MALATESTA, Errico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MALATESTA, Errico

Giampietro Berti

Nacque a Santa Maria Capua Vetere, in Terra di Lavoro, il 4 dic. 1853 da Lazzarina Rastoin e Federico. Dopo aver compiuto gli studi ginnasiali in un collegio diretto dagli scolopi, si iscrisse alla facoltà di medicina a Napoli, senza tuttavia terminare gli studi.

Una precoce passione politica lo portò ad aderire, quattordicenne, al repubblicanesimo mazziniano. Razionalismo, positivismo, libero pensiero, democraticismo e garibaldinismo furono i principî caratterizzanti la sua formazione politica. Nel 1871 la drammatica epopea della Comune di Parigi, e la spaccatura che essa provocò nelle file dei repubblicani dopo la condanna dell'esperimento rivoluzionario da parte di G. Mazzini, lo indussero, insieme con molti altri giovani idealisti mazziniani, a spostarsi su posizioni anarchiche e socialiste. Nell'agosto 1872 fondò - insieme con A. Costa, C. Cafiero, T. Zanardelli, C. Ceretti, S. Friscia - la sezione italiana dell'Associazione internazionale dei lavoratori (AIL), che si contraddistinse per l'intransigente opposizione al Consiglio generale di Londra dell'Internazionale, diretto da K. Marx. La scelta di campo libertaria degli internazionalisti napoletani e più in generale italiani negli anni Settanta del XIX secolo ebbe come suo più importante riflesso l'egemonia anarchica sul nascente movimento operaio e socialista italiano. Nel settembre 1872 il M. partecipò al congresso internazionale antiautoritario di Saint-Imier, che rappresentò l'atto di nascita del movimento anarchico internazionale.

In questo congresso venne elaborato il programma ideologico dell'anarchismo, i cui punti salienti erano: critica del principio di autorità; abbattimento per via insurrezionale dello Stato e del sistema di produzione capitalistico; creazione di una società federalista fondata su una economia collettivistica e autogestionaria; pluralismo ideologico-politico delle organizzazioni del movimento operaio; spontaneismo della lotta popolare. Nel contempo M. Bakunin fece approvare dai suoi più fidati collaboratori il Programma della fratellanza. In esso veniva respinta la concezione giacobina della rivoluzione elaborata da Marx, ma era propugnata la centralità, nel processo di emancipazione insurrezionale delle masse popolari, di una minoranza di rivoluzionari di professione, il cui compito doveva consistere nella vigilanza, occulta ma autoritaria, affinché tale emancipazione non imboccasse la strada dittatoriale o riformistica. A tali principî il M., nei suoi sessant'anni di attività rivoluzionaria, sarebbe rimasto religiosamente fedele.

Nell'agosto 1874 il M. fu tra i promotori di un moto insurrezionale di stampo anarchico, i cui centri propulsori furono la Puglia e Bologna, ma tale tentativo abortì sul nascere. Egli venne arrestato e tratto nel carcere di Trani, dove rimase per quasi un anno. Nell'ottobre 1876 partecipò al terzo congresso della sezione italiana dell'AIL, tenutosi a Firenze-Tosi, nel quale vennero approvati i principî del comunismo anarchico e della "propaganda del fatto": ossia la propaganda condotta tra le masse popolari attraverso azioni rivoluzionarie spregiudicate di probabile e auspicabile effetto emulativo.

Il prodotto più eclatante di questa strategia è rappresentato dall'azione della cosiddetta "banda del Matese": nell'aprile 1877 il M., alla guida di una trentina di internazionalisti, tra i quali figuravano C. Cafiero e P.C. Ceccarelli, si inerpicò sul massiccio campano, nel tentativo di promuovere l'insurrezione delle popolazioni dei paesi di Letino e Gallo contro le autorità costituite. L'azione ebbe un palese scopo dimostrativo e ottenne una grande risonanza. I rivoluzionari vennero arrestati e condotti quasi tutti nel carcere di Benevento. Processati nel 1878 furono assolti dalle imputazioni di sovversione.

Nel settembre 1878 il M. abbandonò l'Italia e iniziò un periodo di peregrinazione, che lo portò dapprima in Egitto, poi in Siria, in Libano, in Francia e infine in Svizzera. In ognuna di queste località la sua propaganda rivoluzionaria lasciò segni profondi. Nell'aprile 1879 fu di nuovo in viaggio: dapprima in Romania, successivamente in Francia, dove venne arrestato e, subito dopo, espulso. Tra la fine del 1879 e l'inizio del 1880 si mosse clandestinamente tra Francia, Svizzera e Belgio. In Francia fu nuovamente arrestato nel giugno 1880 e condannato a una pena detentiva di sette mesi, espiata la quale si recò a Londra, dove nel luglio 1881 partecipò insieme con F.S. Merlino e P. Kropotkin al congresso internazionalista-socialista. Nel giugno 1882 accorse in Egitto per appoggiare l'insurrezione nazionalista antibritannica guidata da Orabi Pascià. Arrestato dalle autorità britanniche, tornò in libertà all'inizio del 1883.

Rientrato in Italia, tentò di contrastare la svolta legalitaria e parlamentare di A. Costa, che condusse questo ad abbandonare l'anarchismo per una visione democratica e riformistica del socialismo. Ai primi del 1884, dopo una nuova detenzione, il M. fondò a Firenze il settimanale La Questione sociale. Nel 1884 pubblicò due opuscoli propagandistici: Programma e organizzazione dell'Associazione internazionale dei lavoratori e Fra contadini. Questo secondo scritto conobbe una larghissima diffusione e fortuna, venendo più volte ristampato e tradotto in molte lingue. Ancora una volta processato e condannato, alla fine del 1884 il M. lasciò l'Italia e si rifugiò in Argentina, dove riprese le pubblicazione della Questione sociale.

Il soggiorno argentino, in termini propagandistici, divenne uno fra i più fruttuosi dell'itinerante azione ideologica del M., che contribuì alla nascita di diversi sindacati. Nel 1886 compì un'infruttuosa spedizione nella Terra del Fuoco, alla ricerca di oro per finanziare le attività del movimento. Tornato a Buenos Aires, vi rimase due anni, sino a che nel 1889 decise di tornare in Europa, stabilendosi a Nizza, dove fondò e diresse il periodico L'Associazione. Nell'opuscolo L'anarchia delineò la sua visione fortemente etica dell'anarchismo, tale per cui i mezzi da esso impiegati nella lotta politica dovevano armonicamente conciliarsi coi fini perseguiti.

Nel 1891 partecipò al congresso di Capolago, che costituì il primo tentativo di creare un'organizzazione anarchica nazionale. Arrestato a Lugano, dopo due mesi di carcere tornò brevemente a Londra, da cui partì per la Spagna, dove si propose di contribuire a una sollevazione rivoluzionaria. Rifugiatosi di nuovo a Londra, si impegnò particolarmente a contrastare le derive terroristiche dell'anarchismo, che nuocevano gravemente alla credibilità e all'immagine degli anarchici anche presso le classi popolari, proprio mentre il congresso di Genova sanciva la rottura definitiva tra socialisti e anarchici.

Dopo aver partecipato a un tentativo insurrezionale in Belgio nella primavera del 1893, il M. tornò in Italia, dove da qualche mese era iniziata, in Sicilia, una rivolta pre-insurrezionale (Fasci siciliani) e dove, in Lunigiana, regione nella quale forte era la presenza anarchica, i cavatori del marmo avevano iniziato un duro sciopero contro le condizioni di lavoro. Tuttavia, anche questa volta, l'azione insurrezionale fallì prima ancora di nascere e il M., sfuggito all'arresto, avviò una revisione critica della strategia rivoluzionaria, giungendo alla conclusione che era necessario un intenso lavoro propagandistico tra le masse popolari, propedeutico all'azione rivoluzionaria.

Nel luglio 1896 fu tra i protagonisti del congresso socialista internazionale di Londra. Nel marzo 1897 tornò in Italia e si stabilì ad Ancona, città nella quale impostò il suo lavoro rivoluzionario, seguendo uno schema che avrebbe consolidato negli anni a venire: da un lato, svolgere un'intensa attività propagandistica a mezzo stampa; dall'altro, parallelamente, creare quadri di rivoluzionari ideologicamente coesi e motivati in vista di una futura azione insurrezionale. Ad Ancona egli editò, per circa un anno, un nuovo settimanale, L'Agitazione, che raggiunse la tiratura di circa 7000 copie e che venne diffuso soprattutto nelle regioni dell'Italia centrale.

Nel 1897 fu arrestato e processato ad Ancona. La condanna fu mite (sette mesi), ma prima della fine della detenzione gli venne comminata una condanna a cinque anni di domicilio coatto. Fu così trasferito dapprima a Ustica, poi a Lampedusa, da dove riuscì a fuggire nell'aprile 1899. Via Tunisi e Malta raggiunse infine l'Inghilterra, e poi gli Stati Uniti ai primi di agosto. In terra nordamericana il M. svolse una breve ma intensa attività propagandistica, tenendo conferenze in diversi Stati.

Tornato in Europa, si trovava a Londra il 29 luglio 1900, quando G. Bresci, che forse aveva concordato l'azione col M. stesso, uccise il re d'Italia Umberto I. Furono anni di forte isolamento politico per il M., che non poteva tornare in Italia, ma neppure svolgere attività politica sul suolo inglese, dal momento che l'asilo politico che l'Inghilterra concedeva si fondava sull'impegno di non intromettersi nelle vicende politiche interne.

Nel 1907 partecipò al congresso internazionale anarchico di Amsterdam, nel quale, in polemica con gli esponenti del sindacalismo rivoluzionario, ebbe occasione di approfondire le tesi elaborate nel congresso londinese del 1896. Nell'agosto 1913 tornò finalmente in Italia, stabilendosi ancora una volta ad Ancona, ove fondò un nuovo settimanale, Volontà. Questo nuovo periodo di agitazione rivoluzionaria culminò, nel giugno 1914, nel moto insurrezionale della Settimana rossa. Dopo il suo fallimento, il M. fu costretto a riparare per l'ultima volta a Londra, dove trascorse gli anni della prima guerra mondiale.

Ritornato in Italia nel dicembre 1919, giudicò la situazione politica propizia per un nuovo tentativo insurrezionale tentò invano di promuovere un'alleanza tra le forze anarchiche, repubblicane, socialiste e sindacaliste. Nei primi mesi del 1920 assunse la direzione del quotidiano anarchico Umanità nova, che raggiunse ben presto la tiratura di 50.000 copie. Arrestato insieme con altri compagni, tra i quali il segretario dell'Unione sindacale italiana A. Borghi, nel marzo 1921 iniziò lo sciopero della fame, che interruppe quando fu informato che un attentato, concepito da alcuni anarchici individualisti per uccidere il questore di Milano, aveva provocato una strage di inermi all'interno del teatro Diana.

Assolto dopo un anno di carcere, si trasferì a Roma, dove riprese la direzione di Umanità nova. Ma il clima politico era ormai mutato: alla fine del 1922, dopo la presa del potere da parte di B. Mussolini, il giornale cessò le pubblicazioni a causa dell'ennesima devastazione della tipografia per opera delle squadre fasciste. Nel 1924 il M. dette vita alla sua ultima e più rilevante, da un punto di vista teorico, pubblicazione periodica, il quindicinale Pensiero e volontà, che condusse una esistenza travagliatissima per circa due anni, dovendo combattere contro la censura fascista, il sequestro preventivo delle copie, il sabotaggio della distribuzione.

Tale pubblicazione si configura come l'approdo ultimo del suo pensiero. Vi si afferma una concezione ormai integralmente etica, volontaristica e gradualista dell'anarchismo, la cui validità non viene fatta derivare da necessità storiche o da presupposti naturalistici, ma dall'universalità dei suoi valori fondanti. L'impossibilità, da parte della rivista, di occuparsi di questioni politiche contingenti gli offre insomma l'occasione di approfondire diversi aspetti teorici della sua dottrina: degne di considerazione, sotto questo profilo, paiono le sue riflessioni sul fallibilismo epistemologico e il positivismo scientifico. Sul piano strategico, si prospetta l'idea che la rivoluzione, alla quale gli anarchici parteciperanno come minoranza rivoluzionaria, per questo stesso motivo non potrà essere anarchica tout court: essa dovrà certo avere come suo prioritario scopo l'abbattimento dello Stato e del sistema di produzione capitalistico, ma dovrà altresì creare, subito dopo, uno spazio politico liberale capace di far coesistere, pacificamente, le varie forze rivoluzionarie, garantendo a ciascuna di esse la più ampia libertà di organizzazione e di propaganda. Solo allora gli anarchici, liberi dalla repressione statale e poliziesca, potranno indirizzare con la forza pedagogica dell'esempio, grazie alla superiore eticità dei loro ideali, la rivoluzione stessa verso gli obiettivi anarchici del federalismo politico e dell'autogestione economica.

Le leggi liberticide del 1926 misero fine a quest'ultima esperienza giornalistica del Malatesta. La sua sottovalutazione del fenomeno fascista - interpretato sin dal 1922, come accadde del resto a quasi tutti gli esponenti della sinistra rivoluzionaria, come una mera recrudescenza autoritaria dello Stato liberale e delle classi borghesi - lo indusse a rimanere in Italia e a non seguire, come invece molti compagni gli consigliarono di fare, la via dell'esilio. Si disse convinto, sino all'ultimo, che la dittatura fascista fosse destinata a breve vita.

Il M. trascorse gli ultimi anni di vita a Roma, prigioniero nella sua casa, sorvegliato giorno e notte dalla polizia. Qui, assistito dalla sua compagna Elena Melli, morì il 22 luglio 1932.

Opere: Per gli scritti del M. esiste una Bibliografia malatestiana, a cura di U. Fedeli, in appendice a L. Fabbri, cit. in bibliografia. Antologie: Scritti, I, "Umanità nova". Pagine di lotta quotidiana, prefaz. di L. Fabbri, Ginevra 1935; II, "Umanità nova". Pagine di lotta quotidiana e scritti vari del 1919-1923, ibid. 1935; III, "Pensiero e Volontà". Riv. quindicinale di studi sociali e di coltura generale (Roma, 1924-1926) e ultimi scritti (1926-1932), prefaz. di L. Fabbri, ibid. 1936; Scritti scelti, a cura di G. Berneri - C. Zaccaria, Napoli 1954; Vita e idee, a cura di V. Richards, Pistoia 1968; Scritti scelti, a cura di G. Cerrito, Roma 1971; Il buon senso della rivoluzione, a cura di G. Berti, Milano 1999.

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