ESPLOSIVI

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ESPLOSIVI

Eugenio Mariani

(XIV, p. 354; App. II, I, p. 874; III, I, p. 571)

In epoca recente non sono comparsi nuovi e., mentre sono notevolmente variate le tecniche di produzione orientate sempre più verso sistemi comandati a distanza e di tipo continuo, che si svolgono in maniera automatica per limitare l'intervento diretto dell'uomo e i rischi connessi alla pericolosità e tossicità dei prodotti per gli addetti alla produzione e per le zone circostanti. Sempre più usati sono reattori e apparecchiature in acciaio inossidabile per evitare impurezze pregiudizievoli alla stabilità dei composti. Le apparecchiature di reazione usate di solito sono del tipo a cascata, con agitazione creata dal moto dei fluidi (e non da sistemi meccanici), con configurazioni tali da evitare zone morte, e sono munite di dispositivi di sicurezza, di sistemi rapidi di svuotamento, che in caso di necessità consentono un rapido scarico della massa in sottostanti recipienti di diluizione con acqua per bloccare il progredire delle reazioni.

Detonanti. - Le capsule detonanti (v. XII, p. 695) sono, di solito, contraddistinte da un numero in funzione della quantità d'innescante contenuto (da frazioni di grammo fino a 2÷3 gr). Fra gli innescanti, il fulminato di mercurio è ormai largamente abbandonato per la sua scarsa stabilità alla conservazione e per la tendenza a reagire coi metalli in presenza di umidità. Data la pericolosità del prodotto allo stato secco, spesso viene conservato sotto strato di acqua, asciugandolo poi al momento dell'uso. Più impiegato è l'azoturo di piombo. Lo stifnato di piombo (2,4,6-trinitro resorcinato di piombo) è particolarmente sensibile alle scariche elettrostatiche; si usa poco da solo, spesso trova impiego come sensibilizzante di altri detonanti. Negli Stati Uniti si usa largamente il diazodinitrofenolo (ottenuto per diazotazione dell'acido picrammico, purificando poi il prodotto per ricristallizzazione da acetone), costituito da cristalli di colore giallo chiaro, pochissimo solubili in acqua, sensibili all'urto, all'accensione termica, ma non allo sfregamento; il diazodinitrofenolo è più stabile del fulminato di mercurio, specie in atmosfera umida. Altro composto usato, per lo più come sensibilizzante di e. primari, è il tetrazene, sostanza di colore giallo-chiaro, poco solubile nei solventi organici, ottenuta trattando il carbonato dell'aminoguanidina con nitrito sodico in acido acetico. Si usa per lo più in miscela con altri innescanti per innalzarne la sensibilità.

Esplosivi secondari. - Fra i nitroderivati aromatici l'interesse maggiore è sempre concentrato sul trinitrotoluolo (TNT), anche se altri trovano impiego, sia pure più limitato, quali il trinitrobenzene, trinitrofenolo e il tetrile, triammino trinitrobenzene.

Per quanto riguarda la produzione del TNT, ai sistemi a due e a tre fasi si sono aggiunti metodi continui, più sicuri, che consentono capacità di produzioni più elevate, a costi minori; si usano apparecchi mixer-settler (mescolatori-decantatori; App. III, i, p. 575), riuniti in batteria di 8÷16 elementi, mantenuti a temperature crescenti (ma costanti in ciascun apparecchio) da 50 a 100°C, in modo da favorire l'aumento del grado di nitrazione. Dall'ultimo separatore si scarica il TNT fuso che viene poi lavato e depurato, mentre dal mixer posto all'estremità opposta della batteria si ricava l'acido diluito, riutilizzabile, previa concentrazione.

Particolare attenzione è stata rivolta alla purificazione del prodotto, che è requisito necessario per raggiungere una buona stabilità; il sistema per ricristallizzazione da solventi è stato abbandonato (per il suo costo e per i pericoli che presenta). Il materiale grezzo viene lavato con acqua calda (circa 85°C) e i liquidi che si ottengono (dette acque gialle) vengono riciclati. Il TNT fuso viene trattato con una soluzione di solfito sodico (sellite) a pH 9, che reagisce preferenzialmente con gli isomeri asimmetrici, solubilizzandoli; i liquidi di lavaggio (acque rosse) non sono facili da smaltire (si possono prima concentrare e poi inviare a inceneritori).

Il TNT, utilizzato allo stato fuso, è un altro e. largamente usato nel caricamento di proietti; l'operazione si compie con sistemi automatici, in ambienti separati e protetti, nei quali le operazioni sono comandate a distanza. Il TNT, oltre che da solo, può essere utilizzato in quantità notevole in miscele, colabili, con altri e., quali pentrite (a formare le pentoliti), T4 (tritoliti), acido picrico (picratoli), alluminio in polvere (tritolital), nitrato ammonico (amatoli). Per armi subacquee si usano miscele contenenti, oltre a TNT, nitrato ammonico, alluminio, carbone.

Tetrile (v. XXXIII, p. 737): al sistema di preparazione per nitrazione della dimetilanilina in presenza di acido solforico se ne è sostituito uno per nitrazione della 2,4-dinitro-N-metilanilina (ottenuta per reazione della metilanilina con 2,4-diclorobenzene):

La nitrazione si fa in continuo, con acido nitrico concentrato, a 50°C, in reattori a cascata; diluendo al termine della reazione la massa e portando l'acido nitrico al 50÷55%, il composto precipita, dopo di che si filtra e si lava per asportarne l'acido.

Triclorofenolo: in passato si usava partire da fenolo trasformandolo in acido fenoldisolfonico e sottoponendolo poi a nitrazione con acido nitrico; a questo sistema se ne è sostituito uno che parte dal clorobenzene che, trattato con acido nitrico, dà il dinitroclorobenzene; quest'ultimo, con soda a caldo, s'idrolizza a dinitroclorofenolo che fornisce, per ulteriore nitrazione, il trinitrofenolo. Negli Stati Uniti durante l'ultima guerra mondiale fu studiato anche un metodo di ossinitrazione.

1,3,5-Trinitrobenzene: è caratterizzato da un'elevata stabilità termica (è più inerte dell'acido picrico) e da una velocità di detonazione paragonabile a quella del TNT. Non si prepara per nitrazione diretta del benzene, ma per ossidazione del TNT (con miscela cromica); il gruppo -CH3 si trasforma in -COOH che viene poi decarbossilato. È di uso limitato per il costo elevato di produzione e per la difficoltà di smaltire i sottoprodotti della sua preparazione.

Triamminotrinitrobenzene (TATB): noto da molto tempo, il composto ha acquistato interesse dopo la seconda guerra mondiale (specie dopo il 1950) per la sua elevata stabilità al calore e la scarsa sensibilità all'urto. L'impiego è limitato dal costo elevato (dovuto in parte al triclorobenzene di partenza). Si usa in miscela con HMX. Operando sotto pressione a circa 150°C, si ottiene nitrando il triclorobenzene e spostando poi con ammoniaca i gruppi nitrici:

Il prodotto è poco solubile, di difficile cristallizzazione.

Trinitrofenolo: fra i nitrofenoli il più importante è il trinitrosimmetrico, o acido picrico; è un e. usato, sotto diversi nomi, per il caricamento di proiettili, da solo o per aggiunta di sostanze capaci di abbassarne il punto di fusione (per es., dinitrofenolo, T4, ecc.). Poiché non si può fare la nitrazione diretta del fenolo, che verrebbe ossidato con formazione di prodotti resinosi, si protegge la molecola trasformandola prima in acido fenoldisolfonico e poi trattandolo con acido nitrico. Più recentemente si è seguito un sistema che parte dal dinitroclorobenzene che viene idrolizzato con soda a caldo e il prodotto si nitra a trinitrofenolo. Un metodo di ossinitrazione è stato applicato in USA durante l'ultima guerra mondiale.

Nitroammine. - In questa classe di composti il gruppo -NO2 si trova legato a un atomo d'azoto. I composti di questa classe sono e. da scoppio di grande potenza, molto sensibili, più stabili degli esteri nitrici. Il più importante e. di questo gruppo è il T4; altri composti interessanti sono: etilendinitroammina (EDNA) e dinitroossietilennitroammina (DINA).

Il T4 (indicato anche, all'estero, con le sigle RDX, Hexogen) si prepara con due diversi sistemi: nitrolisi del nitrato di urotropina con acido nitrico concentrato, sintesi diretta fra paraldeide, nitrato ammonico, anidride acetica in assenza di acido nitrico (sistema Ebele-Ross); sistema combinato fra i due precedenti (Knoffer-Bachmann). Nel primo sistema si prepara il nitrato di urotropina (per reazione di questa con acido nitrico al 50%); il prodotto, essiccato, si tratta con acido nitrico fumante a temperatura inferiore ai 30°C, che poi si abbassa fino a 0°C per far precipitare il T4. Al procedimento discontinuo oggi si è sostituito quello continuo, usando reattori in cascata, in acciaio inossidabile, con possibilità di agitazione e refrigerazione interna. L'acido nitrico fumante si mescola con quantità crescenti di urotropina fino a ottenere fra i due composti un rapporto in peso di 8:1; la miscela dai reattori passa poi in un apparecchio contenente acqua, dove il T4 precipita. Si può anche operare mantenendo, in un primo reattore, acido nitrico e urotropina a 20÷50°C; passando poi la miscela omogenea in un secondo reattore (decompositore) nel quale si alimenta continuamente acqua, in modo da avere una concentrazione dell'acido al 55%; la temperatura dev'essere compresa fra 75 e 83°C; il reattore va munito di un grosso condotto di uscita dei gas, dai quali si ricupera l'acido nitrico. Un terzo reattore serve a filtrare e lavare il prodotto.

Per ottenere buoni risultati si richiede un forte eccesso di acido nitrico (in Gran Bretagna si usano anche rapporti fra acido e urotropina di 11:1), inoltre si perdono nella reazione metà dei gruppi metilenici presenti nella molecola dell'urotropina. Nel processo Ebele-Ross, per evitare la forte circolazione di acido nitrico, si sfrutta il nitrato di ammonio come fonte dei gruppi nitrici, secondo la reazione, con anidride acetica e paraformalde:

3 NH4NO3 + 3 CH2O + 3 (CH3CO)2O → 6 CH3COOH + C3H6O6N6 (T4)

Bachmann ha abbinato le due reazioni dei precedenti processi cercando di utilizzare i sottoprodotti per ottenere contemporaneamente un altro e. (l'HMX). Si parte da una soluzione di urotropina in acido acetico glaciale, alla quale se ne aggiunge un'altra di nitrato di ammonio in acido nitrico concentrato e anidride acetica. La miscela dei cinque composti (nel rapporto, in peso, 1:1, 65:1, 5:2:5, 2) è mantenuta per un'ora a 65÷70°C; dopo di che si diluisce con acqua e si riscalda per idrolizzare le impurezze. Non si ha sviluppo di vapori nitrosi. Si forma una miscela di T4 col 10÷15% di HMX; i due componenti possono venire separati o anche usati insieme.

Il 1,3,5,7-tetranitro 1,3,5,7-tetraazacicloottano (HMX) è e. ad alto punto di fusione, superiore a quello del T4 (282°C anziché 250°C) rispetto al quale presenta anche una più alta velocità di detonazione; può sostituire il T4 quando queste caratteristiche siano preferibili. Si usa anche da solo. Si può preparare negli stessi impianti usati per il T4, modificando leggermente le condizioni di reazione (minore temperatura e durata della reazione) e la composizione dei reagenti. Si è già detto che può essere prodotto insieme a T4. Fra gli e. da scoppio ad alta potenza è uno dei più stabili, di maggiore densità (1,91) e di maggiore potenza. Miscele di TNT e HMX (nel rapporto 60:40 o 40:60, tritolite) si usano nel caricamento di bombe da aereo o di siluri (in questo caso con l'aggiunta di polvere di alluminio).

Esteri nitrici. - Agli esteri nitrici appartengono e. molto importanti dal punto di vista tecnologico: nitrocellulosa, nitroglicerina, dinitroglicol, nitrodiglicol, tetranitropentaeritrite, esanitromannite, nitroamido, ecc., in parte già noti e usati da tempo. Per quelli di maggiore impiego sono stati sviluppati sistemi continui di produzione, a regolazione controllata a distanza.

Per la nitroglicerina, ai processi già affermati, fra i quali particolarmente importanti quelli Messner e Biazzi, si è aggiunto, nel dopoguerra, il processo svedese Gyttorp.

Nel processo Biazzi, continuo, il reattore è costituito da un recipiente cilindrico con in basso un'apertura per lo scarico rapido di sicurezza; sotto il coperchio sono fissati un agitatore a elica (mosso da una turbina esterna) e una serie di refrigeranti tubolari. Glicerina e miscela acida, cadendo dall'alto nel vortice creato dalla forte rotazione dell'elica, si mescolano intimamente e rapidamente, e risalgono lambendo la parete fino a uno scolmo che scarica la massa, alla temperatura di circa 15°C, in un separatore, a forma di tronco di cono, largo e basso, per favorire la separazione dei due liquidi. Nel processo Gyttorp la miscela acida, raffreddata a circa 0°C, viene spinta attraverso un eiettore che richiama la glicerina riscaldata a 45÷50°C (per abbassarne la viscosità), in quantità misurata. Le due sostanze reagiscono rapidamente e subito dopo, attraversando un refrigerante tubolare, si portano a circa 15°C, e arrivano a un separatore centrifugo. La nitroglicerina viene lavata, mentre parte della miscela acida torna direttamente in ciclo. Il vantaggio del sistema sta nella piccola quantità di prodotto che ogni volta viene nitrato e rapidamente separato, con una forte riduzione della pericolosità.

La tetranitropentaeritrite (o pentrite) è un e. potente, più sensibile del TNT, insolubile in acqua, meno stabile del T4; la sua stabilità è legata al grado di purezza; l'eccessiva sensibilità all'urto può essere ridotta (flemmatizzata) per aggiunta di paraffina, di pentaeritrite, ecc. La sua produzione ha il vantaggio di non richiedere né glicerina né composti aromatici; la pentaeritrite è ottenuta per sintesi da formaldeide e aldeide acetica, ciò che può essere di vantaggio per paesi che non dispongono né di glicerina né di composti aromatici. La nitrazione è rapida e completa in pochi minuti già a temperatura ambiente. Si usano sistemi continui operando in apparecchi in serie: nel primo s'introducono sotto forte agitazione i due reagenti mantenendo la temperatura intorno ai 20°C; il liquido che sfiora da uno scolmo, in alto, passa in un secondo reattore dove la nitrazione avviene in maniera completa; in un terzo reattore s'immette acqua fino a portare la concentrazione dell'acido al 25÷30%, ciò che provoca la precipitazione della pentrite, che si filtra, si lava, si neutralizza e si ricristallizza da acetone. Le soluzioni acide sono riconcentrate e riutilizzate. Si usa nelle micce detonanti, nelle cariche di rinforzo, nei detonatori; forma miscele con altri e.: con TNT (60÷40%) dà luogo a pentoliti; con nitroglicerina (20%) forma miscele plastiche (pentriniti); con nitrato di ammonio (circa 80%) forma la miscela PNP.

Fra gli esteri nitrici inorganici, il nitrato di ammonio, nonostante la sua igroscopicità e la tendenza a una lenta decomposizione (che si può però ridurre con aggiunta di appropriati additivi), ha continuato a occupare un posto importante specie nel campo degli e. per usi civili e come componente di parecchie miscele esplosive usate anche per scopi militari (amatoli). Al nitrato di ammonio si è affiancato in questi ultimi anni il perclorato di ammonio, NH4ClO4, che a differenza del nitrato non è igroscopico, detona per urto violento e presenta una bassa temperatura di esplosione. Si presenta sotto forma di cristalli incolori, rombici, di densità 1,95, solubili in acqua; riscaldato a 300°C si decompone.

Si prepara per doppio scambio fra il perclorato di sodio (ottenuto per elettrolisi del cloruro di sodio, prima a clorato e poi a perclorato) e il cloruro di ammonio (in realtà si usano i due suoi componenti: ammoniaca e acido cloridrico); la reazione (NaClO4 + NH4Cl → NH4ClO4 + NaCl) è abbastanza facile, si hanno però difficoltà per ottenere un prodotto che abbia le caratteristiche di distribuzione granulometrica dei cristalli prescritte dai capitolati d'impiego. La produzione avviene con un procedimento in gran parte continuo. Il prodotto della reazione di doppio scambio è inviato dapprima in un cristallizzatore sotto vuoto, dove si separa il cloruro di sodio; poi dalla soluzione residua si fa cristallizzare il perclorato che viene sottoposto a diversi trattamenti (ricristallizzazione, essiccazione, vagliatura, ecc.).

Il perclorato di ammonio è un ossidante particolarmente efficace perché decomponendosi dà solo prodotti gassosi:

4 NH4ClO4 → 5 O2 + 6 H2O + 4 HCl + 2 N2

da ogni gr-mol. di perclorato se ne ottengono 4,25 di prodotti gassosi, di cui 1,25 è rappresentato da ossigeno (il nitrato di ammonio, anche se di peso molecolare più basso, dà invece 3,5 gr-mol. di prodotti gassosi con 0,5 di ossigeno). Per il suo elevato potere ossidante il perclorato trova impiego, come ossidante, nei razzi a combustibile solido (Titan IV, Titan 34D, Hawk, Shuttle, ecc.). Negli USA il consumo di perclorato è stato di circa 17.000 t nel 1988, ed è in forte aumento. Nel 1989 si calcola che il prodotto sia stato destinato per il 33% alla NASA, per il 23% all'Esercito, per il 19% all'Aeronautica, per il 10,8% alla Marina (il rimanente a lanci commerciali, ecc.). In USA esistono due impianti: uno di essi, situato a Henderson, nel Nevada, della potenzialità di circa 18.000 t/anno, è stato quasi completamente distrutto da un'esplosione verificatasi il 4 maggio 1988; nella ricostruzione si è previsto un forte aumento della capacità produttiva.

Esplosivi da mina. - Il maggiore sviluppo è stato realizzato con e. a base di nitrato di ammonio, che si può sensibilizzare con aggiunta di TNT (5÷15%) e anche di alluminio in polvere. La miscela, poco resistente all'acqua, può essere usata specie in cave a cielo aperto.

I pericoli dell'ammassamento del prodotto diminuiscono usando il nitrato in granuli sferici di 2÷3 mm, che si possono ottenere spruzzando il nitrato fuso contenente poca acqua (circa 0,5%) dall'alto di una torre di una ventina di metri; le goccioline fuse, a contatto di una corrente ascendente di aria fredda, solidificano. Di uso meno costoso e pericoloso sono le miscele formate da nitrato di ammonio con olio minerale, con o senza alluminio in polvere. Più usate le poltiglie acquose, contenenti 10÷15% di acqua, che presentano grande sicurezza d'impiego e di preparazione, ma bassa conservabilità e diminuita sensibilità; la quantità dei gas che si sviluppano è tuttavia maggiore, e quindi più alta la forza dirompente. Si hanno prodotti gelificati ottenuti per aggiunta di prodotti gommosi e di agenti reticolanti. Più recentemente sono entrate nell'uso emulsioni (del tipo olio in acqua e acqua in olio) preparate con sistemi sia continui che discontinui. Si tratta di prodotti appiccicosi che vengono usati in cartucce, ma presentano una limitata durata di conservazione. Poiché la presenza di bollicine di aria favorisce la sensibilità, spesso si aggiungono sferette cave di vetro che facilitano l'introduzione di aria.

Nei lavori di frantumazione delle rocce il nitrato di ammonio si usa sotto forma di miscele, a ossigeno bilanciato, formate dal nitrato granulare miscelato con olio combustibile; la massa si versa nei fornelli da mina; la detonazione avviene utilizzando una carica primaria. Il prodotto in questa forma non è adatto per fori in rocce contenenti acqua (per la solubilità del nitrato di ammonio); in questi casi si possono comunque usare delle emulsioni.

Negli USA gli e. si usano largamente per la demolizione di edifici, dove i sistemi tradizionali sarebbero lunghi e pericolosi. Si dispongono diverse cariche in fornelli ricavati nelle zone inferiori delle pareti; la loro esplosione provoca un ''collasso'' di tutto l'edificio sulle sue fondamenta.

Continua la ricerca di nuovi impieghi degli e., oltre a quelli già ricordati (App. III, i, p. 573), nel campo della foggiatura, della sinterizzazione, della saldatura e del taglio dei metalli. Le elevate pressioni e temperature che si possono raggiungere nelle esplosioni trovano impiego nello studio del comportamento dei sistemi gassosi e solidi.

Le onde d'urto delle esplosioni generano nei gas pressioni e temperature elevate; in queste condizioni, per es., i gas rari possono dare luogo a un'emissione di luce particolare, con spettro pressoché continuo, più luminoso di quello del sole, utilizzabile per es. per fotografare fenomeni estremamente rapidi, dell'ordine del millesimo di secondo. Nei solidi le pressioni elevate ottenibili dalle esplosioni, paragonabili a quelle alle quali molti corpi si trovano esposti all'interno della terra, favoriscono trasformazioni di fase, per riassestamento degli atomi nei reticoli; così la grafite può trasformarsi in diamante, ripetendo quanto è avvenuto in natura in tempi passati, in alcune zone particolari del globo.

Per alcuni impieghi si usano e. sotto forma di miscele plastiche, caratterizzate da una più ridotta sensibilità all'urto e alle azioni di attrito. Si possono ottenere diverse miscele plastiche: impastando T4 con vasellina (10÷15%) si ottiene una massa facile da plasmare, da caricare a mano; al posto della vasellina si possono usare cere aggiungendo polvere di alluminio, che reagisce (in un secondo momento) coi prodotti gassosi della reazione primaria (acqua, anidride carbonica), sviluppando altro calore e facendo aumentare ulteriormente la pressione dei gas; di solito la dose ottimale di alluminio è del 10÷12%. Quando si richiede maggiore stabilità alle alte temperature o ad azioni meccaniche, le cere non sono più adatte e si ricorre a resine termoplastiche (poliammidi, polimeri fluorurati, ecc.). Per cariche di peso rilevante si possono aggiungere polimeri fluidi, capaci di reticolare, indurendo, per blando riscaldamento. Si aggiungono alla miscela del polimero e dell'e. anche sostanze che ritardano un po' la reticolazione (il tempo necessario per poter foggiare e manipolare il prodotto); la massa reticola poi per blando, prolungato, riscaldamento. Si possono anche foggiare prodotti bicomponenti, sovrapponendo due diverse composizioni, che generano particolari onde di detonazione.

Bibl.: R. Meyer, Explosives, Weinheim-New York 19812; T. Urbanski, Chemistry and technology of explosives, Oxford 1983-85; J. Boileau, C. Fanquignon, C. Napoly, Explosives, in Ullman's Encyclopedia of industrial chemistry, 10, WeinheimNew York 1987; L.A. Médard, Accidental explosions. Types of explosive substance, Chichester 1989.

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