Essenza

Enciclopedia Dantesca (1970)

essenza (essenzia)


Il termine, nel senso più generale di " sostanza " o " natura " propria di una cosa, era entrato in uso nella più tarda latinità come essentia, che traduceva il greco οὐσία (cfr. Agost. CIV. XII 2 " essentia, novo quidem nomine, quo usi veteres non sunt latini sermonis auctores, sed iam nostris temporibus usitato, ne deesset etiam linguae nostrae, quod Graeci appellant οὐσίαν "; Boezio Liber de persona et duob. natur. 3 " Idem est igitur οὐσίαν esse quod essentiam ") e s'era stabilito definitivamente nel linguaggio filosofico e patristico a partire dal IV secolo.

Accezioni notevoli il termine aveva nel linguaggio cristiano con riguardo al problema della Trinità (Isidoro Etym. VII IV 11-12 " Fides apud Graecos de Trinitate hoc modo est: una οὐσία, ac si dicat una natura aut una essentia: tres ὑποστάσεις, quod resonat in Latinum vel tres personas vel tres substantias. Nam Latinitas proprie non dicit de Deo nisi essentiam; substantiam vero non proprie dicit, sed abusive; quoniam vere substantia apud Graecos persona intelligitur, non natura "), e, nel lessico filosofico, individuava tra l'altro una nozione specifica del pensiero platonico (cfr. Apuleio De Plat. I 6 citato più oltre). In seguito, particolarmente con le traduzioni delle opere aristoteliche, il termine e. si arricchiva d'implicazioni dottrinali e passava come sinonimo di espressioni quali forma, species, substantia, quidditas, quod quid erat esse, quod quid est. In rapporto alla dottrina aristotelica così definiva il termine Tommaso (Sum. theol. I 29 2 ad 3): " essentia proprie est id, quod significatur per definitionem, definitio autem complectitur principia speciei, non autem principia individualia, unde in rebus compositis ex materia et forma essentia significat non solum formam, nec solum materiam, sed compositum ex materia et forma communi, prout sunt principia speciei ".

In D. sono presenti queste varie accezioni di e. con riguardo alla natura umana, a Dio, alle Intelligenze separate, ai cieli.

A proposito della natura o e. umana D. afferma in Cv III VI 6 che la sua donna è così fatta come l'essemplo intenzionale che de la umana essenzia è ne la divina mente, per dire che in essa è realizzata l'immagine ideale, il ‛ tipo ' o ‛ modello ' o exemplum dell'e. umana qual è posto nella mente divina. Qui e. equivale a forma del § 5 (v. FORMA), in un contesto di netta ispirazione platonica (cfr. Apuleio De Plat. I 6 " Οὐσίας, quas essentias dicimus, duas esse ait [Plato], per quas cuncta gignuntur mundusque ipse... et primae quidem substantiae vel essentiae primum deum esse et mentem formasque rerum et animam, secundae substantiae omnia, quae informantur quaeque gignuntur et quae ab substantiae superioris exemplo originem ducunt "). Con lo stesso valore ricorre umana essenzia in III VI 8. Il principio specifico della nostra essenza è individuato da D. nella ragione in quanto principalissima parte (XV 4) di essa (cfr. Arist. Eth. nic. XI 7, 1178a 6-7 " homini utique, quae secundum intellectum vita, siquidem maxime hoc homo, iste ergo felicissimus "). In Cv IV XV 6, D. ricorda come Aristotele sostenesse l'unicità della sostanza umana non, platonicamente, come idea universale e astratta dalla specie umana ma come principio o forma immanente a essa: 'l Filosofo... vuole una sola essenza essere in tutti li uomini, la quale diversi principii avere non puote.

Si veda infatti Arist. Metaph. XII 8, 1074a 32 ss. " Una enim et eadem est ratio multorum ", e Alb. Magno Metaph. XI II 28 " Sed quaecumque numero multa, materiam habent, per quam dividuntur, quia differentia numero non differunt per formam sed per materiam solam. Multorum enim numero differentium est una et eadem ratio speciei, sicut una est ratio hominis, quamvis habeat multa individua, quorum quodlibet est unum numero "; VII II 9 " Omnis autem iam talis in materia concepta species est singularis et individua, sicut Callias et Socrates generantes, et nihil talium est idea universalis et separata. Generans autem et generatum numero quidem sunt diversa; propter materiam namque divisam per actum generationis sunt diversa, sed ambo sunt idem specie; species enim individua secundum essentiam est in utroque, licet sit diversa secundum esse "). Gli uomini, anche se diversi quanto a numero e a materia da cui sono individuati, sono identici quanto a forma o e. che è principio intelligibile della loro natura.

In Cv II IV 17 è detto delle intelligenze, cioè delle ‛ sostanze ' separate, che pur non avendo di loro alcuno senso... pure risplende nel nostro intelletto alcuno lume de la vivacissima loro essenza. Le intelligenze celesti forme pure (astratte da materia) risplendono, più di ogni altra natura congiunta alla materia, della luce divina che in esse irraggia e le rende più vivaci (cfr. Pd VII 73-75). Rispetto alla natura umana, composta di materia e forma, l'e. delle intelligenze separate è pura e intermedia tra le creature mondane e Dio. Le intelligenze celesti sono quelle che determinano via via la virtù unica e universalissima che piove dall'intelligenza del nono cielo, contraendola e specificandola.

Il primo atto di differenziazione di tale ‛ essere ' o virtù è compiuto dall'ottavo cielo che quell'esser parte per diverse essenze, / da lui distratte e da lui contenute (Pd II 116). Qui le e. sono gli archetipi delle sostanze o nature del mondo sublunare, che di queste già contengono le proprietà o differenze specifiche (cfr. Summa philosophiae XV 6 " planum est etiam animalium universaliter sicut et plantarum species a natura orbi octavi astrorumque fixorum proprietates differentiasque specificas, sed nondum completas... trahere "). L'ottavo cielo, quindi, suddivide l'essere indeterminato nelle varie e., secondo le proprietà generalissime che presiedono alla determinazione di ogni specie.

Di Dio come divina e. D. parla più volte, con linguaggio proprio della tradizione cristiana. In Cv III XII 13 afferma che la Sapienza o Verbo (divina filosofia) deriva immediatamente dalla divina essenza, però che in esso non può essere cosa a la sua essenzia aggiunta; ed è nobilissima, però che nobilissima è la essenzia divina. La sostanza o e. divina realizza pienamente e perfettamente ogni aspetto dell'essere, sicché ogni ‛ aggiunta ' o ‛ accidente ' non è pensabile. Gli attributi di Dio sono da rapportare direttamente alla sua e., e come tali non possono essere considerati ‛ sopraggiunti ' alla sua natura, come gli accidenti rispetto alla sostanza. Perciò la Sapienza è una derivazione ‛ immediata ' della natura divina e perciò Dio perfettissimamente in sé la vede e in sua essenzia (§ 12; cfr. per l'espressione Agost. Trin. V II 3 " [Deus] est... sine dubitatione substantia, vel, si melius hoc appellatur, essentia, quam Graeci οὐσίαν vocant "). Dio pertanto è la somma essenzia (Pd XXI 87; cfr. Agost. Civ. XII 2 " Cum enim Deus summa essentia sit, hoc est summe sit, et ideo immutabilis sit ") che ogni altra sovrasta e sovrabbonda (l'essenza ov'è tanto avvantaggio, Pd XXVI 31) a cui ogni bene partecipa e da cui dipende; in Pg XVII 135 Dio è detto buona / essenza.

Una locuzione tecnica del linguaggio cristiano è contenuta nella professione di fede di D., In Pd XXIV 140 e credo in tre persone etterne, e queste / credo una essenza sì una e sì trina. Tale espressione, ormai stabilita dall'uso, era stata preceduta da un vasto dibattito vertente intorno ai termini essentia, substantia, hypostasis, persona. Diceva Agostino (Trin. V VIII 9-10): " Sicut nos dicimus tres essentias... essentiam dico quae οὐσία graece dicitur, quam usitatius substantiam vocamus. Dicunt quidem et illi hypostasim; sed nescio quid volunt interesse inter usiam et hypostasim; ita ut plerique nostri qui haec graeco tractant eloquio [i Padri greci], dicere consueverint μίαν οὐσίαν, τρει̃ς ὑποστάσεις, quod est unam essentiam, tres substantias... Sic enim dicunt illi tres substantias, unam essentiam, quemadmodum nos dicimus tres personas, unam essentiam vel substantiam " (cfr. Boezio Liber de persona et duob. nat. 3 [Patrol. Lat. LXIV 1345] " Et quidem secundum hunc modum, dixere Trinitatis essentiam, tres substantias tresque personas "). Così ancora, Cristo è quella essenza in che si vede / come nostra natura e Dio s'unio (Pd II 41; cfr. Gregorio Naz. Orationes XXXVII 2 [Patrol. Gr. XXXVI 320] " δὑο φὑσεις εἰς ἓν συνδραμου̃σαι ", " duo naturae in unum concurrentes "; Cirillo Aless. Epist. 39 [Patrol. Gr. LXXVII 176] " Δὺο γὰρ φὺσεων ἕνωσις γέγονε", " duarum enim naturarum facta est unio ", Giovanni Damasc. De Fide orth. III19).

Il termine ricorre ancora in Pd V 43, dove designa la " natura propria ", la " sostanza " di un voto; in Cv II III 17 indica la " sostanza " o " natura " dell'epiciclo di Venere, che D. ritiene uno cielo per sé, cioè di natura diversa da quella del deferente (quello che 'l porta).

Più strettamente filosofico è l'uso in Cv III XI 7, dove l'e. è da intendersi come la sostanza cui ineriscono, in quanto tale, le essenziali passioni, cioè le sue proprietà specifiche, i propria che da essa procedono immediatamente e che perciò appartengono naturalmente a tutti coloro che a tale sostanza partecipano. Ancora, in IV XXIX 8-9 D. distingue due specie di ‛ tutto ': È alcuno tutto che ha una essenza simplice con le sue parti, sì come in uno uomo è una essenza di tutto e di ciascuna parte sua... Un altro tutto è che non ha essenza comune con le parti, sì come una massa di grano; ma è la sua una essenza secondaria che resulta da molti grani, che vera e prima essenza in loro hanno. A una sostanza composta di parti non compete un'e. semplice, cioè indivisa; tale è il caso della massa di grano, ove ogni grano costituisce l'e. primaria e vera, mentre il ‛ tutto ' risultante da essi ha un'e. secondaria e non comune con le sue parti. Nel caso dell'uomo invece il tutto risultante è unitario, indiviso, e la parte ha e. comune con il tutto, sì che l'e. si predica sia ne la parte, sia nel tutto (cfr. Alb. Magno Metaph. X I 1 " Unum etiam est tale... quo totum dicitur unum, quod habet aliquam formam et speciem unientem partes, quae componunt totum... sicut est corpus animalis unum ex compositione ad unum "; VII V 9 [cfr. Arist. Metaph. VII 17, 1041b 12] " Unitas autem, qua compositum, quod natura componit, fit unum, non est unitas coacervationis, sicut est in acervo granorum vel lapidum, sed est vera unitas, qua quiditas et ipsum quod ‛ quid ' dicitur, est unum et non multa... Si autem syllaba et caro nihil esset praeter ea, oportet quod etiam post dissolutionem factam in ista essent caro et syllaba, coniunctio enim et separatio istorum non inducit essentiae varietatem. Et si ista essent syllaba et caro coniuncta, etiam post dissolutionem essent idem. Sicut patet in acervo lapidum, qui post separationem est lapides sicut in ipsa coacervatione, eo quod acervus non dicit nisi unitatem collectivam "; v. anche Tomm. Cont. Gent. II 72).

Un valore tutto particolare ha e. in Vn III 11 8 m'apparve Amor subitamente, / cui essenza membrar mi dà orrore, che Barbi-Maggini intendono non solo come " natura costitutiva d'una cosa, ma anche l'essere o apparire in questo o quel modo; e anche ‛ persona, figura ' ... la parola ‛ essenza ' è... appropriatissima alla nostra interpretazione: ‛ essenza ' (scrive il Parodi, Bull., N.S., XIV, 24) ‛ è ' per ‛ essere ', ossia ‛ modo d'essere in quel momento '; cfr. statura per ‛ lo starsi ', ‛ modo di starsi ' '' nel son. Videro li occhi miei, v. 3: onde anche il senso di ‛ figura, aspetto ' si svolge naturalmente ". Oltre l'esempio da loro recato di Matteo Frescobaldi Sì mi consuma 3 " Sì mi consuma, donna, quand'i' sento / la scura dipartenza / che de' far vostra essenza, I c'ogni altro mio dolor m'è dolce vita ", va ricordato un passo del Chron. Novalic. III 21 (in J.F. Niermeyer, Mediae latinitatis lexicon minus, fasc. 4, Leida 1956, 381) " Cum vidisset se omnino ab illo agnosci et celari non posse... coepit illum rogare ut... regi Carolo suam essentiam non insinuaret ", il cui valore di ‛ presenza ' è ancor meglio commisurato al passo dantesco.