ERINNI

Enciclopedia Italiana (1932)

ERINNI ('Ερινύς; Erinnys o Erīnys)

Angelo TACCONE
Paolino MINGAZZINI

L'Erinni è una delle più antiche creazioni della religione greca. A una o a più E. alludono tanto Omero quanto i poeti posteriori senza differenza di significato. Il numero di tre non compare se non in Euripide, e i nomi di Aletto, Tisifone e Megera solo con Virgilio e lo pseudo-Apollodoro. L'E. è in origine la personificazione della nuvola tempestosa: perciò appunto è "colei che procede nella scura nebbia" è "la nero-procellosa" e "la veloce", è "colei che varia di forma" e poi ha pestifero fiato e pestifera bava ed è autrice di malattia e di morte (influsso di aria cattiva); come pure esala fuoco dalla bocca e ne emana dai capelli e dagli abiti; porta la face e la sferza e ha bisce fra i capelli (tutte allusioni al lampo); le donne colpite dalla sferza dell'E. mugghiano come tori (allusione al tuono). L'oscurità della nuvola tempestosa richiama facilmente l'oscurità del Tartaro quindi l'E. è anche messa in relazione col mondo sotterraneo: da ciò la sua discendenza o dalla Terra o dalla Notte o simili.

L'E. passa poi ad essere divinità che punisce chi viola l'ordine naturale, che si fa tutrice delle relazioni familiari, che non ammette si compiano impunemente eccessi, e, specie ad opera dei tragici, diviene la vendicatrice dei delitti di sangue specialmente compiuti nell'ambito della famiglia: più fiere che mai sono le E. della madre (Clitennestra-Oreste), gravi son pure le E. del padre (leggenda dei Labdacidi), e gravi, per quanto meno, quelle dei fratelli e dei figli. Né solo sulla terra agiscono le E., ma anche nel Tartaro, dove ad opera loro, secondo Eschilo, ad ogni peccatore viene inflitta la meritata punizione, dove secondo Virgilio con le loro bisce esse cacciano nella parte più interna del Tartaro i condannati dai giudici dei morti. E una volta venute in relazione col mondo dei trapassati, accade che esse quasi si scambino con le Moire e le Keres, e appaiano quali divinità del fato e della morte.

Il culto delle E. fu assai fiorente sul suolo ellenico, e venne prestato ad esse sia considerate sotto il loro pauroso aspetto di E., sia sotto l'aspetto benevolo di Eumenidi: era agevole e naturale infatti il loro passaggio da terribili vendicatrici delle infrazioni dell'ordine di natura a protettrici benigne dell'ordine stesso. Come Eumenidi ebbero culto a Sicione, ad Argo, e particolarmente ad Atene: sotto il loro duplice aspetto furono adorate, tra l'altro, a Megalopoli e a Cerinea in Acaia.

Nell'arte le E. appaiono nell'abbigliamento tipico delle divinità cacciatrici, talora anche alate, munite di serpenti e madide di sudore. Le numerose pitture vascolari, greche e italiote, rappresentanti Oreste che si rifugia nel tempio di Apollo, dopo l'uccisione di Clitennestra, raffigurano spesso le E. dormienti, a indicare che nel tempio debbono desistere dal perseguitare il fuggitivo.

Bibl.: Rapp, in Roscher, Lexikon d. gr. u. röm. Mythol., I, coll. 1310-1336; L. Preller, Griech. Myth., 4ª ed. di C. robert, I, Berlino 1894, p. 834 segg.

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