (1938) vede una città di 100.000 abitanti e lascia come retaggio, tra l'altro, alcuni elementi significativi come il quartiere del Mercato, la Piazza, l'Università. Il secondo e il terzo piano elaborati dagli inglesi Abercrombie e Hennessy, tra il dopoguerra e il 1966, vedono una città di circa 450.000 abitanti; ce ne rimangono alcuni grandi assi viari e alcuni singoli edifici di prestigio.

La rivoluzione del 1974 sposta il centro dell'attenzione sulla necessità di una riforma urbana con particolare riguardo al problema delle case per le classi povere (circa il 90% della popolazione vive in baracche), all'inadeguatezza delle strutture per una città di un milione di abitanti, e infine all'esplosione urbana prevista per i prossimi vent'anni, che dovrebbe portare a 2,5 milioni di abitanti. Il più recente piano d'intervento è stato varato sotto l'egida della cooperazione tecnica dal governo italiano.

In questi ultimi quarant'anni l'E. ha visto l'intervento continuo di organizzazioni internazionali, enti, imprese, impegnate a creare lavoro. Le occasioni sono diverse: strade, ospedali, scuole, aziende agricole, impianti industriali, opere civili − in una parola infrastrutture basilari − nonché alcune importanti opere pubbliche.

Tra le imprese di costruzione vanno ricordate il gruppo scandinavo Nordconsult, quello inglese Bolton Hennessy, la italiana Salcost: queste, e altre minori, anche per le loro capacità progettuali sono state in grado di realizzare opere pubbliche di notevole livello.

Pochi e quasi tutti stranieri, in maggioranza europei, sono gli architetti attivi, tra cui il francese H. Chomette, il greco C.A. Doxiadis, il gruppo greco etiopico Z. Enav e M. Teodoros, gli italiani A. Mezzedimi e P. Chessa, e altri. L'architetto Mezzedimi ha vissuto 28 anni in E. dove ha progettato e realizzato ben 800 edifici; tra questi, la stazione per telecomunicazioni di Adi Osri in Eritrea, il progetto per il Red Sea Hotel a Massaua e, tra gli ultimi, il nuovo municipio di Addìs Abebà. A lui si deve inoltre il palazzo Africa con l'aula per le assemblee, e un programma di insediamenti agricoli, momento d'incontro tra la tradizione e il rinnovamento. Del francese H. Chomette è la sede della nuova Banca nazionale di Addìs Abebà. Il gruppo greco Doxiadis Associates ha progettato, tra l'altro, la cattedrale di Axùm. Gli architetti Z. Enav e M. Teodoros rappresentano istanze innovatrici e sono più aperti a un'evoluzione di tematiche e di metodi costruttivi. A loro è dovuta la realizzazione delle terme di FilHoa ad Addìs Abebà, del ministero delle Finanze e di un programma di sviluppo turistico alberghiero ricco d'immaginazione.

Durante gli ultimi dieci anni sono arrivati in E. gruppi di progettazione bulgari, iugoslavi, russi, giapponesi, tutti legati a enti capaci di finanziare lo sviluppo del paese. Questi vanno ad aggiungersi ai gruppi che sono stati sempre presenti, come gli italiani, i francesi, gli scandinavi, gli americani, gli inglesi, che hanno continuato l'opera di aiuti economici forniti dai loro paesi all'Etiopia. Negli anni Ottanta va segnalato un vasto programma di aiuti in cui la presenza degli Italiani è particolarmente rilevante per il numero delle imprese di costruzione ivi operanti (Cogefar Impresit, Astaldi, Salcost, Finsider e Barucci). Gli edifici e le opere civili realizzati dalle imprese, sia italiane che estere, sono soprattutto di carattere basilare (abitazioni, ospedali, scuole, in particolare nelle aree assoggettate alla guerriglia).

Bibl.: A. H. Jones, E. Man, A history of Ethiopia, Oxford 1960; U. Kulterman, New architecture in Africa, Londra 1963; M. Fry-J. Drew, Tropical architecture, New York 1964; Oxford University Press, The Ethiopians, Londra 19652; U. Kulterman, New directions in African architecture, ivi 1969; A. Borallevi, Le città dell'Impero: urbanistica fascista in Etiopia dal 1936 al 1941, Milano 1980; B. Fletcher, A history of architecture, Butterworths 198019; R. W. July, A history of African people, New York 19803; P. Chessa, Etiopia e sviluppo, in Edilizia moderna, 89-90 (1981); U. Kulterman, Contemporary Arab architecture, in MIMAR, 9 (1983); B. Huet, The modernity in a tradition, ibid., 10 (1983); P. Ceccarelli, Addis siamo noi, in Casabella, 505 (1984); A. Jatta e altri, in Controspazio, 1 (1984); B. B. Taylor, Demythologising colonial architecture, in MIMAR, 13 (1984); A. Mazrui, The Africans. A triple heritage, Londra 1986; K. K. Ferstl, The architecture in Ethiopia, in Architectur der DDR, giugno 1987.

Cinema. - Il cinema etiope nasce nel 1965 con un lungometraggio di finzione Hiru, who is her father, diretto da un cineasta anonimo. Del 1968 è il documentario The rotten existence, un pamphlet contro H̱āyla Selāssē e il suo regime corrotto. Lo firma S. Bekele, che ha studiato in Germania occidentale ed è il decano dei cineasti etiopici: un documentarista che si dedicherà di preferenza al cortometraggio propagandistico (Social complex, sui disastri del sistema educativo nell'epoca del Negus) e culturale; al festival del cinema di Cartagine e a quello di Ouagadougou è presente nel 1972 e 1973. Documentarista di regime è invece A. Manna, che tra il 1977 e il 1978 ha diretto alcuni film sull'esercito, l'Ogad'en, la prostituzione e gli atleti della maratona (Der weg ist lang, del 1978, coprodotto dalla DDR). Il più grande cineasta etiope e uno dei più creativi rappresentanti del cinema nero mondiale, residente negli Stati Uniti (insegna storia del cinema all'università di Washington), è però H. Gerima (n. a Gondar nel 1946), figlio di un intellettuale, drammaturgo e prete ortodosso che combatté contro il colonialismo italiano. Gerima, che ha studiato a Chicago e all'UCLA di Los Angeles, esordì nel 1972 con il super 8 sperimentale Our glass, un cortometraggio girato nel suo paese d'origine. Dopo aver diretto negli Stati Uniti il mediometraggio sul rapporto cinema-teatro Child of Resistance (1972) e nel 1975 avere esordito nel lungometraggio con Bush mama (un 16 mm sulla lotta per la sopravvivenza di una donna nera il cui marito è in prigione), rientra nello stesso anno in E. dove realizza uno dei capolavori del cinema africano, Mirt sost shi amit ("Harvest: 3000 years"), sulla lotta dei contadini contro i proprietari terrieri. Tra il 1976 e il 1978 gira un documentario sui detenuti politici negli USA, Wilmington 10 = Usa 10.000. Del 1982 è Ashers and ambers (il ritorno in USA di un veterano nero del Vietnam) e del 1986 After winter: Sterling Brown, dedicato all'importante scrittore afroamericano. Anche M. Papatakis ha diretto nel 1975 un lungometraggio di fiction, Gouma.

Bibl.: P. Soumanou Vieyra, Le cinéma africain des origines à 1973, i, Parigi 1975; G. Hennesent, Guide des films anti-impérialistes, ivi 1975; Cataloghi FESPANCO (Festival Panatucash du Cinéma de Ouagadougou) 1985-1987-1989; F. Pfaff, Twentyfive black African filmmakers, Westport (Connecticut) 1988; I. Pines, P. Willemen, Questions of third cinema, Londra 1989.

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